L'Europa è finita?
di Pierluigi Fagan - 05/09/2024
Fonte: Pierluigi Fagan
L’altro giorno, a seguito degli avvenimenti elettorali
recenti che però sono solo l’epifenomeno visibile e concreto di un
sottostante più complesso, riprendendo analoga domanda formulata qualche
mese fa, ci domandavamo: “Siete sicuri che da qui all’anno prossimo
avremo ancora l’euro e l’UE come la conosciamo?”.
Ieri Mario Draghi
ha anticipato le risultati del suo Rapporto sulla competitività europea
al Parlamento europeo, anticipando il giudizio finale con cui
accompagnerà la presentazione ufficiale la prossima settimana: “Per
chiudere vorrei dirvi una cosa: se non si fanno queste riforme, se non
si interviene seguendo questa direzione, l’Europa è finita. Lo ripeto: è
finita.”
I contenuti del Rapporto che si presenterebbe come ultima
grande e profonda possibilità di riformare l’UE, sarebbero: il ritardo
nella capacità di innovazione, l’aumento dei prezzi dell’energia, la
mancanza di manodopera specializzata, la necessità di accelerare
rapidamente il processo di digitalizzazione e di rafforzare urgentemente
le capacità di difesa comune dell’Europa. Riforme che poi arriverebbero
a toccare anche la forma istituzionale stessa dell’UE, tipo il rapporto
decisionale tra Commissione e Parlamento. Riforme, a detta dello stesso
Draghi: rapide e senza precedenti.
In genere, ma conoscendo il punto
di vista specifico di Draghi rispetto queste questioni, le riforme
costano ovvero a parte le difficoltà insite nei contenuti e nelle forme
del progetto riformista “ampio, rapido e profondo”, c’è da considerare
che tutto ciò arriverà a proporre anche nuove, necessarie, forme di
debito comune, altrimenti nulla di tutto ciò potrà esser fatto.
Stante
le analisi fatte sulla situazione politica, economica e sociale
soprattutto in Germania ma anche in Francia, ma ce ne è anche una più
ampia e non meno preoccupante che riguarda l’estensione massima del
subcontinente (asse Nord-Sud ed Est-Ovest) dei 27, la forza e lo
spessore di leader come Scholz e Macron, questo implicito “più Europa”
che va decisamente contro sia le aspettative del FN in Francia e di AfD
in Germania ed al netto sia di perturbazioni esterne (Trump) che di
senso realista (quanto tempo è necessario per avere questo tipo di
riforme coordinate e costose che diano concreti risultati?), le chance
concrete del progetto Draghi sono semplicemente nulle.
Naturalmente
sarà una fine più o meno rallentata, negata, ostinatamente post-posta e
quanto più s’allungherà il brodo tanto peggio sarà per tutti noi.
Poiché
il nostro stupido non è e tutto ciò lo sa meglio di me che scrivo e voi
che leggete, quale altro progetto di UE 2.0 o qualcosa di simile, si
sta pensando per il dopo? Con chi? In che termini?
Sono tempi
complessi e penso che politicamente, chi ha l’intelligenza per farlo,
dovrebbe riflettere in profondo su come affrontare il futuro. Qualcuno
gioirà all’idea di un collasso dell’attuale UE, qualcun altro sta già
pensando al dopo probabilmente ad un UE 2.0 (senza l’euro, ad esempio), i
più non sanno nulla di cosa sta succedendo o potrà succedere, siamo
tutti -in genere- troppo schiacciati sull’attualità e carenti di visione
complessiva.
Saranno tempi difficili e l’evidente sotto-dotazione
culturale che c’è in Europa, a vari livelli ed a cominciare ad esempio
dagli intellettuali, non dà grandi speranze. Quindi, consiglio anche chi
potrà trarre qualche soddisfazione da questa inclinazione pessimista
sul futuro dell’attuale Unione europea a riflettere meglio. Se sarà “si
chiude una porta e si apre un portone” o un “dalla padella alla brace”,
dipenderà da molti fattori, alcuni di caratura internazionale (USA,
Cina, Russia, BRICS etc.). Tuttavia riflettere con maggiore serietà e
competenza sul tipo di futuro non solo auspicabile, ma praticabile,
dovrebbe essere priorità di tutti noi.
Per evitare, come diceva Gunther Anders, che il mondo continui a cambiare ma senza di noi.
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