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"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

“Il mondo và verso epiche bancarotte” e l'Italia attende il miracolo dal Cielo



Quello che riporta Blondet (che pubblico sotto la mia prefazione) corrisponde alla realtà e a quanto vado anticipando da parecchi anni, salvo il fatto che non sapendo neppure lui a quale santo votarsi condivide la proposta di White (OCSE) che occorre una nuova politica keynesiana di investimenti pubblici. Poveri noi. Sembra così difficile capire che occorre semplicemente lasciare gli individui liberi di agire, di INTRAPRENDERE, scambiare, commerciare, creare, progettare, ecc., senza parassiti (burocrati e politici) istituzionalizzati tra le palle che succhiano il sangue prima ancora che si produca e fluisca. 
Meno politica, meno stato, meno burocrazia, meno tasse, meno caste, mano vincoli, meno leggi, meno tutto ciò che riduce la libertà. Solo la libertà consente agli individui ed alle comunità di raggiungere un equilibrio armonico e di ridistribuzione delle risorse e della ricchezza prodotta e disponibile, senza autoritarismi e prevaricazioni legittimate, senza monopoli ed oligopoli, senza clientele e conventicole, senza massonerie e servizi deviati, senza partitocrazie e collusioni mafiose. La libertà espande la coscienza e la consapevolezza che sono le vere armi di cui disponiamo per evolverci e contro le quali il potere materiale è in palese difficoltà. Ma in Italia forse è meglio attendere un intervento ierocratico. Claudio Martinotti Doria


“Il mondo va’ verso epiche bancarotte” -  di Maurizio Blondet - 25/01/2016

Fonte: Maurizio Blondet http://www.maurizioblondet.it
“La situazione d’oggi è peggio che nel 2007. Le nostre munizioni macro-economiche per contrastare la caduta sono state tutte sparate”: così al Telegraph William White, presidente della commissione revisioni dell’OCSE e già capo economista della Banca dei Regolamenti internazionali”
Lettura consigliata a tutti quelli che credono sia in corso una crisi delle banche italiane, strapiene di crediti marci, e godono perché ce l’hanno con Renzi.
“I debiti han continuato ad accumularsi negli ultimi otto anni – dice White – ed hanno raggiunto un livello tale in tutte le parti del mondo da esser divenute una potente causa di zizzania criminale”.
“la sola domanda è se saremo capaci di guardare in faccia la realtà e affrontare que che sta avvenendo in modo ordinato, o disordinato”.
Quale sarebbe il modo ordinato? “I giubilei del debito avvengono da 5 mila anni, dal tempo dei Sumeri”. Dedicato a quelli che “ i debiti vanno pagati”.
Commenta Evans Pritchard, il più limpido giornalista economico nel mazzo: il compito che aspetta autorità globali sarà come gestire cancellazioni del debito, e di conseguenza un grande riordino dei vincenti e perdenti nella società – senza scatenare una tempesta politica.
Dunque è una questione di potere: i vincenti (non so se ho detto Germania) devono subire un ridimensionamento a favore dei perdenti? Ovvio che resistano: gli attacchi di Juncker a Renzi sono uno dei fenomeni della resistenza dei vincitori, che non vogliono fare la loro parte, e continuare a vincere fino al default generale dei perdenti. Secondo mr. White, i creditori europei sono quelli che probabilmente subiranno un più grosso taglio da un giubileo. Le banche europee hanno ammesso di avere un trilione di prestiti non funzionanti; sono pesantemente esposte ai mercati emergenti e stanno certamente prolungando debiti marciti che non hanno mai rivelato (viene a mente Deutsche Bank, il buco con un paese attorno? Non solo…).
Il sistema bancario europeo dovrà essere ricapitalizzato su scala mai immaginata prima, e le nuove regole di bail-in significano che ogni depositante sopra i garantiti 100 euro dovrà contribuire al pagamento. (Si capisce perché Berlino ha salvato le sue banche con quasi 300 miliardi di soldi pubblici, poi ha fatto votare al parlamento italiano le norme sul bail-in?)
White è uno dei pochissimi che ha detto ad alta voce, dal 2008, che la finanza occidentale stava andando a sbattere provocando una violente crisi finale. Il solo a dire che stimolare l’economia a forza di stampaggio e tassi zero da parte delle banche centrali dopo la crisi Lehman (2007)   alimentava “stimoli” dell’Asia e nei mercati emergenti, gonfiando bolle di credito, e un aumento dell’indebitamento in dollari che era difficile da controllare in un mondo di libera circolazione di capitali. La globalizzazione capitalistica ha sempre prodotto lo stesso danno finale: chi lo ha negato per tutti questi anni, è solo perché ci guadagnava: faceva vincere la sete del potere invece della verità.
Il risultato? che anche gli emergenti sono oggi nel gorgo del debito. I debiti privati e pubblici sommati sono saliti in questi mercati al 185% del Pil, e nei paesi OCSE del 265 per cento: “il 5 per cento in più rispetto all’altro ciclo del 2007” che ha portato al disastro Lehman e alla crisi recessiva mondiale in corso.
Con questa complicazione: “I mercati emergenti, allora, furono parte della soluzione. Adesso anch’essi sono parte dl problema”: Traduzione: il capitalismo si salvò indebitando (pardon, “facendo giungere capitali per lo sviluppo dei”) paesi emergenti, fino a renderli come sono ora, insolventi. Ora anche loro anno bisogno di un giubileo.
Che cosa produrrà il crollo del sistema dando il via alle epiche bancarotte mondiali? Impossibile dirlo: “il sistema ha perso la sua ancora ed è prono alle rotture in modo inerente”. Una svalutazione cinese può metastatizzare. “Ogni paese grande s’è lanciato in una guerra valutaria, anche se si ostina a dire che il quantitative easing non ha nulla a che fare con la svalutazione competitiva. Hanno giocato, tranne la Cina – fino ad ora”. L’effetto dello stampaggio è uno spendere in anticipo sul futuro; ciò provoca una tossicodipendenza e, alla fine, non riesce più a “fare trazione” Alla fine, il futuro arriva nel presente, e non puoi più spenderlo.
E il gioco mica l’han cominciato dal 2007.   Già nel 1987 la Fed ha iniettato troppo stimolo per prevenire una “purga” (dei creditori) dopo il crash che avvenne allora. Dopodiché le “autorità”, banche centrali e governi, hanno lasciato che ogni boom facesse la sua corsa, pensando che avrebbero avviato la pulizia più tardi, e rispondendo ad ogni shock con altra stampa, alacremente. Ciò ha portato, secondo l’esperto della BRI, la finanza a una convinzione della facilitazione perpetua, fino alla caduta degli interessi al disotto del loro “tasso naturale”, cessando di essere un segnale del rischio di credito.
“L’errore fu peggiorato negli anni ’90, quando Cina ed Europa dell’Est sono state unite improvvisamente all’economia, inondando il mondo con esportazioni a basso prezzo. I prezzi calanti dei beni industriali hanno mascherato l’inflazione degli attivi (finanziari) che stava avvenendo. I politici sono stati indotti all’inazione da una serie di credenze consolanti, che ora si rivela false. Sono stati indotti a credere che finché l’inflazione è sotto controllo, tutto va’ bene”.
Ecco in poche limpide parole perché gli americani hanno accelerato la globalizzazione, fatto entrare il gigante cinese nel mercato mondiale nonostante la sua economia statalista, ed aperto all’Est europeo: per gonfiare la loro bolla, e andare avanti ancora un po’. Adesso la Cina, dopo uno sviluppo eccessivamente rapido artificialmente montato dai capitali, si è trasformata da locomotiva in valanga. Una valanga immane.
La Fed ha prodotto bolle su bolle, fino a provocare quella in cui siamo oggi: la “debt deflation” preconizzata da Irving Fisher, il grande economista della Grande Depressione. Oggi la Fed è in “un terribile dilemma”, e tenta di raddrizzare la nave sottraendosi a ulteriori quantitative easing.
“Se alzano i tassi, sarà brutta. Se non li alzano, non si fa’ che peggiorare la cosa. La situazione è così maligna, che non esistono risposte giuste per risolverla. E’ la trappola del debito, non c’è uscita facile”. Secondo mr. White, un inizio sarebbe che i governi smettano di dipendere dalle banche centrali per non essere loro a fare il lavoro sporco. Le banche centrali non possono risolvere un problema di insolvenza, possono solo risolvere problemi di liquidità. I politici “Devono ritornare al fondamentale attività di bilancio, chiamatela keynesiana se volete, e lanciare un mai visto e potente programma di investimenti sulle infrastrutture, che si paghi grazie alla crescita maggiore”.
E’ il momento delle soluzioni alternative, del “quantitative easing per il popolo”? la speranza è che al Forum di Davos i potenti del mondo affrontino in questo problema così limpidamente posto da White e da Telegraph. Ecco uno dei motivi per cui la cancelliera Merkel ha annullato la sua partecipazione a Davos?
Se è così, sarà un crollo disordinato, una guerra europea. I tedeschi e Bruxelles sanno che posson perdere tutto,e fanno i duri….E noi, o metà dei media e del popolo italiota, a “prendere le distanze da Renzi”.
Lo so anch’io che Renzi è un peso minimo. Ma è lui a questo passo cruciale della storia, ed è la carta con cui dobbiamo giocare. Se aspettiamo- come sempre facciamo noi italiani – l’arcangelo  Michele che prenda il governo italiota, per finalmente sentirci ben guidati e pronti alla lotta, abbiamo da aspettare…la possibilità reale è che ci mettano di nuovo Monti, Letta, o Giuliano Amato, o Napolitano.
O la Mogherini: vi ho fatto paura, vero?
http://www.telegraph.co.uk/finance/financetopics/davos/12108569/World-faces-wave-of-epic-debt-defaults-fears-central-bank-veter

Fukushima oggi, dove il tempo si è fermato e la vita si spegne lentamente



Quello che emerge dirompente in questo articolo è tra l’altro la profonda differenza reattiva e di prospettiva delle autorità giapponesi dopo Fukushima, rispetto a quelle ucraine dopo Chernobyl. Non mi riferisco ovviamente agli aspetti tecnici, scientifici ed operativi della gestione dell’emergenza, che sono stati pessimi in entrambi i casi, con l’aggravante per i giapponesi che erano trascorsi 25 anni da Chernobyl e quindi dovevano essere molto più preparati e competenti. Mi riferisco alla gestione delle arre urbane contaminate. In Giappone si intende bonificare una cospicua parte dell’area urbana contaminata ed evacuata a causa dell’incidente nucleare, per far tornare gli abitanti nelle loro abitazioni (per quanto sia lecito dubitare dell’esito e dell’opportunità sanitaria dell’operazione, che anche solo dal punto di vista logistico richiederebbe decine di anni e costi proibitivi). In Ucraina si è preferito evacuare definitivamente ed interdire per sempre tutta l’area contaminata, con ampio margine di  prudenza e sicurezza nella perimetrazione. Occorre in proposito tener conto non solo della differenza cronologica dei reciproci incidenti ma delle enormi differenze di dimensione  ed antropizzazione dei due paesi. Il Giappone ha 130 milioni di abitanti ed è poco più grande della metà dell’Ucraina, con circa 6800 isole che compongono l’arcipelago, di cui le più grandi e popolate sono perlopiù montuose per cui la popolazione è concentrata nelle città, alcune sono tra le più grandi metropoli del mondo. Similmente ad Hong Kong non possono permettersi di rinunciare a territori abitabili, a meno che di costruire sul mare (e non è una battuta, l’hanno già fatto) ... L’Ucraina è grande quasi il doppio del Giappone ed è interamente continentale, con soli 45 milioni di abitanti, può permettersi di rinunciare all’0,2 per cento della sua superficie, che è appunto l’area attorno alla centrale nucleare in cui è vietato l’accesso. Sulla questione delle ripercussioni sanitarie causate dall’incidente e che riguardano oltre il 20 per cento della popolazione giapponese che si ritiene sia stata esposta alle radiazioni, non aggiungo altro rispetto a quanto riportato dall’articolo, Chernobyl docet. Claudio Martinotti Doria
 

Fonte:   http://comune-info.net/2016/01/fukushima-oggi/


Fukushima oggi, dove il tempo si è fermato

 

Robert Hunziker |

fu
di Robert Hunziker

In tutto il mondo il termine “Fukushima” è diventato sinonimo di disastro nucleare e di assenza di soluzione dei problemi. Ai giorni nostri Fukushima è probabilmente una delle catastrofi meno comprese poiché nessuno sa né come riparare al danno né la vera entità del problema stesso. Essa si trova infatti  in un territorio pressoché inesplorato dove la fusione del nocciolo regna  indisturbata. Come un genitore eccessivamente premuroso la Tepco si limita a monitorare la situazione continuando però a compiere errori.
Col passare del tempo emergono lentamente frammenti d’informazione dalla prefettura di Fukushima. Recentemente, per esempio, la città è stata visitata da Arkadiusz Podniesinski, il noto fotografo documentarista di Chernobyl e le immagini da lui scattate ritraggono uno scenario di distruzione preoccupante che non lascia alcuna speranza per il futuro. La fatiscente centrale nucleare di Fukushima Daiichi si staglia sinistramente sullo sfondo delle nostre vite al pari dell’immagine della distruzione impersonificata da Godzilla col suo “soffio atomico.”
Nel commento di Podniesinski (dicembre 2015) sono evidenti le responsabilità dell’incidente nucleare
“non sono né i terremoti né gli tzunami i responsabili del disastro alla  centrale nucleare di Fukushima Daiichi, l’errore è umano. Il rapporto redatto dal comitato eletto dal parlamento giapponese incaricato di investigare sul disastro non lascia dubbi a riguardo. L’incidente si poteva prevedere ed evitare. Come nel caso di Chernobyl è stato principalmente un errore umano la causa della devastazione”.
Quattro anni dopo l’incidente oltre 120.000 residenti non possono ancora tornare alle loro case. Le aree radioattive sono contrassegnate dal colore rosso che indica il più alto livello di contaminazione, la zona rossa  >50mSv/y, all’interno di essa non c’è in atto nessun’opera di decontaminazione. È impensabile che i vecchi abitanti della città possano mai ritornarvi, anche se il governo lascia intendere diversamente.
Le radiazioni si accumulano. In linea di massima un essere umano è in grado di sopravvivere per un’ora all’esposizione di 1 Sv/h o 1000 mSv/h. Il livello di radiazioni massimo raccomandato agli esseri umani è inferiore a 500 mSv. Una radiografia al torace per intenderci  produce 0,10 mSv. Il limite standard mondiale per coloro che operano nel nucleare è di 20mSv/annui (fonte: manuale di sopravvivenza alle radiazioni). Eppure  a Fukushima, a causa dell’emergenza, i lavoratori sono esposti fino a 100 mSv prima di abbandonare il sito.
Nelle zone contrassegnate dal colore arancione i livelli di radiazioni sono compresi tra i 20 e 50mSv/annui, valori troppo alti per ripopolare la zona, anche se un’opera di decontaminazione è già in corso. Agli antichi residenti è permesso visitare le proprie case per qualche ora, rigorosamente di giorno, ma di gente non se ne vede poi molta. Parte dei suoi vecchi abitanti non intende farvi ritorno e gran parte delle case in legno di città e villaggi sono totalmente abbandonate a loro stesse.
Le aree meno contaminate sono contrassegnate dalla zona verde (<20msv annui="" decontaminazione="" di="" e="" evacuazione="" l="" opera="" ordine="" p="" presto="" qui="" revocato.="" stata="" ultimata="" verr=""> pMRSLG0
Circa 20.000 lavoratori ripuliscono  terreno e strade, strofinano manualmente le pareti, i tetti e le grondaie casa per casa e il materiale radioattivo e contaminato viene stoccato in grossi sacchi neri accatastati nella campagna circostante. I sacchi neri radioattivi vengono caricati sui camion e scaricati nei sobborghi dove si aggiungono ad altre migliaia e migliaia di sacchi neri impilati. Vista dall’alto questa distesa temporanea di rettangoli neri geometricamente disposti a perdita d’occhio appare come la trapunta di un gigante. Il governo afferma che entro trent’anni i sacchi radioattivi verranno smaltiti, ma come?
Quest’imponente processo di decontaminazione non escluderebbe potenziali rischi. Le prime aree ad essere decontaminate saranno le zone intorno alle abitazioni, alle campagne e una fascia di dieci metri in corrispondenza delle strade. Altre aree come montagne e foreste non saranno invece toccate e questo potrebbe costituire un problema perché incendi e piogge pesanti  potrebbero trasportare gli isotopi radioattivi verso le zone decontaminate. Secondo Podniesinski l’anno scorso una cosa simile è già successa due volte a Chernobyl.
Per poter visitare le città all’interno della zona vietata e della zona rossa è necessario un permesso per ciascuna città. I richiedenti devono avere motivi legittimi per potervi  accedere e le strade sono  rigorosamente sorvegliate. Podniesinski passò due settimane a Fukushima nel tentativo di trovare il giusto contatto per ottenere il permesso. Infine date le sue numerose visite a Chernobyl e le sue esperienze pregresse riuscì ad ottenere l’autorizzazione. Con un camice semitrasparente di protezione, copriscarpe  blu, maschera e dosimetro il fotografo ha visitato la città di Futaba all’interno della zona vietata. Con una popolazione di 6.113 abitanti la città di Futaba confinava con la centrale di Fukushima ed è una delle aree maggiormente colpite dalle radiazioni per cui la decontaminazione è da considerarsi impensabile al momento e, probabilmente, per sempre.
La città era un importante centro di attività commerciali legate alla pesca e all’agricoltura, in particolare il commercio di garofani era la sua maggiore risorsa. La mattina del 12 marzo 2011 la cittadina venne fatta evacuare in massa. È interessante notare che, secondo le foto scattate, il municipio di Futaba era una struttura di mattoni rossi a quattro piani, moderna, con ampie finestre e decorazioni nere e slanciate che ci aspetteremmo di vedere in una qualsiasi città media degli Stati uniti piuttosto che in un’antica cittadina giapponese, un tempo centro dell’antico distretto di Futaba (periodo Edo tra il 1603 e il 1868).
Uno slogan appeso sulle strade principali recita “Energia nucleare per un futuro radioso”. Podniesinski fu invitato a visitare Futaba con Mitsuru e Kikuyo Tani, rispettivamente di 74 e 71 anni. L’hanno portato a quella che una volta era la loro casa, alla quale tornano una volta al mese, per qualche ora, per controllare se il soffitto  ha  crepe e se reggono gli infissi ed eventualmente effettuare qualche piccola riparazione. La loro gita mensile è puramente sentimentale, Futaba è la città delle loro origini, ma nei loro cuori sanno che ormai non è altro che un ricordo del passato che indugia, ma che non tornerà mai più.
A Futaba all’improvviso il tempo si è fermato e non è cambiato più niente da quel fatidico giorno. Le foto mostrano edifici in lento declino e macchine ricoperte di arbusti e piante rampicanti. Sembra di vedere una scena della serie televisiva The Walking Dead, dove a terrorizzare la città sono gli zombie e non le radiazioni. L’immagine è quella senza vita di una città  tetra e infestata, immortalata come se il mondo intero si fosse all’improvviso fermato. Con un lungo camice bianco simile a quello di un chirurgo, copriscarpe blu, guanti aderenti,, cuffia sui capelli e mascherina, Kikuyo Tani è ritratta seduta sui talloni all’entrata della sua vecchia casa. Nei suoi occhi un’espressione di profonda rassegnazione e, mentre il suo sguardo assente e inespressivo si guarda intorno, emerge una desolazione che solo la fotografia è in grado di ritrarre. La sua fronte e i suoi occhi  penetranti sono l’unica cosa viva dentro un’altra immagine infestata e senza vita.
Un’altra foto interessante mostra un tridimensionale Colonnello Sanders a grandezza umana con il suo caratteristico vestito bianco, fiero, in piedi vicino a un KFC in un centro commerciale vuoto. Anche qui è stato catturato l’attimo: una quiete sinistra, un carrello della spesa abbandonato e liquidi riversati sul pavimento a testimonianza del fatto che la gente lasciò tutto quello che stava facendo per scappare via, abbandonando  la spesa negli anni.
L’imponente opera di pulizia della prefettura di Fukushima include 105 tra città, paesi e villaggi. A differenza di Chernobyl dove le autorità hanno dichiarato una zona con divieto di abitazione di 1.000 kmq e spostato 350.000 persone, permettendo così alle radiazioni di disperdersi col tempo, il Giappone sta cercando di riportare Fukushima a quello che era un tempo. Ma il materiale radioattivo raccolto nei sacchi neri sarà un problema esasperante che si protrarrà per anni.
A tal proposito le autorità giapponesi hanno commissionato la costruzione di un’imponente  discarica all’esterno della centrale nucleare di Fukushima Daiichi che dovrebbe contenere tra i 16 e i 22 milioni di sacchi di detriti, pari a riempire 15 stadi da baseball. Sfortunatamente i sacchi pieni di materiale radioattivo sono diventati più di un semplice mal di testa, sono una forte emicrania. Un camion ne riesce a trasportare 6-8 alla volta, questo significa che ci vogliono decenni per spostare tutto il materiale. A questo si aggiunge il fatto che il trasporto e lo stoccaggio dei detriti potrebbe col tempo deteriorare i sacchi che dovrebbero essere quindi sostituiti con sacchi nuovi dando così vita a un ciclo infinito. Il lavoro con le macerie radioattive potrebbe diventare in Giappone un impiego generazionale, così come fu per la seconda e terza generazione di lavoratori che completarono le grandi cattedrali d’Europa come Notre Dame di Parigi dove le fondamenta vennero gettate nel 1163 e l’opera di costruzione terminò nel 1250.
Secondo il rapporto Fukushima  redatto l’ 11 marzo 2015 dalla Croce Verde di Ginevra, fondata dall’ex presidente sovietico Mikhail Gorbachev, sono 32 milioni i giapponesi  vittime del disastro nucleare. I criteri della Croce Verde si basano sull’esposizione diretta alle radiazioni così come sui fattori di stress avvertiti dalla popolazione in seguito all’incidente, con gravi conseguenze a breve e lungo temine, come disturbi neuropsicologici e tumori.
“Secondo le stime, l’80 per cento delle radiazioni si è depositata nell’oceano mentre il restante 20 per cento si è disperso principalmente in un raggio di 50 chilometri a nord ovest dello stabilimento nucleare nella prefettura di Fukushima. I rischi di tumore legati alle radiazioni riversate nell’oceano sono bassi anche se si sono riscontrate tracce di radiazioni a nord del continente americano, in particolare nella parte settentrionale della costa ovest degli Stati Uniti. Il rischio generale di contrarre il cancro è aumentato, in particolare per coloro che al tempo del disastro erano bambini. La loro salute sarà sempre a rischio, conseguenza delle radiazioni rilasciate dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi,”( Croce Verde Svizzera, comunicato ai media, Zurigo, 11 marzo 2015). Il rapporto Fukushima venne redatto dalla Croce Verde Svizzera sotto la direzione del professor Jonathan M. Samet, direttore dell’Istituto Mondiale della Sanità all’università della California del sud (Usc).
Malgrado ciò, i sostenitori dell’energia nucleare, tra i quali  alcuni climatologi, sostengono che il nucleare potrebbe risolvere il problema dell’effetto serra in quanto gli incidenti sono talmente sporadici da poterla considerare una forma di energia a basso rischio. Questo pensiero non prende tuttavia in considerazione un aspetto fondamentale e cioè che quando il disastro avviene, si ripercuote su milioni di persone per vite intere. Una disgrazia come Chernobyl o Fukushima equivale, in danni, a innumerevoli migliaia di disastri provocati da energie rinnovabili come quella eolica o solare.

Per quanto riguarda la vita di miseria destinata a chi è stato esposto a forti radiazioni, basterebbe visitare una delle case che ospitano i bambini di Chernobyl nei boschi della Bielorussia. Tutti presentano malformazioni sia fisiche che mentali. A causa di un solo incidente nucleare ogni anno in Ucraina nascono 6.000 bambini con svariati difetti cardiaci. Nel paese c’è stato un aumento del 250 per cento di deformità natali congenite e l’85 per cento dei bambini bielorussi presenta  tratti genetici che potrebbero sfociare in malattia. L’Unicef sta redigendo una mappatura dei tassi di malattia dei bambini notando, per esempio, un aumento del 63 per cento per problemi  legati al  tessuto osseo, muscolare e connettivo e più di un milione di bambini vive tuttora in aree contaminate. I medici bielorussi hanno registrato un forte aumento dei casi di cancro: 200 per cento d’incremento del cancro al seno, 100 per cento dei casi di leucemia e 2.400 per cento dei casi di cancro alla tiroide, e tutto causato da un unico disastro nucleare! (Fonte: Chernobyl Children International)
Nel frattempo in Cina si progetta di costruire quattrocento centrali nucleari lungo coste e fiumi per sfruttare l’acqua al fine di  raffreddare meglio i reattori  nucleari. Pensate quante nuove opportunità all’orizzonte!

Fonte: www.counterpunch.org (tradotto e pubblicato da comedonchisciotte.net)

L'Italia è la più penalizzata dalle politiche USA e della Germania a scapito della Russia

Giù al Nord passa il gas russo, mentre l'Italia resta senza

 Fonte: Sputnik. Taras Litvinenko

Mario Sommossa

La Russia è spesso accusata di utilizzare le forniture di gas e di petrolio come uno strumento di azione politica. Indubbiamente è vero, così com'è vero che anche chi compra l'energia compie un'azione politica.

Garantirsi le fonti è un imperativo talmente "politico" che, per farlo, ogni Paese usa qualunque mezzo disponibile, pacifico o bellico che sia, come la presenza americana in Medio Oriente dimostra. Un Paese senza energia non può garantirsi trasporti, illuminazione, infrastrutture di ogni tipo e nemmeno consentire alle proprie industrie di lavorare. Un Paese ricco di materiali energetici, oltre ad utilizzarne una parte in loco, alimenta le proprie finanze vendendoli sul mercato internazionale. E' quindi ipocrita scandalizzarsi se anche la Russia utilizza le sue ricchezze naturali per la propria politica estera.
Per non rimanere ricattata da un unico fornitore, così come farebbe qualsiasi azienda privata, anche l'Italia ha saputo diversificare le proprie fonti, suddividendo le importazioni di gas e petrolio tra diverse aree geografiche. Uno dei fornitori, con quasi il 30% del gas importato, era ed è la Russia attraverso il gasdotto che passa per l'Ucraina. Purtroppo, le tensioni tra Kiev e Mosca hanno portato nel recente passato per ben due volte a far sì che questo Paese di puro transito ne sabotasse il passaggio, mettendo così a rischio una parte importante dei nostri approvvigionamenti. Era naturale allora che non solo la Russia, ma anche i nostri politici più avveduti pensassero a un'alternativa che evitasse nel futuro il rischio di nuove interruzioni. Si pensò allora a South Stream, un nuovo gasdotto che, attraversando il Mar Nero, sarebbe arrivato direttamente nei Balcani e, da lì, sulle nostre coste adriatiche.
2012, quando il gasdotto South Stream sembrava dovesse diventare realtà
2012, quando il gasdotto "South Stream" sembrava dovesse diventare realtà
Fu per motivi puramente politici che gli USA e la Commissione Europea si opposero al progetto, fino a farlo fallire. Per noi fu uno smacco, anche considerato il notevole investimento già effettuato dalla nostra ENI e l'esecuzione dei lavori assegnata all'espertissima Saipem. Le giustificazioni ufficiali più rilevanti furono due: l'Europa doveva diminuire le proprie importazioni dalla Russia e non era opportuno penalizzare l'Ucraina che aveva nel gasdotto già esistente (e tuttora attuale) sia notevoli entrate per i diritti di transito, sia un'arma di ricatto nei confronti di Mosca e dell'Europa tutta. Le sanzioni economiche, contemporaneamente lanciate contro la Russia dopo lo scoppiare della più recente crisi completavano il quadro. A noi non toccò che subire. Tuttavia, nel frattempo, un progetto perfettamente identico ma con la differenza di passare a nord anziché a sud fu concordato tra Russia e Germania senza sollevare uguali obiezioni da Bruxelles.
Perché a Berlino dovrebbe essere concesso ciò che la stessa commissione ha negato a Roma? Perché alle aziende tedesche e nord europee dovrebbe essere consentito il beneficio economico che deriverebbe dal raddoppio di North Stream e non alle aziende italiane? Questa è la domanda che Renzi ha correttamente posto durante l'ultimo Consiglio Europeo. Ancora si attende risposta.
Evidentemente le parole di Renzi non erano animate da alcun pregiudizio anti-russo e la dimostrazione è le più volte manifestata contrarietà alla proroga delle sanzioni economiche. Nello stesso tempo, pur riconfermando la nostra vicinanza con gli Stati Uniti, occorre che ci sia detto chiaramente quali sono le vere ragioni della loro ostilità nei confronti della Russia. Non abbiamo alcuna intenzione di intaccare i nostri buoni rapporti con gli USA ma non vorremmo trovarci in una situazione in cui gli americani pensino di tutelare i loro interessi calpestando quelli degli alleati. A ben vedere, loro stessi dovrebbero verificare se la nuova guerra fredda che hanno lanciato tuteli veramente i loro reali interessi o se non si tratti, invece, di un altro errore, gravido di conseguenze negative per tutti, come lo fu la guerra in Iraq.
Il gasdotto Nord Stream
Il gasdotto Nord Stream
Altresì, si chiede all'Europa di non essere una semplice accozzaglia di Paesi al servizio dell'egoismo di una Germania dominante ma una reale Istituzione super-partes che sappia individuare obiettivi comuni nell'interesse di tutti. Nella telefonata dell'11 Gennaio avvenuta tra Putin e il nostro Renzi, immagino che il Presidente del Consiglio abbia ben chiarito questi aspetti e anche con Berlino abbia voluto sottolineare come il nostro atteggiamento sia puramente costruttivo.
Ad oggi non sappiamo ancora quale sarà la decisione finale di Bruxelles sulla questione, ma una cosa è certa: non è offrendo all'Eni di entrare nel capitale di North Stream che la situazione potrà essere risolta. Come ha molto ben detto l'Amministratore Delegato De Scalzi, non è la sua vocazione e non è un piatto di lenticchie acide che possa soddisfarci.  Se North Stream 2 sarà approvato, ben venga che sia la Saipem a essere chiamata a eseguire la posa dei tubi e, d'altra parte, si tratta dell'azienda europea più tecnologicamente avanzata nel settore. Tuttavia, se quel gasdotto dovesse essere realizzato, sarà obbligatorio ridiscutere tutto l'atteggiamento europeo nei confronti di Mosca.

Sottomessi. Un articolo dell'antropologa Ida Magli, ispirati ai fatti di Colonia



L’antropologa e filosofa italiana Ida Magli manifesta una lucidità analitica ed acume intellettuale ed analitico di tutto rispetto, in considerazione dei suoi novant’anni passati, anche se non si condividessero in toto le sue argomentazioni. Ho sempre avuto rispetto e predilezione per lei per la forte analogia metodologica ed il coraggio di affrontare temi di solito taciuti, ignorati o affrontati in modo opportunistico e politicamente corretto dall’ortodossia accademica e dai media mainsteam. Temi da lei sempre proposti con un linguaggio schietto e a tratti dirompente, che rivela le origini dei costumi e comportamenti per quello che sono realmente, senza edulcorazioni e mistificazioni e spesso con argomentazioni assai critiche anche nei confronti della donna e dei movimenti femministi e non solo del potere maschilista e paternalista. Claudio


Sottomessi
 
di Ida Magli - 17/01/2016

Fonte primaria: Libero - fonte divulgativa on line:  Arianna Editrice

IDA MAGLI IDA MAGLI

Impadronirsi delle donne del nemico è stato sempre, in tutta la storia della specie umana, il segno e il simbolo della vittoria finale. «Né dei Teucri il rio dolor - esclama Ettore di fronte alla disfatta - né quello d' Ecuba stessa, né del padre antico, né dei fratei, che molti e valorosi sotto il ferro nemico nella polve cadran distesi, non mi accora, o donna, sì di questi il dolor, quanto il crudele tuo destino, se fia che qualche Acheo, del sangue ancor dei tuoi lordo l' usbergo, lacrimosa ti tragga in servitude ma pria morto la terra mi ricopra, ch' io di te schiava i lai pietosi intenda».

colonia -  I fatti di Colonia

Non è diversa da quella dell' Iliade, anche se senza parole, la disperazione espressa dalla statua del Trace che si consegna ai vincitori Romani portando sul braccio la propria donna dopo averla uccisa. Non può non essere così perché, al di là di qualsiasi differenza di epoca, di religione, di cultura, la donna è un «valore» percepito da tutti i maschi come tale, il primo segno, la prima «moneta», e al tempo stesso la riserva d' oro su cui viene garantita reciprocamente fra i gruppi la sostanza della loro parola, la sua verità.

pegida manifestazione colonia manifestazione a Colonia

«Tu dai una donna a me, io do una donna a te» come dice, con assoluta precisione, Claude Lévi-Strauss nel saggio sulle Strutture elementari della parentela. Con il divieto dell'incesto e scambiandosi le donne fra un gruppo e l' altro i maschi stabiliscono i confini della propria identità, riconoscono le discendenze biologiche, razziali, tribali, familiari. Sono le leggi della natura che guidano la specie umana, come ogni altra specie, verso il mantenimento e la prosecuzione della specie stessa.

arresti a colonia arresti a Colonia

Ma nell'Uomo questo compito passa attraverso gli istituti sociali dettati di volta in volta dalle diverse creazioni dovute all'istinto, alla razionalità, alla capacità logica, alla memoria, agli affetti. Il divieto dell'incesto, per esempio, che è esistito ed esiste ovunque, è sicuramente istintuale prima che giuridico, ma nell'Uomo nulla è mai soltanto istintuale perché si cercano e si trovano sempre spiegazioni di tipo mitico, magico, sacrale, senza ricorrere ai dati di fatto che pure tutti i popoli conoscono ossia alle gravi malformazioni e alle malattie dovute alla procreazione fra stretti parenti.

colonia molestie a capodanno Colonia molestie a capodanno

Oggi, però, nell' Occidente europeo, tutto l'impianto significativo cui abbiamo accennato è stato negato da quei pochi ma fortissimi detentori del potere che, alla fine della seconda guerra mondiale, hanno deciso la distruzione degli Stati nazionali e il mescolamento dei popoli, in apparenza per costruire una Europa unita in cui non ci fossero più guerre, in realtà invece avendo come meta l'assimilazione e l'uguaglianza di tutti i popoli, di tutte le strutture sociali, di tutte le religioni, per stabilire così il passo fondamentale per giungere a un governo mondiale.

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 Colonia manifestazioni dopo le molestie di capodanno

Non si tratta di ipotesi, ma di dati di fatto. Sembrava allora l'unico ideale veramente tale e che la mondializzazione non fosse difficile da realizzare. Un errore di valutazione della realtà che appare oggi quasi incredibile. Dal 1957 del progetto sono passati molti anni ma gli Stati Uniti d'Europa hanno continuato ad esistere soltanto sulla carta, nelle illusioni dei politici e nella miriade di istituti e di poltrone create appositamente, come il parlamento europeo, per ingannare i popoli.

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 Colonia manifestazioni dopo le molestie di capodanno


L'Europa non progredisce agli occhi di nessuno, il suo potere politico è quasi nullo malgrado le immense ricchezze profuse a tale scopo, malgrado l' imposizione di una moneta unica, malgrado le regole e le norme imposte da Bruxelles per far diventare uguali, se non gli uomini, almeno le zucchine, la curvatura delle banane, i recinti per le galline e, al colmo del grottesco, anche i sedili dei mezzi di trasporto pubblici cui i tedeschi si sono opposti perché «i loro sederi sono più grossi».

Sì, l' unione europea non progredisce. È in base a questa amara constatazione che è partito l' ordine di dare il via al programma di distruzione della civiltà europea per mezzo dell' invasione di popoli totalmente diversi: africani e mediorientali.

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 Colonia manifestazioni dopo le molestie di capodanno


Un programma che faceva parte del progetto fin dall' inizio, ma che i politici di Bruxelles ritenevano di poter mettere in atto «con le buone», inculcando per anni il dovere e la bellezza dell'accoglienza, predicato da Papi e da Vescovi, da giornalisti e da innumerevoli trasmissioni televisive, senza mai alludere alle differenze fisiche, psicologiche, culturali, religiose, dei milioni di immigrati, differenze che anzi la Merkel una volta ha perfino negato affermando che i musulmani sono della nostra stessa cultura. Mentiva spudoratamente, è chiaro: in Germania esistono già da molti anni i tribunali islamici per gli immigrati, riservati alla gestione della giustizia secondo le leggi coraniche e tanto basta per affermare che appartengono ad un' altra cultura.

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 Colonia manifestazioni dopo le molestie di capodanno



Ma la Merkel in realtà è stata usata fin dall' inizio dai costruttori dell' Ue per coprire, realizzandoli, i loro scopi. Naturalmente alla Merkel è piaciuto questo ruolo di capo dell'Europa, sia pure molto criticato tanto per la gestione economica e finanziaria indirizzata al rigore nella spesa quanto per l' eccessiva permissività nei confronti dell'invasione immigratoria. Ma non è stata mai lei a comandare in quanto ha soltanto eseguito, coprendoli, i voleri dei banchieri e dei mondialisti provenienti da Bruxelles. E adesso si trova a fare da capro espiatorio.

Quello che è successo la notte di capodanno a Colonia è il risultato ultimo di tutto questo. L' Europa non è riuscita a raggiungere i suoi scopi? Gli Stati nazionali sono ancora qui, ognuno con la propria lingua, la propria letteratura, la propria musica? Il cristianesimo resiste, malgrado i colpi di piccone dati dagli scandali dei preti e la presenza di un Papa che non smette mai di esortare all' accoglienza?

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 Colonia manifestazioni dopo le molestie di capodanno




L'enormità dell' invasione immigratoria non è stata sufficiente a far crollare le istituzioni politiche, a mettere in pericolo il sistema democratico? Di fronte a tutti questi fallimenti possiamo supporre, anche se non ci sono le prove, che siano state le autorità di Bruxelles a voler dare un' accelerazione definitiva alla distruzione della civiltà europea. Con una trovata geniale è stato dato il via all' arma primordiale, quella che tutti i maschi hanno sempre adoperato sul nemico vinto: il possesso delle donne.

L' assalto era organizzato, su questo non ci sono dubbi. Maometto e i suoi compagni rapinavano, stupravano in un contesto bellico, dopo aver conquistato un villaggio o un paese, mai a freddo. A Colonia, invece, in una libera piazza di un giorno di festa come il capodanno, gli immigrati africani hanno finalmente dichiarato a se stessi e agli europei di essere ormai i padroni, sottomettendone le donne alle loro voglie sessuali. I particolari, poi, dimostrano l' assoluto disprezzo che i musulmani nutrono verso le donne europee perfino nel farne il proprio oggetto sessuale: palpeggiamenti del seno, dita infilate nei pantaloni, gesti, «scherzi», riservati alle prostitute nelle bettole di periferia.
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 Colonia manifestazioni dopo le molestie di capodanno


 Le reazioni delle nostre istituzioni sono state quasi inesistenti. Non si è sentita la voce né del Papa né dei capi di governo, tutti sempre schierati dalla parte degli immigrati e soprattutto dei musulmani. Anche le donne hanno parlato poco e senza l'aggressività che un simile episodio avrebbe dovuto suscitare.

Dei «maschi», poi, non si sa che dire: il lungo trattamento devirilizzante cui sono stati sottoposti inibendo qualsiasi espressione e qualsiasi comportamento non «politicamente corretto» e incitandoli all' omosessualità, sembra averli ormai ridotti a ombre, a simulacri della mascolinità. Insomma la nostra società è giunta là dove si voleva che giungesse: ha perso l'identità e la forza che proviene soltanto da una forte identità. Ma questo non ha portato a quello che i mondialisti credevano che sarebbe avvenuto: una più facile integrazione e omologazione degli immigrati.

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 Colonia manifestazioni dopo le molestie di capodanno


È stata indebolita la cultura europea fino quasi alla morte, ma nessun musulmano abbandona la propria religione in quanto questa è anche la sua cultura. Le culture muoiono, ma non si integrano. E come potrebbero integrarsi visto che sono costruite su un sistema logico di significati?

C' è chi già grida allo scandalo perché alcuni Stati, di fronte all' enorme pericolo per la propria sopravvivenza dell' invasione immigratoria, hanno sospeso la loro adesione a Schengen, impedendo la libera circolazione delle persone all' interno dell' Europa. Sarebbe bene che tutti i politici riflettessero su questa decisione perchè costituisce un primo passo indispensabile per tentare di salvarsi. I politici italiani lo faranno?