Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996


"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

PER CONTATTI: claudio@gc-colibri.com

Se preferite comunicare telefonicamente potete inviare un sms al 3485243182 lasciando il proprio recapito telefonico (fisso o mobile) per essere richiamati. Non rispondo al cellulare ai numeri sconosciuti per evitare le proposte commerciali sempre più assillanti

Questo blog ha adottato Creative Commons

Licenza Creative Commons
Blog personale by Claudio Martinotti Doria is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.
Based on a work at www.cavalieredimonferrato.it.
Permissions beyond the scope of this license may be available at www.cavalieredimonferrato.it.


Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Il "truffone" continua a dominare i mercati, ma dà segni di cedimento ...

Di Claudio Martinotti Doria

Questa estate c'è stato l'ennesimo tentativo di manipolazione del prezzo dell'oro da parte dei cosiddetti "poteri forti", che non sono un mito od una banalizzazione concettuale o complottistica, ma un modo per intendere la simbiosi utilitaristica formatasi nel corso finale della storia dell'umanità (in particolare nell'ultimo secolo), tra Banche centrali (che non sono pubbliche come si pensa comunemente), le più importanti multinazionali ed i principali Governi mondiali. In primis e a conduzione di questi poteri forti c'è la FED (Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti d'America, istituita nel 1913 in netta contrapposizione ai principi contenuti nella Dichiarazione di Indipendenza del 1776, tradendone il dettato costituzionale in materia di denaro) (*)
Per questi giganti finanziari, che ultimamente stanno stampando a iosa denaro di carta (a corso forzoso e quindi disonesto, perché privo di controvalore, avendo eliminato definitivamente il Gold Standard da un quarantennio), il mercato dell'oro è minuscolo, risibile, in quanto ogni anno l'oro che viene commercializzato è di sole cinquemila tonnellate, che alla valutazione attuale in dollari dell'oncia, corrisponde ad appena duecento miliardi di dollari, un'inezia per loro.

Puntualizzo ancora, per coloro che non avessero letto miei precedenti interventi, che la vera inflazione non è quella che ci propinano ogni giorno, cioè l'aumento dei prezzi al consumo (peraltro rilevata in maniera falsata), ma è la perdita di valore patrimoniale della ricchezza complessiva posseduta dalle famiglie a causa dell'immissione nel mercato di denaro disonesto, fasullo, di carta, privo di controvalore (pare che la FED da sola immetta ogni anno oltre il 20% in più di dollari sul mercato … e non occorre essere degli economisti per capire che se ogni anno circola un quinto in più di denaro, il patrimonio che posseggo si svalorizza sempre più, diminuisce l'effettivo potere d'acquisto, le famiglie sono depauperate progressivamente dei loro risparmi ed investimenti, e prima o poi esploderà un'iperinflazione come quella della Repubblica di Weimar negli anni '20).
Quindi comprimere i prezzi dell'oro per nascondere la vera inflazione è per loro un gioco da ragazzi, soprattutto con gli strumenti finanziari (tecnici) di cui dispongono oggi giorno (coi quali possono svolgere un potente effetto "leva" sui prezzi), e non solo per i mezzi, intesi come immense risorse finanziarie di cui dispongono.

Così questa estate è avvenuto che dopo aver superato i 1050 euro l'oncia, record che deve averli alquanto allarmati (il fatto che l'oro aumentasse di valore soprattutto in euro più che non in dollari, è significativo di come quest'ultimo stia perdendo credibilità), e quindi hanno subito compresso in poche settimane le valutazioni facendole scendere addirittura a 870 euro, un calo repentino di oltre il 15%. In questo modo, esattamente come avviene nelle borse dove i piccoli risparmiatori ed investitori sono talmente stimati da essere definiti "popolo bue", coloro che si sono avvicinati all'oro come bene rifugio ed investimento alternativo (concetto comunque errato, in quanto l'oro è soprattutto il solo e vero "denaro" onesto, da quando si hanno tracce storiche delle civiltà umane evolute) si sono trovati a malpartito, inquieti, timorosi di aver sbagliato o di stare per sbagliare, ripiegando nuovamente verso i titoli di stato, che continuano a raccontar loro essere sicuri e garantiti. Purtroppo la psicologia del gregge è ancora quella dominante nel panorama finanziario, e le pecore continuano a farsi tosare, comprando ai massimi e vendendo ai minimi e fidandosi dei cosiddetti "esperti" iscritti all'albo o al servizio delle banche ...

Ebbene nonostante questa manovra forzata, negli ultimi giorni l'oro è tornato sopra i 970 euro e sono convinto che riprenderà i massimi entro settembre, ed andrà oltre. Significa che sempre più persone si stanno accorgendo del cosiddetto "truffone" come lo chiamano gli economisti della Scuola Economica Austriaca, grazie soprattutto alla rete (Internet) dove si trovano queste informazioni collocate da persone libere e disinteressate come lo sono io (dovete sapere che a consigliare di comprare oro e argento non ci si guadagna proprio nulla, ed anche chi lo vende di professione ha dei margini risibili ...), non certo reperibili sui giornali o in tv, condizionati come sono dagli editori ed inserzionisti.
Vi immaginate cosa succederebbe se le persone consapevoli di questa truffa (cioè l'economia di carta pesta, fondata sulla stampa di denaro privo di controvalore) aumentassero in modo esponenziale ed iniziassero a convertire i loro risparmi in oro e argento anziché comprare titoli di stato (altra carta straccia)? I Governi seguirebbero a ruota la Grecia nel loro fallimento, e l'oro (in monete e lingotti) e l'argento (in grani, monete e lingotti) tornerebbero ad essere gli unici mezzi di pagamento e di scambio validi sul mercato, come è sempre stato nel corso della storia dell'umanità, superata la preistoria. Ed è appunto quello che temono i poteri forti, che già a settembre potrebbero esserci notevoli difficoltà a collocare la carta straccia governativa, cioè i titoli di stato, che pur obbligando le banche a comprarli, potrebbe non essere sufficiente a collocarli tutti …

Finché ci si lascia ingannare dal sopracitato "truffone", l'economia e la politica parassitaria trionferanno e proseguiranno ancora a lungo a far danni, la loro complicità liberticida ci spoglierà progressivamente di tutto quanto possediamo, frutto del lavoro e dei sacrifici nostri e dei nostri cari. Il condizionamento mistificatorio è stato forte e continuato per decenni, molte persone intelligenti e colte si rifiutano di occuparsi di questi problemi, permanendo nell'ignavia e facendo il gioco di chi li ha indotti a questi comportamenti passivi, e continuano a depositare i loro soldi nelle banche, comprare titoli di stato o fondi comuni d'investimento o pensionistici (anche se finora ci hanno rimesso alla grande), e fra qualche tempo si troveranno in situazioni analoghe all'Argentina nel 2001 o in Islanda e Grecia qualche mese fa … La soluzione ora la conoscete. UOMO AVVISATO MEZZO SALVATO! Calorosi saluti a tutti.

(*)
Nello stesso anno (1776), Thomas Jefferson dichiarava: "Se gli Americani consentiranno mai a banche privati di emettere il proprio denaro, prima con l'inflazione e poi con la deflazione, le banche e le grandi imprese che ne cresceranno attorno, priveranno la gente delle loro proprietà finché i loro figli si sveglieranno senza tetto nel continente conquistato dai loro padri. Il potere di emissione va tolto via dalle banche e restituito al popolo, al quale esso appartiene propriamente." Thomas Jefferson (1776)

CATTANEO, CONTRO L'ITALIA UNITA!


Prefazione di Claudio Martinotti Doria

Carlo Cattaneo, di cui ricorrerà il prossimo anno il duecentesimo anniversario della nascita (in corrispondenza delle celebrazioni per i 150 anni dall'Unità d'Italia), nel 1848 scrisse un libro i cui contenuti possono risultare di una sconcertante attualità, in quanto i vizi e difetti della classe politica di allora paiono essere immutati a tutt'oggi. Alle classi dirigenti locali infatti il Cattaneo attribuisce il fallimento dei moti insurrezionali del '48, composte da uomini abituati al potere e non intenzionati a perderne i privilegi derivanti, disposti a tutto pur di continuare a servire un padrone che garantisca loro la continuità al potere, motivo che li ha indotti a scegliere il Piemonte anziché l'autodeterminazione. Il destino dell'Italia doveva essere una federazione di stati autonomi e non l'espansione del potere politico e territoriale dei Savoia. Neppure Camillo Benso conte di Cavour aveva intenzione di creare l'unità d'Italia, ma voleva limitarsi al Nord Italia governato dai Savoia, il resto doveva rimanere pressappoco immutato. Ma poi si sa che la storia la scrivono i vincitori e la storiografia di regime si adegua, e prevale poi la retorica e propaganda di stato, che ci ha propinato delle falsità a iosa sul risorgimento, cui purtroppo negli ultimi anni ha fatto da contraltare un populismo di basso profilo che a sua volta fa scempio della storia, per cui la verità storica non sta ne da una parte e neppure dall'altra.
Siamo vittime di una sorta di immutabilità delle peculiari dinamiche politiche italiane, conformate ai moltissimi "ismi" che le sottendono, dal particolarismo al trasformismo, dal familismo al nepotismo, dall'affarismo all'opportunismo, dall'individualismo allo statalismo, dal corporativismo al monopolismo, dal protezionismo al favoritismo, dal clientelismo al baronismo, ecc.. Pare sia il destino o karma della nostra penisola, essere governati da pessime classi dirigenti politiche, quantomeno dall'Ancien Regime in avanti, che da noi non è mai cessato, ed infatti ho definito il nostro regimo politico di tipo "neofeudale". In Monferrato hanno iniziato i Gonzaga Nevers nel 1631, e quindi siamo abituati da circa quattro secoli ad essere mal governati e quindi temo sia ormai divenuta una connotazione politico culturale istituzionalizzata e sedimentata nello stesso DNA delle popolazioni … Prepariamoci a sopportare quanto cercheranno di propinarci con la ricorrenza dei 150 anni dell'Unità d'Italia, da parte di entrambi gli schieramenti, i nazionalisti da una parte e i cosiddetti secessionisti padani dall'altra, i primi si fondano sulle falsità del Risorgimento scritte a tavolino dagli scribi di casa Savoia, ed i secondi che si ispirano ad Alberto da Giussano, che è un personaggio mitologico storicizzato dal Carducci proprio durante e per favorire il Risorgimento. Siamo messi proprio bene. Per chi ama la verità ed è abituato a documentarsi, provi a cercare nelle biblioteche il seguente testo scritto sul finire degli anni '70 da un monferrino: CLIENTELISMO E SISTEMA POLITICO. Il caso dell'Italia. L'autore è Luigi Graziano, l'editore è Franco Angeli. Non credo sia reperibile in altro modo, non essendo stato gradito dalla partitocrazia al potere, non ha avuto il seguito che meritava e deve aver procurato qualche noia al suo autore. Capirete cosa era l'Italia ai tempi dell'unità ed i suoi inevitabili sviluppi fino agli anni '80. Buona lettura e soprattutto buona fortuna.

Giosuè Carducci

CATTANEO, CONTRO L'ITALIA UNITA!
Fonte: Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it
di Andrea Benzi
Esiste un testo che rappresenta una lettura obbligata per tutti coloro che sono animati, nonostante tutto e tutti, dal sentimento di poter cambiare la struttura politica dell'Italia in modo radicale e rivoluzionario. Questo testo è un vecchio libello di Carlo Cattaneo, personaggio che negli ultimi tempi ha ridestato un qualche interesse (quest'anno ne ricorre il duecentesimo anniversario della nascita), tirato per la giacca dai confusi e populistici epigoni di un federalismo ambiguo ed antinazionale.
Mi riferisco a "Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra": tale libro venne scritto in un momento di particolare sconforto per le forze politiche sostenitrici dell'idea di un'Italia politicamente unita nei suoi confini naturali, reduci come erano quelle forze dalle illusioni maturate e, soprattutto, dalle immediate sconfitte subite durante il 1848, l'anno che vide la confusa insurrezione di città e stati dell'Italia preunitaria contro il dominio austriaco. Una volta depurato il testo dai riferimenti contingenti e datati, il suo contenuto, le sue proposizioni, gli eventi e le figure storiche descritte emergono con una sconcertante attualità: Cattaneo riesce a darci un quadro straordinariamente attuale di quello che è la politica in Italia, di come si muovono i suoi protagonisti, delle incredibili costanti che si manifestano puntualmente nelle troppe false rivoluzioni vissute da questa nazione: ne possiamo trarre, con non poca amarezza, una sorta di immutabilità delle dinamiche politiche che attraversano la penisola, una serie di dati sempre veri in quanto riscontrabili allora, come lungo tutto il XIX ed il XX secolo, quasi che una sorta di immutabile natura determinasse e determini il comportamento politico individuale e collettivo degli Italiani.

Carlo Cattaneo

Vi è, all'inizio, un fermento autenticamente rivoluzionario, idealistico, con alla base un concetto chiaro e forte: un simile fermento ruotava allora intorno a due parole dal significato storico e simbolico grandioso, vale a dire Italia e Roma. La rivoluzione francese e Napoleone avevano contribuito a suscitarlo lungo la penisola, trovando il sostegno di una folta schiera di combattenti e uomini di cultura, trovando altresì fiere opposizioni di massa, sapientemente gestite dalla Chiesa e dai principi a lei fedeli. Quel che importa, sembra chiedersi Cattaneo, è capire come da una ribellione di popolo che riuscì a fare insorgere tutto il settentrione dell'Italia contro gli Austriaci (da Milano a Brescia, da Venezia a Vicenza, dal Friuli al Cadore), e che negli altri stati preunitari assumeva le forme della rivolta contro i sovrani assolutisti (Stato Pontificio e Ducato di Modena), o in nome di una maggiore autonomia (Sicilia) sia uscita non l'indipendenza nazionale, cioè la costituzione di uno stato politicamente unito che avrebbe federato i vecchi stati preesistenti, ma una tragica avventura militare, al limite della penosità, che vide come protagonista un re senza alcun spessore, Carlo Alberto, ambizioso di estendere il suo dominio sull'Italia del nord.
Perché il popolo lombardo, e con lui il popolo veneto ed il resto dei popoli italiani, non seppe seguire la via dell'autodeterminazione che pure aveva nobilmente intrapreso con la sconfitta di Radetzky a Milano nel marzo del 1848? Perché tutti uniti non si incalzò l'esercito del maresciallo, uscito sconfitto dalle mura di Milano, ma lo si lasciò riprendere forza nel "quadrilatero", dove potè attendere i rinforzi provenienti dall'Austria e dal Tirolo? La colpa non sta nell'anima sincera delle insurrezioni, nella loro utopia, suggerisce apertamente Cattaneo: fin tanto che la guida dei moti è rimasta in mano a chi voleva effettivamente il cambiamento, la vittoria aveva arriso alle forze rivoluzionarie nazionali. Le cause della sconfitta stavano nel vecchio vizio delle classi dirigenti locali: esse aderirono all'insurrezione, ma lo fecero con quella dose di opportunismo e pusillanimità, che già predisponeva loro una scappatoia o il modo per restare comunque in piedi, qualora l'insurrezione avesse fallito e l'Austria fosse tornata. Il problema non si esaurisce qui: i medesimi uomini che una falsa moderazione e la paura del futuro aveva posto a dirigenti delle varie giunte insurrezionali, tutti uomini abituati al potere e che avevano sostanzialmente omaggiato l'Austria (e prima ancora Napoleone), furono determinanti non solo nel...non prendere decisioni, lamentando i sempre validi limiti della mancanza di fondi, ostacolando la formazione e l'inquadramento dei reparti volontari, non coordinando la propria azione con le giunte insurrezionali che via via si costituivano, ecc, ma furono altresì responsabili di quella che Cattaneo vede come la causa principale del fallimento dei moti: l'entrata sulla scena di Carlo Alberto e del Piemonte. Di quel sovrano debole e ambiguo, con giovanili simpatie liberali ben presto malcelate per non irritare lo zio Carlo Felice e soprattutto per non pregiudicare il trono futuro (tanto da aver appoggiato i moti del 1820, salvo poi rifarsi una verginità nella spedizione spagnola del Trocadero), Cattaneo e molti altri avrebbero voluto fare a meno.

Il Savoia-Carignano era degno erede della politica savoiarda della lenta annessione al Piemonte dei territori italiani confinanti: non era animato dagli ideali unitari che vedevano nell'intera penisola, isole comprese, il territorio costitutivo della nuova Italia. Il Piemonte era uno stato arretrato, ancora abbondante di prassi feudali, non troppo ricco, cui faceva gola mettere le mani su regioni prospere come la Lombardia. L'essersi ribellati agli Asburgo per cadere, causa la mancanza di responsabilità dei propri dirigenti, nella mani di un monarca molto peggiore, fu questo l'errore principale: la rivoluzione da fatto di autodeterminazione di popolo, da evento di responsabilità, si era trasformata nella ricerca diplomatica di un nuovo padrone, forse peggiore di quello contro il quale si erano innalzate le barricate per le vie di Milano.
Di qui lo sfilarsi di Cattaneo dal movimento. Come sia andata a finire, Cattaneo lo racconta: il prevalere dei "ciambellani", dei "faccendieri", di coloro non avvezzi all'analisi dei dati oggettivi, spinse il moto non solo nelle braccia di Carlo Alberto, provocando un allontanamento del Papa, del Re delle Due Sicilie, dell'Arciduca di Toscana che pur all'inizio avevano aderito al progetto di allontanare l'Austria dalla penisola ed avevano inviato propri contingenti militari al nord, ma aveva anche aperto la via alla sconfitta militare: il piccolo ed incerto esercito piemontese, poco convinto, venne fermato da Radetzky alle porte di Verona.

Camillo Benso conte di Cavour

Di lì in poi, sarebbe stato tutta una sconfitta fino al Ticino.
La doppiezza e l'ambiguità tipica dei politici italiani, ancorché sedicenti rivoluzionari, il fare la guerra per non farla,
la predisposizione sempre e comunque di una scappatoia che consenta di uscire indenni da ogni cambiamento cavalcato, l'irrefrenabile tendenza ad omaggiare i potenti e ad andare alla ricerca sempre di un padrone, tanto più quanto più questo indossa titoli ed onori formali ed è invece privo di virtù, l'amore per i proclami propagandistici e il disprezzo verso le realtà oggettive, pratiche e quantificabili, sono tutte caratteristiche messe a nudo da Cattaneo, caratteristiche che ostacolarono allora la dura e responsabile via dell'autodeterminazione. Caratteristiche, a quanto pare presenti ancor oggi, con l'aggravante di un declino sostanziale, continuo e crescente di un approccio radicale e rivoluzionario, che allora, nel 1848, perlomeno non mancava. (E che oggi, invece, il leghismo ha definitivamente obnubilato, ndr)!
Carlo Cattaneo "Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra", Oscar Classici Mondatori, 2001 Milano, pag. 317.

Il Monferrato ha qualche correlazione con la Bulgaria ed il fenomeno degli euronomadi?




Di Claudio Martinotti Doria

Mentre noi siamo sempre più provinciali e sedentari e ci concediamo raramente una vacanza all'estero (chi se la può permettere), i paesi balcanici da poco europeizzati (come la Bulgaria), dimostrano un'impressionante mobilità, soprattutto giovanile, e sfruttano al meglio le nuove opportunità derivanti dallo sfruttamento intelligente di Internet e della concorrenza, e ricorrono spesso ai voli low cost, che rammento anche in Italia consentono di raggiungere alcune capitali europee con 8-9 euro (paradossalmente costa molto meno andare in aereo a Stoccolma che da Torino a Milano in treno, ed i nostri politici cortomiranti hanno sprecato decine di miliardi di euro per la TAV, devastando l'ambiente ...).

Cosa li differenzia da noi? Intanto conoscono un paio di lingue straniere oltre alla propria ed utilizzano i mezzi tecnologici per comunicare a costo pari o prossimo allo zero. Mediaticamente sono ormai definiti gli "euronomadi", perché si spostano continuamente, lavorano in qualsiasi paese e sposano con naturalezza stranieri, senza dimenticarsi della patria, intesa in senso originario latino di terra natia (la località, non la nazione), così oltre alla famiglia, con le proprie rimesse di denaro reggono anche l'economia locale. In alcuni paesi balcanici la principale attività svolte dagli uffici postali e di piccole filiali bancarie sono appunto le rimesse dei lavoratori emigrati.

Un aereo della Ryanair, una compagnia irlandese, pioniera dei viaggi low cost


Forse è anche un fenomeno sociale e culturale reattivo al lungo periodo di isolamento e costrizione sofferto durante il giogo dei regimi comunisti, con l'aggiunta di una comprensibile curiosità, desiderio di conoscenza, di scoprire come vivono altrove.

Si stimano che siano almeno due milioni i bulgari che sono emigrati dopo il crollo del muro di Berlino (in proporzione all'Italia, sarebbe come se 12-13 milioni di italiani fossero emigrati …) ed hanno costituito famiglie particolari, dove la moglie ed il marito lavorano e vivono in paesi diversi e si incontrano solo occasionalmente, ed i figli studiano in college o università di altri paesi ancora, mentre i genitori ed i nonni sono rimasti in Bulgaria … una famiglia suddivisa in tre o quattro paesi europei diversi.

Gli altri bulgari (non viaggiatori) invece sono più simili a noi italiani di provincia, sedentari all'eccesso, narcotizzati dalla tv spazzatura, con una socialità limitata, ecc., spesso non per volontà propria, ma perché costretti dalle circostanze, non avendo redditi sufficienti per potersi muovere, nonostante i viaggi low cost.

Di questi fenomeni migratori si sta occupando anche la scienza, soprattutto l'antropologia e l'etnografia, in particolare per quanto riguarda il fenomeno definito della "identità multipla", di come cioè assumano una diversa identità formale ma anche interiorizzata secondo il luogo di destinazione e di permanenza temporanea, ma rimanendo perlopiù molto legati al luogo d'origine, dove sono sepolti gli antenati

In generale l'identità sovranazionale ed europea è la meno radicata, ancor poco percepita ed assimilata, come si evince ad esempio quando cercano di incontrarsi e di formare delle comunità nei paesi ospitanti, il richiamo è sempre alla località di origine, ai propri riti, usanze, costumi ed identità spirituale e culturale peculiare.

Cartina geografica della Bulgaria


Quindi concludendo questo breve excursus, anche la Bulgaria, ritenuto il paese più povero dell'UE, fra poco ci supererà culturalmente e socialmente, per una maggiore mobilità e spirito di apprendimento, coniugato con un'attenzione particolare alla propria "patria", mentre noi italiani "provinciali" siamo sempre meno sicuri di possedere un'identità nazionale ed il localismo lo confondiamo ancora con il campanilismo e parliamo a sproposito di secessione (invece che di maggiore autonomia), contraddicendoci in continuazione senza alcuna consapevolezza.

Il Monferrato in particolare, in base alla mia esperienza, ha perso in questi ultimi decenni molte risorse e talenti umani, che sono emigrati per costrizione più che per libera scelta, e che purtroppo a differenza dei bulgari (salvo eccezioni) non mi risulta abbiano coltivato legami con la propria "patria", rivelatasi indifferente.

Riflessioni attuali su una presunta identità nazionale

Di Claudio Martinotti Doria

L’Italia è una Repubblica oligarchica mediatica neofeudale, fondata sui sondaggi e statistiche pilotate, sulla mistificazione e sul cazzeggio politichese fuorviante, sull'impunità della gerarchia primaria e dei vassalli e dei cortigiani, sull'estorsione legalizzata a danno del ceto produttivo, sulla predazione e dissoluzione dei risparmi delle famiglie, sulla maggior pressione fiscale al mondo, sulla maggiore corruzione pubblica tra i paesi industriali ed in via di sviluppo, sul maggior consumo di territorio e di cemento al mondo, sul maggior numero di costruzioni abusive e sul maggior numero di crimini rimasti impuniti, sulla maggior presenza di organizzazioni criminali al mondo, sulla maggior ignoranza socio-culturale tra i paesi occidentali, con il più elevato indice di analfabetismo e semianalfabetismo di ritorno, sulla maggior disgregazione territoriale in corso d'opera, in quanto non solo le persone ma anche le comunità locali vorrebbero poter emigrare!
Siete fieri di essere italiani?
Se gli italiani fossero lasciati liberi di scegliere, in pochi mesi si creerebbe una situazione analoga all'epoca Rinascimentale, quando la penisola era divisa in decine di Marchesati, Ducati, Principati, Repubbliche Marinare e cittadine, Signorie Comunali, ecc..
Quindi l'Italia come nazione attualmente non esiste, perché non bastano le televisioni indottrinatrici e l'imposizione di una lingua comune a formare una nazione.
Una nazione si fonda su un'identità e tradizione condivisa ed un comune sentire, su legami storici e culturali, sull'onestà ed il buon senso comune, sull'accettazione diffusa ed interiorizzata di valori comuni, sulla libertà ed il rispetto dei diritti civili, ecc., tutte condizioni che sono state gravemente violate dalla partitocrazia parassitaria che domina materialmente il paese, che ha perso completamente il senso della realtà, gestendo il potere in maniera schizofrenica e deleteria e che porterà tutti alla rovina.

La penisola italiana alla fine del XV secolo

Non trascurate la storia locale, in particolare del Monferrato



di Claudio Martinotti Doria

Negli ultimi tempi si è verificato un leggero recupero di dignità ed orgoglio di appartenenza, consapevolezza delle proprie radici culturali e prestigio storico da parte di alcuni amministratori locali monferrini e di una modesta percentuale della popolazione monferrina, che stanno progressivamente scoprendo il loro passato, cioè la storia plurisecolare del Marchesato poi divenuto Ducato di Monferrato. Questa è la base da cui partire per qualsiasi operazione a scopo turistico ed economico, cioè si deve partire dalla valorizzazione culturale ed ambientale, dalla conoscenza di ciò che è stato e poteva essere, e quindi delle proprie potenzialità. Oggi giorno purtroppo prevale la cultura del "brand", si mira al marchio falsamente identitario, che più che al territorio (che non si conosce) si punta al logo ed alla promozione imposta dall'alto e da organismi finanziari interessati speculativamente, facendo effimere e forzose campagne di marketing territoriale, che si aggiungeranno alle migliaia già in corso per altre aree e tipologie di prodotti concorrenti. Tutto questo perché il sistema politico funziona così, si deve dar lavoro al proprio giro di clientele, si deve far vedere che si sta facendo qualcosa simulando di disporre di competenze e mezzi idonei, ci si vuole appropriare di quello che si ritiene abbia valore e potenzialità di sfruttamento (in questo caso "il Monferrato"), e tutto questo lo si pretende di fare partendo da aridi presupposti di incompetenza ed ignoranza, perché generalmente chi se ne occupa a livello politico e poi tecnico sa poco nulla della storia del Monferrato (ci sono centinaia di libri, saggi, monografie, articoli, ecc., quanti ne hanno letti prima di dedicarsi?), per cui il frutto del loro lavoro è di tale qualità che poi si leggono degli strafalcioni e corbellerie sul Monferrato da rimanere sgomenti. Ognuno di questi mercenari della cultura e del marketing turistico piega irrispettosamente la realtà a suo piacimento per pervenire agli scopi posti pregiudizialmente dal committente, abusando della storia e della pazienza dei monferrini ed imponendo con protervia la propria patetica saccenza.

Area di influenza politico militare del Marchesato di Monferrato fino al Tardo Medioevo, le aree centrali dal colore intenso, sono quelle possedute per secoli, alcune fino alla fine dell'autonomia del Ducato (1708)


Il Monferrato, per citare uno solo delle centinaia di esempi che potrei esporre, nel corso del seicento è stato ad un passo dal divenire addirittura "Arciducato", e sarebbe stato il primo e l'unico nella penisola, ma ad impedire che i Gonzaga ottenessero dall'Imperatore del Sacro Romano Impero questa alta dignità, sono stati come sempre i Savoia, antagonisti e velleitari, con mire plurisecolari sul Monferrato che hanno poi potuto appagare tra il 1706 ed il 1713, annettendolo al loro Ducato poi divenuto Regno.
Eppure nonostante il diritto di appartenenza ad un storia ormai millenaria, che ben pochi territori europei e mediterranei possono vantare, le cui tracce originarie risalgono al 933 d.c., gli abitanti del Monferrato sono ancora poco consapevoli ed inclini ad interessarsene, e nonostante una recente ed intensa attività di storici ed associazioni storiche locali, il risultato è ancora modesto, la società civile è ancora dormiente per non dire indifferente, e questo atteggiamento collettivo disimpegnato consente ai politici di cazzeggiare in modo autoreferenziale, campanilistico ed effimero, invece di impostare dei veri e propri progetti condivisi, lungimiranti ed unitari territorialmente, di valorizzazione progressiva delle potenzialità possedute dal Monferrato.
Invito tutti coloro che avranno occasione di leggere questo mio breve testo, a non sottovalutare la storia locale, a non snobbarla ritenendo una perdita di tempo dedicarsi a leggere un articolo o un libro di storia locale, perché essa nel suo dispiegarsi complesso ed articolato, consente al lettore attento di avere un visione d'insieme ed un'interpretazione accurata e profonda dei motivi e delle ripercussioni che derivano dal passato, che ci condizionano ancora oggi e lo faranno domani. Ben vengano in proposito nuove rubriche, riviste, libri, articoli, ecc. di storia locale, che andrebbero finanziati e favoriti in tutti i modi e soprattutto letti dal maggior numero possibile di persone, soprattutto dai politici.