È difficile trovare le parole giuste per parlare di ciò che accade nella Palestina
di Andrea Zhok - 12/09/2024
Fonte: Andrea Zhok
È difficile trovare le parole giuste per parlare ancora,
dopo quasi un anno di massacri, di ciò che accade nella Palestina
occupata. Non passa giorno che l'IDF, o gruppuscoli di coloni, non
assassinino palestinesi innocenti.
Chi si informa su fonti
attendibili, e non in quella sentina omissiva che è l'informazione
ufficiale, sa che la bomba sul campo rifugiati, il cecchinaggio di
bambini, l'uccisione dei (pochi) giornalisti presenti, il blocco armato
dei soccorsi ONU, le mitragliate sulle ambulanze, l'arresto, la
detenzione arbitraria e la tortura di semplici sospetti, sono eventi
quotidiani.
E il tutto avviene in un contesto dove gli edifici
rimasti in piedi sono una minoranza, e dove la morte per stenti o per
mancanza di cure mediche è un evento ordinario.
Psicologicamente
ogni essere umano ha una quantità di risorse emozionali limitate: non si
può essere h24, per undici mesi in una condizione di disgusto e sdegno,
per quanto questa sia l'unica disposizione emozionale corretta. Ad un
certo punto subentra un ottundimento psicologico inevitabile, una
stanchezza di fondo. La specie umana è disegnata in modo che
all'emozione segua una decisione e un'azione. Se nessuna decisione e
nessuna azione trovano spazio, l'emozione comincia ad appassire, anche
se le sue ragioni rimangono vive.
E' su questo meccanismo psicologico
che contano tutti i macellai in doppio petto della storia: un
assassinio efferato suscita sdegno, ma se l'assassinio sistematico,
quotidiano, diviene una ruotine burocratica, allora ad un certo punto
diventa una statistica. L'eccidio dei palestinesi è una partita doppia
in cui bisogna solo calcolare con precisione quanto esce per le bombe e
quanto entra dai finanziatori americani, e il resto è macellazione
programmata ordinaria.
L'altro giorno la regista ebrea Sarah
Friedland, accettando un premio alla Biennale di Venezia ha detto poche,
importanti, parole:
"Accetto questo premio nel 336° giorno del
genocidio di Israele a Gaza e nel 76° anno di occupazione. È nostra
responsabilità, come registi, utilizzare le piattaforme istituzionali in
cui lavoriamo per affrontare l’impunità di Israele sulla scena
globale".
Queste parole sono importanti innanzitutto perché sono un
ammonimento a non far scivolare il sacrosanto disgusto per il
comportamento dello stato israeliano in generico antisemitismo. Ci sono
ebrei consapevoli dell'indifendibilità di Israele. E questo vale
naturalmente anche in un altro senso: Israele la deve smettere di
prendere in giro il mondo con il proprio stucchevole vittimismo, dove
ogni critico sarebbe un antisemita.
E poi queste parole sono
importanti per la loro pesata semplicità: 76 anni di OCCUPAZIONE armata
illegittima + 336 giorni di GENOCIDIO (uccisione indiscriminata degli
appartenenti ad un gruppo etnico con il fine di eliminarli da un
territorio) + IMPUNITA' sulla scena globale. Sono naturalmente certo che
sul riferimento al genocidio qui salterà su il solito raffinato
filologo da social che ci spiegherà, sul filo di un diritto elastico
quanto un chewingum, che sì, ma no, "genocidio" è inappropriato,
dipende, vedremo, le fonti, il consenso internazionale...
Ma anche basta.
Se
vi basta cincischiarvi in verbalismi per distrarvi abbastanza da non
vedere l'elefante nella stanza, questo è un vostro problema. E
l'elefante è che noi stiamo vedendo qualcosa che fa impallidire illustri
precedenti storici come la Rivolta del ghetto di Varsavia e lo stiamo
vedendo in diretta (lì gli insubordinati all'occupante vennero uccisi
nel numero di 13.000, qui siamo già a tre volte tanto.)
E l'unica,
pelosa, ragione dell'impunità di Israele, la sola ragione al mondo per
cui Israele non è messo immediatamente di fronte alle sue
responsabilità, è che chiunque governi negli USA, garantisce e garantirà
comunque protezione illimitata al proprio avamposto in Medio Oriente,
Israele appunto.
L'unica ragione per cui un eccidio di innocenti
continua su base quotidiana, senza scrupoli, nel più totale spregio di
ogni legge terrena e divina, di ogni norma morale e di ogni diritto
internazionale, è che questo "rogue state" è protetto dal bullo del
quartiere.
E ora, commissari europei, senatori americani, presidenti e
premier di varia estrazione, per piacere, continuate a spiegarci quanto
a cuore vi stanno i "diritti umani", quanto indomito è il vostro senso
di giustizia. Attendiamo fiduciosi.
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