Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996


"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

La fabbrica della menzogna: incontro-dibattito a Bologna

Tanta acqua e tanto sangue sono passati sotto i ponti dal 1880, da quando John Swinton, ex redattore capo del New York Times, durante il suo discorso di commiato presso l’American Press Association, rivelò al colto e all’inclita che loro, i giornalisti, salvo rare eccezioni, erano prostitute intellettuali. Ci sono poi voluti decenni di maturazione e la nascita di alcune discipline accademiche per far passare sulla pelle della cosiddetta “opinione pubblica” le indicazioni sottili di maestri delle tecniche di propaganda e della manipolazione quali Edward Bernays e Walter Lippmann.

Ad un certo punto è stato fatto accadere l’11 settembre e tutto ha avuto un salto di qualità spettacolare: le false flag, le fake news e tuttto l’armamentario di immagini e di segni che i Megamedia secernono continuamente hanno assunto i contorni di una ciclopica operazione sulla coscienza della specie, per impedirle ad oltranza un risveglio di consapevolezza critica rispetto al mondo in cui ci fanno vivere.
Con l’aiuto di due figure paradigmatiche fuori dal coro, Enrica Perucchietti e Marcello Foa, ci inoltreremo sugli impervi sentieri di questa fabbrica della menzogna.

la-fabbrica-della-menzogna

La strategia di Vladimir Putin che l'Occidente non vuole vedere e tantomeno accettare ...



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Il video che vi propongo al link sottostante dura circa 24 minuti e vi consiglio vivamente di seguire, è in russo ma sottotitolato in italiano, si possono seguire le immagini (appropriate) mentre si legge agevolmente la traduzione. Permette di comprendere perfettamente quali siano le motivazioni della profonda avversione degli USA e dell’Occidente in genere per la Russia, quali siano le cause piuttosto recenti che l’hanno generata (non sono cause storiche e culturali remote, come alcuni vorrebbero far credere, ma molto più prosaiche e moderne). Fornisce anche un quadro abbastanza esauriente, anche se non propriamente aggiornato e completo (nel senso che le potenzialità attuali della Russia sono ben superiori a quanto riporta il documentario, soprattutto a livello militare, in moltissimi settori hanno raggiunto e superato le Forze Armate USA) della loro tecnologia militare e soprattutto dei loro legami internazionali, alleanze economiche, finanziarie e militari, con partner di decisiva importanza, come la Cina.
Determinante in questa dinamica ed a tratti sorprendentemente veloce rinascita della Russia, dal degrado e degenerazione in cui l’aveva trascinata l’alcolista e corrotto Boris Eltsin, è ovviamente attribuibile alla leadership di Vladimir Putin, un politico che non ha eguali al mondo, è che non occorre elogiare perché i risultati parlano per lui. In quanto alle risorse illimitate di cui dispone la Russia, cui il documentario accenna per sommi capi, basterebbe citare che il solo lago Bajkal nella Siberia meridionale, che sul mappamondo è quasi invisibile e scompare di fronte alla Regione dei Grandi Laghi d’America, contiene il 20% di tutte le riserve d’acqua dolce del mondo, essendo il più profondo lago della terra, superando in alcuni punti i 1600 metri. Dopo aver visto il video, avrete a disposizione maggiori strumenti culturali per interpretare la realtà e demistificare la propaganda occidentale antirussa. 
Claudio Martinotti Doria

Karte baikal2.png Lago Bajkal

La strategia di Vladimir Putin che l'Occidente non vuole vedere

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Reddito di base (di cittadinanza o universale).



Perché ha senso proporre un reddito di base (di cittadinanza o universale).

Di Claudio Martinotti Doria

17 gennaio 2017

Prima di leggere questo mio commento/integrazione vi suggerisco di leggere il lungo testo che troverete a questo link https://effemeride.it/perche-dovremmo-tutti-un-reddito-base-lo-spiega-world-economic-forum-davos/ il cui autore è Scott Santens, una voce fuori dal coro ma che inizia a prendere piede in ambienti significativi, come si evince dalla sua partecipazione al Forum in corso a Davos fino al 20 gennaio 2017.

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Queste mie sono solo alcune note integrative, valutazioni e semplici considerazioni (meno sommarie di quelle mie di ieri che accompagnavano l’articolo sopra linkato), che ho ritenuto fossero rilevanti per contribuire ad un quadro complessivo più obiettivo ed esauriente sull’argomento in oggetto, che per la sua importanza andrebbe periodicamente ripreso e riproposto politicamente, finché non sia accettato e condiviso e finalmente applicato, perché è di quegli argomenti e di quelle proposte che, se accolte, segneranno incisivamente la vita sociale di una nazione e di uno stato e cambieranno la qualità della vita dei suoi abitanti fin dalla giovinezza, accompagnandoli fino alla vecchiaia.
L’articolo che troverete al link indicatovi, il cui argomento è già sintetizzato nel titolo, è piuttosto prolisso, a tratti anche approssimativo e con metafore autogiustificative poco pertinenti, risulta centrato in particolare sulla sua applicabilità negli USA, ma ha il grande merito di essere uno dei più esaustivi che abbia mai letto, di essere uno degli argomenti centrali che saranno trattati al Forum di Davos 2017 e quindi non si tratta di uno dei numerosi contributi esterni di effimero valore e che servono soprattutto a guadagnare crediti personali. Inoltre offre un punto di vista sul reddito di cittadinanza che raramente era stato proposto finora in maniera così approfondita e convincente, mostrandone i presunti vantaggi. Quindi merita una lettura approfondita, in quanto molti concetti espressi dall’autore, nell’elaborazione ponderata degli argomenti, sono alquanto condivisibili, alcuni anche perspicaci ed innovativi. Il mio scopo con questi brevi commenti e note integrative, è quello di cercare di studiarne l’applicabilità e quindi l’adattamento di tali proposte al nostro paese.
In primo luogo ritengo che fornire a tutti il reddito di cittadinanza non sia producente, in parte è anche insensato, per quanto l’autore cerchi di giustificarlo, e forse rispetto alla situazione negli USA ha le sue buone ragioni, ma da noi in Italia il contesto è enormemente diverso e la formula non può essere presa tramite un “copia ed incolla”.
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L’autore in linea di massima stima che il reddito di cittadinanza da lui proposto dovrebbe sostituire in toto tutte le formule di sostegno attualmente esistenti negli USA. In pratica se si facesse la somma di tutte le risorse dedicate all’assistenzialismo generale ed al sostegno alla povertà e disoccupazione, provenienti sia dal settore privato (negli USA non è come da noi, intendiamoci, loro sono dei giganti nel mecenatismo rispetto a noi), che dal settore pubblico, solo con esse si coprirebbe il reddito di cittadinanza proposto dall’autore. Sulla sua opportunità sono d’accordo, non sulla sua distribuzione a prescindere. L’autore infatti lo vorrebbe fornire a tutti, proprio a tutti, tutti quelli anagraficamente risultanti residenti sul suolo americano e dotati della cittadinanza americana. Un semplice calcolo matematico applicato, senza alcun criterio distributivo e valoriale. Personalmente non condivido questa impostazione, secondo me dovrebbe essere distribuito esclusivamente alle famiglie, non ai singoli individui, a meno che questi ultimi risultino sigle, cioè famiglie costituite da una sola persona, e quindi non escludibili. Non sono tra coloro che ritengono che si debbano premiare le famiglie prolifiche, che fanno tanti figli, perché oltre tutto lo sappiamo bene (mi immagino già le accuse di razzismo dei politically correct), non sarebbero neppure cittadini autoctoni, nati e cresciuti in loco, ma semmai di importazione, che verrebbero nel nostro paese proprio per poter usufruire di questi servizi assistenziali, distorcendo così lo scopo e la motivazione primaria per cui il reddito di cittadinanza dovrebbe essere concepito. Quindi ritengo che il reddito di cittadinanza debba essere concesso mensilmente solo alle famiglie anagraficamente residenti in Italia e con cittadinanza italiana accertata, concependolo in tre entità differenziate, minimo per le famiglie single, medio per le famiglie con un figlio, massimo per le famiglie con più figli), per fare un esempio concreto direi 500 euro, 1000 euro, 1500 euro, non oltre. Con quale criterio? Su questo punto a mio avviso occorre fare attenzione, perché nel momento in cui lasciamo fare ai politici ed ai burocrati, da strumento di innovazione sociale diverrebbe un arma ricattatoria politico clientelare ed elettorale. Quindi occorre porre dei paletti. Pochi ma precisi. La scelta deve essere bottom up, proposta popolare e referendum se occorre. 
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Il criterio di attribuzione deve derivare dalla soglia che si stabilirà in base all’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), che semplificherebbe enormemente le modalità di assegnazione. Oltre una certa soglia che risulterà nell’ISEE, la famiglia non avrà diritto al reddito di cittadinanza.
Ad occuparsene dovrebbe essere una struttura in grado farlo, ad esempio l’INPS, e non delegando nuovi carrozzoni pubblici e sindacali, magari creati ad hoc. Le risorse si potranno recuperare  separando finalmente la previdenza dall’assistenza (adesso è tutto un calderone all’interno dell’INPS), ed eliminando tutti quei rivoli infiniti di assistenzialismo sparso, dispersivo, inefficace e soprattutto discriminatorio che esistono attualmente, cioè tutte quelle spesso assurde, patetiche, ridicole, effimere, elettorali, ecc., occasionali ed estemporanee modalità di sostegno alle famiglie, ai disoccupati, agli indigenti, ecc., facendo cioè finalmente piazza pulita di questo caos assistenziale che produce discriminazioni ed impedisce un’equa distribuzione, e la cui dispersione territoriale e complessità ed astrusità rende anche difficile per il singolo individuo districarsi, informarsi ed accedere a questi servizi, considerando che in molti casi subisce anche demotivazioni e depressioni causate dalla lesione alla sua dignità che deriva dal doversi rivolgere a certe strutture per chiedere aiuto. Mentre invece col reddito di cittadinanza il problema si risolverebbe a monte, preventivamente, diverrebbe un diritto per il quale il cittadino deve solo presentare l’ISEE aggiornato per potervi accedere, magari semplicemente rivolgendosi in municipio o ad uno sportello dell’INPS.
Se il parametro di riferimento diventa l’ISEE e l’obiettivo è il reddito di cittadinanza, non occorre altro, occorre solo stabilire il quantum per entrambi, per il primo non mi pronuncio, lo si vedrà a tempo debito, sull’importo del reddito di cittadinanza mi sono già pronunciato, dividendolo in tre classi secondo la composizione famigliare. In base a questa impostazione, il reddito di cittadinanza varierà col tempo, secondo che la famiglia si mantenga unita o si divida, anche per cause fisiologiche ( i figli si sposano e formano nuove famiglie), e dipenderà anche dall’ISEE che si formerà e che dovrà essere costantemente aggiornato, ecc.. Si potrebbe anche pervenire ad automatizzare questa prestazione seguendo gli aggiornamenti dell’ISEE e la composizione anagrafica di ogni singola famiglia, man mano che si informatizzerà e si metterà in rete l’intera pubblica amministrazione. Il singolo cui spetta il reddito di cittadinanza potrà rivolgersi semplicemente al suo comune di residenza che verificherà immediatamente a terminale se vi sono le condizioni per riceverlo ed inoltrerà la richiesta all’INPS.
Solo da quello che si potrebbe recuperare dall’onerosa dispersione attuale di quegli infiniti rivoli di contribuzione e redistribuzione discriminatoria, spesso arbitraria, sono convinto si possano recuperare le somme necessarie per un primo efficace intervento sperimentale, se poi si riuscisse a compiere il “miracolo” di tagliare finalmente le spese superflue e gli sprechi, la corruzione ed i privilegi del settore pubblico (più che non l’evasione fiscale, che sostiene in parte l’economia del paese), si potrebbero recuperare le risorse per estenderlo, renderlo permanente e di un certo rilievo (come ho già proposto). 
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Concludo infine con le motivazioni e previsioni personali, che corrispondono per grandi linee con quelle dell’autore americano della proposta. Secondo me l’autore, che dispone di una visione lungimirante ma anche ottimistica della realtà, ha sottovalutato le ripercussioni del reddito di cittadinanza sullo stravolgimento dell’attuale sistema produttivo decentralizzato e schiavizzante il lavoratore generico malpagato e maltrattato. Tutto questo sistema di sfruttamento, che non rappresenta certo la parte sana e migliore del sistema produttivo, salterebbe in aria, e sarebbe un bene, ma avverrebbe in maniera indolore? Forse qualche studio previsionale in più non guasterebbe, per poter meglio pianificare gli interventi e le loro ripercussioni economiche e sociali. L’autore è convinto che quasi tutto il lavoro sarà svolto dai robot, ma non sarà così, e non lo sarà per molto tempo ancora, mentre il reddito di cittadinanza sarebbe da applicare al più presto, se non si vuole che la situazione degeneri in conflitti sociali ingovernabili.
Non sussistono dubbi invece sull’incremento della motivazione al lavoro che deriverebbe dall’introduzione del reddito di cittadinanza. Sono convinto anch’io che non favorirebbe il “fancazzismo” ed il parassitismo, nel senso che questo continuerebbe ad esistere nelle percentuali fisiologiche attuali (forse leggermente accentuate, ma mai patologiche), mentre al contrario favorirebbe una maggior consapevolezza e responsabilizzazione nella scelta del lavoro e nell’applicazione personale al lavoro prescelto, aumentandone la motivazione e quindi la produttività, creatività, progettualità, ecc., a favore del datore di lavoro e del lavoratore stesso, che avrà maggiori opportunità di gratificazione.
Costi molto alti, gli italiani non si curano piùGli italiani non si curano più. A lanciare l'allarme è il Parlamento. Un cittadino su tre rinuncia alle terapie. E tra i poveri va ancora peggio.



Inoltre il reddito di cittadinanza sarà estremamente positivo per la società in generale, perché risolverà parecchi problemi che invece stanno aggravandosi provocando notevoli oneri alla società, come la non procreazione, siamo ormai a nascite prossime allo zero, e questo significa che l’Italia entro qualche decennio non sarà più abitata da italiani. Ridurrà la criminalità impropriamente denominata “micro”, cioè quella da sussistenza, commessa da chi vi è praticamente costretto dagli eventi economici avversi, e questo risultato parrebbe confermato nei paesi dove si è già sperimentato il reddito di cittadinanza. Inoltre è prevedibile un miglioramento delle condizioni di salute della popolazione, che attualmente si sta aggravando, dovendo rinunciare anche alle cure odontoiatriche e mediche in quanto non in grado di pagare parcelle e ticket sanitari. Il miglioramento delle condizioni di salute deriverebbe anche da motivazioni psicosomatiche, in quanto la consapevolezza di poter disporre di un reddito di base, fornendo maggiore sicurezza economica riduce lo stress che deriva dalla paura di non poter far fronte a crisi sanitarie individuale o famigliari, e quindi rasserena gli animi e migliora l’umore e le condizioni psicofisiche. Si avrebbero pertanto minori spese sul fronte sanitario pubblico, così come avverrebbe sul fronte della lotta alla criminalità, per i motivi sopra illustrati e confermati negli stati dove hanno già sperimentato il reddito di base. In conclusione ritengo che il reddito di cittadinanza, a conti fatti, se applicato come da me proposto, si ripagherebbe con i vantaggi economici e sociali che ne deriverebbero fin nell’immediato.
Certo che ci vuole coraggio per applicarlo in Italia, perché significa spezzare catene, clientele, abitudini, privilegi, parassitismi, corruttele, conventicole, ecc., che nel nostro paese prosperano da sempre. Sarà dura ma si può fare, se la popolazione ne recepisce l’importanza e le ricadute sociali e famigliari che si avrebbero e se una leadership politica saprà proporlo in questi termini esaustivi, trovando tutte le alleanze che occorreranno e concorreranno allo scopo, senza ipocrisie e fraintendimenti.
Forse i tempi sono finalmente maturi per questo salto di qualità epocale, che segnerà una svolta nell’evoluzione sociale dell’umanità e potrebbe risollevare le sorti del nostro paese.





Non è un Paese per onesti (ed è meglio saperlo) – Il nuovo libro di Elio Veltri



E’ piuttosto triste e deprimente dover constatare che gli uomini migliori, quelli che avrebbero potuto cambiare le sorti del nostro disgraziato paese, anziché assurgere ai massimi livelli istituzionali per poter esprimere le loro potenzialità, ponendole al servizio della popolazione, siano al contrario boicottate, penalizzate, emarginate con ogni mezzo, proprio per impedire loro questa opportunità, e nel farlo gli oppositori (leggasi “parassiti”, che a migliaia occupano i gangli istituzionali e favoriscono interessi clientelari), abusano imperterriti dei mezzi e delle risorse dello stato. Come i servizi segreti nel caso sotto riportato, abusando peraltro anche delle prerogative di potere, che dovrebbero avere ben altri fini, come l’apposizione del segreto di stato per impedire che le porcate vengano a galla in caso di indagini e procedimenti giudiziari. Nel caso specifico il personaggio cui mi riferisco è Elio Veltri, ormai quasi ottuagenario e con una vita interamente spesa al servizio della società, che non sarà l’unico ma è sicuramente uno dei pochi italiani prestati alla politica che ha fin da subito manifestato caratteristiche più uniche che rare di onestà, capacità, determinazione, perseveranza, coraggio, ecc., e per rendersene conto non occorre disporre di una sua biografia ma basta leggere l’articolo sottostante. Molti di voi lo ricorderanno (i meno giovani), perché ha avuto periodi di notorietà mediatica, e ricorderete la franchezza ed incisività del suo linguaggio, il coraggio delle sue idee, denunce ed inchieste, che rivelavano sempre la corruzione, collusione e la degenerazione morale che caratterizza il nostro paese ad ogni livello istituzionale, economico e sociale. Poi su di lui, come sempre avviene in questi casi, è sceso il silenzio, come fosse morto. I media si comportano sempre così, ricevono imput ed assolvono agli incarichi ricevuti, come mercenari o prostitute.
Se uomini come Veltri fossero riusciti a gestire il potere politico in Italia (pura illusione, ovviamente) il nostro paese avrebbe avuto ben altra sorte. In proposito basti pensare a come aveva governato Pavia negli anni ’70 quando ne fu sindaco, a quali livelli di notorietà nazionale ed internazionale aveva fatto salire la città per le sue lungimiranti e precorritrici idee politiche, sociali e culturali (era preso a modello di riferimento e ritenuto uno dei migliori sindaci che, non solo la città ma l’intero paese, avesse mai avuto). Ad esempio fu il primo sindaco, non solo in Italia ma in Europa, a chiudere il centro storico alle auto ed investire nella cultura potenziando il teatro comunale, ecc.. Dimostrazione di come, nonostante tutto, sia sempre l’uomo di talento a fare la differenza, e quando un paese predilige i mediocri e si fa governare da sbruffoni, burocrati, finanzieri, ectoplasmi, ecc., significa che ha rinunciato ad ogni prospettiva futura e “vegeta” in attesa che altri (perlopiù potentati stranieri collusi con quelli nostrani) ne decidano le sorti, che difficilmente potranno essere favorevoli alla popolazione. 
Claudio Martinotti Doria



Non è un Paese per onesti (ed è meglio saperlo) – Il nuovo libro di Elio Veltri


15 gennaio 2017 autore: Rita Pennarola


Veltri Tilde Sala mensa Necchi concerto
copertina v

Devo confessarlo: se c’è qualcosa che mi divide da Elio Veltri, politico di razza oltre che grande medico e scrittore, animo nobile d’indomabile combattente per la verità, è quel briciolo di fiducia nella giustizia italiana che lui conserva nonostante tutto. E io no.
Prendiamo ad esempio il caso degli spioni di Stato e degli spiati (lui, noi della Voce, molti giornalisti e qualche magistrato) dal 2001 e almeno fino al 2007 ad opera di vertici del servizi come Nicolò Pollari e il suo braccio destro Pio Pompa, una brutta storia che lo stesso Veltri riferisce in questo Non è un Paese per onesti – Storia e Storie di socialisti perbene (Falsopiano, 2016). Nel ripercorrere le allucinanti fasi della vicenda giudiziaria per conoscere la verità, Elio Veltri mostra ancora un residuo ottimismo sull’esito di questa ennesima pagina nera della giustizia italiana. «Pare che del processo di Perugia, al gruppetto che si era attivato, sugli oltre 200 spiati: Giulietto Chiesa, Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola, giornalisti, Libero Mancuso magistrato, chi scrive allora deputato, rimanga solo un pugno di polvere in mano e la fortuna che le cose non siano andate peggio», ammette. Ma poi «L’avvocato Francesco Paola, nostro difensore, ce l’ha messa tutta e pensa che la procedura per danni possa essere recuperata. Il che sarebbe molto importante per sapere come sono andate le cose e quali rischi abbiamo corso davvero». Infatti «nei documenti sequestrati a suo tempo si leggeva che avremmo fatto parte di una sedicente organizzazione transnazionale con la finalità eversiva di destabilizzare il governo dell’epoca. Sembra di stare su Scherzi a Parte».
E’ vero, Pollari ha invocato più volte il segreto di Stato su quelle attività di spionaggio, ed è vero anche che il Governo lo ha concesso. Così come sacrosanti sono stati l’impegno e la professionalità dell’avvocato Francesco Paola, più volte al fianco di Veltri anche in altre dure battaglie contro omertà statali e muri di gomma mafiosi. Ma la Giustizia non ci ha messo molto a mostrare il suo volto più feroce e beffardo, almeno nei confronti di alcune vittime di spionaggio. Come dimostra la condanna inflitta a noi giornalisti: mille euro di multa per avere semplicemente inoltrato una richiesta, attraverso l’avvocato, nell’ambito del processo di Perugia. Anche così si ammazza una Voce, mortificandone la dignità e il decoro. Non solo non ti darò verità e giustizia sulle attività illecite ai tuoi danni, meno che mai qualsiasi risarcimento, ma se non stai zitto ti becchi pure una condanna.

Antonio Di Pietro.
Antonio Di Pietro.

Chiudo questa premessa di tipo ‘personale’, ma di pubblica rilevanza, sottolineando che nel bel libro di Veltri sulla sua tenace, esaltante stagione di socialista perbene si trova solo un’esile traccia di un personaggio chiamato Antonio Di Pietro. Ed ecco qui un altro elemento chiave che collega il grande Elio Veltri con noi della Voce. Se è vero infatti – come i nostri lettori ben sanno e come possono ancora oggi leggere sul sito – che l’edizione cartacea del giornale ha chiuso nel 2014 dopo trent’anni per un’azione giudiziaria violenta intentata dagli ‘amici’ di Di Pietro, non meno chiaro è che se oggi una personalità quale quella di Veltri manca da tempo in Parlamento (e manca davvero tanto a tutti i cittadini onesti), ciò lo si deve anche ad Antonio Di Pietro e alla estenuante querelle giudiziaria andata avanti per anni fra l’ex pm di Mani Pulite ed uomini come per esempio lo stesso Veltri, Giulietto Chiesa, Achille Occhetto.
Questa doverosa premessa per dire che l’ultimo libro di Elio Veltri, summa della sua passione politica vissuta nell’arco di cinquant’anni ed oltre, rappresenta un pezzo importante di Storia italiana. Di quella Storia con la maiuscola che sembra ormai lontana da noi anni luce. E forse nessuno come lui, per quanto siano numerosi gli excursus sull’Italia dal dopoguerra ai nostri giorni, ha saputo riportarcela sotto gli occhi con la stessa appassionata, lucida memoria.
Bene lo spiega, nella prefazione, un vecchio ‘antagonista’ politico come Carlo Rossella: «Non era un personaggio facile da trattare, del resto gli uomini intelligenti e interessanti hanno spesso un carattere spigoloso. E Veltri lo aveva. Con i miei compagni comunisti non andava troppo d’accordo, ma comunque fu il miglior sindaco di Pavia che mi possa ricordare. Con lui e con il suo attivismo nazionale ed internazionale Pavia ebbe un periodo di notorietà e di fulgore. I media andavano e venivano dalle rive del Ticino per occuparsi degli avvenimenti, non solo politici ma anche culturali che avvenivano nella città. Il teatro Fraschini, grazie a un’intesa con l’indimenticabile Paolo Grassi e all’attivismo di due giovani come Rivolta e Teoldi, visse con Veltri una stagione davvero felice».

Il presidente Sandro Pertini in visita a Pavia. Accanto a lui il sindaco Elio Veltri. In apertura il mitico comcerto del Teatro alla Scala in sala mensa della Necchi. In prima fila Elio Veltri e, a destra, la moglie Tilde.
Il presidente Sandro Pertini in visita a Pavia. Accanto a lui il sindaco Elio Veltri. In apertura il mitico comcerto del Teatro alla Scala in sala mensa della Necchi. In prima fila Elio Veltri e, a destra, la moglie Tilde.

Arricchito da preziose testimonianze iconografiche originali – che vanno dalle letterine scritte a mano inviate al loro sindaco dai cittadini di Pavia, fino agli encomi di livello internazionale ricevuti nel corso del suo mandato di primo cittadino – questo volume è idealmente rivolto a due co-protagonisti. La prima è lei, Tilde, moglie e madre preziosa, alleata e militante lungo l’arco dell’intera vita, conosciuta nella natia Longobardi, minuscolo comune sull’azzurro mare calabrese che lei porta ancora negli occhi. L’altro è Agamennone Veltri, un padre d’altri tempi, medico e strenuo militante antifascista in una terra calabra dove per tenere alta la bandiera dell’onestà e del rigore i prezzi da pagare erano – e sono tuttora – molto ma molto alti.
Gli stessi prezzi che ha dovuto più volte pagare anche Elio, mandato dalla famiglia a studiare prima in collegio, ad Orvieto, poi alla facoltà di Medicina, nella bella e antica Pavia, di cui sarebbe stato per anni il sindaco più fiero e più conosciuto d’Italia, dopo aver scritto pagine memorabili di storia locale e nazionale.
Credo che Elio Veltri – consigliere comunale, sindaco, poi consigliere regionale, infine deputato nella tredicesima Legislatura – sia stato forse l’unico medico ad aver saputo realmente coniugare la professione sanitaria con l’impegno politico, diversamente dai tanti camici bianchi che popolano ancora oggi il Parlamento con l’unico scopo di lasciarsi alle spalle le ben più faticose trincee ospedaliere.
Non a caso uno dei capitoli centrali di questo Non è un paese per onesti riguarda un’altra piaga giudiziaria tutta italiana: la strage del sangue infetto, con un processo che si trascina da oltre vent’anni, migliaia e migliaia di morti ed una propaggine oggi al Tribunale di Napoli che lascia ben poche illusioni all’esercito dei familiari di chi ha perso la vita, la dignità, i diritti.
E siccome la storia molte volte è circolare, chiudiamo proprio con la strage sul sangue infetto, che la Voce aveva cominciato a rivelare negli anni Settanta. E che ancora oggi documenta ai suoi lettori, seguendo il processo di Napoli, udienza dopo udienza. Ma senza più speranza.

Non è un Paese per onesti – Storie di socialisti perbene (Falsopiano) sarà presentato a Napoli, Libreria Iocisto (Piazza Fuga, al Vomero) sabato 21 gennaio 2017 alle ore 11.30. Qui sotto la locandina.
locandina Veltri