Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996


"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

LIBERISTI falsi e degenerati!

Penso che ormai sia evidente a molti che viviamo in uno stato liberticida dove in continuazione viene pronunciato qualche riferimento al "libero mercato" e al liberalismo, solo per moda, come nota di colore, ma senza alcuna convinzione e credibilità, essendo mistificatorio lo scopo. Ascoltate il video del leader del Movimento Libertario e vi renderete conto di come siano falsi e degenerati i personaggi ed i poteri che reggono questo perverso sistema parassitario che continua ad ingannare le masse derubandole dei loro risparmi e dei loro sacrifici lavorativi.
http://www.youtube.com/watch?v=z-LWTnhdyJo&feature=player_embedded

Sedicenti Ordini Templari ed altre amenità


Di Claudio Martinotti Doria

In questo periodo storico, in tutto il mondo ma particolarmente in Italia, assistiamo ad un degrado morale ed una degenerazione comportamentale senza precedenti, talmente diffusa ed eterogenea, capillare e variegata, intensa e pregnante, che anche solo cercare di fare qualche esempio diventa impresa ardua, per l'imbarazzo nel criterio di scelta e di priorità da adottare.

Ci sono alcuni tentativi, della cui buona fede non voglio dubitare, di manifestare il proprio disappunto, l'amarezza e soprattutto la separatezza personale e di gruppo da questo andazzo, per cui si cerca di distinguersi dandosi un tono positivo e prospettico, ma spesso così facendo, non essendoci un background sufficiente, ma molta superficialità ed approssimazione (mancando i contenuti), si finisce per dare il proprio contributo alla degenerazione in corso con iniziative effimere e artificiose.

Personalmente ad esempio ho smesso ormai di lottare per cercare di porre un freno alla proliferazione di falsità attributive ed appropriazioni indebite nei confronti dell'Ordine dei Cavalieri Templari, quello storico intendo (Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis). Credo sia impossibile effettuare un censimento su quante siano le associazioni sorte negli ultimi anni (alcune affermano di avere molti decenni o secoli alle spalle, ma spesso i documenti su cui si fondano sono falsificati e/o fantasiosi) che si rifanno in qualche modo all'Ordine Templare, a volte con denominazioni miste che richiamano ed evocano anche l'Ordine dei Cavalieri di Malta, con fantomatici richiami a qualche "Sovrano - Ordine - Militare", e che spesso sono il frutto di rivalità e conflittualità interne ad associazioni pre-esistenti (già di per sé autocelebrative), che conducono ad ulteriori scissioni ed usurpazioni di titoli fantomatici e denominazioni altisonanti, soprattutto nelle gerarchie interne … Sarebbero situazioni semplicemente ridicole e patetiche se non fossero a volte anche cialtronesche e fuorvianti.

Appare evidente il tentativo di indurre in errore il lettore disinformato, facendogli intendere come l'Ordine sia tutt'ora esistente e/o vi sia una qualche continuità con quello antico ed originario, che sappiamo tutti essere soppresso con una Bolla Papale nel 1312.

Ma quale Ordine del Tempio? Ma quali Templari? Ma quale Antico? MA COSA STANNO DICENDO?

Posso capire il richiamo ai Templari per qualche associazione culturale che in qualche modo si voglia riferire a loro come ispirazione morale (oppure per quelle che realizzano rievocazioni storiche in costume), ma tutto il resto è INGANNO, dalle denominazioni delle associazioni dovrebbe sparire ogni riferimento a vocaboli come Sovrano, Ordine, Militare, Cavalieri, ecc., perché si tratterebbe di abuso ed anche di comportamento illegale, in quanto sappiamo benissimo che non si possono creare Ordini Cavallereschi e qualsiasi richiamo ad essi è pertanto illegittimo e potrebbe trarre in inganno ed errore, ancora più se ci fossero scopi di lucro, in tal caso ci sarebbero gli estremi penali della truffa. Tanto per parlare chiaro.

Io sono fondamentalmente un libertario, quindi massima libertà di scelta per chiunque di aggregarsi ed associarsi, ma evitiamo frodi, inganni e mistificazioni. Niente legami con il vero e storico Ordine dei Cavalieri Templari e niente riferimenti a Ordini Cavallereschi, che non sono autorizzati e legittimi. Se poi si vogliono indossare costumi e mantelline, fate pure, ma in luoghi riservati e con decoro, evitando ostentazioni pubbliche che possono indurre in errore ed inganno la popolazione.

Le velleità di protagonismo ed esibizionismo dovrebbero essere appagate in altro modo. Vorrei vedere se qualche sedicente associazioni vestisse i suoi associati con le divise dei Carabinieri o della Forestale, quanto rimarrebbe indisturbata … L'esempio a prima vista potrebbe non risultare calzante, perché le due Istituzioni citate sono ancora in attività mentre l'Ordine Templare non lo è più da parecchi secoli. E' Vero. Ma il rispetto dovrebbe essere lo stesso IMMUTATO, e nessuno dovrebbe abusarne, neppure dopo secoli.

Ma la cosa che più mi indispone è riscontrare che troppe volte alcune Autorità locali, credo per ignoranza, disinformazione e superficialità, accolgono queste sedicenti Delegazioni di Cavalieri Templari (di dubbia provenienza ed origine) ufficialmente, in pompa magna, come fossero Delegazioni Diplomatiche composte da personaggi autorevoli e carismatici e con titoli (autoreferenziali) altisonanti, rappresentativi di chissà quale potente organizzazione internazionale, mentre il più delle volte sono solo personaggi patetici in cerca di gloria effimera occasionale, che si limitano a pronunciare una lezioncina divulgativa della storia Templare, come fosse una specie di compito in classe delle scuole medie inferiori, ed ostentano una beneficenza da buonismo di basso profilo, tanto per giustificare la loro esistenza inventandosi un'attività ed utilità sociale, che potrebbe essere eguagliata da qualsiasi associazione locale anche a scopi ludici.

Mi rivolgo soprattutto ai giornalisti, oltre che ai politici locali, per cortesia prima di scrivere sui giornali ed avallare politicamente certe iniziative ci si deve informare, documentare, consultare … Di Sovrano Ordine Militare esiste solo quello dei Cavalieri di Malta, il resto è solo "fuffa" ("chiacchiere e distintivo")

Per eventuali approfondimenti ed accertamenti rimando a:

Commissione internazionale permanente per lo studio degli ordini cavallereschi http://www.icocregister.org/index.htm

CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) http://www.cesnur.org

L'attuale escalation del prezzo dell'oro non è dovuto a bolle speculative ma al fallimento (perdita di valore) del denaro disonesto ...


L'attuale escalation del prezzo dell'oro non è dovuto a bolle speculative ma al fallimento (perdita di valore) del denaro disonesto iniettato dalle banche centrali ...
La nostra è una società sempre più basata su vincoli egemonici. Quasi tutto è controllato, ingessato, monopolizzato dai privilegi statali garantiti e la società civile ed imprenditoriale seria non trova gli spazi per rinnovare il sistema, che pertanto degenera sempre di più in individualismi e corporativismi esasperati … La povertà sta già colpendo il 30% delle famiglie italiane, quando arriverà al 50% il sistema imploderà, le famiglie facoltose emigreranno all'estero per evitare ripercussioni dei conflitti sociali, ed avremo una "Argentina italiana" forse più cruenta ...
Scritto da Francesco Carbone, http://www.usemlab.com

Il mondo moderno è ridotto a qualcosa di grottesco. Sembra essere diventato una grande fattoria degli animali come quella di Orwell. Nella favola del grande scrittore mancava però un animale fondamentale. Se il mondo viene guidato dai maiali che comandano, esso ci viene descritto dagli struzzi con la testa nella sabbia e il sedere per aria. E' un mondo che ci appare pertanto a testa in giù. Dove dovresti trovare il cervello trovi i piedi, e a volte qualcos'altro che sta all'incirca a metà strada. Gli struzzi lo giustificano, lo difendono, lo spacciano per un mondo normale che normale non è.
Chi fallisce viene salvato. Chi prospera viene attaccato. Chi sbaglia viene premiato. Chi vede giusto viene ignorato. C'è qualcosa che non va. Con i giusti strumenti scientifici è semplice capire cosa non va: il libero mercato sta morendo. La società una volta basata su vincoli contrattuali continua a cambiare faccia, sta diventando una società sempre più basata su vincoli egemonici. I maiali pertanto comandano, sempre indisturbati, mentre gli struzzi scrivono le fesserie per giustificare i loro ordini.
Quasi tutto è controllato, ingessato, monopolizzato dai privilegi statali garantiti di volta in volta da leggi, regolamenti, ordinanze. Entrare nel mercato per correggere i disallineamenti e gli squilibri creati dai privilegi, di modo che la società possa continuare a trovare spazio per una cooperazione pacifica e volontaria è difficile, bisognerebbe abbattere le barriere imposte dall'alto. Può farlo solo chi è già dentro. Ma chi sta dentro non ha convenienza a farlo. Gode di un privilegio che per ora gli garantisce una ottima sopravvivenza con il minimo sforzo.
In un mondo dominato dai vincoli egemonici la funzione imprenditoriale che crea, trasmette e coordina è bloccata. Si è costretti a rimanere chiusi nel sistema così come è stato definito dall'alto, mentre il tessuto sociale che lo compone trova impossibile realizzare qualunque opera di rinnovamento. Giorno dopo giorno marcisce. La decomposizione andrà avanti fino in fondo, finchè l'edificio sociale costruito dagli ingegneri crollerà per mancanza di basi di sostegno.
In questo mondo capovolto la ricchezza non si produce più tramite i mezzi economici, tramite cioè l'esercizio della funzione imprenditoriale, soffocata e calpestata dall'alto. La ricchezza si consuma, quel che rimane di essa si trasferisce e si consegue grazie ai mezzi politici. Riprendendo le parole di Huerta De Soto dalla XIII lezione di Economia: oggi si dedica sempre più tempo, ingegno e sforzi non a capire e soddisfare le necessità degli altri attraverso un processo volontario, ma a influire sul processo di decisione politica, a conseguire aiuti e sovvenzioni, a fare manifestazioni, scioperi. Ognuno cerca di risolvere i propri problemi utilizzando i mezzi politici (eufemismo per dire utilizzando la violenza).
Il rapporto Censis n. 43 dice che tre famiglie italiane su dieci stentano ad arrivare a fine mese. Ancora va bene, i problemi cominceranno quando le famiglie in difficoltà arriveranno a sei. Finalmente rappresenteranno la maggioranza legale del paese, e godranno del diritto democratico di andare dalle quattro rimanenti a prendersi quanto gli spetta, proclamando il loro diritto positivista alla libertà. Libertà che non è più considerata in senso negativo come assenza di coercizione, ma come libertà di poter fare quello che si vuole.
Le quattro famiglie che ancora ce la fanno diventeranno presto tre, poi due, poi l'ultima magari farà bagagli per scappare all'estero, e quindi in questo paese rimarranno 9 famiglie su 9, ovvero 10 su 10, che stenteranno ad arrivare a fine mese. W la deademocrazia che ha hopperianamente fallito.
Chi gode dei privilegi difende il sistema così com'è. Impegna ogni sua risorsa intellettuale per difendere lo status quo. Non è difficile scovarli. Tra le letture economiche dei giornali e della rete da qualche settimana si riempiono la bocca di tre semplici parole: "bolla dell'oro". In ogni loro report, analisi, commento economico ci infilano dentro la bolla dell'oro. Come il prezzemolo, oramai sta bene ovunque.
Sembrano vittime di una ossessione rapace, violenta, virulenta. Pare che stiano impazzendo. Tra gli economisti che hanno preso granchi su granchi da almeno dieci anni è una ossessione che li accomuna tutti quanti. Greenspan nel 1966 la chiamava avversione isterica e la definiva un atteggiamento comune a tutti gli uomini di governo. Essi, scriveva Greenspan, sembrano percepire, meglio dei sostenitori del laissez-faire, che l'oro e le libertà economiche sono imprescindibili.
Gli struzzi ossessionati dall'oro non arrivano neanche a tanto. Ciò che è accaduto, contro ogni loro aspettativa, è semplicemente che da qualche settimana si ritrovano il prezzo dell'oro ben sopra i 1000 dollari l'oncia, e la loro faccia stupita davanti ai monitor ha assunto la forma a punto interrogativo. Peccato non potere essere dietro i loro schermi, la faccia a punto interrogativo suscita sempre delle gran belle risate. Ridere fa sempre bene alla salute, dicono.
Solo il bambino gode di quella meraviglia chiamata stupore, che lo porta a chiedersi il perché delle cose. Loro non sono bambini, sono adulti con la testa sotto la sabbia e i piedi al posto del cervello. Tutto quel che possono fare è scalciare in maniera frenetica. Lo stupore inziale si trasmuta subito in ossessione, rabbia, livore. Come è possibile che all'indomani dello scoppio della bolla internet non si siano resi conto di una cosa così stupida, semplice, banale, che era destinata a salire di prezzo, mentre la cartaccia finanziaria che sponsorizzano avrebbe continuato a oscillare su e giù senza andare da nessuna parte per ben una decade?
Devono sentirsi dei minchioni totali. A 300 dollari avevano tolto il prezzo dell'oro dai monitor. A 500 forse ce l'hanno rimesso, ma già blateravano di prezzo troppo alto. A 800 parlavano occasionalmente di bolla. A 1200 eccola senza più dubbi! LA BOLLA! la boooollllla, finalmente la bolla dell'oro, signori la bolla dell'oro, che assurdità la bolla dell'oro, che paradosso, la bolla, la bolla dell'oro, si si è bolla, senza dubbio, la bolla dell'oro!! Bolla, bolla, ullallà che bolla!!! booolllaaa, blloolloolllooolllollllaaa, blallla, blablallala, bolla, la bolla gialla e non blu, bla bla, bla bla.
Meriterebbero un tapiro d'oro, dovrebbero consegnargliene veramente uno, ma al tungsteno che tanto pesa uguale e neanche si accorgerebbero della differenza. Il tapiro della finanza per i poveri tapini della bolla dell'oro.
Le banalità che scrivono per poter definire e giustificare bolla ciò che bolla non è sono terribilmente imbarazzanti. Luoghi comuni alla portata della casalinga non certo degne degli esperti economici quali credono di essere. Esperti che credono all'oro solo come mezzo per farci le collanine. Esperti che non hanno mai capito e compreso la scienza economica. Vivono imbastiti nelle teorie della pseudoscienza degli economisti di stato che hanno distrutto la funzione imprenditoriale consegnando le chiavi del benessere al potere politico, che pretende di organizzare la società dall'alto, sconvolgendo le istituzioni sociali a partire proprio dal denaro, la più importante di tutte.
La loro rabbia, il loro livore si sfoga quindi contro i cultori dell'oro. Sono invidiosi della loro euforia, del loro averci visto giusto anni fa mentre essi erano impegnati a sponsorizzare le politiche monetarie totalmente folli e insane di allora. Oggi continuano diabolicamente a perseverare nell'errore: sono ossessionati dalla bolla dell'oro, e da chi ha comprato oro, e mentre blaterano di bolla dell'oro continuano a sponsorizzare le politiche monetarie e fiscali altrettanto folli e insane di oggi.
Anche in questo loro parlare dei cultori dell'oro non hanno capito niente. Fanno di tutta l'erba un fascio. Aggregano gli speculatori di breve termine insieme agli speculatori con un lungo orizzonte temporale, e ci mettono dentro anche i sostenitori di una etica ben differente da quella attuale, radicata nei pieni diritti di proprietà, anche quelli sul frutto del proprio lavoro, e quindi quelli sul proprio denaro, frutto di un sudato risparmio. Non sanno guardare il particolare, distinguere il dettaglio. E' senza dubbio una deformazione professionale. Sono abituati a guardare con ossessione solo agli aggregati, a quelle inutili statistiche economiche della contabilità nazionale che servirebbero a capire se l'economia cresce ma soprattutto a capire come farla crescere tramite l'ennesimo intervento istituzionale dall'alto.
Non capiscono che il vero cultore dell'oro, il vero sostenitore dell'istituzione denaro evolutasi spontaneamente nel corso dei millenni, è solo colui che, come il Greenspan del 1966, ha capito la tragedia della moneta di stato e tutte le sue ancor più tragiche conseguenze. Ha capito che l'oro è in grado di ostacolare l'insidioso processo di confisca della ricchezza, che l'oro si pone a protezione dei diritti di proprietà.
Di fronte a questa caduta del valore del denaro di stato, il cultore dell'oro non può essere euforico, non può essere per niente contento. Può essere solo preoccupato. Molti che hanno consigliato di comprare oro diverse centinaia di dollari fa, hanno detto ai loro clienti: compratelo e sperate che non salga oltre le nostre ragionevoli aspettative. Oggi sta cominciando a salire oltre quelle ragionevoli aspettative di allora, ed è arrivato il momento di preoccuparsi seriamente non tanto della presunta bolla dell'oro, quanto piuttosto di ciò che sta accadendo alla società nella quale viviamo.
Il vero cultore dell'oro è infatti allo stesso tempo un cultore delle libertà economiche. Sa che solo un'istituzione denaro sana e onesta è in grado di difenderle. Non può quindi che essere terribilmente preoccupato di fronte a questa salita dell'oro. Non si scherza più, siamo di fronte a un dramma sociale che rischia l'escalation. Siamo di fronte al dramma delle relazioni sociali gestite ingegneristicamente dall'alto. Esse stanno definitivamente perdendo l'istituzione più importante di tutte. Come era prevedibile il denaro corrotto inizialmente dall'alto, ha finito per corrompersi del tutto e con se stesso ha finito con il corrompere la società intera. Che si trova sull'orlo di conflitti sempre più ampi ed estesi.
Il cultore dell'oro in questo senso, non ragiona in dollari e tantomeno in euro. Per lui un'oncia è sempre un'oncia. Non viene misurata dai dollari, né dagli euro ma al contrario è essa stessa la migliore misura delle carta di stato. Non sta salendo di prezzo. Al contrario, è l'istituzione imposta per obbligo, tramite un privilegio, che continua a perdere valore. Un'oncia d'oro non vale 1200 dollari. E' un dollaro che vale 1/1200esimo di oncia, mentre ne valeva 1/25esimo ai tempi di Roosevelt. Vale sempre di meno e a ritmo più veloce, checché ne dica l'indice dei prezzi al consumo. Lo stesso fenomeno riguarda ogni moneta di stato di questo pianeta.
L'indice dei prezzi al consumo come il PIL è un dato stupido e inutile. Mises spiegava perchè. I lor signori struzzi dimostrano di non aver mai letto Mises tanto meno di aver capito le sintesi o gli approfondimenti che da anni si impegnano a fare i cosiddetti economisti di Scuola Austriaca. Persone molto spesso umili come noi, persone che ad un certo punto hanno avuto il coraggio di buttare i libri di macro e di micro nella spazzatura, riscoprendo l'attualità di testi vecchi e dimenticati, nei quali era stata formulata con rigore la scienza economica.
Le basi della scienza sono sempre quelle elaborate da Menger, Bohm Bawerk, Mises, Rothbard. Sono valide oggi come lo erano allora. La vera scienza economica è infatti fondata su leggi valide aprioristicamente, universalmente, apoditticamente. Il problema della scienza economica è che è stata dimenticata e al suo posto come droga ne è stata spacciata un'altra, all'apparenza in grado di risolvere tutti i problemi economici dell'essere umano. Una scienza che tale non è, ma ingegneria sociale che porta alla schiavitù, e non alla libertà, che genera crisi, non benessere, che realizza l'ideale socialista, non quello democratico.
Il cultore dell'oro come istituzione sociale denaro per eccellenza è preoccupatissimo, perchè in questo quadro istituzionale i vincoli egemonici continueranno a espandersi, a sostituire quelli contrattuali. Il cultore dell'oro al limite può essere contento che il suo impiego di risorse economiche in oro gli permette oggi di acquistare un numero maggiore di beni capitali rispetto a 10 anni fa. Ma è preoccupato perchè comunque la funzione imprenditoriale continua ad essere perseguita e soffocata. Può forse contare sul fatto che oramai l'oro è stato confiscato alle masse in maniera spontanea e volontaria. Che nessuno perderà tempo per andare a stanare quei quattro gatti che l'hanno comprato onde confiscarglielo, imponendo un ennesimo vincolo egemonico.
Tuttavia resta preoccupato, perché per poter impiegare il risparmio che ha saputo sottrarre alla confisca istituzionale, dovrà andare a cercarsi un posto dove l'esercizio della funzione imprenditoriale è ancora libero. Lì potrà convertire l'oro in beni capitali e potrà farli fruttare grazie al suo intuito imprenditoriale. Posti che tuttavia sono in via di estinzione. Gli inferni fiscali li stanno stanando. Vogliono distruggerli, eliminarli, annientarli. Gli inferni fiscali non ammettono concorrenza. Il mondo deve essere uguale per tutti, un unico inferno socialista, dove i maiali comandano e gli struzzi scrivono stronzate.
Il mercato azionario rappresenta il capitale di un paese. Mises diceva che un paese capitalista lo si riconosce se in quel paese esiste una borsa valori. Le borse valori da diversi anni sono minacciate e distrutte solo ed esclusivamente dall'interventismo economico, dall'azione dell'ingegnere sociale e da coloro che godono dei privilegi statali più importanti e fondamentali. Le borse oggi potrebbero continuare a salire o potrebbero tornare indietro. Movimenti che interessano relativamente. Ciò che conta e che sembra ancora quasi certo è che davanti hanno ancora moltissima strada da percorrere lungo la quale continueranno a perdere valore nei confronti del metallo giallo.
Forse un giorno vedremo l'oro raggiungere il Dow Jones come era successo nel 1980. A quel punto come detto già 8 anni fa, anche il cultore dell'oro venderà le proprie eccedenze di metallo per acquistare beni capitali in una ottica di lungo termine, sperando che siano ancora disponibili in borsa, o su quello che sarà rimasto del libero mercato, e che le libertà economiche non siano state soffocate del tutto.
Quel giorno, se non saranno spariti a causa dell'incompetenza dimostrata, i minchioni totali ossessionati oggi dalla bolla dell'oro saranno con tutta probabilità ancora lì a prendere i vostri soldi seduti su qualche poltrona del ministero dell'informazione. Un riconoscimento per l'assidua, costante e appassionata propaganda politica che hanno svolto contro le libertà economiche. Un premio anche per aver sopportato l'umiliazione di aver preso granchi anno dopo anno, decennio dopo decennio. Di essere stati, agli occhi della comunità finanziaria che ci tiene al valore del proprio capitale, dei minchioni totali.

E' mancato Raoul Molinari, Presidente dell'Accademia Aleramica e soprattutto un galantuomo


Mai come in questo caso le parole lusinghiere utilizzate per ricordare questo straordinario personaggio sono vere: http://www.accademiaaleramica.net/raoul_molinari.htm
E' una grande perdita non solo per le Langhe, che lui ha enormemente contribuito a valorizzare, ma anche per il Monferrato, cui si era accostato negli ultimi anni per promuoverlo, facendolo conoscere meglio agli stessi monferrini, soprattutto a quelli che non sapevano neppure di esserlo.
Uomini di una simile statura morale lasciano veramente un vuoto incolmabile, e non sono frasi di circostanza, ma la pura realtà, soprattutto di questi tempi.
Claudio Martinotti

Quei Soliti Titoloni che inneggiano all'oro ...

Quei Soliti Titoloni che inneggiano all'oro, ma la popolazione continua a non capire e ad essere ingannata
Scritto da Francesco Carbone

Foto di lingotti d'oro su tutte le pagine dei giornali. Titoloni straordinari a caratteri cubitali. E' già successo alla rottura dei 300 dollari, poi dei 400 dollari, poi 500, 600, 700, 800, 900, 1000, e anche a questi 1100. Solitamente è un segnale quasi infallibile che il prezzo è arrivato al termine di un'altra tappa intermedia.
Non pensiamo che la gente abbocchi a questi ottimi segnali contrarian e corra di gran carriera a comprarsene qualche oncia. Più probabilmente leggerà qualche riga e sfoglierà pagina chiedendosi forse la ragione di un argomento così inutile.
Qualora invece lo facesse davvero non ha mai capito il significato dell'espressione market timing. Chi ha capito cosa significa market timing da 8 anni compra e accumula qualcosa in più solo a seguito di ogni storno pesante, che puntualmente, nel giro di qualche giorno o settimana dai titoloni straordinari, arriva ad allontare per sempre gli eterni indecisi.
La massa, piuttosto, corre a vendersi l'ultima collanina rimasta in casa al punto compro oro più vicino con circa un 30% di sconto sul prezzo del mercato ufficiale (in questi giorni 13.5 euro al grammo per oro a 750, e 17.5 euro per oro fino a .999 contro i 24 euro al grammo dei mercati ufficiali)
Non deve neanche fare molta strada, oramai sono ovunque. Chissà come mai. Forse è solo un bel business facile facile con un grande margine dietro. Oppure dietro c'è qualcuno che grazie ai compro oro rastrella le ultime once di moneta onesta e reale rimasta in mano alle persone. Più probabilmente tutte e due le cose.
Nove anni fa, a distanza di qualche anno dalla laurea in economia, ci avvicinammo a questo strano metallo, dimenticato ai piedi della bolla dei titoli tecnologici, e scoprimmo casualmente la strada della vera scienza economica che inevitabilmente si incrocia con la nobile moneta di re e imperatori.
Non c'è scienza economica senza azione umana, e non ci sarebbe stata alcuna civilizzazione moderna senza le possibilità offerte da questo metallo quasi mistico, spontaneamente ed evolutivamente adottato dall'azione umana come mezzo di scambio, unità di conto, e quasi perfetta riserva di valore.
Ci sembrò incredibile che questo metallo fosse stato dimenticato così velocemente dall'uomo e dalla sua memoria ancestrale. Eppure era proprio così. In poche decadi la forza dell'indottrinamento statale era riuscita a rimuovere un attaccamento millenario, quasi connaturato allo stesso dna umano.
L'atto di fede nei governi, nelle banche centrali, e in una pseudoscienza dalle fallimentari premesse metodologiche, erano riusciti a compiere l'irrimediabile grazie al quale era diventato possibile trovare qualcuno disposto ad accettare meno di venti milioni delle vecchie lire per un chilo d'oro. Ce ne volevano più del doppio oltre 20 anni prima.
Sembrava uno scherzo, ma non lo era. Lo scherzo sembravamo farlo noi ai poveri ignoranti a cui comunicammo la straordinaria notizia. Con il portafoglio pieno di cisco, tiscali e tante altre schifezze, ci ridevano in faccia. L'opportunità di potersi garantire una pensione sicura grazie a uno scambio così assurdo era accolta come ridicola, risibile.
E' passato del tempo. Otto anni sembrano tanti ma non lo sono per un mercato bull. Chi riderà per ultimo ancora non è certo. Di certo l'oro da quei lontani giorni del 2000 resta forse l'asset che ha performato meglio di qualunque altro. Il cambio Dow Jones contro oro, nel frattempo è sceso da 40 a 10.
Nonostante ciò, pochissimi nel frattempo si sono ricreduti. La maggior parte è rimasta sempre scettica, lungo tutta l'ascesa, ripetendo ad ogni nuovo massimo che la salita era finita. Da quando poi l'oro ha superato i 1000 dollari, gridano alla bolla.
Dopo la doppia bolla delle borse, dopo la bolla del mercato immobiliare, dopo la bolla del petrolio e delle commodities, non restavano che altre due bolle possibili, quella dei debiti di governo, e quella dell'oro.
Finalmente quindi! Eccola qua, la bolla tanto attesa da chi si è fumato l'aria tossica di tutte le bolle precedenti. Quella dell'oro! Ma è vera bolla?
Ne parleremo in un prossimo articolo. Intanto, qualora non aveste ancora comprato i nostri libri, ve ne raccomandiamo l'acquisto. Le premesse di questo articolo sono argomentate nei nostri testi, insieme ad altri contenuti di fondamentale importanza per cogliere il quadro generale di questa crisi economica che non è mai terminata.
Francesco Carbone
presidente di USEMLAB
consulente finanziario presso ABS Consulting SIM
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TURISMO. Gli esiti di un interessante convegno svoltosi ad Arona.

Pianificazione e formazione sono i due elementi cardine per fare turismo, ma attenzione a non eccedere col primo. Emerge l'assenza delle istituzioni e la carenza di idee. In tempi di crisi i prezzi italiani risultano particolarmente cari ed una certa rigidità strutturale ed organizzativa non giova al mercato in evoluzione. Occorre favorire il turismo nei centri minori e la cultura dell'accoglienza coinvolgendo e responsabilizzando i giovani

Fonte: TEATRO NATURALE Settimanale Telematico del Mondo Rurale, http://www.teatronaturale.it

Sono in tanti a improvvisarsi imprenditori turistici, ma anche le stesse istituzioni dimostrano disinteresse per il settore. Eppure per ottenere risultati duraturi e stabili è necessaria una oculata programmazione

di Daniele Bordoni

Arona, Lago Maggiore. Due giorni di incontri e dibattiti sui temi centrali del turismo, ovvero: pianificazione e formazione.
Si è appena conclusa la due giorni di dibattiti su alcuni dei temi chiave del Turismo, attraverso il convegno “Giornate del Turismo 2009”, tenutosi ad Arona dall’11 al 13 ottobre e organizzate dall’Università del Piemonte Orientale e dal Consorzio Universitario Re-Tour.
Alla manifestazione erano stati invitati, oltre agli esponenti del mondo accademico piemontese, ma anche del resto d’Italia, che hanno risposto in modo molto positivo alimentando il dibattito e sottolineando le maggiori problematiche del settore, anche esponenti del mondo politico ed istituzionale ed imprenditoriale.
E’ stato evidente il disinteresse sia delle istituzioni, che dell’imprenditoria, che hanno figurato solo con partecipazioni di circostanza e che hanno contribuito assai poco al dibattito.
I rappresentanti degli imprenditori hanno poi negato con forza l’utilità di una pianificazione nel turismo, forse interpretandola come un ostacolo alle proprie libertà di scelta. Le istituzioni si sono limitate a presenze e relazioni di circostanza o limitandosi ad inviare i propri saluti.
Assenze che sono state rimarcate con forza dal prof. Francesco Adamo, ordinario di Geografia Economico Politica nella Facoltà di Economia dell’Università del Piemonte Orientale, "A. Avogadro" di Novara, oltre che responsabile del Consorzio Universitario Re-Tour. Egli ha più volte sottolineato la necessità di pianificazione nel Turismo, come requisito indispensabile per ottenere dei risultati positivi stabili e duraturi.
Proseguendo nel suo intervento il prof. Adamo ha puntualizzato come, oltre agli stakeholders (1) del territorio vengano chiamati al tavolo della concertazione anche le persone comuni, coloro che si troveranno a stretto contatto con i turisti, nella prospettiva della creazione di una più ampia “cultura dell’accoglienza”. In altre parole occorre un clima più favorevole all’accettazione dell’altro, inteso come turista, che proviene da mondi ed esperienze diverse.
Ha poi proseguito chiedendo il superamento del provincialismo e dei confini stretti tra territori, avvicinandosi ad una visione più ampia dell’accoglienza, citando ad esempio la mancanza di utilità o il danno di chiudersi all’interno della Provincia Novarese, senza considerare Vercelli, Il Verbano - Cusio – Ossola, Varese, fino al Canton Ticino in Svizzera.
Gli interventi che si sono che si sono susseguiti hanno tutti posto l’accento sull’urgenza di riformare la formazione e di renderla più professionale e maggiormente adeguata ai tempi. Senza formazione è difficile se non impossibile che nasca una cultura dell’accoglienza, in cui anche la gente comune guardi con simpatia e comunque con rispetto la presenza dei turisti. Se si desidera che il turista ritorni occorre creare un clima favorevole all’accoglienza, che include in primo luogo non approfittare con ingiustificati aumenti di prezzi e con tentativi di raggiro.Qualità dell’accoglienza e formazione vanno di pari passo e sono la chiave della fidelizzazione.
E’ seguito un interessante intervento del prof. Elio Carfagna, preside dell’Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri, della Ristorazione e Turistici “G. Varnelli” di Macerata.
Il relatore ha compiuto un’attenta disamina delle criticità delle scuole alberghiere, sottolineandone i punti da riformare, come una didattica superata, un’inadeguata conoscenza delle lingue (tema più volte emerso nel dibattito), un’inadeguata conoscenza della propria lingua madre, l’Italiano, la
distanza dal mondo del lavoro, la mobilità e precarietà dei docenti, la scarsa alternanza scuola/lavoro in prospettiva di inserimento, eccesso di ore settimanali (erano 40, sono state ridotte a 36 ed ora dovrebbero arrivare a 32). Di conseguenza auspicava un approfondimento della lingua madre e delle lingue straniere ( anche solo 2 ma ben fatte piuttosto che 3 fatte male), competenze matematiche di base in scienze e conoscenza tecnologiche e digitali. Occorre imparare ad imparare, prosegue l’oratore, acquisendo anche competenze sociali e civiche, favorendo lo spirito di iniziativa e l’imprenditorialità, la consapevolezza e l’espressione culturale.
Dal lato docenti, il relatore sottolinea, la necessità di formare i formatori, a cui va insegnato a insegnare e devono di conseguenza aggiornarsi con maggiore frequenza e continuità, anche attraverso una maggiore partecipazione alle comunità scientifiche e professionali.
Il tema della “formazione dei formatori” è stato uno dei punti fondamentali dell’intervento di Fosca Gennari, Direttore di Fast – Formazione Avanzata per lo Sviluppo del Turismo (emanazione di Alpitour) e che ha sottolineato la mancanza di coordinamento nazionale nella prospettiva di arrivare ad offrire il territorio Italia nella sua interezza.
La sessione pomeridiana del primo giorno si è aperta con l’intervento del giornalista specializzato in turismo, Andrea Lovelock, che ha cercato di tracciare un quadro dello stato del turismo in Italia, da cui sono risultate luci ed ombre. Nelle note positive è stata collocata la rinascita della figura del Ministro del Turismo, ancora senza Ministero, la nascita di un portale del Turismo Italiano (www.italia.it) il cui precedente fallimento nell’incapacità di creare contenuti è emerso nel dibattito e la pubblicazione mensile del trend dei mercati esteri da parte dell’Osservatorio Nazionale del Turismo. Le note negative, assai più numerose si sono incentrate sul trend negativo delle presenze turistiche, anche se l’Italia, nella crisi economica attuale ha perso “solo il 4%” di presenze rispetto al 22% della Grecia e al 9,9 della Spagna.
A questo proposito viene spontanea un’osservazione. Nella mia lunga esperienza nei mercati finanziari internazionali, ho sempre notato che spesso i titoli più penalizzati nei periodi di borse o mercati favorevoli, cedevano molto meno nei periodi negativi. Ora la stessa cosa sempre accadere nel Turismo, in cui i mercati in grande crescita negli ultimi anni, come appunto Grecia e Spagna, hanno mostrato di risentire sensibilmente della crisi economica con un brusco arresto delle entrate, mentre l’Italia, che da diversi anni ormai perde quote di mercato, ha reagito perdendo meno. Questo fa vedere le cose in una luce meno positiva, in particolare, come sottolineato dagli operatori, quando il fatturato complessivo delle strutture ricettive scende sensibilmente si ha la dimostrazione che si è abbassata la “qualità degli arrivi”. In altre parole sono arrivati turisti, ma con una minore capacità di spesa (es i campeggiatori e il dato è confermato dal boom nei risultati dei campeggi).
Questo ci dice ancora che l’Italia è una metà ancora desiderata, ma la discriminante decisiva è data dai prezzi, percepiti come “cari”, senza coinvolgere i casi estremi dell’aumento ingiustificato e anche considerando che i prezzi sono sostanzialmente rimasti al livello del 1997, come sottolineato dai rappresentanti degli operatori, il mercato continua a evitare la destinazione Italia o ad includerla attraverso una scelta di livello medio e di strutture ricettive più economiche.
L’intervento degli operatori, in particolare di Renzo Iorio, Vice Presidente della Federturismo, Confindustria e dirigente del Gruppo Alberghiero multinazionale Francese Accor (n. 1 al mondo NDR) sottolinea la crisi del mondo imprenditoriale che ha ridotto le entrate derivanti dal MICE (Meetings, Incentives, Conferences & Events), in altre parole il Turismo Congressuale.
Qui appare evidente la politica di scelte molto rigida applicata da molte catene e strutture alberghiere nel voler attendere una ripresa dalla crisi economica invece di ripensare e riprogettare il modello congressuale coinvolgendo le attività aggregative di livello meno elevato, come l’associazionismo culturale e quello religioso, che hanno forti necessità di spazi aggregativi per convegni e incontri e non possono permettersi spese congressuali pari a quelle delle grandi aziende, ma anche le medie aziende o gruppi di settori più locali hanno frequentemente necessità di questo tipo e che, se si vedessero offrire possibilità di sedi prestigiose e prezzi ragionevoli, vi andrebbero volentieri. Mantenere l’altissimo standard di servizi a tutti i costi significa avere una rigidità dei costi fissi e quindi quando il mercato cala, anche stagionalmente, ciò comporta forte decrementi di arrivi e presenze con conseguenti inevitabili chiusure per 2 o persino 3 stagioni su 4.
Nessuna idea su come si possa conciliare la necessità di una visione globale della politica del Turismo, che sembrerebbe negli auspici del mondo imprenditoriale, in assenza di una pianificazione del Turismo, osteggiata in modo deciso, è emersa dall’intervento dei rappresentanti del mondo imprenditoriale.
A questo proposito la Responsabile del Settore Turismo dell‘ANCI (Ass. Naz. Comuni Italiani), Dr.ssa Galdi ha suggerito l’assunzione per ognuno dei propri ruoli con lo Stato coordinatore e le Regioni, Provincie e Comuni, nei loro ambiti con proposte sul territorio. Ha poi suggerito la condivisione di obiettivi minimi, come primo livello di concertazione, individuando quei settori che meritano maggiore attenzione come ad es. le città dell’olio, le città del vino, i borghi antichi, gli eventi culturali e i festival.
Restano le questioni aperte del problema di “carico” (2) delle città d’arte, prima fra tutte Venezia. La dr.ssa Galdi suggeriva una “tassa di scopo” che poi in realtà si sarebbe tradotta, a parere unanime, in una tassa di soggiorno, aggravando ulteriormente la già precaria situazione economica degli introiti turistici italiani.
Mi verrebbe spontaneo suggerire una maggiore diversificazione delle attrattive turistiche, sfruttando le risorse presenti nelle vicinanze delle grandi città d’arte, allargando così i benefici del turismo ai centri minori, in un certo qual modo esterni alle città ed aumentando quindi la sostenibilità dei flussi turistici in generale, oltre che allentando senza costrizioni la pressione sui centri maggiori.
La formazione è stato comunque il tema dominante, vista anche la presenza preponderante del mondo accademico e, a questo proposito, sono emersi alcuni punti che meritano attenzione. Il primo è quello del Prof. Da Pozzo, Università di Pisa, il quale ha sostenuto che il compito dell’Università non può essere quello di contribuire direttamente al mondo del lavoro, perché questo comporterebbe un continuo mutamento dei corsi, senza offrire punti di riferimento e scelte stabili. Questo compito sarebbe invece destinato ai Master, come ad esempio quello costituito tra gli altri dall’Università di Pisa, in Comunicazione Ambientale, poi trasformato in Comunicazione, Ambiente e Turismo.
Alcuni degli interventi che si sono succeduti hanno posto l’accento su diverse criticità del mondo accademico, come la proliferazione dei corsi e la difficoltà da parte del mondo del lavoro, nel comprendere la portata e il tipo di conoscenze che i vari, troppi corsi di laurea comportano. La necessità di una maggiore padronanza delle lingue straniere è nuovamente emersa, nell’intervento della Prof. Manuela de Carlo, IULM, Milano, riportato dalla Prof. Mara Manente, Ca’ Foscari, Venezia.
Quest’ultima ha sottolineato la difficoltà nel gestire una flessibilità nei corsi di laurea, in particolare triennali, mentre ha indicato, anch’essa nei Master il trait’d’union con il mondo esterno e del lavoro.
Il convegno ha trattato molte tematiche, ma in sostanza il discorso si è sempre incentrato sui vari aspetti della formazione, anche in chiave della creazione di una cultura dell’accoglienza e sulla necessità di una pianificazione turistica per la proposta unitaria di un prodotto Italia, da offrire agli altri Paesi del mondo dotato di una precisa identità.
Concludendo, verrebbe da chiedersi quali siano le vie più opportune per la creazione di una cultura dell’accoglienza. Forse la prima dovrebbe coinvolgere non solo il vertice della formazione, il mondo accademico, ma anche la base, come le scuole elementari, medie e superiori. A questo proposito ben si collocano le iniziative del FAI Fondo Ambiente Italiano, che ha creato una sua sezione FAISCUOLA, con lo scopo di far crescere la sensibilità per il nostro patrimonio artistico, culturale e ambientale, attraverso iniziative, studi concorsi e partecipazioni attive, come quella del ruolo di Ciceroni, svolto dai ragazzi delle scuole per la presentazione al pubblico, in cui sono spesso presenti anche genitori, parenti e conoscenti, di beni importanti che vengono portati all’attenzione di tutti, come accade in occasione delle Giornate FAI di Primavera.
La consapevolezza acquisita di quanto siamo in grado di offrire, stimola molti i giovani e li appassiona, li fa sentire coinvolti e quindi parte attiva del processo di apprendimento e di formazione. Se non c’è tale premessa, non vi sarà neppure la propensione a comunicare quanto appreso. Il turismo si potrebbe facilmente inserire e diverrebbe subito inserimento d’alto profilo qualitativo se applicato in un contesto di approfondimenti culturali.
Accogliere non significa solo reception di albergo o servizio a tavola, ma anche capacità di trasmettere gli aspetti più significativi della nostra cultura e per dirla col Prof. Cerri Serbelloni, Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali, “senza cultura non c’è turismo, ma solo mobilità”. Il valore del turismo è l’esperienza unica, irripetibile e personale. Dall’altro canto il turismo come qualsiasi prodotto, “consuma risorse”, quindi occorre anche attenzione a cosa si propone, ma anche come si propone. L’offerta turistica deve essere ponderata, altrimenti il consumo dissennato di risorse ambientali, può portare oltre all’evidente danno all’ambiente, un calo della qualità di vita per tutti e un danno economico grave.
Da qui anche la necessità di un inventario delle risorse, relativamente facile da realizzare, anche se complesso, come afferma il Prof. Da Pozzo, per i beni culturali ed artistici, ma molto più difficile da realizzare soprattutto se si tratta di beni in divenire come il paesaggio, che è fortemente condizionato dalle nostre scelte e finisce per essere quello che si pianifica o il suo opposto. Le necessità aggregative negate portano al successo dei “non luoghi”, come le finte vie cittadine all’interno dei centri commerciali, punto d’incontro per i giovani in sostituzione delle piazze dei borghi assorbite dall’espansione del grande commercio.
Sempre sul paesaggio, nell’intervento del prof. Scanu, Università di Sassari, si sottolinea la scala di impatto ambientale che le stesse strutture ricettive dimostrano e che vanno dall’alto impatto dell’albergo, a quello più basso dell’agriturismo, fino a quello pressoché inesistente del Bed & Breakfast
Infine, nell’intervento del prof. Porporato, etnologo, presso l’Università del Piemonte Orientale, emerge la necessità di inventariare i BDI i Beni Demoantropologici Immateriali, che sono poi le feste popolari e tradizionali. Il suo gruppo ha operato in questa ottica creando un Atlante delle Feste Piemontesi, mettendo in essere un metodo di approccio che mostra molti punti favorevoli e utilizza in primo luogo internet, attraverso la creazione di un portale www.atlantefestepiemonte.it che riesce a combinare un database di festività classificate con diversi criteri, con la localizzazione GIS di Google Maps e che può essere ulteriormente implementato e arricchito di contenuti, come testi, immagini, musiche, filmati.
Quest’ultimo è un ottimo esempio di come tutte le discipline e le scienze possano contribuire alla comprensione e ad un utilizzo consapevole dello strumento “turismo”, siano esse discipline basate sull’Economia in senso stretto, sulla Geografia, sull’Antropologia, sulla Storia dell’Arte, sulla Letteratura, sull’Archeologia, sulla Statistica , sulla Sociologia, sulla Psicologia e probabilmente moltissime altre, tutte concorrono alla comprensione e solo coordinandone le conoscenze sarà possibile misurarne e guidarne gli effetti nell’ambito del Turismo, con risultati preziosi per tutti.

1. I portatori di interesse del settore, quindi non solo le strutture ricettive, ma anche i ristoranti, bar, negozi, comuni ecc.
2. Capacità di sopportazione fisica di flussi turistici eccessivi che creano danni al contesto ambientale e socio-economico
di Daniele Bordoni - 17 Ottobre 2009

Trascorriamo la nostra vita a difenderci da ladri (più o meno legalizzati) che ci sottraggono tempo e denaro ...

Mandiamo a casa i ladri del nostro tempo e non lasciamoli impuniti
Fonte: Aduc, Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori http://www.aduc.it
Editoriale di Vincenzo Donvito
Ce ne sarebbe da dire di "cotte e di crude" per spiegare cosa possa significare il titolo che abbiamo dato a queste righe, ma crediamo che chiunque legga abbia gia' colto a volo il significato, perche' non c'e' nessuno che non abbia a che fare quotidianamente con questi ladri. Il problema e' ben conosciuto e, purtroppo, mal gestito nella maggior parte dei casi.
Facciamo un esempio molto frequente.
La Telecom invia a casa una bolletta con dei consumi che non vi tornano. Se non sono pochi euro (che spesso non ci si fa caso o passano inosservati) il primo istinto e' telefonare al gestore, che, dopo che ci avrete messo una marea di tempo per parlare con qualcuno, mai riconoscera' di avere sbagliato. E gia' qui qualcuno si perde per strada e rinuncia. I piu' tenaci o sanno come fare o ci scrivono o telefonano per chiedere un consiglio, dopodiche' parte la raccomandata A/R di messa in mora e se non si ottiene alcun risultato, sempre i piu' tenaci rispetto a quelli gia' tenaci di prima, andranno al Corecom e, proprio quelli che sono incazzati, se non ottengono nulla vanno dal giudice di pace e qui, magari, riescono finalmente ad ottenere qualcosa.... compresi eventuali rimborsi per tutta la trafila che hanno dovuto seguire e pagare.
Il problema che qui evidenziamo e' proprio quello di questa trafila, che e' tale anche solo se dobbiamo telefonare al gestore o dobbiamo inviargli una raccomandata A/R e magari tutto si sistema con un rimborso sulla prossima bolletta. E magari l'ottenimento del rimborso fa contenti: a 'sto giro il mastodonte della Telecom (o chi per esso) non mi ha fregato.
Ma perche' dobbiamo essere contenti e basta? Perche' dobbiamo perdere il nostro tempo, e i nostri soldi per colpa di questo gestore e il chiarimento del presunto loro disguido ci dovrebbe soddisfare?
Non va bene! Non e' giusto! Il fatto che accada spesso non li fa rientrare in quelli che potrebbero essere normali disguidi fra un fornitore di servizi e i propri clienti. A nostro avviso- il 'disguido sistematico' e' da annoverare in una sorta di disegno criminale a scopo estorsivo che, fidando sul fatto che spesso si tratta di piccoli importi "invisibili", viene perpetuato di continuo. E' giusto e doveroso quindi che contro i ladri del nostro tempo, della nostra tranquillita', del nostro portafoglio, si esiga il dovuto in denaro sonante. Non domandarlo, non esigerlo, ci rende in un certo modo complici di questi crimini.
Ed e' bene ricordarlo: questi ladri del nostro tempo non sono solo tra i gestori telefonici, ma sono:
- in Comune, quando scelte amministrative sbagliate ci fanno stare intasati per ore in code automobilistiche assurde, o ci rendono complicata la mobilita' per i continui ed eterni lavori di presunto risanamento dei servizi e del territorio;
- nei vari uffici di qualunque istituzione dove, per i comodi loro e dei cosiddetti diritti dei loro dipendenti, sono gli utenti/sudditi che ne soffrono: agenzia delle entrate, poste, treni, asl e cosi' via.
Insomma, crediamo di esserci spiegati: se li lasciamo impuniti, levatasi la pulce nell'orecchio rappresentata dal singolo fastidioso cliente/utente/suddito, continueranno imperterriti. Non dobbiamo consentirglielo.

L'indifferenza per la Rete dei politici che ci governano sfocia addirittura in odio, anche perché non riescono a censurarla come vorrebbero ...

L'indifferenza per la Rete dei politici che ci governano sfocia addirittura in odio, anche perché non riescono a censurarla come vorrebbero ed a omologare il pensiero sociale. Un Paese in controtendenza e che si sta sempre più depotenziando e demotivando, implodendo su se stesso ...
Fonte: Punto Informatico http://www.punto-informatico.it
di M. Mantellini (nella foto)
Una scarsa consapevolezza del mezzo Internet da parte dei cittadini italiani lascia campo aperto a strumentalizzazioni. Dai media al mondo politico
Roma - Il giorno successivo alla strage del militari italiani a Kabul Il Giornale è uscito con un titolo a tutta pagina su una notizia piccola piccola: qualcuno, nei recessi più nascosti della rete Internet, aveva offeso e dileggiato la tragedia appena occorsa. Con qualche difficoltà un giornalista del quotidiano era riuscito a trovare un blog nel quale si scherniva la fine dei soldati uccisi nell'attentato, con qualche ulteriore difficile ricerca, nei commenti del blog di un giornalista dell'Unità e nell'immenso marasma dei commenti del blog di Beppe Grillo, aveva scovato qualche frase dai toni offensivi verso i militari italiani. Come già accaduto in passato poche flebili tracce in rete sono più che sufficienti a confortare il proprio teorema, a generare un editoriale di Vittorio Feltri in prima pagina, a far comporre il titolo enorme "Quelli che sputano sui nostri morti".
Non si tratta solo di cattivo giornalismo, la rete italiana in queste ora trabocca di testimonianze commosse e preoccupate sulla strage di Kabul, il fatto è che queste persone odiano Internet. La odiano i tanti giornalisti che non hanno mai saputo accettare la presunta concorrenza altrui nel commercio delle parole, la odiano i politici, come la senatrice del PDL Laura Allegrini che letti gli articoli de Il Giornale si è precipitata a chiedere che venga immediatamente oscurato il sito in questione e che vengano individuati i responsabili, la odiano molti cittadini di questo paese, convinti in questi anni dalle informazioni che hanno ricevuto in merito, della natura ambigua e pericolosa di questo "nuovo" strumento di comunicazione.
E tuttavia il problema oggi non riguarda tanto costoro, che sono complessivamente solo una discreta e pericolosa minoranza, quanto la maggioranza degli italiani senza parere. In fondo Internet in Italia non è mai piaciuta quasi a nessuno, ce lo dimostrano un decennio di legislazioni sciagurate, di divulgazione malevola e di demonizzazioni di bassa lega. Il Parlamento sforna a ritmo continuo progetti di legge che la regolino, che ne chiudano delle parti, che soprattutto individuino i responsabili di qualsiasi azione e parola così che possano essere ridotti ad una qualche normalità, anche magari attraverso l'enorme dito puntato dei quotidiani su una pagina web letta normalmente da quattro persone.
Senza voler essere eccessivamente ideologico la differenza fra il governo attuale e quelli precedenti (non solo quelli del centro sinistra ma anche il precedente governo Berlusconi) è che oggi sembra sia stato superato il punto di non ritorno, che un residuo fastidioso diaframma sia infine caduto. Ciò che non poteva essere detto ora è sulla bocca di molti: questi signori odiano Internet perchè in un paese fortemente polarizzato ed impoverito in termini di discussione ed elaborazione culturale, la rete amplia il raggio dei punti di vista e costringe a nuovi sforzi di apertura verso gli altri. Quello che altrove è diffusamente percepito come un valore da noi è in molti casi una richiesta finalmente dichiarata come irricevibile. Comprendere i punti di vista altrui? Capire che anche quelli distantissimi dal nostro hanno diritto di asilo su Internet? Non sia mai.
Guido Scorza nei giorni scorsi ha lanciato dalla pagine di questo giornale l'ennesimo allarme su un progetto di legge capace di minare alle basi la libertà della rete. Il disegno Pecorella è solo l'ultimo di una lunga serie e non fa altro che confermare una tendenza già nota. Ma oltre al disegno di legge in sé, che in fondo si occupa delle "solite" cose come aggiungere strumenti di controllo sui cittadini che decidono di esprimere liberamente i propri punti di vista, è forse interessante osservare ciò che accade a margine. Il numero crescente di minacce legislative alla rete ha creato una sorta di tolleranza farmacologica, ad ogni giro l'indignazione in rete è minore, ad ogni grido di allarme si moltiplicano, anche fra i pochi utenti di Internet interessati a queste questioni, gli sbadigli e le alzate di spalle. Come sempre poi l'indignazione digitale è un movimento di opinione a costo zero e le sempre più rare proteste diffuse in rete, più o meno organizzate su blog e siti Internet, sono fenomeni destinati a vaporizzarsi alla prima chiamata ad un impegno concreto nella vita reale, una discesa in piazza, una telefonata al proprio parlamentare di riferimento ecc.
Accanto a quelli che odiano Internet in Italia c'è un popolo assai più ampio di cittadini che ignorano Internet. Un italiano su due la ignora perché non sa o non vuol sapere cosa sia, ma fra l'altra metà dei cittadini collegati esiste una grande maggioranza che semplicemente non considera rischi e conseguenze di ciò che sta accadendo. Che semplicemente non è interessata. Come se ne esce? Per quanto mi riguarda non se ne esce se non attaccandosi con le unghie ancora una volta alla transnazionalità della rete, all'Unione Europea e ad altri santi simili. Dipendesse da questo paese reclinato su se stesso Internet non sarebbe nemmeno nata o sarebbe morta in culla, felicemente soffocata da un numero molto ampio di mani differenti. C'è una modesta speranza residua, affidata ai tanti che "non sanno", a quell'italiano su due che, molto in teoria, potrebbe svegliarsi domani, accendere il suo nuovo router ed avere improvvisamente a cuore l'apertura e la libertà di questo strumento di collegamento fra le persone. A questi cittadini sconosciuti erano dedicati i fondi (800 milioni di euro circa) che il sottosegretario alle Comunicazioni Romani aveva promesso sarebbero stati investiti per lo sviluppo della banda larga. Poi, chissà perché, questi soldi sono scomparsi, destinati a più urgenti emergenze. Massimo Mantellini

Il Falso Problema del Signoraggio. Passare la produzione del denaro dai banchieri ai politici al governo non porterebbe alcun vantaggio ...

Il Falso Problema del Signoraggio. Passare la produzione ed il controllo del denaro dai banchieri ai politici al governo non porterebbe ai vantaggi auspicati, rimarrebbe la colossale truffa che è, e che deriva dalla collusione dei due poteri ai danni di chi lavora, una nuova forma di schiavitù che porterà alla catasfrofe.
Di Francesco Carbone

Fonte: http://www.usemlab.com/index.php
Il signoraggio, ossia la differenza tra il valore nominale e il valore intrinseco della moneta (valore di facciata contro costo di produzione) viene incamerato dalla banca centrale (di proprietà privata) e dal sistema bancario (anch'esso privato), a danno del popolo e, per il non sequitur tanto amato dagli statalisti nonché dai signoraggisti che identificano strettamente il popolo con chi lo governa, dello stato.
Per quanto ciò sia in parte vero, per quanto esista in effetti un grave problema legato all'emissione di moneta-debito (anzi che moneta-merce) da parte della banca centrale (quel problema della fiat-money, della moneta creata dal nulla senza alcun corrispettivo reale, da noi sempre affrontato), esso non si risolve con il passaggio della creazione e gestione del denaro dall'ambito privatistico a quello statale.
In altre parole il problema del signoraggio, così come esaminato dai cosiddetti signoraggisti, è un falso problema che niente ha a che fare con la vera questione monetaria, radice dei problemi economici di questi ultimi anni e soprattutto dell'ultimo.
Riportare la creazione di moneta dal nulla dall'ambito privato (o per essere più corretti, dall'ambito parastatale come di fatto è quello della banca centrale monopolista) in seno allo stato, non risolve quindi il problema della questione monetaria da noi discusso, che tanti danni continua a fare nella struttura economica e sociale, bensì ne sposterebbe semplicemente la sede con rischi in potenza maggiori e più gravi di quelli attuali.
Cerchiamo di spiegarne una volta per tutte le ragioni, cosa fatta finora in maniera solo approssimativa nel nostro forum di discussione. Ragioni che oramai dovrebbero essere ben ovvie a chi ha potuto leggere i nostri due libri: Prevedibile e Inevitabile, e Inflazione Malattia Primaria che affrontano in maniera ben chiara la questione monetaria.
Il problema monetario non risiede tanto nel primo beneficiario diretto di un sistema monetario basato sull'emissione di denaro cartaceo, che presenta e offre quindi un ampio margine di signoraggio. I signoraggisti hanno sì ragione su una cosa: trattasi della più colossale truffa a danno del popolo. Peccato che non riescano a capirne bene i motivi, i meccanismi, e le cause economiche.
Vediamo quindi le falle del ragionamento dei signoraggisti partendo dalla loro definizione di debito pubblico dove risiede uno dei più clamorosi errori delle loro argomentazioni:
"E' la somma di tutto il denaro che lo Stato (in generale, le amministrazioni pubbliche) è costretto a chiedere in prestito al mercato per coprire la mancanza di denaro che lo Stato stesso ha accumulato nel tempo per far fronte alle proprie spese, mancanza dovuta all'aver delegato al sistema bancario il potere di emettere moneta".
Sbagliato: la mancanza non è dovuta all'aver delegato il potere di emettere moneta, la mancanza è dovuta al non riuscire a coprire le spese con il denaro prelevato (o meglio estorto) ai cittadini sotto forma di imposte e tasse varie, peraltro in aumento inarrestabile e che ricordiamo essere oramai in questo paese pari a circa il 75% del reddito medio del cittadino italiota (contro un prelievo forzoso di circa l'8%-10% fino a fine XIX secolo quando non esisteva neanche la tassa sul reddito... si legga a proposito For Good and Evil, l'influsso della tassazione sulla storia dell'umanità di Charles Adams, edizione liberilibri, oppure Elogio dell'Evasore Fiscale di Leonardo Facco, Aliberti Editore).
Il fatto che lo stato riesca o possa coprire il buco dovuto a una mala gestione della res publica (peraltro sempre più inutile, invadente, inefficiente, macchinosa, burocratica) grazie a un'ulteriore confisca di valore dovuta al fenomeno inflazionistico (cioè dell'aumento della massa monetaria in circolazione), sia esso generato direttamente dalla banca di proprietà statale (come accadeva una volta o come accade ancora oggi in qualche altro paese), oppure indirettamente grazie all'aiuto di una banca centrale di proprietà privata con privilegio monopolistico di concessione statale (come accade oggigiorno da noi), poco cambia. Sempre di confisca trattasi, da aggiungere a quella ben più chiara di natura fiscale.
Di certo, sotto l'attuale sistema, la copertura del buco tende a redistribuire qualche beneficio ben visibile a favore del sistema bancario privato e della banca centrale (non a caso monopolista! infatti per definizione ogni monopolio STATALE si traduce in un beneficio monetario a favore del monopolista! su questo punto i signoraggisti mettono in risalto una verità autoevidente), piuttosto che cascare per intero nelle casse dello stato, ma poco conta in quanto agli effetti devastanti del fenomeno inflattivo causato dall'attuale sistema bancario moderno basato su banca centrale, denaro di carta o elettronico senza corrispettivo reale, e riserva frazionaria.
La nazionalizzazione della banca centrale, e del sistema bancario da parte dello stato, non risolverebbe pertanto il problema del signoraggio, lo riporterebbe in ambito statale, peraltro senza più alcun controllo effettivo da parte di un agente monopolista tendenzialmente più oculato del gestore statalista, il quale in passato ha dimostrato di saper fare danni ben più gravi e devastanti del primo.
Nel 1962 Ropke ad esempio scriveva (in Economics of the Free Society, Libertarian Press, pag 108): "la peggior malattia che può colpire un sistema monetario è quel tipo di inflazione causata dal deficit del budget di governo."
Storicamente i deficit pubblici hanno causato una serie di aumenti di prezzo catastrofici che in ultima analisi hanno messo a repentaglio la struttura economica e sociale del paese. Motivo per cui nel tentativo di risolvere questo problema anche da noi si è giunti alla situazione attuale di relativa indipendenza tra il gestore della moneta (di fatto pubblica anche se di emissione privata) e il gestore della res publica.
Di certo un vantaggio nel riportare nuovamente la produzione di moneta dal nulla in ambito statale ci sarebbe: la strada verso il fallimento dello stato tornerebbe ad essere sicuramente più chiara, rapida e veloce di quella intrapresa da qualche decade sotto il naso di tutti, senza che più quasi nessuno oggi ne abbia consapevolezza (signoraggisti compresi). In alternativa lo stato dovrebbe abbandonare le proprie politiche espansionistiche sulla vita del cittadino oppure percorrere di corsa la strada verso il socialismo tout court. Dal controllo diretto della moneta al controllo diretto di ogni altra attività privata.
L'abbandono della gestione del denaro oggi "indipendente", infatti, metterebbe a nudo l'impossibilità di gestire il denaro in via centralizzata. Finalmente non si avrebbero più alcune scuse, scusanti, e fumi annebbianti che ricoprono la malagestione delle casse pubbliche e della stessa gestione monetaria.
Gli effetti tornerebbe ad essere come quelli di una volta: diretti e decisamente più immediati. Non ci sarebbe più scampo per arrivare a capire il definitivo fallimento degli stati moderni sotto il peso di un walfare quasi del tutto inutile (che oramai fa cento danni per ogni beneficio sociale che cerca di perseguire) che invece la gestione del denaro indipendente riesce ancora a offuscare.
Cosa non capisce quindi il signoraggista?
Egli identifica erroneamente il problema nel beneficiario privatistico del monopolio di emissione di moneta, e pensa di risolverlo sostituendolo con un beneficiario statale, sempre per il non sequitur che stato = popolo, e che quindi i benefici che ne trarrebbe lo stato sarebbero a tutto vantaggio del popolo, sollevato e rimborsato pertanto dagli effetti malefici della tassa di signoraggio intascata invece al momento dalla banca centrale e quindi dal sistema privatistico delle banche commerciali. Pia illusione. Anche molto ingenua.
Lo stato e soprattutto chi lo governa non è il popolo. I conti del primo e dei primi niente hanno a che fare con i conti individuali di coloro che costituiscono il secondo. I deficit rimarrebbero deficit, l'inflazione rimarrebbe inflazione, l'eccesso di credito generato dal sistema a riserva frazionaria rimarrebbe tale, e la spoliazione di valore continuerebbe ad avere sempre la stessa direzione: dal secondo ai primi.
Il problema della questione monetaria invece sta nel fatto che la moneta è stata sottratta al libero mercato, è stata sottratta agli individui per essere messa in mano a un gestore monopolista. Che esso sia statale parastatale o privato poco importa ai fini pratici. E' innanzitutto il monopolio a rappresentare il problema.
Un monopolio per privilegio che si fonda sul diritto di emissione arbitraria di un numerario utilizzato come moneta che non ha a fronte più alcun corrispettivo reale. E questo è un secondo problema, in quanto nessun gestore è in grado di poter gestire arbitrariamente e centralmente del denaro di carta o elettronico (riproducibile a volontà in quanto senza più alcun corrispettivo reale) nè tantomeno il suo costo (il tasso di interesse) senza prima o poi causare gravi problemi al sistema economico e alla struttura del capitale.
E infine, il terzo e ultimo grave problema che riguarda la questione monetaria è la riserva frazionaria del sistema bancario che permette allo stesso di emettere moneta fiduciaria (anche'essa senza alcun corrispettivo reale) in eccesso rispetto alla base di fondi che costituiscono le riserve reali di capitale del sistema economico.
Anche in questo caso ha poca importanza che le banche siano statali o private. Il danno economico causato dalla riserva frazionaria, in termini del ciclo economico di boom e bust analizzato dagli economisti austriaci, dispiega i suoi effetti alla stessa maniera, sia che esso abbia natura privata che pubblica.
Il problema quindi è mal analizzato e mal posto dai signoraggisti. La soluzione al problema della questione monetaria è riportare il sistema bancario a un gold standard con copertura totale del 100% dei depositi a vista, eliminando del tutto la banca centrale (a questo punto inutile), ovvero il monopolista per privilegio statale, e lasciare che la moneta venga emessa in libera competizione da emittenti privati senza alcuna interferenza statale, al limite quella di garanzia e di certificazione di buon operato dell'emittente (attività peraltro inutile, il mercato risolverebbe il problema da solo).
Solo in tal modo il differenziale del signoraggio si ridurrebbe ai minimi termini, la moneta tornerebbe ad essere di proprietà del popolo, custodita e intermediata dalle banche, i cui profitti nel tempo si riallineerebbero con quelli di qualunque altra attività imprenditoriale. In tal modo i banchieri perderebbero il privilegio, e lo stato la tendenza a ingigantirsi.
Spostare l'attività di emissione sempre per monopolio, dalle banche private a un sistema totalmente pubblico, non eliminerebbe il problema inflazionistico connaturato alla gestione arbitraria del denaro a corso forzoso, e d'altra parte il mantenimento di una riserva frazionale continuerebbe a causare le sempre più rapide e violente oscillazioni di un ciclo economico oramai impazzito, con le conseguenze catastrofiche appena sperimentate nel 2008 e ancora tutte da sperimentare in futuro, con un danno alla popolazione sempre più ingente.
Solo il ritorno a una moneta merce generata dal libero mercato, come l'oro, e l'allontamento completo del governo dalla scena monetaria sarebbero pertanto in grado di risolvere il problema della questione monetaria, di cui il problema del signoraggio cosi come presentato è un clamoroso falso che non identifica le cause, né offre le soluzioni al problema stesso della questione monetaria ben analizzata invece da autori come Rothbard in semplici libretti come Lo Stato Falsario.
Infine una ultima nota. A sentire i signoraggisti sono i banchieri che oggi tramite il controllo della moneta dominano la politica. Ora se esaminiamo la questione ancora una volta prendendone a cuore gli effetti (secondo le loro parole la più grande truffa ai danni del popolo), poco importa che la relazione stia in questi termini, o che un domani siano nuovamente i politici a dominare i banchieri, se l'effetto rimane sempre quello della spoliazione di ricchezza ai danni del popolo.
Di fatto se con la separazione artificiale di stato e banca centrale, in termini di indipendenza uno dall'altro, il banchiere può in effetti avere assunto maggior peso e potere nei confronti del politico, sempre di collusione più o meno equilibrata tra i due soggetti si tratta. E tale deve rimanere.
L'uno infatti non potrebbe prosperare senza l'appoggio dell'altro. Il banchiere centrale ha bisogno del privilegio statale per mantenere il proprio monopolio, e lo stato ha bisogno della banca centrale e del sistema bancario di fiat money su riserva frazionale per potersi espandere a dismisura sotto le pretese delle proprie politiche di walfare, dirette al perseguimento del benessere sociale.
Il fatto di coprire i buchi ai propri bilanci grazie all'indebitamento pubblico, peraltro annaquato costantemente tramite l'inflazione generata dall'amica banca centrale, serve quindi lo scopo di poter ingigantire gradualmente il potere pubblico invadendo di anno in anno la vita privata del cittadino.
Qualora si conciliassero le richieste dei signoraggisti con quelle degli economisti austriaci, riportando cioè la banca centrale in seno statale ma sotto i vincoli in grado di risolvere la questione monetaria, con copertura aurea e 100% di riserva bancaria, non solo la banca centrale di fatto non servirebbe più a niente, e sarebbe un controsenso in un sistema così reimpostato, ma lo stato stesso dovrebbe entro brevissimo tempo risanare il proprio debito tramite un gigantesco ridimensionamento di se stesso e delle proprie politiche redistributive, pena il fallimento immediato. Cosa ovviamente non desiderabile dal potere politico.
La collusione pertanto è necessaria e indispensabile, ed è solo in virtù della stessa, ago della bilancia più o meno a favore di uno o dell'altra fazione, che entrambe stanno riuscendo a ridurre l'uomo a uno schiavo del potere. Che quest'ultimo sia perfettamente bilanciato, o leggermente sbilanciato a favore di quello bancario o di quello statale, poco cambia in quanto ai deteriori effetti della collusione stessa. Senza un bilanciamento, le cose diverrebbero semplicemente più chiare agli occhi del pubblico, che pertanto potrebbe, come detto in apertura, rendersi conto dell'inganno e smascherare il processo di schiavitù in atto molto più velocemente di quanto invece sta avvenendo.
E quindi si va avanti con le fette di salame sugli occhi, e con tanta nebbia intorno. Le vere cause della questione monetaria continuano a venire ignorate se non dagli economisti austriaci, e il mondo ad andare avanti verso una resa dei conti ancora posticipata di qualche mese, anno... chi può saperlo, quello che sappiamo alla luce dei megasalvataggi bancari attuati dagli stati nel corso dell'ultimo anno, è che la collusione ancora una volta si è rinnovata e rafforzata, e i due gruppi di potere scavano sempre più a fondo nelle nostre tasche, mentre tanti, troppi confondono cause con effetti e litigano per la risoluzione di problemi di poco conto che lasciano di fatto le cose invariate e i danni penetrare sempre più a fondo nella struttura sociale ed economica

La discutibile politica di Facebook, la superficialità mediatica, strumentalmente falsificante, in sinergia con l'incompetenza e la stupidità ...

La discutibile politica di Facebook, la superficialità mediatica, strumentalmente falsificante, in sinergia con l'incompetenza e la stupidità della classe politica, producono danni liberticidi e diffamano sempre più il valore socioculturale di Internet
Fonte: Punto Informatico http://www.punto-informatico.it
di M. Mantellini

Cavalcare la moda o l'indifferenza non paga. Non sempre. Anzi, potrebbe rivoltarsi contro gli autori del gesto: Internet occorre capirla, non biasimarla
Roma - L'ultima polemica politica italiana legata all'uso di Facebook, quella che ha visto alcuni esponenti leghisti di primo piano tra i quali il figlio di Umberto Bossi aderire ad una campagna razzista e violenta chiamata "Legittimo torturare i clandestini", è utile per aggiungere un altro tassello alla grande incomprensione che in questo paese continua a circondare la rete Internet.
Facebook in particolare rappresenta oggi l'ambiente principe di rappresentazione di questa schizofrenia e ciò accade per un numero vario di ragioni, la più importante delle quali è quella di essere percepito dalla politica e dalla stampa come il primo luogo realmente "popolare" della rete italiana. I media in particolare hanno da sempre mantenuto un preventivo distacco dalla cose di Internet, identificate come riservate ad un gruppo limitato di persone, e così ha fatto la politica, per anni edotta della necessità di includere le nuove tecnologie di comunicazione nei propri vacui discorsi elettorali: ma poi mai davvero interessata alle dinamiche di Internet e a ciò che accadeva in Rete, proprio in relazione alla marginalità numerica di quel luogo misterioso e complicato.
Oggi Facebook ha forse spezzato un diaframma fra vita reale e "seconda vita", non tanto in relazione all'effettivo suo successo numerico (un successo largamente sovradimensionato, in rapido calo pur se evidentissimo), ma alla sua percezione di piazza variamente frequentata da individui di estrazione, interessi e attitudini molto differenti.
Assistiamo quindi ad un fenomeno di amplificazione curioso, ancora una volta purtroppo mediato dalla pochezza della informazione tecnologica in Italia: i gruppi di "sostegno" alla mafia su Facebook sono di fatto piccole cretinate nate dall'idea di qualche sciocco e sottoscritte dalla noia di qualcun altro, ma, ingigantite dall'hype giornalistico, diventano comunque in grado di smuovere la coscienza di qualche parlamentare capace di superare di slancio ogni propria assoluta incompetenza sulle cose di Internet per dedicarsi a produrre articoli di legge al riguardo.
La somma di differenti sciocchezze ed incompetenza è in grado in questo paese di generare leggi e dibattiti nei quali regolarmente si parte dal nulla e si arriva al nulla, con la sola, non trascurabile appendice di riuscire a farsi ridere dietro in qualsiasi paese normalmente tecnodotato, facendo anche solo balenare l'ipotesi di voler imporre la chiusura di un servizio con milioni di utenti in nome della censura a quattro cretini.
Lo stesso accade in questi giorni con la polemica agostana sui leghisti che sui loro gruppi su Facebook riproducono un volantino satirico che Mauro Biani disegnò 5 anni fa e che evidentemente oggi viene considerato "buono" dagli stessi bersagli di quella satira, il cui slogan è: "Immigrati clandestini. Torturali! È legittima difesa". Prendere le difese della Lega Nord è genericamente difficile, ma attribuire a Renzo Bossi o al parlamentare leghista Cota una qualche responsabilità politica solo per aver sottoscritto su Facebook un gruppo nel quale, in mezzo a mille altre cose, qualcuno ha appiccicato un volantino idiota non è davvero possibile.
Forti del fatto che tanto la maggioranza delle persone non capirà, la stampa (nel caso specifico quella di sinistra ma avviene regolarmente anche il contrario) usa Internet e le sue dinamiche a vantaggio della propria linea editoriale, abiurando al proprio compito minimo di spiegare ai lettori la logica ed i meccanismi delle cose. Questo perché una minima attitudine ad essere mediatori informativi di fatto spegnerebbe sul nascere ogni polemica e cancellerebbe la notizia, senza scatenare lunghe code di commenti e prese di posizione che aiuteranno a vendere il giornale di domani e quello di dopodomani.
Internet esce da queste strumentalizzazioni ridimensionata e con le ossa rotte, e più che il luogo di crescita culturale e informativa che potrebbe essere diventa lo stagno melmoso nel quale andare a pescare frasi, immagini e parole che potranno essere utili al proprio scopo: qualsiasi esso sia.
I cretini giocano con Facebook (che su molte applicazioni sciocchine ha basato la sua fortuna) come hanno sempre fatto con qualsiasi strumento di rete, ma oggi hanno un sostegno in più alla propria cretineria fino a ieri giustamente archiviata nelle parti meno frequentate del Web. Quello di trovare qualcuno che per proprio interesse eleva le loro sciocchezze a discussione buona per tutto il paese.
Che questo qualcuno siano organi di stampa, politici alla ricerca disperata di argomenti da opporre ai propri contendenti o semplici cittadini pronti ad anteporre la propria morale superiore a qualsiasi buonsenso e tolleranza, il risultato finale resta sempre il medesimo: osserviamo la rappresentazione di un paese vacuo, vecchio e senza speranza, dove la prevalenza del cretino genera spesso e volentieri l'agenda informativa e quella politica, avendo come effetto collaterale quello di deprimere per quanto possibile le nostre opzioni di crescita legate alla tecnologia.
Massimo Mantellini

Buone vacanze, reali o immaginarie


Spero che ognuno di voi, se non materialmente almeno virtualmente, possa riposare in luoghi di ristoro e rigenerazione, come quello sopra fotografato, se non realmente almeno con la propria potente immaginazione, ognuno di noi può staccare ed esplorare luoghi fantastici nei quali ritemprarsi, magari con l'ausilio di un buon libro o rivista.
Claudio Martinotti

Sagre vere e fasulle: sforziamoci di distinguere il ciarpame dalle proposte autentiche che promuovono i prodotti legati alla tradizione del territorio

Troppe sagre estive, l'Ascom chiede il rispetto delle regole. Spesso le sagre hanno motivazioni improbabili e si trasformano in ristoranti all’aperto …

Di Claudio Martinotti

La sagra di paese dovrebbe essere un modo per favorire la socialità tra gli stessi abitanti ed i loro ospiti, per condividere cibo locale e genuino con ricette tipiche e tradizionali, per valorizzare qualche prodotto caratteristico, per attualizzare (evolvendole) tradizioni vere e riscoperte, per far fare esperienza ai volontari delle Pro Loco, ecc., nel suo complesso quindi dovrebbe essere un'esperienza positiva di arricchimento per tutti coloro che vi partecipano, e vi sono ancora molti luoghi in cui ciò avviene. Ma generalmente quanto ho scritto come premessa non si riscontra affatto, le cose semmai stanno come descritto nei due articoli che vi allego e che letti insieme danno un quadro desolante ma preciso della situazione, con riferimento alla provincia di Alessandria, ma credo sia estendibile ad altre. Occorre cioè distinguere dalle iniziative e proposte che provengono dal cuore e sono fatte con amore, nelle quali una piccola comunità locale si apre e si manifesta nei suoi valori e simbolismi, da quelle pretestuose organizzate con fini puramente speculativi, di business, senza alcuna cultura e rispetto, solo per attirare gente e far cassa.

Gli articoli allegati si limitano alle sagre ma si potrebbero citare anche le ormai molteplici e divenute quasi insopportabili "rievocazioni" pseudostoriche, spesso correlate e complementari alle sagre, dove patetici figuranti pretenderebbero di riproporre scene di vita e di guerra di epoche storiche medievali … ovviamente non si deve generalizzare e ci sono anche gruppi seri e molto competenti, ma ormai la situazione è inflazionata e l'unica difesa rischia di divenire l'astinenza, non partecipare ed attendere che queste mode effimere passino e rimangano "sul mercato" solo le proposte serie. Come per i Templari, io sono 35 anni che li studio, e francamente non ne posso più di leggere che in ogni luogo della penisola c'è qualcosa che li riguarda, dall'agriturismo che propone l'escursione lungo il "sentiero dei Templari" alla terme et simila dove parrebbe che già nel medioevo gestissero una Beauty Farm (d'accordo che erano precursori in tanti settori …), come se tutti gli operatori turistici fossero divenuti esperti della Storia Templare e conoscessero perfettamente i loro insediamenti locali, le loro attività e comportamenti … In conclusione, se si vuole promuovere il proprio territorio alla base deve esserci l'amore ed il rispetto (amore per la propria terra e rispetto per i fruitori) come fondamento di qualsiasi proposta, a partire dall'idea fino alla sua realizzazione ed al prezzo che si esige ai partecipanti. Con questo filtro la stragrande maggioranza di quanto si riscontra in giro sparirebbe …

Sagre vere e fasulle: eppur si muove?
Fonte: Corriere di Alessandria e Provincia http://www.corriereal.it
di Maurizio Fava (nella foto)

Alessandria – Mi piace pensare che l’amico Luigi Boano, presidente della potente Ascom di Alessandria, che oggi lamenta la concorrenza sleale e dequalificante delle sagre al commercio, abbia in passato letto i miei reiterati appelli, che pubblico regolarmente da anni e che da anni sono rimasti lettera morta, sul problema della proliferazione immotivata delle sagre paesane e dei danni oggettivi che queste comportano alla ristorazione professionale e alla stessa qualità della promozione del territorio.
L’ultimo di questi appelli, proprio su queste pagine di CorriereAL, era del 20 luglio u.s., a commento di un post del Direttore: “(…) tira da tempo un aria davvero grama, per i ristoratori. I motivi sono vari, dalle norme anti-vino dei neoproibizionisti (No, YOU can’t!) alla crisi drammatica dei bilanci personali (bastasse sorridere ed essere ottimisti, per pagare bollette, mutui, fatture e conti al ristorante!) alla concorrenza sleale, almeno qui da noi, di centinaia di “sagre” che di fatto azzerano il lavoro professionale per tre mesi e più, con un “dumping” qualitativo, fiscale, sanitario davvero demenziale (ma chi accetterebbe di mangiare in un ristorante cibo mediocre, in piatti di carta, bevendo gli scarti di cantina in bicchieri di plastica, divorato dalle zanzare, in coda per ore litigando per un posto-panca, servito da ragazzini al limite dello sfruttamento minorile, con bagni di fortuna e rumore assordante di sottofondo e pagando 10 euro un piatto di ravioli o 12 euro quattro anelli di calamaro surgelato?) I costi per un ristorante serio, sia esso una “osteria” nella tipologia nobilitata da Slow Food oppure una “stella” della Michelin, ci sono, sono alti e sono fissi a tempo indeterminato. Il personale, di difficile reperimento, deve essere qualificato, assunto, controllato da ispettorato del lavoro e asl. I locali a norma, controllati da asl e nas, come le preparazioni. Le ore di lavoro del ristoratore, se fossero pagate a contratto da lavapiatti, sforerebbero ogni studio di settore. Bicchieri e stoviglie, tovaglie e fiori, aria condizionata e riscaldamento, pulizie, amministrazione, commercialista e personale devono essere pagati, sia che il locale sia pieno o vuoto, tutti i mesi tutto l’anno. Le materie prime per la cucina si acquistano pagando, tutti i giorni si fa la spesa e se il cliente non è entrato in sala son soldi solo in uscita… Ho descritto la realtà di molti seri ristoratori, anche delle nostre zone. Ovviamente ci sono anche i furbi, quelli “tutto fumo e niente arrosto”, che lavorano male e che non fanno ricevuta. Ma quelli, che rientrano nella classificazione dei “furbi italici”, a me personalmente non interessano, anche se spesso in questo mondo che considera l’astuta disonestà un merito e l’intelligente onestà un difetto i loro locali, quelli si, sono affollati di ammiratori.”
Ribadisco ancora una volta la mia opinione: ben vengano le sagre storicamente radicate, quelle che una volta all’anno riuniscono il paese e i suoi ospiti attorno ai piatti e ai prodotti tipici veri della zona: queste sono importanti momenti di socialità e cultura del territorio, e gli incassi servono di solito interessi meritevoli. Molto meno bene le “sagre a scopo di lucro” dove nessuno controlla gli incassi, che vanno spesso dispersi (a favore di chi?) e neppure la qualità, dove il cibo è banale o addirittura cattivo, le motivazioni fasulle (ricordo una “tradizionale sagra dello struzzo” dove l’aggettivo era per lo meno forzato), la parola “territorio” viene profanata alla bisogna.
Non invoco repressioni di nessun genere, penso che ASL, NAS, Repressione Frodi stiano svolgendo con diligenza il loro compito, ma chiedo alle Pubbliche Amministrazioni di prendere opportuna distanza dal ciarpame, dando appoggio solo ed esclusivamente alle iniziative autentiche, quelle che fanno vera promozione dei prodotti e della zona, quelle che portano veri turisti e li fanno andar via contenti e arricchiti dall’esperienza. Inviterei anche i consumatori ad essere un po’ più selettivi e coerenti verso ciò che mangiano e bevono, pretendendo rispetto per se stessi e per il loro portafoglio almeno in pari misura sia che vadano alla sagra sia che si siedano al ristorante.
Chiudo con un invito proprio a Boano, che negli esempi che cita come “sbagliati” indica il pesto come piatto non tradizionale della nostra provincia: caro Luigi, esci qualche volta dalle piane mandrogne e scendi nel novese, dove il pesto è tradizionale, eccome. Novi Ligure, e tutto l’Oltregiogo compreso Voltaggio (che fa la Sagra del Pesto) sono a pieno titolo radicati nella tradizione genovese, belìn se lo sono!

Sagre estive, Ascom chiede il rispetto delle regole
Fonte: Corriere di Alessandria e Provincia http://www.corriereal.it

Alessandria – L’Ascom ha “fatto i conti in tasca” a Pro Loco ed associazioni di volontariato che ogni estate organizzano sagre per tutti i gusti nei paesi del territorio. Da quelle degli gnocchi a quelle del pesce fritto, tra giugno e settembre non c’è paese che non abbia la sua sagra. Un giro d’affari da oltre 2 milioni di euro. L’associazione dei commercianti chiede però, anche per le feste all’aperto, il rispetto delle regole.
Il Centro Studi dell’Associazione Commercianti della provincia di Alessandria ha infatti analizzato il “fenomeno sagre”, partendo dallo studio dei “numeri” registrati negli ultimi week-end. Nell’ultimo week-end si sono svolte 10 sagre (Fosseto, Fubine, Gavazzana, Pavone, Sale, Abazia, Francavilla, Quargnento, Castelspina, Bergamasco). Il costo medio per una cena completa in queste sagre è stato di 14 €; il numero medio di coperti registrato è stato di 600 a sera, per una durata media di 3 serate a sagra.
Partendo da questi dati e analizzando l’andamento dell’intera stagione estiva, si arriva a determinare un incasso medio per serata pari a € 8.400, il che significa che ogni sagra produce un volume d’affari di 25.200 €.
Consideriamo poi (per difetto) che la stagione estiva, tradizionalmente dedicata alle sagre, dura almeno 10 week-end (cioè quelli di fine giugno, di luglio ed agosto, escludendo dunque la fine di maggio, la prima metà di giugno e tutto settembre). Con questi dati a disposizione è facile calcolare il volume d’affari stagionale delle sagre: 2 milioni e 520mila euro.
“Numeri – commenta il Presidente Ascom Provinciale Luigi Boano – che non possono essere ignorati: iniziano ad essere importanti, muovendo interessi di una rilevanza notevole”.
“Ben vengano le sagre – prosegue Boano – purché esse siano autentiche, volte cioè alla promozione vera di prodotti legati alla tradizione del territorio. Che esse siano, insomma, momenti di promozione e animazione che partano e si ispirino alle tradizioni storico-culturali ed enogastronomiche dei luoghi dove si svolgono. Il problema, invece, è che spesso se ne vedono di estremamente curiose, come la sagra del pesto, della frittura di pesce o del bufalo, tanto per citarne alcune. E, sinceramente, non si capisce quale legame abbiano col territorio”. Sagre e feste, insomma, possono e devono svolgere una funzione strategica e vitale per la promozione del territorio e delle sue eccellenze, purché questa sia il vero scopo che le anima. “Il problema – afferma il Presidente Ascom – è che sempre più spesso le sagre si trasformano in ristoranti all’aperto, che però non hanno l’obbligo di sottostare alle pesanti e severe norme che devono rispettare i ristoratori tradizionali, soprattutto dal punto di vista fiscale e amministrativo. In questo caso, dunque, si corre fortemente il rischio di scivolare in fenomeni di concorrenza sleale che, visto il giro d’affari prodotto dalle sagre, non possono essere ignorati. Altrimenti poi non ci si deve stupire se i ristoratori faticano oltremodo a far quadrare i loro conti: è chiaro, infatti, che queste difficoltà vengono amplificate se si concede ad altri la possibilità di fare sostanzialmente lo stesso lavoro ma a condizioni molto più vantaggiose”. “Ci piacerebbe – conclude il Presidente della Confcommercio Provinciale Luigi Boano – che di sagre ce ne fossero 10 in un’intera stagione e non 10 a week-end, ma che queste fossero autentiche e uniche, con una capacità di richiamo che vada oltre i confini del territorio, per perseguire quegli obiettivi di promozione e valorizzazione che dovrebbero ispirarle”