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"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

L’Italia delle Autonomie Locali e del Localismo.

L'Italia non è mai stata una nazione. Ipotesi per una sua radicale riforma.

Proposte per infondere fiducia e prospettive localistiche migliorative della qualità di vita, in una società decadente ed ormai esasperata.

di Claudio Martinotti

Quanto mi accingo a scrivere non ha alcuna pretesa di scientificità ed esaustività, vuol solo essere un approccio a queste tematiche, a scopo propedeutico, per suscitare qualche riflessione e col tempo poter pervenire ad una proposta organica multidisciplinare e con la più ampia partecipazione possibile. Mi scuso fin d'ora per la riduttività dei concetti, inevitabilmente sintetici per ovvi motivi di spazio, e per aver ricorso ad un linguaggio almeno parzialmente rinnovato, forse anche con qualche neologismo di facile interpretazione. Volutamente ho rifiutato il ricorso ad ormai logori termini formali ed accademici, giuridico istituzionali, perché la mia vuol essere occasione per stimolare interesse e curiosità, intuizioni e riflessioni autonome ed individuali, per avviare un dibattito che renda le persone partecipi ai processi politici (almeno a livello localistico) e non più indifferenti, schifate e con moti di repulsione e di chiusura nel proprio individualismo rinunciatario ...
L’Italia pur essendo di piccole dimensioni rispetto a molti altri stati, è a tutti gli effetti un “microcontinente”, non solo per la morfologia del Suo territorio che è ricchissimo di ecosistemi, possedendo la maggior biodiversità d’Europa (oltre al maggior patrimonio culturale mondiale ed oltre mille aree protette, ideali per il turismo naturalistico), ma per la diversificazione delle sue genti e la moltitudine delle sue minoranze etniche, culturali e linguistiche.
La nostra penisola è caratterizzata da centinaia di borghi antichi ancora ben conservati nei loro centri storici medievali, che rendono il nostro paese una potenziale ed esclusiva destinazione per un turismo storico culturale di qualità e di nicchia. Elementi che da soli basterebbero per rendere il turismo nel nostro paese la prima fonte di reddito, mentre siamo ormai relegati al decimo posto mondiale come meta del turismo internazionale.
Quando si costituì l’Unità d’Italia si parlavano una miriade di lingue e dialetti e vi erano costumi sociali talmente diversi che le varie popolazioni neanche si capivano tra di loro. Ad una simile situazione di eterogeneità di solito si rimedia politicamente con un forte statalismo accentratore. E' nota infatti l’aneddotica attribuita a Massimo d’Azeglio che "fatta l’Italia poi si dovevano fare gli italiani!" Solo che nessuno ci è mai riuscito. L’Italia come nazione non è mai esistita se non sulla carta, a livello fittizio, burocratico e geografico.
Fin dai suoi primordi unitari, ed ancora più nel 1876 con la vittoria della sinistra (che attenuò il "senso dello stato" e ne accentuò la privatizzazione ed il business a favore di pochi sfruttatori elitari, contrariamente a quanto si crede ...), si favorì e si accolse nel governo elitario, composto da nobili, notabili e professionisti (soprattutto avvocati), ogni caratteristica localistica negativa presente nella penisola: dal particolarismo al clientelismo, dal campanilismo al trasformismo, dal parassitismo al latifondismo, ecc., in una sequela di "ismo" che furono poi successivamente codificati in una gigantesca burocrazia in espansione progressiva e di connotazione kafkiana, colonizzata perlopiù dalle baronie meridionali.
Quindi siamo partiti male e siamo approdati ancora peggio dopo il ventennio fascista, con una disfatta ed una distruzione della penisola senza precedenti, cui seguì un referendum istituzionale falsato nei risultati a favore della repubblica (voluta dagli “Alleati” vincitori della guerra, in particolare dagli USA), che solo la saggezza e responsabilità del Re Umberto II evitò potesse sfociare in un'ulteriore guerra civile, per cui preferì autoesiliarsi in Portogallo piuttosto che provocare altre sofferenze alla popolazione. Sicuramente, se Umberto II non si fosse autoesiliato in Portogallo, si sarebbe scatenata una ulteriore guerra civile ed il paese si sarebbe probabilmente spaccato in due, essendo all'epoca il meridione prevalentemente monarchico.
Quando nel ’43 si ventilava l’ipotesi che persa la guerra gli alleati avrebbero imposto la repubblica cacciando il Re, Vittorio Emanuele III che non era lo stupido e pavido che la storiografia successivamente designò come stereotipo, disse che la repubblica sarebbe stata la rovina dell’Italia, perché gli italiani erano troppo individualisti, immaturi ed irresponsabili per poter gestire il bene comune, che ognuno avrebbe fatto per se’, per i propri interessi, la corruzione avrebbe dilagato e portato il paese alla rovina … Qualcuno lo può forse smentire?
Quindi sintetizzando riduttivamente ma realisticamente, da una prima fase in cui si veniva cooptati al potere se in possesso di determinate caratteristiche elitarie comuni (grandi elettori, controllo dei pochi voti necessari ad essere eletti, ne bastavano anche solo poche centinaia), successivamente alle varie riforme elettorali tendenti ad allargare il suffragio, si passò poi alla costituzione di partiti che necessitavano del consenso per poter aver successo politico, e quindi si ricorse al voto di scambio, clientelare e pregiudiziale. Mai nella storia dello stato italiano si manifestò una democrazia minimamente matura e responsabile. Occorre sempre tenere conto che la popolazione era quasi interamente analfabeta ed ancora oggi lo è prevalentemente anche se si definisce "di ritorno", perché non avvezza a leggere, studiare, analizzare, documentarsi, ecc., quindi priva di strumenti culturali per poter valutare le proposte politiche e demistificare le menzogne, divenute abituali con poche varianti ed eccezioni, sostenute ormai da una propaganda spregiudicata ed invadente, con la complicità mediatica e con una qualità dei programmi televisivi talmente scadente da provocare atrofie neurologiche in chi guarda la TV passivamente ed abitualmente. Non a caso le ultime ricerche sociologiche indicano in circa l''80% la popolazione italiana ormai priva di strumenti culturali ed autonomia di giudizio e di elaborazione del pensiero, in quanto disabituata a leggere libri e riviste impegnative e incapace di comprendere ed analizzare concetti articolati e profondi ...
La situazione socio-politica che stiamo vivendo è molto particolare, come opinione pubblica e società civile (almeno di quel 20% di popolazione ancora in grado di pensare autonomamente), siamo ormai pervenuti ad un punto di saturazione, l'esasperazione verso l'indegno modo di far politica in Italia (partitocrazia clientelare ed oligarchia pseudodemocratica) ha raggiunto ormai livelli intollerabili, e sfocerà inevitabilmente in conflitti sociali non negoziabili, incrementerà l'individualismo e l'immoralità, ed aumenterà l'ingovernabilità del Paese, i cui segnali precursori sono evidenti da tempo.  Coloro che ancora reggono il gioco ad una tale classe politica (la cosiddetta "casta", personaggi totalmente inadeguati alle responsabilità assunte nei confronti della collettività) è perché hanno interessi diretti o indiretti a sostenerla, in qualche modo si sono prostituiti e prostrati ad essa, tutti gli altri, in particolare le persone oneste, sono solamente penalizzata e scandalizzate, e si vergognano sempre più di essere italiani, mentre dovremmo esserne fieri, se non fosse per la pessima classe politica che ci governa indecentemente da troppo tempo.
La partitocrazia parassitaria, in questi decenni ha occupato tutti i gangli del potere politico ed economico della penisola, arrecando danni incalcolabili per la loro insipienza e protervia (superiori a quelli arrecati dalle cinque grandi organizzazioni criminali presenti ed operanti nel nostro Paese, che già lo rende un caso unico al mondo), ed ovviamente non ha alcuna intenzione di rinnovarsi adeguandosi alle istanze provenienti dalla società civile, perché significherebbe ridurre i propri privilegi e rinunciare al potere. Sarebbe come se un ladro rinunciasse spontaneamente al suo bottino ... inoltre una prolungata impunità l'ha inebriata, inculcandole in profondità una sorta di delirio di onnipotenza che impedisce di percepire la realtà vera, e quindi fino alla fine, gli attuali politici di professione e coloro che si sono prostituiti al loro servizio, non si renderanno conto dei fenomeni e sommovimenti in corso che faranno implodere l'attuale sistema politico, e non si renderanno conto di essere morti (politicamente) finché non saranno chiusi nelle bare, sigillati e posti nei sepolcri (sul fatto che occorra anche conficcare un paletto di frassino nel petto, sto ancora pensandoci ...).
La partitocrazia parassitaria o casta è pertanto destinata col tempo ad implodere, collassare. Noi abbiamo il dovere morale di studiare il modo di accelerare i tempi.
Tramite lo studio della Storia, soprattutto localistica e denominata a mio avviso impropriamente “minore”, dovremmo cercare di cogliere qualche aspetto che possa essere di utilità, qualche elemento, condizione e spunto che possa essere rielaborato ed adattato come soluzione alla deprecabile e degradata situazione odierna.
Partiamo dalla consapevolezza che dobbiamo soprattutto rendere merito al fenomeno storico medievale dei "comuni e delle signorie cittadine", ed alla loro evoluzione storica e grandezza acquisita, se col tempo il nostro paese è divenuto nei secoli così apprezzato per la sua ricchezza culturale. E non certo alle grandi dinastie o ai grandi stati, che si sono perlopiù dedicati alla guerra di espansione, all'arricchimento smisurato, alle vessazioni fiscali, alla soppressione delle libertà, ecc., salvo eccezioni, fino ai tempi recenti nei quali si sono dedicati anche alla distruzione delle risorse ambientali ed alla omogeneizzazione dei costumi sociali e culturali, disperdendo tradizioni ed identità comunitarie, pervenendo persino a denigrarle e deriderle, sostituendole con iniziative autoreferenziali ed autocelebrative elitarie, spesso intrise di clientelismo e scandaloso spreco di denaro pubblico.

Nel medioevo la nostra penisola era divisa in talmente tanti staterelli che è impossibile per qualsiasi storico ricordarli tutti a memoria, ma molti di loro permasero a lungo, per molti secoli, e questo non può essere un fenomeno imputabile solo al caso, ma soprattutto alle forti identità comunitarie ed omogeneità territoriali  … cito l’esempio che meglio conosco e studio da tempo: il Marchesato di Monferrato (che perdurò per oltre sette secoli e mezzo, vedi cartina sopra riprodotta, inerente la sua area di influenza), che sul finire del XIII° secolo aveva anche raggiunto dimensioni ragguardevoli fino a occupare i tre quarti del Piemonte (che allora non esisteva, essendo definita tutta l'area del nord ovest come Lombardia) ed un bel pezzo dell'attuale Lombardia, era talmente diviso internamente che i Marchesi Aleramici, titolari dello stato dovevano muoversi in continuazione da un feudo all’altro (la cosiddetta "corte itinerante") per garantirsi la fedeltà di ogni signorotto locale. Fate conto che ogni borgo (e da noi ce ne sono un’infinità …) aveva un signore che in pratica faceva quello che voleva ed era una banderuola come alleanze e comportamenti politici … finché non sono arrivati nel 1306 i Paleologi di Bisanzio a governare, divenendo quindi i Paleologi Marchesi di Monferrato, ed allora hanno iniziato a fare sul serio, avendo l’esperienza dell’Impero Romano d’Oriente. Ma l'aspetto assolutamente interessante ed assai curioso è che non si sono affatto imposti, ma sono venuti a governare il Monferrato in seguito alla decisione intrapresa da quello che è passato alla Storia locale come il primo Parlamento del Monferrato avvenuto nel 1305, al quale parteciparono tutte le rappresentanze del territorio, dai nobili ai delegati delle comunità, che rifiutando le ingerenze espansionistiche del Marchesato di Saluzzo e dei suoi alleati Savoia, Acaia, Angioini oltre al potente comune di Asti, decisero di inviare cinque ambasciatori a Costantinopoli per chiedere alla Basilissa Iolanda (o Irene), sorella dell'ultimo Marchese Aleramico (rimasto senza eredi), di inviare suo figlio Teodoro principe di Bisanzio a governare il Monferrato come legittimo successore, giurandogli fedeltà.
Quindi anche nel medioevo c'erano spazi di libertà e di autonomia (non solo sfociata nel fenomeno tipicamente italico dei comuni), pur essendo le guerre e la prepotenza degli eserciti, condizione normale in cui versava la nostra penisola, a causa soprattutto delle ingerenze e degli appoggi delle grandi potenze straniere, che da sempre ambivano a possedere porzioni di territorio italico, sia per la sua ricchezza materiale (prodotta dall'abilità dei suoi abitanti), la fertilità delle sue terre, per le sue bellezze naturalistiche, per la sua posizione strategica.
Il medioevo finì e si transitò nel Rinascimento, come si è convenuto storicamente con la scoperta ufficiale dell'America nel 1492, ed a quell'epoca la penisola era suddivisa in decine di Marchesati, Ducati, Principati, Repubbliche e Regni (perlopiù dominati da dinastie straniere), alcuni autonomi oppure stati “cuscinetto”.
Alcuni di questi territori rimasero più o meno integri ed autonomi fino alle conquiste napoleoniche ed anche oltre, fino all'Unità d'Italia. Permasero per secoli cambiando solo le dinastie regnanti, ma rimanendo forti nelle loro identità storico culturali, come dimostrano ancor oggi frequenti progetti di promozione turistica da parte di agenzie turistiche specializzate locali (anche di livello regionale o nazionale), che si fondano sul richiamo storico-culturale e simbolico di queste lande e regni preunitari per attirare i turisti (soprattutto ricorrendo alle rievocazioni storiche e valorizzazioni di eventi epici), che senza una partecipazione attiva e condivisa della popolazione locale, rimarrebbero progetti effimeri, lettera morta, fallimentari. Se invece alle vestigia storiche si unisce la fierezza di appartenenza a quelle terre ed un minimo di conoscenza e consapevolezza storica, unitamente al calore umano ed alla cultura dell'accoglienza, ecco che allora le possibilità di successo si ampliano e si consolidano.
Quindi si dovrebbe riprendere come modello di riferimento politico istituzionale la dimensione e possibilmente la storia identitaria dei molteplici stati preunitari. Del resto anche se si guarda oltre confine, sono sempre gli stati di modeste dimensioni quelli dove la qualità della vita a livello di servizi sociali e di democrazia applicata è la migliore. Personalmente posso citare i casi della Costa Rica, che avendo rinunciato alle Forze Armate ha puntato principalmente sull'istruzione e la sanità, e successivamente sulla protezione dell'ambiente, raggiungendo il 30% di aree protette e facendo dell'ecoturismo la prima voce di reddito per la popolazione, o il caso della Slovenia, considerata la Svizzera dei Balcani, riuscita ad evitare la guerra dei Balcani del decennio scorso, ricoperta da una folta foresta promuove anch'essa un turismo di qualità che si fonda soprattutto sull'ambiente incontaminato, e per ultimo il Montenegro, stato recentemente divenuto autonomo, ma già da anni improntato anch'esso all'ecologia ed al turismo, con paesaggi da sogno, anche se purtroppo l'impegno ecologico rimane perlopiù teorico. A livello demografico andiamo dai 3,5 milioni di abitanti della Costa Rica, ai poco più di due della Slovenia allo 0,7 milioni del Montenegro, con superfici simili ad una nostra regione o al massimo ad un paio, giuste dimensioni per potersi rapportare politicamente, partecipando attivamente alla sua evoluzione.
Sono infatti tutti quanti stati ad elevata socializzazione, in particolare la Costa Rica, dove il calore umano si percepisce in maniera palpabile ed indelebile. In molti invece, citano come alternativa da imitare, gli esempi di stati di modestissime dimensioni, come San Marino o il Principato di Monaco, ma non fanno testo per le mie proposte, perché la loro ricchezza si fonda su altri fattori, non sempre e facilmente riproducibili,  e le loro dimensioni sono troppo modeste per essere prese a modello di riferimento da riproporre con credibilità anche in altri contesti.


L'Italia nel 1300 circa, come si evince era divisa in una miriade di poteri locali.

Personalmente come modello di riferimento (anche se ultimamente è leggermente scaduto, forse perché lentamente contaminato dalla vicina Italia e dalla crisi finanziaria internazionale in corso…) ricorro spesso alla Svizzera. In Svizzera hanno solo sette ministri (loro li chiamano Consiglieri) di cui uno a turno annuale fa il presidente, e le donne sono spesso pari o addirittura superiori come numero agli uomini. Quando un ministro non è gradito glielo dicono senza mezzi termini, lo sfiduciano e lo sostituiscono in tempi brevi. Lo stesso avviene per qualsiasi alta carica dello stato e delle istituzioni confederate, al minimo sgarro o scandalo (che da noi farebbe sorridere) o danno le dimissioni o sono sfiduciati … il senso dello Stato è al primo posto dei sentimenti di tutti i politici, ed anche quando fanno qualcosa che non è gradito agli elettori, i cittadini indicono un referendum, che a differenza che in Italia, sono frequenti ed hanno potere decisionale, nel senso che determinano le scelte politiche e sono immediatamente efficaci … mentre in Italia sono divenuti delle burle cui non crede più nessuno, perché la classe politica (casta - partitocrazia) temendoli, ne ha inficiato la credibilità in tutti i modi, abusando della tolleranza e dell'ignoranza degli italiani. Tolleranza di quel quinto della popolazione, che in base alle ricerche sociali risulta essere il più colto ed informato, ed ignoranza dei quattro quinti, che sempre in seguito alle recenti ricerche sociali risulta essere semianalfabeta (o analfabetismo di ritorno), pare non leggano mai nulla di minimamente impegnativo (meno che mai i libri) e pare attingano solo dalla televisione le loro informazioni e nozioni, per cui si comprende la degenerazione a cui siamo pervenuti con processi di delega non solo politica ma anche della facoltà analitica e di pensare, e si capisce il perché i politici italiani siano i peggiori del mondo occidentale ed industriale, privi del senso del pudore, della misura, della dignità, ecc. ...
Quindi il modello di riferimento a livello macro politico per me rimane la Svizzera, cioè uno stato confederato basato sulla democrazia diretta (come lo fu Atene nel V° secolo A.C.), suddiviso in Cantoni che mantengono un'ampia sovranità, delegando al governo federale solo alcune funzioni. Governo per altro composto da poche persone e tenute sotto stretta osservazione dagli elettori e applicando tra di loro la rotazione dell'incarico di Presidente. 
Il modello cui auspico, dovrebbe disporre di un istituto referendario fortemente potenziato ed agevolato, anche con il ricorso alla tecnologia, purché certificata ed autenticata, scevra da rischi di manipolazione. In una struttura del genere la PARTITOCRAZIA è destinata a scomparire non avendo più alcuno spazio di manovra, perché prevarranno le istanze della società civile per il tramite soprattutto di liste civiche, movimenti ed associazioni, che sceglieranno i rappresentanti dei comuni e dei Cantoni. Le poltrone saranno ridotte ai minimi termini come pure i privilegi e le rendite da posizione (che in pratica scompariranno), le retribuzioni subiranno un drastico ridimensionamento.
In Italia attualmente sappiamo tutti come sia degenerata la suddivisione politica delle competenze e dei poteri, frutto perlopiù di una politica clientelare e spartitoria, accentuata negli ultimi decenni a causa del predominio della PARTITOCRAZIA, che ha moltiplicato gli enti pubblici, locali e territoriali, monopolistici ed oligopolistici, per distribuire poltrone e prebende ad una moltitudine di personaggi al servizio dei partiti, perlopiù incapaci ed incompetenti, prodighi nel fare danni e nell'abusare del potere loro concesso, creando complessivamente una situazione paradossale, parassitaria parossistica, gravemente discriminatoria e sperequativa, che non ha precedenti ed eguali nella storia d'Italia e del mondo.
Solo in rarissimi casi qualche provincia o regione corrisponde per grandi linee a quanto sussisteva storicamente e culturalmente come identità omogenea sociopolitica (vedasi ad esempio la Toscana corrispondente al precedente Granducato di nascita rinascimentale ed origine mediceo fiorentina e di alcune regioni e province a statuto autonomo), nella maggioranza dei casi sono frutto di suddivisioni politiche decise a tavolino per accontentare qualche potente politico, in posizione di forza impositiva, per favorire feudi elettorali ed interessi economici particolari e partitocratici. La somma di tutti queste azioni, prive di substrato storico culturale e sociale, hanno portato ad una situazione di ingovernabilità diffusa e sempre più grave, ad una grave disaffezione ed un profondo distacco tra la cittadinanza e la politica.
Occorre pertanto elaborare una riforma radicale della politica territoriale, eliminando tutti gli attuali enti locali, regioni, province (divenute addirittura 110 di cui 3 in fase di attuazione, alcune totalmente prive di senso e già conflittuali prima ancora di essere avviate, come Barletta- Andria- Trani) , comunità montane e collinari, ecc., ormai considerati dalla popolazione dei "poltronifici" dove sono state collocate perlopiù indegnamente centinaia di migliaia di professionisti della politica e suoi parassiti asserviti (tra cui molti consulenti), veri e propri “cortigiani”, e sostituirli con aggregazioni territoriali liberamente concepite dalle popolazioni stesse (tramite consultazioni e pattuizioni ed elaborazione di statuti) sulle orme degli stati preunitari, che potrebbero assumere la connotazione di Cantoni, come in Svizzera, dotati di ampia autonomia, per sfociare appunto in una Confederazione. Si tratterebbe pertanto di una forma ripropositiva attualizzata degli stati preunitari, in chiave moderna e con tutti gli adattamenti del caso, che non sarà affatto calata dall'alto e studiata a tavolino (come hanno sempre fatto politici e burocrati) ma elaborata dalla società civile, in maniera condivisa e partecipata e con il ricorso all'istituto referendario per confermare le scelte effettuate.
A livello territoriale localistico, che potremmo definire "cellulare" o di micropolitica, dovrebbero rimanere solo i comuni, ma con requisiti minimi, soprattutto demografici, con una soglia minima ad esempio di 10 mila abitanti, per cui si dovrebbero aggregare liberamente per pervenire a queste dimensioni funzionali. I comuni attualmente più piccoli, o anche le frazioni di grandi dimensioni (nella penisola ce ne sono oltre 60 mila, alcune sono molto più grandi di comuni esistenti) avranno diritto ad eleggere un proprio rappresentante, che sarà delegato con pieni poteri ad agire per l'interesse della comunità di provenienza, presso il nuovo comune costituito (di dimensioni appunto superiori ai 10 mila abitanti).
In pratica ogni delegato di una piccola comunità (borgo), che quindi non sarà affatto soppressa, diverrà consigliere nel comune di più grandi dimensioni e responsabile della gestione del proprio borgo e comunità ed avrà diritto solo a rimborsi spese ed un minimo di assegnazione logistica ed operativa idonea alle sue funzioni.
Solo i comuni così costituiti avranno una Giunta esecutiva, i cui membri avranno diritto ad una indennità di ruolo, tutte le altre saranno sciolte, e così saranno eliminati quasi tutti gli attuali ruoli di potere parassitario gestiti dalla PARTITOCRAZIA. I Comuni così costituiti a loro volta delegheranno un rappresentante in seno al Cantone, in base ai criteri statutari che saranno determinati liberamente. I partiti che hanno dato corpo all'abominevole PARTITOCRAZIA saranno così privati della loro linfa vitale e la società civile tornerà ad essere protagonista della politica attiva, riappropriandosi della sua libertà. Le società a partecipazione pubblica dovranno essere gestite da manager provenienti dal mercato o dalla società civile, per meriti competenze e qualifiche, e mai dai partiti.
Che vi siano già da tempo in corso istanze di maggiore libertà ed autonomia nella nostra penisola, è un fenomeno evidente a chiunque anche solo affrettatamente faccia una ricerca in internet, dove compariranno decine e decine di gruppi, associazioni, movimenti, ecc. che si rifanno a valori di indipendentismo, autodeterminazione, autonomia, protezione delle minoranze, ecc. Ne cito solo alcune a titolo dimostrativo ed esemplificativo: Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna (Indipendenza della Repubblica di Sardegna) - Partito Sardo d'Azione (Partidu Sardu) - Liga Veneta Repubblica - Partito Nazionale Veneto, Venetia Libera e Indipendente - Domà Nunch Associazione, econazionalista Insubre - Partito Autonomista Trentino Tirolese (PATT) - MOVIMENTO POLITICO "LA COLOMBA" PER IL FRIULI VENEZIA GIULIA - Indipendentisti di lu Frunti Nazziunali Sicilianu - Movimento Autonomista Toscano - Movimento Indipendentista Ligure - Terra e Liberazione Per l´Indipendenza del Popolo Siciliano, ecc..
Inoltre sono sempre più frequenti esempi di ricerca di coesione territoriale fondata su radici storico culturali condivise e supportate da una forte identità comunitaria, come dimostrato di recente, ad esempio, dall'approvazione dello Statuto comunitario per la Valtellina (rammento che la Valtellina sarebbe stato il 24° cantone svizzero se Napoleone nel 1797 non lo avesse conquistato sottraendolo ai Grigioni ...). Cito soltanto superficialmente fenomeni in corso da diversi anni come il "Principato di Seborga", perché più che su solide basi storico culturali ed identitarie, si fonda su un'abile ed astuta gestione del business turistico, sempre più attratto da questi  eventi e proposte autonomistiche fondate su presunte basi storiche ...
Queste diffuse espressioni autonomiste ed identitarie della società civile locale, sempre più potenti e capillari, e dotate di un notevole consenso latente (che i partiti cercano di soffocare o assorbire fagocitandolo), sono un segnale inequivocabile di un forte desiderio di libertà, di volersi liberare dal parassitismo e dalla corruzione soffocante, pervenendo a nuove aggregazioni politiche di piccole dimensioni, meglio governabili e controllabili, dove un sano individualismo creativo, tramite l'applicazione della democrazia diretta e partecipata, può dare più facilmente il suo contributo al benessere generale, migliorando la qualità della vita dei suoi abitanti. Dove i talenti non siano schiacciati e costretti ad emigrare ma siano valorizzati. Soprattutto in questo periodo di crisi finanziaria ed economica mondiale, che è dimostrazione del fallimento dell'attuale sistema politico economico dominante, fondato sulla creazione di denaro tipografico (immissione di liquidità senza contropartita valoriale, che è causa della vera “inflazione”) e sull'indebitamento sproporzionato ed indotto artificialmente, sull'ingerenza statalista nel mercato, sullo sfruttamento insensato delle risorse naturali, sull'assoluta assenza di etica politica ed economica, ecc., soprattutto ora si rende indispensabile rivedere totalmente le basi strutturali su cui fondare la società, che deve essere sostenuta da chi crea vera ricchezza con le proprie idee ed il proprio lavoro, con i propri risparmi ed investimenti, e non su chi ne abusa autoritariamente, appropriandosene parassitariamente. O VOLETE CONTINUARE A TENERVI QUESTA ITALIA?
12 aprile 2009 

Uno sguardo verso il cielo, per rivelarci lo stato di salute nostro e della Madre Terra.

Uno sguardo verso il cielo, per rivelarci lo stato di salute nostro e della Madre Terra.
di Giuseppe Gorlani
Fonte: Arianna Editrice - http://www.ariannaeditrice.it/_cultura_filosofia_spiritualita.php
"Uno sguardo verso il cielo, dove il sole è meraviglia": così cantavano le Orme agli inizi degli Anni '70, in un loro album intitolato "Collage". In quel periodo, benché l'industrializzazione stesse già marciando e inquinando tronfiamente, ancora si poteva elevare lo sguardo nell'azzurro e vedere il sole.
Oggi i tempi sono cambiati, in peggio. Se si alza lo sguardo, il più delle volte non si vede il sole, ma scie chimiche che attraversano il cielo in tutte le direzioni, deturpandolo con un velame grigiastro che si trasforma in nubi dalle forme e dai colori strani. Non sono un metereologo, ma non credo sia necessario possedere una preparazione specifica per dedurre, sulla base dell'osservazione quotidiana, che qualcosa di non buono e di non naturale sta accadendo sopra le nostre teste.
Basta fermarsi a riflettere un attimo per chiedersi: ma che cosa ci fanno tutti quegli aerei nell'aria? Pochi giorni fa, in una sola mattina, ne ho contati una trentina che rilasciavano scie da un orrizzonte all'altro. Ed è evidente che sono tali scie, dilatantesi in una cortina biancastra, ad offuscare il cielo. Fonti documentate sostengono che gli aerei da cui fuoriescono non sono di linea, né dell'Aeronautica Militare italiana. Ma allora a chi appartengono? Chi li fa volare e con quali scopi? E ancora - interrogativo inquietante -, le scie chimiche che cosa sono, che cosa contengono?
In Internet circola una massa enorme di informazioni su questo tema, tutte - vere o false che siano - allarmanti. In un'intervista di alcuni mesi fa al generale in pensione Fabio Mini, questi, dopo aver ammesso che da molti anni la Nato sta portando avanti una ricerca sulla modificazione del clima, chiede retoricamente al giornalista: "Ma lei non penserà che l'uomo sia buono?".
Abbiamo sempre saputo che l'uomo del Kali-yuga non è particolarmente buono, né tantomeno giusto, ma a questo punto c'è da chiedersi se gli sia rimasto almeno un briciolo di intelligenza, nel suo significato etimologico di inter leger o di intus legere, ossia di saper cogliere i nessi esistenti fra i vari momenti dell'esperienza, oppure di saper penetrare nel significato essenziale delle cose. Tutta questa smania di costruire armi sempre più terribili e incontrollabili, di divorare a velocità folle il poco verde rimasto, di appiattire le diversità tra i popoli entro modelli di astratta e ipocrita "democrazia", di controllare il clima e ogni filo d'erba, ogni voce, ogni pensiero, di ridurre la natura a oggetto di consumo rivela un'enorme stupidità, poiché non potrà che portare a conseguenze viepiù disastrose. Non si tratta di catastrofismo fantascientifico, bensì di uso impersonale della ragione. Dal seme di grano viene il grano; dalla cecità e dall'avidità egoistiche, sradicate da ogni anamnesi metafisica - ma anche, più semplicemente, da ogni ragionevolezza -, viene la sciagura.
Nel Bhagavata Purana si legge: "Quando regnano l'inganno, la menzogna, l'inerzia, il sonno, la malvagità, la costernazione, la pena, il turbamento, la tristezza: questa si chiama Età Kali, esclusivamente tenebrosa. Durante questo periodo gli uomini hanno l'intelligenza limitata".
Parlando della mancanza di intelligenza dell'"uomo dell'Era Oscura" non ci si riferisce soltanto alle élite che detengono le leve del potere politico-economico, ma all'uomo in generale, il cui livello di consapevolezza, di anelito alla verità o alla conoscenza di sé, di rispetto per l'ambiente-vita (con il quale è un tutt'uno) è arrivato ad un minimo spaventoso. Prendersela esclusivamente con i governanti, per quanto corrotti o meschini possano realmente essere, è pertanto un luogo comune insignificante, poiché essi esprimono in modo paradigmatico lo stato di coscienza collettivo.



Scie chimiche e loro ripercussioni, viste dal satellite



Forse che all'uomo ordinario, compresso entro gli angusti spazi del lavoro automatico, al servizio della Macchina, e della fruizione di piaceri ormai quasi tutti "virtuali", viene mai il pensiero di alzare lo sguardo al cielo? Certo che no. Del resto, se l'uomo moderno guarda la volta celeste in essa vede soltanto una "cosa", separata da sé, tra mille altre; così egli vive imprigionato in una rete di oggetti, dedito esclusivamente al produrre, al consumare, al divorare, all'inquinare, senza rendersi conto che in questo modo si sta scavando il terreno sotto i piedi, votandosi all'annichilimento. Tutto ciò che non è produzione, consumo o mercato per lui è inutile, anormale, persino irreale.
Appuro ciò quasi ogni giorno, camminando tra le colline. Oltre a me, i pochi (eppure troppi) che frequentano questi posti sono tartufai, cacciatori, contadini e operai addetti a riparare linee elettriche, telefoniche o acquedotti; ebbene, salvo rare eccezioni, la maggior parte di costoro (tutte "brave" persone, intendiamoci) si inoltrano nella natura con merendine, gomme da masticare, sigarette, bibite, ecc., gettandone poi quel che resta dove gli capita. Per non dire degli autoctoni che nei greppi a lato delle stradine bianche scaricano ogni specie di rifiuti: televisori, lavatrici e plastica, tanta plastica. Mi domando in che modo questa gente intenda la natura. Dicono nominalmente di amare la loro terra, ma in realtà vogliono soltanto possederla. E se loro stessi non custodiscono con cura la terra in cui sono nati, che genere di governanti si meritano? Ciò che sta in alto è come ciò che sta in basso, afferma l'ermetismo; parimenti, ciò che sta fuori è come ciò che sta dentro. In tale prospettiva, i governanti venali e ciechi e l'ambiente trasformato in pattumiera non possono che riflettere lo stato interiore della maggioranza inerte.
Così gli uomini trascorrono le proprie esistenze senza mai contemplare il firmamento, le colline o il mare. Contemplare significa assorbire, rivelare in sé, abbattere la barriera tra esterno ed interno, tra passato, presente e futuro. Se si abbandonasse il cieco fare, privilegiando il contemplare, sicuramente una luce filtrerebbe nell'intimo e un raggio di intelligenza-amore si farebbe strada nel Cuore, centro dell'ente, consentendogli di tornare a guardare il cielo. Allora ci si renderebbe conto delle scie orribili e dei fumi tossici che lo deturpano e si smetterebbe di sostenere i "sepolcri imbiancati", da noi stessi votati, che si compiacciono di violentare la vita e i princìpi che la sostengono.
Ho iniziato queste riflessioni con una citazione musicale. Mi avvierò alla conclusione con un'altra citazione musicale per me significativa. Negli anni in cui alcuni giovani sapevano ancora celebrare la bellezza, i Dulcimer, nel loro capolavoro And I Turned As I had Turned As A boy, cantavano: "I travelled many roads and I wandered many trails…". Anch'io ho percorso molte strade e vagabondato per molti sentieri, ma, in tutta sincerità, non ho trovato verità più salda della venerazione per la bellezza. La terra, per quanto in certe sue sembianze appaia spietata e tremenda, è sempre bella, ma il mondo moderno è orribile, poiché assolutizza il relativo ed esalta freneticamente il brutto. Ricordare, pregiare la bellezza viva della Natura - all'interno della quale noi rappresentiamo l'autoconsapevolezza atemporale e sintetica dell'Essere - e dell'Arte che ad essa si ispira, trasfigurandola, significa sottrarre forza alle barbarie. La tradizione sapienziale atemporale non insegna a separare irrimediabilmente la Natura dallo Spirito, ma sottolinea come i due aspetti manifesto e immanifesto dell'Essere siano sostanzialmente indivisibili. La ragione pertanto non va rifiutata, ma impiegata al meglio, purché non si pretenda di penetrare con essa l'assoluta e indicibile Presenza. In altre parole, esaurita la fase dialettica, connaturata all'uso della ragione, è indispensabile pervenire al nucleo ineffabile di se stessi, dove la dualità si risolve nella non dualità.
Solo dopo aver riconosciuto l'inferno per quello che è - la proiezione mentale di un uomo in continuo dissidio con se stesso - potremo con Dante cantare: "… salimmo su, el primo e io secondo, / tanto ch'ì' vidi delle cose belle / che porta'l ciel, per un pertugio tondo; / e quindi uscimmo a riveder le stelle" (Purgatorio, XXXIV.134-139).

IL TRIONFO DELLA MENZOGNA. Non viviamo in vere democrazie, ma in oligarchie parassitarie composte da banchieri e politici al loro servizio ...

Fonte: Trucioli Savonesi http://www.truciolisavonesi.it
di Marco Giacinto Pellifroni


Sono da poco usciti due libri * che, sotto titoli diversi, affrontano il tema della verità e della libertà, evidenziandone la stretta correlazione: non si può essere liberi in un sistema dedito alla menzogna sistematica, quale è ormai (o forse solo in misura più devastante) diventato il sistema politico, sempre più subordinato a quello finanziario.
Vorrei partire, prima di approfondire questo tema, da un dialogo riportato da Erodoto nelle sue Storie e sorto dopo la morte del re Cambise fra tre dignitari persiani su quale fosse la forma ottimale di governo: la monarchia, l’oligarchia o la democrazia.
Nessuna forma risulta alla fine presentare solo pregi od essere esente da difetti; ma alla fine Dario conferisce lo scettro alla monarchia, decretandosi re dei Persiani.
Fatta salva la breve esperienza democratica dell’Atene del V secolo, per oltre due millenni ha prevalso, in effetti, la forma di governo monarchico, finché il Novecento ha osato sperimentare la democrazia, pur essendo per sua natura la meno stabile, in quanto troppo soggetta agli umori della vasta platea degli individui, con conseguenti spinte centrifughe e disgreganti. Chi volle andare controtendenza, instaurando dittature, ossia monarchie non dinastiche, senza scettro e corona, fu spazzato via dalla storia, ossia dagli effetti della cultura progressista sorta coi Lumi nel Settecento e via via impostasi nel mondo occidentale e avallata da un avanzamento scientifico senza precedenti, grazie al quale milioni di persone furono strappate all’indigenza e all’ignoranza dei secoli precedenti.
Il prezzo da pagare per l’instaurazione della democrazia era, ed è, tuttavia, come entrambi i libri di cui sopra enfatizzano, la sistematica manipolazione della verità, onde celare la realtà del sistema agli occhi dei più. In sostanza, dietro il paravento della democrazia, che esige il rito delle elezioni popolari, chi davvero comanda è una ristrettissima cerchia di oligarchi della finanza sovranazionale che sfruttano il lavoro dei cittadini attivi attraverso leggi ad hoc emanate dai loro fiduciari, posti nei gangli vitali dello Stato, in primis nei due rami del parlamento; leggi fatte valere col pugno di ferro di polizia e servizi segreti. D’altronde, la storia ha insegnato che il metodo migliore per avere la “pace sociale” è la paura: del carcere e/o della rovina economica per chi trasgredisce; specialmente da quando la secolarizzazione ha reso le punizioni extra-terrene non più credibili.
La nostra non è quindi una democrazia, bensì una oligarchia gerarchizzata in un primo e secondo livello: bancario e politico, rispettivamente, con questo subordinato a quello in qualsiasi decisione che ne intacchi in qualche modo i privilegi. La mente e le varie braccia: legislativo, esecutivo, giudiziario, poliziesco; tutte espressioni di una politica ancella della finanza, anziché viceversa. Ma un conto era tenere sotto il tallone masse semianalfabete, e un conto è irreggimentare individui, non arrivo a dire colti, ma con un minimo di istruzione, latori di possibili, anzi probabili, fermenti insurrezionali. Si procede allora su due piani: da un lato, intorpidire le menti della massa, assecondando l’inclinazione umana alla pigrizia fisica e mentale, con dovizia di svaghi e distrazioni tramite i grandi mezzi di comunicazione, saldamente in mano ai vertici, avendo cura nel frattempo di fomentare diatribe tra opposte (?) fazioni partitiche per diffondere l’impressione di un’accesa e “democratica” vivacità politica e intellettuale, resa più plateale dalle frequenti campagne elettorali; dall’altro, impedire che le poche menti rimaste indenni dal contagio mediatico possano interferire con i piani di diseducazione programmata dalle due suddette oligarchie dominanti, ricorrendo a tal fine all’oscuramento delle fonti di notizie e di idee eterodosse via via fino alla repressione diretta e brutale mediante sanzioni rovinose e/o carcere, anche a titolo di avvertimento a quanti volessero riprovarci. La legge sui siti Internet in fase di approvazione è ignominiosamente liberticida, proprio per l’entità delle punizioni che essa commina a quanti si scostino dai dettami delle “istituzioni”, ossia del potere dominante. ** E ciò è tanto più grave in quanto questa proposta di legge è partorita da un governo retto dal partito che osa definirsi “Popolo delle libertà”.
Per contro, è quasi paradossale che questo stesso governo abbia fatto passare alla Camera una legge in assoluta contro-tendenza: quella sulle intercettazioni telefoniche.*** Infatti, mentre il pericolo, denunciato nei due libri citati, è proprio quello di un eccessivo e, al limite, totale controllo dell’individuo mediante tutta una serie di apparecchiature elettroniche invasive della sua privacy, una legge che limiti questa invadenza sembrerebbe davvero garantirne una giusta e doverosa correzione; se non fosse che la legge è nata sull’onda emotiva del nostro ineffabile presidente del consiglio, colto a trattare di affari lesivi della dignità del suo ruolo, e vittima di lesa maestà per l’intrusione di un teleobiettivo oltre la ferrea cortina di una delle sue residenze vacanziere. La legge esce, insomma, per evitare che simili episodi abbiano a ripetersi. Peccato che, per tutelare soprattutto la propria privacy, Berlusconi abbia finito col tutelare anche quella dei criminali, stando alle proteste di autorevoli esponenti della magistratura e del CSM. È la classica legge a doppio taglio: meriterebbe un plauso perché mira a favorire la libertà di comunicazione tra cittadini senza tema di orecchie estranee, e insieme un biasimo in quanto limita l’azione di magistrati e polizia nella scoperta e prevenzione di crimini.
Se Berlusconi vuole davvero farci credere che la legge sulle intercettazioni nasce dal genuino desiderio di limitare l’eccessiva intrusione degli organi di controllo nella vita di noi cittadini, ebbene, ritiri l’oscena proposta di legge sul bavaglio alle comunicazioni via Internet. Non ci sarebbe modo migliore per dimostrare la sua buona fede. Del resto, non è un controsenso varare due leggi con principi ispiratori diametralmente opposti?
La verità, e di conseguenza la libertà, come si vede, hanno scarso se non nullo diritto di cittadinanza, in quanto la menzogna porta con sé anche la necessità di difenderla, limitando la libertà dei cittadini: gli esempi più eclatanti sono le menzogne propagandate (e forse anche le terribili azioni messe a segno) per giustificare le guerre “preventive” in Afghanistan e Iraq e, di conseguenza, limitare le libertà civili col pretesto del terrorismo (ancora una volta: di Stato?); e, più recentemente, le menzogne da parte degli organi di sorveglianza delle Borse e delle società di rating sulla consistenza reale del sistema finanziario e monetario globale sino al momento fatale dei grandi crolli bancari da Wall Street alla City e all’Europa. Crolli alla cui origine stava (e sta) la montagna di titoli spacciati per buoni, pur essendo noto alle autorità di vigilanza che 9 su 10 sono ”tossici”.
Se libertà e verità vanno a braccetto, altrettanto vale per la menzogna e l’ignoranza cui si costringono interi popoli: nessuno deve sapere che il denaro non è pubblico ma privato; che lo emettono le banche, centrali e commerciali, a costo nullo e facendoselo poi rimborsare con denaro vero, frutto del nostro lavoro; che i mutui non sono prestiti , né sono fatti in condizioni di parità contrattuale, in quanto le banche non hanno i soldi che pretendono di prestarci, mentre i mutuatari devono garantire i finti prestiti con i loro beni solidi e/o col frutto del loro lavoro futuro. Su queste ed altre innumerevoli menzogne si regge l’attuale sistema, che si guarda bene dall’informarcene, pena il suo tracollo. Per prevenire il quale mira a manipolarci tutti, cominciando da un’istruzione scolastica pilotata e poi con l’ossessivo bombardamento mediatico, plasmando in prospettiva una schiera di perfetti Neuroschiavi, orfani della verità, come titolano i due libri citati.









* Gianni Vattimo (foto a sx), “Addio alla verità”, Ed. Meltemi, 2009; Marco Della Luna (foto a dx) e Paolo Cioni, “Neuroschiavi”, Macro Edizioni, 2009.
** Misura inserita nel DDL 733, c.d. Pacchetto Sicurezza, con sanzioni da € 50.000 a 250.000 per il provider e da 1 a 5 anni di carcere per il blogger.
*** Pure questa legge prevede sanzioni da capogiro (€ 600.000 per l’editore che pubblica notizie in sua violazione), così da scoraggiare ogni aggiornamento sui processi, anche per il solo timore di ledere questa legge e finire in bancarotta. Ciò significa governare con la paura, in schietto stile poliziesco.

La frenesia cementificatoria è stata fermata in una delle più belle isole del Mediterraneo. Il TAR boccia il Piano urbanistico di Carloforte ...

La frenesia cementificatoria è stata fermata in una delle più belle isole del Mediterraneo. Il TAR boccia il Piano urbanistico di Carloforte, capoluogo dell’isola di San Pietro (Sardegna)



Fonte: Greenreport http://www.greenreport.it
LIVORNO. Il Tribunale amministrativo regionale ha accolto la richiesta d´annullamento del Piano urbanistico comunale (Puc) di Carloforte, in Sardegna, presentata da Legambiente. Il Puc dell’Isola di San Pietro era stato approvato nel 2004 con l’intento di dare celermente alla cittadina tabarchina uno strumento urbanistico che non aveva mai avuto.
Alle sue previsioni si opposero subito Legambiente ed esponenti politici locali. Gli ambientalisti contestavano previsioni edificatorie da un milione e 903 mila m3, praticamente il raddoppio delle volumetrie di tutti gli edifici esistenti, «in parte ricadenti su aree umide come le saline – spiega Legambiente - che avrebbero anche stravolto l’assetto storico-urbanistico di Carloforte, e la cementificazione di aree di grande interesse che gli studi preparatori del Piano territoriale paesistico (Ptp 14), viceversa, classificavano come “meritevoli di un vincolo di assoluta immodificabilità».
il Tar ha considerato «fondate le censure proposte con i motivi indicati, investendo il Puc nel suo complesso», da qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento in toto del Puc. Il comune di Carloforte aveva già avuto qualche avvisaglia che il Puc non avrebbe trovato vento molto favorevole: nell’ottobre 2008 aveva già respinto la previsione di una nuova zona artigianale-industriale nell’ex zona umida ed in edificata dei Pescetti.
Ora il vicepresidente di Legambiente , Sebastiano Venneri, commenta soddisfatto la notizia della sentenza del Tar: «Quel piano avrebbe danneggiato gravemente gli interessi paesistici e ambientali di Carloforte concedendo un’eccessiva potenzialità costruttiva specialmente nelle zone residenziali e periferiche. Siamo soddisfatti dunque che il Tar abbia accolto le nostre richieste. La vocazione dell’isola di San Pietro non è fatta di colate di cemento, il suo futuro dovrebbe parlare invece di salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio che sappia coniugare turismo e sostenibilità».
(ndr AAM. L’isola era denominata “Enosim” dai Fenici, “Hieracon” dai Greci e “Accipitrum Insula” dai Romani, ovvero l’isola degli sparvieri, successivmente divenne colonia genovese. Si estende su una superficie di 51,3 kmq, la sesta delle isole italiane per dimensione. Per info sull’isola: http://www.carloforte.net - http://www.isoladisanpietro.org )

Ci raccontano che solo la tv determina il voto, ma in FVG Debora Serracchiani ha preso una marea di voti ricorrendo soprattutto alla rete ...

Rete e politica, diamo i numeri? Ci raccontano che solo la tv determina il voto, ma in FVG Debora Serracchiani ha preso una marea di voti ricorrendo soprattutto alla rete ...
Fonte: Punto Informatico http://www.punto-informatico.it
lunedì 15 giugno 2009 di Massimo Mantellini

Roma - Il fatto è che i numeri non sono per nulla chiari. Figuriamoci la loro eventuale interpretazione. Un recente studio Nexplora/Microsoft presentato alcune settimane fa ci racconta che dopo la televisione (47 per cento) il web è l'ambito maggiormente frequentato (20 per cento) per informarsi sulla politica e sul resto, superando la stampa (17 per cento).
Quasi contemporaneamente il Censis ha diffuso i dati relativi agli strumenti attraverso cui gli elettori hanno formato il proprio parere elettorale per le amministrative e le europee di questo giugno. I numeri sono molto netti e abbastanza impressionanti: dicono che il 69,3 per cento degli elettori si è creato il proprio convincimento elettorale seguendo i TG televisivi. Questa percentuale cresce fra i pensionati (78 per cento) i meno istruiti (76) e le casalinghe (74 per cento). Dopo lo strapotere dei telegiornali troviamo i talk show televisivi che trattano di politica (30,6 per cento), mentre la carta stampata si ferma al 25,4 e Internet raccoglie un quasi incredibile 2,3 per cento.
I numeri non ci aiutano insomma.
Abbiamo assistito ad un recente, travolgente risultato elettorale di Debora Serracchiani (nella foto, dopo il paragrafo), che ha raccattato quasi la metà di tutti i voti del PD della sua regione alle elezioni europee, battendo numericamente anche Silvio Berlusconi, per merito di un breve video circolato sui blog e sui social network (e quasi da nessuna altra parte), e il Censis ci racconta che solo il 2 per cento degli elettori si informa in Rete. Pur nella singolarità del caso insomma i conti sembrano non tornare.

Giovanni Valentini nella sua solita bella rubrica di comunicazione su Repubblica "Il sabato del villaggio" citava ieri una altrettanto bella frase di Manlio Cammarata: "Il potere ha bisogno della televisione, perché essa stessa è il potere". Questa è certamente una, se non la più importante chiave di lettura. Non solo la televisione mantiene intatta una evidente capacità di controllo sui contenuti "emessi" ma anzi, nel tempo, sembra incrementare questa forma di circuizione mediatica. Quasi nulla di quello che raggiunge le "patate da divano" che seguono TG e talk show di prima e seconda serata è ormai autentico o casuale. Si è creata negli anni una vera e propria grammatica della visibilità alla quale tutti gli attori in campo partecipano, tutti tranne lo spettatore ovviamente che nella stragrande maggioranza dei casi resta rilassato nella sua funzione di immobile e consenziente bersaglio.
E per gli strateghi della comunicazione politica i numeri bulgari del Censis raccontano una sola cosa: che la TV continua ad essere l'unica arena possibile nella quale valga la pena combattere, l'unica variabile obbligatoria per un futuro di grandi successi elettorali, mediati non tanto dalle idee esposte quanto dalla capacità di padroneggiare le tecniche di comunicazione. La sofisticazione insomma come ingrediente indispensabile e sommessamente accettato da tutti.
Bene, non c'è nulla di più retroguardia di questo. Credere al futuro perdurare della supremazia televisiva è comodo e per molti versi confortante ma è come decidere di rinunciare all'orizzonte calandosi la visiera del cappellino davanti agli occhi.
E non si tratta nemmeno di rovesciare sul tavolo la solita teoria di luoghi comuni positivi su come la rete rivoluzionerà il mondo. Il caso Serracchiani è un esempio forse non adattissimo, forse anche complicato da una serie di variabili interne al PD che poco hanno a che fare con le tecniche di comunicazione, ma comunque da considerare. Lo scivolamento del lettore verso la rete invece non è discutibile, le cattive acque dei quotidiani cartacei non lo sono, le nuove sintesi fra contenuti diversi alle quali ormai tutti accediamo con normalità su Internet nemmeno.
Il "google juice" dei palinsesti TV è l'unica microscopica parte del tempo televisivo che è oggi interessante per milioni di persone, il concetto stesso di qualità e di audience si va polverizzando in mille rivoli, la rete consente mix fra media ed informazioni differenti che rendono l'ambiente informativo maggiormente attraente il cui padroneggiamento è ormai uscito dalla competenza limitata agli esperti delle nuove tecnologie. Basti pensare al newsfeed di Facebook che propone in maniera incidentale a milioni di italiani frammenti di notizie, video e articoli che fino a ieri solo i più curiosi decidevano di cercare in rete.
Lasciamo stare Obama ed i noti successi delle sue strategie mediatiche e concentriamoci sulla miriade di canali comunicativi che oggi saltano la TV nella creazione di una conoscenza condivisa fra le persone. E per esempio pensiamo anche solo un attimo a cosa sta accadendo in Iran in queste ore. Da prima delle elezioni a Tehran non è più possibile inviare SMS. Dalle ore immediatamente successive alla contestata proclamazione dei risultati elettorali le reti mobili dei vari operatori sono state spente, Facebook non è più raggiungibile. Ma la TV di stato - chissà come mai - continua a funzionare a meraviglia. Massimo Mantellini