Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996


"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Gli S-300 forniti dai russi ai siriani non saranno un problema per Israele, è solo aria fritta.


Come al solito i mass media occidentali ripetono all'unisono, enfatizzando in maniera esasperata, quanto ricevono come imput dagli spin doctor e dai loro frame (le "cornici" informative preconfezionate), cioé in pratica eseguono ordini di scuderia e fanno propaganda.
Mi riferisco nello specifico a quanto riferito dal premier israeliano Netanyahu, con il sostegno immancabile del governo USA (compreso il deep state, essendo praticamente tutti quanti filosionisti e neocons) sulla pericolosità della decisione russa di dotare l'esercito siriano del sistema d'arma contraerea russa S-300. Un'immane sciocchezza che può essere ritenuta credibile solo da coloro che non hanno mai navigato in rete e letto qualche sito specializzato.
Qualsiasi sito che si occupa di argomenti inerenti le armi, le forze armate, i conflitti bellici, strategia militare, ecc,, riporta quanto sto per rivelare, che sono veramente segreti di Pulcinella.
La Russia produce già da molto tempo e sta vendendo ad alcuni paesi il sistema S-400 e lo fa perché dispone e ha già collaudato il sistema S-500. Come è logico che sia, si vende a paesi stranieri solo ciò che tecnologicamente è già superato all'interno del proprio paese, altrimenti sarebbe rischioso e autolesionistico, perché nessun paese è veramente partner e amico per sempre (vedasi la Turchia con gli USA e la NATO). Ma non solo, si sospetta che la Russia stia già perfezionando il sistema S-1000, che sarebbe in grado di abbattere qualsiasi oggetto volante a qualsiasi quota e velocità, ovunque provenga, con tempi di risposta "fotonici", cioé praticamente istantanei. Quindi l'S-300 è per russi da considerarsi "obsoleto", e fornirlo ai siriani non è certo un segnale inquietante e pericoloso.
Seguendo i progressi dell'armamento russo ormai da alcuni anni ho avuto la netta sensazione che negli ultimi dieci anni la Russia abbia fatto passi da gigante nell'avanzamento tecnologico militare, in tutti i settori, Marina, Areonautica, Esercito, ecc., sia a livello difensivo che offensivo, e come ho scritto nel mio libro di prossima pubblicazione (non mi pronuncio più su quando verrà pubblicato :-)), ha ampiamente surclassato il Pentagono, i cui esperti sanno benissimo di essere in difficoltà in un eventuale confronto bellico, ammettendo addirittura di avere poche chace di vittoria, e le loro simulazioni lo rivelano in maniera incontrovertibile.
Nel mio libro, oltre a descrivere di quali armi "avveniristiche" dispone la Russia attualmente, rivelo anche come siano riusciti i russi a realizzare questo vero e proprio "miracolo" tecnologico militare, con modiche spese (generalmente un decimo rispetto al suo antagonista americano), mentre il Pentagono è costretto a spendere la maggioranza dei propri fondi (per quanto immensi), per mantenere l'elefantiaco apparato bellico all'Estero, con le oltre 750 basi su suolo straniero e la moltitudine di mezzi di cui dispone, molti dei quali fuori uso per manutenzione, e non riesce pertanto a rinnovare come vorrebbe i sistemi d'arma e i mezzi bellici, molti dei quali ormai obsoleti.
Quindi in conclusione quella in corso è una pantomima: fornire la Siria degli S-300 non sposterà minimamente gli equilibri bellici e non pone alcuna difficoltà all'IDF (Forze Armate Israeliane, che sono molto competenti ed efficienti ma che iniziano ad avere problemi di insofferenza, insubordinazione, defezioni, ecc.), e in ogni caso i due paesi non perverranno mai ad un conflitto diretto, perché il 20% della popolazione ebraica di Israele è di origine russa, e quindi entrambi i governi ne sono fortemente condizionati.
Claudio Martinotti Doria




Iran successfully tests Russia-supplied S-300 anti ...

Sistema d'arma contraerea S-300

Ecco perché gli S-300 siriani
non saranno un problema per Israele 

Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/perche-gli-s-300-siriani-non-saranno-un-problema-israele/ 

A seguito dell’abbattimento, durante il raid di Israele della scorsa settimana, dell’Ilyushin Il-20M da parte della difesa aerea siriana la cui responsabilità sarebbe ascrivibile, secondo la Russia, alle azioni negligenti dei piloti di Tel Aviv, Mosca ha deciso di fornire a Damasco i più moderni sistemi S-300.
L’annuncio, fatto dal ministro della Difesa russo Shoigu nella giornata del 24, è stato accompagnato dalla presentazione di un nuovo video – che segue quello mostrato domenica in cui si ricostruiva l’accaduto – in cui il portavoce, generale Konashenkov, ha mostrato dei nuovi tracciati radar, provenienti dal sistema S-400 schierato a Khmeimim, che evidenziavano non solo la rotta dei velivoli e dei missili siriani S-200, ma anche la quota, per poter così dimostrare come un F-16 israeliano si sia “fatto scudo” dell’Il-20M.
Al netto di queste conclusioni, già trattate precedentemente in occasione del video di domenica ed opinabili per la natura stessa dei sistemi d’arma in gioco e per la dinamica dell’attacco, la decisione di fornire gli S-300 alla Siria rappresenta la massima delle minori risposte possibili di Mosca e non influenzerà molto, nonostante gli strilli diplomatici di Washington e Tel Aviv, i rapporti di forza in Medio Oriente.

Tel Aviv e Washington preoccupate

Il Primo Ministro Netanyahu ha da subito redarguito il Presidente Putin che un sistema come l’S-300 in “mani irresponsabili” aumenterà la pericolosità della regione mentre da Washington fanno sapere, tramite le parole di John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale, che “introdurre l’S-300 nella difesa siriana vorrebbe dare il via ad una significativa escalation da parte russa, ed è qualcosa che speriamo riconsiderino” aggiungendo che “abbiamo forze americane nell’area di cui ci preoccupiamo”.
La preoccupazione del governo di Tel Aviv, invece, è che i futuri attacchi alle forze di Hezbollah in Siria e soprattutto ai depositi militari e ai rifornimenti iraniani, possano essere fonte di ulteriore deterioramento dei rapporti con Mosca da un lato, e possibili perdite di cacciabombardieri dovute all’intervento degli S-300 dall’altro.
Un altro raid israeliano condotto così vicino alle basi russe, o comunque vicino alle aree in cui operano mezzi di Mosca, potrebbe, secondo Israele, portare ad una reazione diversa della Russia che reagirebbe con provvedimenti più incisivi – e limitanti per Israele – per difendere le proprie forze, più che il suo alleato siriano.
Alleato siriano che, vero imputato nell’abbattimento dell’Il-20M, non poteva ovviamente essere accusato, anche perché il sospetto che alle consolle dei sistemi S-200 ed S-125 siriane ci fosse personale russo o iraniano. Pertanto, va da sé, che Israele è diventato l’unico colpevole ed ha fornito il pretesto per sbloccare la cessione degli S-300 che era stata ventilata già ad aprile scorso, subito dopo l’attacco alleato alla Siria.

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Sistema d'arma contraerea S-400

Perché Israele non teme gli S-300

Il sistema S-300 che sarà ceduto alla Siria è il modello da esportazione PMU-2, già venduto dalla Russia all’Iran. La Iaf, pertanto, già conosce le caratteristiche del sistema, e non solo perché è in dotazione a Teheran.
Alcune batterie di S-300, infatti, sono state vendute alla Grecia negli anni ’90 durante una delle innumerevoli crisi con la Turchia per l’isola di Cipro. Il sistema allora fu attivato sebbene non risulti essere mai entrato in azione, ed è stato in qualche modo “integrato” nel sistema difensivo greco, e quindi della Nato.
Pensare che un alleato della Nato, come Israele, non abbia mai avuto modo di addestrare la sua forza aerea ad avere a che fare con gli S-300 greci, è quantomeno da ingenui.
Certo la versione venduta alla Grecia non è la versione PMU-2, che è in servizio dal 1997 ma ha ricevuto i missili 9M96E ed E2 solo nel 1999/2000, ed orientativamente nemmeno i radar saranno proprio gli stessi, però è un sistema che le forze aree occidentali, e quelle di Israele, già conoscono.
Tel Aviv si è sempre opposta, in passato, alla cessione degli S-300 alla Siria, del resto è ovvio che veda di cattivo occhio qualsiasi miglioramento delle difese del suo nemico, e gli S-300, sebbene conosciuti ed obsoleti rispetto ad altri sistemi russi, risultano essere pur sempre un aumento della minaccia se non ben ponderata durante un attacco, ma, come sostenuto anche da esperti israeliani, non impediranno alla Iaf di effettuare le proprie operazioni nei cieli siriani ed è una minaccia perfettamente gestibile dalla Idf.
Alcuni analisti sostengono anche che gli S-300 assorbiranno le già esigue risorse dell’Esercito Siriano. Infatti l’addestramento del personale tecnico atto ad operare con il nuovo sistema richiederà fondi e forza lavoro da stornare da altri fronti più vitali. Oggettivamente, però, vista la storia degli S-300 alla Siria, è molto probabile che personale siriano sia già stato parzialmente addestrato dai russi che nel 2013 stavano cedendo per la prima volta i missili a Damasco.
La propaganda di Tel Aviv, anche in questa occasione, riferisce che se gli S-300 verranno usati contro i propri cacciabombardieri sarà costretta a distruggerli. Sottovalutare però i progressi ottenuti dalla difesa aerea siriana grazie all’intervento di consiglieri militari russi e iraniani sarebbe un errore. L’abbattimento di un F-16 con la stella di Davide durante il raid sulla base T4 è lì a dimostrare che il cambiamento di strategia della difesa aerea di Damasco può portare successi inaspettati.
Oggettivamente alla Siria saranno necessari dai tre ai sei mesi, da quando riceverà gli S-300, prima che siano operativi, ed in questo lasso di tempo Israele potrebbe pensare ad un attacco preventivo – che però potrebbe colpire personale russo – oppure decidere semplicemente di utilizzare i propri F-35 per oltrepassare le difese siriane per i futuri raid.
Proprio per la natura stessa degli S-300, e per i rapporti che intercorrono tra Russia e Israele, la cessione dei missili a Damasco risulta la maggiore delle minore risposte possibili per non scontentare l’alleato e per dare comunque un segnale forte a Tel Aviv e all’occidente, un segnale che sarebbe stato più grande – ed allora davvero si potrebbe parlare di escalation – se Mosca avesse deciso di fornire i ben più temibili S-400 (che saranno acquistati da Turchia e India) oppure di istituire una no fly zone permanente, che sarebbe attentamente vigilata non solo dai caccia, ma anche dai propri sistemi di difesa aerea che sono presenti tra Khmeimim e Tartus, le due basi maggiori del contingente russo, e che sino ad oggi non sono mai entrati in azione e, molto probabilmente, nemmeno attivati durante i vari raid di Israele o degli Stati Uniti per non svelarne le reali potenzialità (e segreti).
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Sistema d'arma contraerea S-500

Un caso dimenticato quello di 31 ani fa a Goiania in Brasile, la peggior contaminazione nuclleare dell'America Latina

Un caso dimenticato quello di 31 ani fa a Goiania in Brasile, soprattutto dai mass media internazionali, un evento assurdo e tragico di contaminazione radioattiva in America Latina. Un caso emblematico di quali gravi danni possa arrecare il degrado, l'incuria, la miseria e l'ignoranza. Oltre alle conseguenze letali e di indicibile sofferenza, rende l'idea di come il cercare di ricavare irresponsabilmente qualche microscopico guadagno possa arrecare danni centinaia milioni di volte superiori al presunto ricavo iniziale, alla collettività inconsapevole e incolpevole, coinvolta suo malgrado. Neppure un atto di terrorismo attentamente pianificato avrebbe potuto ottenere un risultato distruttivo analogo a quello cui è pervenuta l'ignoranza e la stupidità umana, applicata con indefessa pervicacia.
Claudio

Feds : Impossibile trovare materiale radioattivo rubato ...

Fonte: Sputnik Italia
https://it.sputniknews.com/mondo/201809236535213-inquinamento-radioattivo-in-brasile/

Reportage sull’inquinamento radioattivo in Brasile


31 anni fa nella città brasiliana di Goiania si è verificato una delle peggiori catastrofi radioattive nella storia dell’intera America Latina. Sputnik Mundo racconta la storia di questo tragico evento che ha sconvolto la vita di centinaia di abitanti del Brasile i quali non potevano nemmeno immaginare a quale pericolo fossero esposti.
Tutto cominciò con quella che sembrava una ragazzata. Due abitanti del luogo, Roberto dos Santos Alves e Wagner Mota Pereira, il 13 settembre del 1987 si sono intrufolati in una clinica abbandonata nella quale hanno trovato un apparecchio radiologico che hanno poi smontato.
Cercavano un materiale che potesse poi essere venduto, un metallo ad esempio. I due hanno portato una parte dell'apparecchio a casa di Alves dove hanno fatto i primi tentativi per aprirlo. La sera di quel giorno i due uomini cominciarono ad avere dei conati di vomito, ma pensarono che fosse successo perché avevano mangiato del cibo avariato. Dunque, continuarono con i loro tentativi di aprire il componente in questione che aveva la forma di una capsula.
Il giorno seguente Pereira cominciò a manifestare nuovi sintomi come giramento di testa e diarrea. Solo allora si accorse di avere una bruciatura su un braccio. Il 15 settembre andò a farsi visitare dal medico che gli consigliò di rimanere a casa e di riposare.

Nel frattempo, Alves continuò a provare ad aprire l'apparecchio. Riuscì ad estrarre la capsula dall'involucro nel quale si trovava. Poi il giorno 16 riuscì ad aprire un buco nella capsula con l'aiuto di un cacciavite. Proprio in quel momento vide un forte fascio di luce blu provenire dal cloruro di cesio arricchito con un isotopo radioattivo, il cesio-137.
"L'hanno aperta e hanno cominciato a sentirsi male. [...] Poiché Pereira aveva problemi di soldi e non poteva comprare dei farmaci, decise di vendere la capsula. La vendette a Devair", ha raccontato a Sputnik Mundo Sueli Lina Moraes Silva, direttrice dell'Associazione delle vittime del cesio-137.

Sicurezza E Segnale Di Pericolo Radioattivi Illustrazione ... 
Le aree contaminate devono venire isolate e interdette, sorvegliate e perimetrate con apposita cartellonistica indicante il livello di contaminazione e pericolo.

 
Un fascio di luce mortale
Alves e Pereira hanno deciso di vendere i componenti dell'apparecchio radiologico il 18 settembre a una delle discariche locali. Il proprietario della discarica, Devair Alves Ferreira, fu attirato dal fascio di luce che proveniva dalla capsula.
Ferreira pensava che la sostanza all'interno della capsula potesse essere di valore. Quindi, se la portò a casa. Nel giro di alcuni giorni invitò a casa vicini e conoscenti per vedere la sconosciuta sostanza.
 "Devair è uscito di casa la sera e, quando è tornato, ha visto quella strana luce. [...] La sostanza emanava una forte luce solamente quando c'era buio. Di giorno, infatti, non si vedeva. La luce lo incantò. Poi una sera portò la capsula a casa del fratello. Proprio così cominciò la contaminazione della sua famiglia e dei vicini", ha dichiarato Silva.
Uno dei conoscenti del proprietario della fabbrica riuscì ad estrarre una piccola quantità della sostanza con l'aiuto di un cacciavite. Il materiale estratto era una specie di granello dalle dimensioni di un chicco di riso. Ferreira, dunque, cominciò a distribuire il materiale ai suoi conoscenti. Praticamente nello stesso periodo sua moglie cominciò ad accusare sintomi anomali come la caduta di capelli ed emorragie interne. Poi la moglie cominciò a perdere le proprie facoltà mentali. In seguito si capì che era stata sottoposta a una dose pari a 5,7 gray, ovvero 570 rad, che è letale.
Il fratello di Devair Ferreira, Ivo Alves Ferreira, il 24 settembre portò a casa sua parte della sostanza e la depositò sul pavimento. Fu la figlia di 6 anni, Leide das Neves Ferreira, a notare il fascio di luce proveniente dalla sostanza radioattiva. Si cosparse parte del materiale radioattivo sul corpo e andò a farsi vedere dalla madre. La madre utilizzò nella preparazione di un pasto una piccola quantità di cibo sul quale era finita la sostanza contenente cesio-137.
Leide fu sottoposta a una dose di 6 gray, ovvero 600 rad (dose letale). La bimba subì gravi danni ai polmoni e ai reni, emorragie interne e perdita di capelli. Morì un mese dopo l'incidente in uno degli ospedali di Rio de Janeiro. Fu sepolta nella sua città natale in una tomba di piombo poi ricoperta dal cemento. Devair Ferreira vendette la sostanza ad un'altra discarica il 25 settembre. Nel frattempo sua moglie, Gabriela Maria Ferreira, cominciò a notare che come lei molte altre persone cominciavano ad accusare strani sintomi.
Tre giorni dopo aver venduto la sostanza (due settimane dopo il ritrovamento della capsula), la donna portò via dalla seconda discarica la sostanza e prese l'autobus diretto verso un ospedale dove mostrò il materiale radioattivo a un dottore. Il medico ipotizzò che la sostanza emanasse una radiazione. Più tardi questo venne confermato da uno specialista. Dopodiché vennero informate le autorità locali. "Gradualmente fu chiaro cosa era successo a quella famiglia. [...] Andarono dal medico e il 28 settembre dissero loro che erano radiazioni", afferma l'intervistata.

Radioattività dei rottami metallici | ESA Progetti 
Tutto ciò che viene contaminato a livello radioattivo deve venire bonificato, cioé asportato in sicurezza e messo in condizioni di non nuocere, che si tratti di terreno o edifici e loro contenuto, con spese ingentissime.
 
Vittime dimenticate
Le autorità presero misure tempestive per ripulire la zona contaminata. In particolare, in alcuni casi eliminarono lo strato superficiale del terreno, controllarono attentamente la casa in cui si trovava la sostanza radioattiva. Tutti gli oggetti al suo interno vennero confiscati e identificati come oggetti contaminati.
Nei locali della casa gli esperti raccolsero la polvere radioattiva con l'aspirapolvere. In seguito alcuni edifici contaminati vennero demoliti.
L'operazione di purificazione della zona contaminata fu complicata dal fatto che la sostanza si era facilmente dispersa in acqua. Vennero dunque raccolte alcune tonnellate di rifiuti radioattivi che saranno una minaccia per l'ambiente per molti decenni a venire. Questi rifiuti furono conservati in una zona appositamente creata.
Circa 112.000 persone vennero esaminate nello stadio olimpico di Goiania. 249 erano state sottoposte ad elevati livelli di radiazioni. In particolare, in 120 di loro sono state trovate particelle radioattive sui vestiti e in 129 sono state identificate tracce di contaminazione diretta, cioè sul corpo.
"Oggi abbiamo soprattutto persone con la pressione alta o con il diabete, ma anche persone che hanno altri problemi di salute. Non tutti lo dicono, ma sappiamo che sono molti ad avere problemi simili", ha osservato Silva.
Dopo l'incidente le autorità brasiliane hanno offerto supporto medico alle persone colpite. È stato anche creato un Centro di aiuto ai cittadini colpiti dalle radiazioni (Centro de Atención a los Afectados por la Radiación). Al momento il Centro suddivide i pazienti in tre gruppi.
Nel primo gruppo rientrano le persone sottoposte a una radiazione superiore a 20 rad. Nel 2017 erano 94 persone. Al secondo gruppo appartengono le persone che hanno ricevuto una radiazione inferiore a 20 rad: nel 2017 88 persone. Del terzo gruppo fanno parte i lavoratori che erano impegnati nell'area contaminata e i cittadini che vivevano nelle vicinanze dell'epicentro (nel 2017 erano 959).
"[Il governo brasiliano] ha aiutato le vittime dell'incidente, si è preso cura di loro stanziando aiuti. Ma si sono dimenticati del terzo gruppo, cioè di quelle persone che lavoravano lì come medici, infermieri, ecc. Anche loro, infatti, sono stati contaminati", ha dichiarato la direttrice dell'Associazione per le vittime del cesio-137.


Le Radiazioni ed il loro potere di penetrazione | Lavorare ...

Molti di coloro che hanno sofferto per l'azione delle radiazioni in quell'incidente sono ancora oggi oggetto di discriminazione.
"La discriminazione esiste ancora oggi. Alcune delle vittime vivono nella periferia della città e tutti sanno di loro. Vedono uno di loro e non lo fanno entrare in casa per paura che sia ancora contaminato. Tutto questo perché è una vittima del cesio-137. Sono molti i tipi di discriminazione", ha spiegato Silva.

"Non sappiamo quale sarà il nostro futuro. Sono passati 30 anni e solo ora si cominciano a vedere le conseguenze. Le persone colpite direttamente sono state chiare sin da subito e le abbiamo aiutate. Ma non possiamo prevedere cosa succederà alle persone che non hanno ottenuto aiuti in maniera tempestiva, in particolare quelli del terzo gruppo. La maggior parte di loro presenta forme di tumori", ha concluso Silva.

Al popolo tocca il cibo spazzatura. Così vogliono le élite. Argomento del prossimo referendum in Svizzera


L'autore tocca appena alcuni punti della questione, ma sufficienti per porsi correttamente il problema.
Cercare di soddisfare autonomamente, cioé all'interno del proprio Paese, le esigenze alimentari della popolazione, e pretendere che quanto si debba importare soddisfi minimi requisiti di qualità e sicurezza, dovrebbe essere una priorità di ogni politico al governo in ogni Paese, ma pare che non sia così in nessuno stato, neppure in Svizzera. Questo avviene non solo per motivi di business ma anche per creare dipendenza e sottomissione, sono cioè leve per la conservazione del potere nelle mani di ristrette èlite finanziarie che controllano le varie caste politiche dei loro servitori privilegiati, che solo raramente e occasionalmente fanno gli interessi della popolazione, essendo perlopiù al servizio delle multinazionali e delle banche. Claudio

Al popolo tocca il cibo spazzatura. Così vogliono le élite

di Riccardo Ruggeri - 17/09/2018
Fonte: Riccardo Ruggeri
Gli svizzeri il 23 settembre prossimo voteranno un referendum (costituzionale) di iniziativa popolare denominato “Per la sovranità alimentare”, per derrate alimentari sane, prodotte nel rispetto dell’ambiente e in modo equo, i più colti (ci sono anche in Svizzera) “Iniziativa Fair Food”.

Cosa vogliono i promotori? Sostanzialmente che la Confederazione sia garante non solo della produzione indigena di alimenti ma anche, e qui sta l’innovazione, degli alimenti importati, con una garanzia statale che siano prodotti nei paesi di provenienza nel rispetto delle stesse condizioni prescritte in Svizzera.

Come succede spesso, i due organi istituzionali supremi, il Consiglio Federale e il Parlamento, si sono dichiarati contrari a questo referendum popolare. Ecco i numeri: al Consiglio Nazionale 37 sì, 139 no, 17 astenuti. Al Consiglio di Stato 1 sì, 34 no, 7 astenuti. Ovviamente, tutto l’establishment e le élite del paese sono contrari, così i partiti che li rappresentano, non parliamo della stampa e delle tv. Immagino che costoro facciano come me. Per esempio, acquisto solo carne prodotta in Svizzera, la pago il 20% in più di quella importata (Usa, Argentina, Brasile) ma ho la certezza che i vitelli non sono stati dopati con oscene pozioni di antibiotici e di farmaci.

Ciò che ho imparato da questi feroci dibattiti sui giornali e in tv, fra “sì” e “no” è che l’attività d’importazione, per esempio della carne, è molto lucrativa, per questo le lobby contrarie all’iniziativa sono molto aggressive. Gli importatori e i distributori non vogliono essere costretti a controllare la qualità e la sicurezza delle importazioni, a far applicare i principi per la protezione degli animali, etc. Mentre la carne svizzera ha costi di produzione tracciabili molto alti, stante i condizionamenti alle quali deve sottostare, quindi i prezzi per il consumatore sono molti alti, gli importatori lucrano ben più del normale visto che partono da prezzi di mercato internazionali coerenti con il livello qualitativo in essere.

Quindi anche gli svizzeri peccano. Non avevo alcun dubbio, il cancro del Ceo capitalism è arrivato anche qua. Ma l’aspetto che a me interessava di più è stata la scelta delle élite al governo (lo ricordo: liberal-radicali, socialisti, popolari, da sempre, al potere ma con progressiva riduzione delle loro percentuali, come succede in Europa) di come comunicare ai cittadini la loro scelta del “no”. Come si può essere nei fatti contro i controlli di qualità, contro l’importazione di alimenti da fabbriche estere di animali da carne dove lo sfruttamento è diciamo imbarazzante?

Le élite svizzere sono state geniali. Essendo logicamente con le spalle al muro in termini di comunicazione hanno ribaltato l’approccio. Cari concittadini dovete votare “no”, dicono, perché applicando le norme dell’iniziativa popolare per alimenti equi, le classi meno abbienti non potrebbero permettersi questa tipologia di cibo sano ed equo. Incredibile, i benestanti invitano in pratica i poveracci a consumare cibi se non spazzatura, non a norma, privilegiando il prezzo alla qualità, forse alla salute a gioco lungo. Sono curioso di come reagiranno i cittadini, anche se, sulla carta, pare non esserci partita alcuna.

In Occidente gran parte della comunicazione sugli alimenti è rigorosamente fake (i troll non sono russi ma quotati nelle Borse euro americane), in Svizzera, stante il referendum, hanno dovuto quantomeno uscire allo scoperto, ammettendo che i cibi di qualità certificata possono permetterseli solo i ceti abbienti (l’importante era saperlo). Questa è la vera democrazia diretta: referendum popolari q.b. (quanto basta). E ogni volta, comunque vadano i risultati, le oscenità politiche, in questo caso alimentari, quantomeno vengono a galla.

I media mainstream avranno vita corta, in quattro anni hanno dimezzato le vendite

La fine dei media mainstream

di Marco Cedolin - 15/09/2018
La fine dei media mainstream
Fonte: Il corrosivo


Secondo i dati diffusi da Ads (accertamento diffusione stampa) nello scorso mese di marzo, nei quattro anni che intercorrono fra il novembre 2013 ed il novembre 2017 i quotidiani italiani hanno visto diminuire il numero di copie vendute di oltre il 30%, con dei cali in molti casi notevolmente superiori. Il quotidiano La Repubblica ad esempio ha perso il 44,5%, il Sole 24 Ore il 45%, il Corriere della Sera il 35,3%, Libero il 65,8%, Il Fatto Quotidiano il 33,2%, il Giornale il 45%, il Tempo il 55% e non è andata meglio neppure per i giornali sportivi con Tuttosport crollato del 52% e il Corriere dello Sport del 35%.....
Se un trend di questo genere dovesse proseguire anche nei prossimi anni, e non esistono motivi per supporre che non avverrà, diventa facile prevedere come fra un decennio i quotidiani nella forma che conosciamo non esisteranno più.
Secondo la relazione annuale 2018 dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), fra il 2014 ed il 2017 i Telegiornali delle varie reti hanno perso oltre 8 milioni di spettatori, pari a circa un quinto dell'audience totale ed anche in questo caso non esiste alcun motivo che induca a pensare ad un'inversione di tendenza nel corso dei prossimi anni. Fra un decennio i TG sicuramente non saranno scomparsi, ma rivestiranno senza dubbio un ruolo molto più modesto nel condizionamento dell'opinione pubblica e nella formazione dell'immaginario collettivo.
Alla base di questo vero e proprio crollo dell'informazione mainstream all'interno dei propri canali tradizionali (giornali e TV) c'è sicuramente l'abitudine sempre più radicata in larghi strati della popolazione di attingere alle proprie informazioni attraverso i siti e blog presenti in rete o magari attraverso gli stessi quotidiani e TG nel loro formato digitale.
Ma il vero problema che affligge il mainstream non può certamente venire ricondotto esclusivamente alla forma attraverso cui viene veicolata l'informazione, perché questo sarebbe oltremodo riduttivo.
Il vero problema che accomuna l'intera informazione “ufficiale” è assai più profondo e prescinde dal mezzo attraverso il quale le notizie raggiungono il lettore o lo spettatore. Si tratta di un problema di credibilità e autorevolezza che il mainstream ha progressivamente perso nel corso degli anni a causa del suo altrettanto progressivo allontanamento dal Paese reale e dai problemi reali degli italiani, portandolo a raccontare una realtà artefatta che i lettori e gli spettatori non sentono più propria.
Se fino a qualche anno fa il verbo esperito sui giornali o nei TG rappresentava la realtà per antonomasia, senza che nessuno osasse metterla in discussione, oggi non è più assolutamente così, grazie al maggiore senso critico sviluppato dalla popolazione, larga parte della quale riesce ad informarsi a 360 gradi con l'ausilio della rete e comprende come giornali e TV molto spesso (troppo spesso) dispensino vere e proprie fake news ad uso e consumo dei gruppi di potere che ne orientano i contenuti.
Sempre più in balia del conglomerato di potere che li gestisce, quotidiani e TG hanno smesso di produrre informazione, per dedicarsi quasi esclusivamente alla disinformazione, fatta di fake news e strategie mirate  all’orientamento del pensiero, un prodotto oltremodo scadente che sempre più lettori e spettatori dimostrano di non gradire affatto.
Nel decennio a venire, il potenziamento delle versioni online dei quotidiani e dei TG non risolverà  assolutamente il problema, che travalica di gran lunga il mezzo con cui vengono veicolate le notizie e riguarda invece la qualità delle stesse.
Paradossalmente solo la verità potrebbe salvare l'informazione mainstream dal progressivo decadimento, ma la verità è anche l'unico elemento che i gruppi di potere che gestiscono i media sanno bene di non potersi permettere.

Un'iniziativa intelligente per la ricorrenza degli attentati dell'11 settembre 2001 negli USA.


Le Torri Gemelle secondo la versione ufficiale sarebbero state colpite da due aerei di linea guidati da piloti arabi improvvisati, privi di qualsiasi esperienza di volo ma in grado di compiere vere e proprie acrobazie, violando le leggi della fisica e le capacità di resistenza degli stessi aerei.

A proposito dell'appena trascorsa ricorrenza dell'11 settembre, inteso come attentati, vi propongo l'intelligente iniziativa del regista e ricercatore indipendente Massimo Mazzucco, che troverete a questo link su Youtube:
https://www.youtube.com/watch?v=z17P0iEC5xA&t=0s
e colgo l'occasione per consigliarvi di ricercare e visionare tutte le inchieste di Massimo Mazzucco da lui accuratamente eseguite in questi ultimi anni, perché non le vedrete mai trasmesse in tv.
 
Il video da me linkato propone una ventina di domande sugli attentati dell'11 settembre 2001, scelte ovviamente tra quelle meno banali e scontate, per sondare quanto siamo informati sull'argomento.
Come suo solito Mazzucco, mentre espone le domande selezionate e poi fornisce le risposte giuste, non si esenta dall'esporre il suo pensiero critico, le sue interpretazioni controcorrente, ma questo, per correttezza, solo dopo aver formulato la domanda e fornito la risposta, per non influenzare gli spettatori e partecipanti.
Personalmente ho risposto correttamente a 18 domande su 20, e considerando che l'argomento 11 settembre non rientra tra quelli che ho particolarmente approfondito (perché una volta capito lo scopo e le origini, fin dai primi tempi successivi all'attentato, mi sono posto altre priorità di ricerca) e che non ero neppure molto "fresco di studi", credo che il punteggio ottenuto sia rivelatore di come sia abituato a documentarmi seriamente su canali non certamente mainstream, ma sicuramente meglio informati tecnicamente, più autonomi e acculturati.
Temo che in Italia se prendessimo a caso 1000 persone, il 95% non saprebbe rispondere a più di 5 domande su 20, e perlopiù tirando ad indovinare, come sono abituati coi quiz televisivi. Ma questo non impedisce loro di sentirsi legittimati a parlarne come fossero degli esperti conoscitori dell'argomento, come avviene sistematicamente in materia calcistica, in cui tutti si sentono competenti. E la loro fonte primaria di informazioni rimane ancora la tv e i giornali. Cioé le fonti mainstream, abituate a mentire in quanto al servizio dell'élite finanziaria internazionale che li possiede, li finanzia e controlla, solo che negli ultimi anni hanno passato il limite, sono scaduti nel ridicolo e nel patetico, hanno perso ogni credibilità e verosimiglianza, ma insistono ancora nelle loro posizioni, perché non ne conoscono altre e non potrebbero e neppure vorrebbero cambiate tattica e strategia, perché possono solo eseguire gli ordini del padrone, e lo fanno pure malamente, essendo privi di talento e creatività. Di batoste i mass media ne hanno ricevute parecchie negli ultimi anni, eppure insistono caparbiamente, mentono sempre allo stesso modo, contando sulla demenzialità del loro pubblico, ormai col cervello atrofizzato, che crede ancora alla versione ufficiale degli attentati, perché non potrebbe essere diversamente, essendo privi di senso critico e analitico, non essendo in grado di cogliere le incongruenze e contraddizioni, di effettuare correlazioni, di applicare la logica, ecc..
Solo tramite l'istupidimento di massa, l'élite può proseguire ad accumulare potere e ricchezza, il problema sorge quando una porzione minoritaria ma significativa del "gregge umano" si distacca ed evolve a sufficienza per costituire la famosa, e per l'élite famigerata e temibile, "massa critica", cioé quella percentuale in grado di influire sulle sorti della massa amorfa e sedata ma non ancora decerebrata, risvegliandone la curiosità e il dubbio.
Finché la massa non si renderà conto che l'élite che governa veramente l'umanità è cinica e spietata e ricorre sistematicamente all'arma della paura, del divide et impera, e della mistificazione mediatica per asservire e ottenere il consenso passivo della cosiddetta opinione pubblica, non potranno mai esserci cambiamenti significativi nella gestione del potere, che sarà sempre autoritario e guerrafondaio e causerà sempre indicibili sofferenze nella popolazione.
Claudio Martinotti Doria

Il Pentagono  secondo la versione ufficiale sarebbe stato colpito da un aereo di linea che ha compiuto delle acrobazie raso terra e poi sarebbe scomparso nel nulla, arrecando un danno molto inferiore alle sue dimensioni. Naturalmente i video delle numerose telecamere presenti sono tutti scomparsi.

Il volo United 93 schiantatosi in Pennsylvania, nei pressi della cittadina di Shanksville, secondo la versione ufficiale sarebbe stato inghiottito dal terreno, l'unico caso al mondo di incidente aereo che ha perforato la superfice ed è penetrato in profondità a tal punto da non essere possibile recuperarlo. Mentre nella realtà dei fatti i pezzi dell'aereo, molto frammentati, erano sparsi in un raggio di decine di kmq, tipica situazione di quando un aereo viene fatto esplodere o colpito in volo.

La Groenlandia diverrà terra di conquista e di conflitti internazionali


La Groenlandia è tra quei paesi poco antropizzati (meno di 60mila abitanti, quasi tutti insediati nelle località costiere occidentali) e immensi (2 milioni di kmq) che a causa dei cambiamenti climatici, sempre più accentuati per non dire estremi, potrebbe nel giro di pochi anni divenire maggiormente accessibile a opportunità di sfruttamento minerario estrattivo di risorse preziose come le cosiddette Terre Rare, minerali più preziosi e costosi dell'oro e di grandissimo interesse strategico. Siccome da anni sta attuando politiche autonomistiche che la stanno portando all'indipendenza totale dalla Danimarca, e disponendo di soli 4 giurisdizioni comunali (oltre alla base militare americana di Thule all'estremo nord, che gode di giurisdizione autonoma, essendo un'enclave) e un piccolo parlamento con solo una trentina di rappresentanti, la Groenlandia può prendere decisioni autonome in tempi brevi e sta pertanto diventando sempre più appetibile alle grandi potenze mondiali in competizione tra di loro, anche dal punto di vista militare e non solo commerciale.La Cina in primis, che con la sua enorme disponibilità finanziaria, sta cercando di ripetere anche in Groenlandia alcune operazioni espansive e insediative, già riuscite molto bene in altre località del mondo, soprattutto ricorrendo al finanziamento e costruzione di grandi infrastrutture di cui l'immenso paese ha necessità, come porti e aeroporti. E' facile prevedere che diverrà motivo di dispute e contese internazionali, diverrà cioè una "zona calda", non solo per i cambiamenti climatici e il surriscaldamento. Claudio Martinotti Doria



Cartina

Quell’aeroporto in Groenlandia
che sta preoccupando la Nato 

Gli occhi della guerra

La Groenlandia con i suoi oltre 2 milioni di chilometri quadrati incastonati nel Mar Glaciale Artico ha sempre rappresentato una terra di frontiera ed oggi, con i cambiamenti climatici e geopolitici attualmente in atto, lo è ancora.
Oltre agli aneliti di indipendenza, quasi totalmente ottenuta dalla Danimarca, di Nuuk, si annovera di recente un attivismo particolarmente accentuato da parte di potenze straniere che vedono nella terra dei ghiacci un fondamentale terreno di conquista.
Oltre agli Stati Uniti, che nell’isola mantengono ancora una forte presenza militare erede dei tempi della Guerra Fredda in cui la Groenlandia faceva parte della famosa Dew Line (Distant Early Warning) ovvero di quella catena di radar di scoperta per tracciare i bombardieri dell’Unione Sovietica, anche la Russia e la Cina si sono dimostrate interessate ad estendere il loro braccio in quelle terre per diversi motivi.

Perché la Groenlandia fa gola alle potenze globali?

Ora che il governo di Nuuk sta cercando una sempre maggiore indipendenza da Copenaghen altre nazioni si stanno facendo avanti per costruire infrastrutture e per accaparrarsi le risorse minerarie dell’isola, rese più facilmente disponibili dal riscaldamento globale che, come vedremo in seguito, porta con sé un altro fattore geopolitico non secondario.
La Groenlandia, infatti, ha un enorme potenziale di sfruttamento minerario per quanto riguarda alcuni metalli preziosi – come l’oro e il platino – ma soprattutto per quanto riguarda alcune Terre Rare (in inglese Ree acronimo di Rare Earth Elements) che potrebbero essere estratte per un ammontare annuo di 60mila tonnellate ovvero pari al 30% del fabbisogno mondiale.
Secondo l’Usgs, il prestigioso servizio geologico nazionale statunitense, la Groenlandia ha infatti la possibilità di surclassare la produzione di Terre Rare cinese in pochi anni; Cina che, al momento, è la principale produttrice di questi elementi al mondo.
Sempre l’Usgs ci fornisce qualche dato: la Groenlandia potrebbe estrarre circa 500mila tonnellate/anno di due minerali (eudialite e feldspato) da cui si può estrarre, oltre alle Terre Rare, anche tantalio, zirconio e niobio, la cui quotazione sui mercati supera di gran lunga quella dell’oro.
Oltre a questi sono riconosciuti depositi di minerali di ferro, piombo, zinco, nickel, uranio e con ogni probabilità anche riserve di idrocarburi come gas naturale e petrolio, da ricercarsi in maggior parte nell’offshore groenlandese. Queste ultime due risorse, però, al momento ricadono per la maggior parte in aree del Mare Artico già appartenenti agli Stati che vi si affacciano – quindi Cina esclusa – e pertanto le uniche prospettive cinesi per uno sfruttamento diretto sono quelle di una possibile prospezione inshore data dallo scioglimento della calotta glaciale groenlandese.
Fattore secondario, ma non meno importante, è la questione dell’apertura alla navigazione del Mar Glaciale Artico lungo quello che viene chiamato “Passaggio a Nord-Est”. Il riscaldamento globale sta permettendo, infatti, il passaggio del traffico commerciale marittimo lungo la rotta che, per capirci, va da Murmansk allo Stretto di Bering, per più tempo durante l’anno così da renderla economicamente competitiva per le linee di navigazione.
La Groenlandia in questo senso offre degli approdi strategici per la navigazione dall’Oceano Atlantico verso il Pacifico lungo il Passaggio e rappresenta quindi uno snodo chiave per il controllo dei traffici commerciali.
La stessa Russia ha compreso bene questo importante fattore quando, proprio all’inizio di quest’anno, ha “nazionalizzato” il Mar Glaciale Artico di sua competenza.


Base militare USA di Thule, la più settentrionale tra le oltre 750 gestite dal Pentagono fuori dal suolo nazionale.

Cosa vuole fare la Cina? 

La Groenlandia, visti questi fattori, ha un vitale bisogno di infrastrutture che le permettano di crescere e di conquistare la tanto agognata indipendenza finale dalla Danimarca.
In considerazione della geografia del Paese, quindi, diventano vitali i trasporti aerei e la Cina ha colto l’occasione per proporre la propria offerta di costruzione di tre aeroporti attraverso la China Communications Construction Company (CCCC), società detenuta in massima parte dallo Stato.
Il governo danese, per voce del ministro della Difesa Claus Hjort Fredericksen, si dice preoccupato – come riporta Defense News – dall’ulteriore penetrazione cinese in Groenlandia. Fredericksen sostiene infatti che i cinesi “sono giocatori nell’economia globale come tutti gli altri e dovrebbero essere trattati equamente, ma restiamo in guardia” aggiungendo poi che “chiaramente diamo il benvenuto alla cooperazione con la Cina nel campo commerciale, e finché lo scopo resterà tale non ci opporremo, ma guardiamo molto cautamente al problema che queste installazioni possano avere altri propositi, che potrebbero causare problemi”.

Quali sono i rischi?  

Il rischio della penetrazione cinese in Groenlandia è duplice. Da un lato, dal punto di vista militare, un’infrastruttura aeroportuale made in China potrebbe, nel medio termine, essere fonte di una penetrazione cinese anche di tipo militare/spionistico che creerebbe problemi all’ombrello difensivo nord della Nato che ha nella base di Thule il suo fulcro principale.
A Thule, infatti, c’è la sede del 21esimo Space Wing che con i suoi radar è adibito alla sorveglianza e all’allarme tempestivo per la difesa dai missili balistici intercontinentali, facente parte quindi della catena di allarme precoce del Norad e del Usstratcom che fa capo al Cheyenne Mountain Complex a sua volta collegato con altre stazioni principali intorno al globo, come quelle di Clear in Alaska e di Cape Cod in Massachusetts.
A Thule c’è anche la base aerea più a nord del globo e, date le considerazioni dette sin qui, è facile capire come gli Stati Uniti vogliano mantenere questo primato.
I timori americani, ma soprattutto danesi, sono che la Cina potrebbe costringere il governo di Nuuk a chiedere che gli Stati Uniti abbandonino le loro posizioni in Groenlandia o, peggio, che Pechino chieda ed ottenga l’utilizzo degli aeroporti per scopi militari, come ha riportato sempre a Defense News Jon Rahbek-Clemmensen, professore associato al Royal Danish Defence’s College Institute for Strategy.
Un’ipotesi non troppo peregrina quella di Rahbek-Clemmensen, dato che la Cina potrebbe usare la carta degli investimenti commerciali e infrastrutturali per ricattare la Groenlandia, come avvenuto in altre occasioni con altri attori nazionali indebitati con Pechino per miliardi di dollari.
In questo senso, stante la dimensione ridotta del Pil groenlandese, anche un piccolo investimento, come quello per la costruzione di tre aeroporti, rappresenterebbe un vero macigno che peserebbe sull’economia e sulla politica di Nuuk.
Investimento che non sarebbe di certo il primo, dato che Pechino è già entrata parzialmente nell’attività di estrazione mineraria del Paese e ha già cercato, nel 2016, di acquistare una ex base americana. Acquisizione poi bloccata da Copenaghen che può ancora esercitare il diritto di veto negli affari esteri della Groenlandia.
A queste considerazioni va anche aggiunto il particolare momento geopolitico, in cui gli Stati Uniti hanno elevato dazi all’indirizzo dei prodotti europei – tra cui appunto l’acciaio colpendone quindi tutta la filiera – venendo a creare tensioni tra i rispettivi governi che potrebbero non aiutare a dirimere la questione in favore di Washington.
Questione che però non è ancora conclusa anche se il termine ultimo si avvicina in fretta: il parlamento danese, organo che ancora decide degli affari esteri di Nuuk, è chiamato a decidere della vexata quaestio in due sessioni: il 15 ed il 22 ottobre prossimi.