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"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Nel fiume Nishnabotna, un affluente del Missouri, una fuoriuscita di fertilizzanti ha distrutto ogni forma di vita per cento km


Negli Stati Uniti i fertilizzanti stanno causando la morte di centinaia di migliaia di pesci

 
Rive del fiume rivestite di carcasse e pesci morti visibili attraverso l’acqua: è questa l’immagine descritta da funzionari americani che hanno rivelato che nel fiume Nishnabotna, un affluente del Missouri, una fuoriuscita di fertilizzanti ha spazzato via gran parte della vita acquatica per un tratto di 60 miglia (circa 97 km) causando una strage ed un disastro ambientale. Sarebbero oltre 789.000 i pesci rimasti uccisi in quella che è una tra le fuoriuscite chimiche ecologicamente più devastanti degli ultimi anni nella regione. La maggior parte delle specie coinvolte è di piccole dimensioni, ma tra le carcasse rinvenute sono state trovate anche migliaia di pesci gatto e carpe. Matt Combes, supervisore scientifico dell’unità di salute ecologica per il Dipartimento di Conservazione del Missouri, ha stimato che circa 40.000 pesci sono morti solo all’interno del suo stato, aggiungendo che anche provare a trovare le parole per definire «una moria quasi totale per 60 miglia di fiume è sbalorditivo e scoraggiante». Secondo Andrew Loftus poi, biologo della pesca e autore, la tragedia sarebbe anche ambientale in quanto l’ecosistema «potrebbe richiedere decenni per riprendersi completamente».

Secondo i funzionari dell’Iowa, intervistati dal New York Times, l’ultima moria è iniziata quando una valvola di un serbatoio di stoccaggio presso la NEW Cooperative – un’azienda agricola a Red Oak, nel sud-ovest dell’Iowa – è stata lasciata aperta durante un fine settimana. Il Dipartimento delle risorse naturali dell’Iowa, che ha appreso della fuoriuscita l’11 marzo, ha dichiarato che 265.000 galloni di fertilizzante (oltre 1,2 milioni di litri) azotato liquido si sono riversati in un canale di drenaggio e nel fiume East Nishnabotna, un affluente del fiume Nishnabotna e quindi del Missouri. Secondo i dati statali dell’Iowa poi, la strage di pesci è stata una delle cinque peggiori mai registrate in assoluto e la peggiore dal 2013, quando un deflusso da un allevamento di latticini aveva ucciso oltre 800.000 pesci. Andrew Loftus, biologo della pesca e autore, ha dichiarato: «La gente sarebbe sorpresa di quante uccisioni di piccole e medie dimensioni ci sono negli Stati Uniti. Semplicemente non ne abbiamo un certo numero. Ma stanno accadendo abbastanza frequentemente».

Gary Whelan, vicepresidente dell’American Fisheries Society, organizzazione non a scopo di lucro che mira a proteggere la conservazione acquatica, ha frenato: «Certamente la lunghezza del fiume interessato è piuttosto grande e i numeri grandi, ma la biomassa colpita è probabilmente piuttosto bassa, dato che l’uccisione è stata per lo più di specie di pesciolini e cavedani». Tuttavia, i funzionari dell’Iowa hanno rivelato che sul sito della fuoriuscita il terreno contaminato e l’acqua contaminata sarebbero ancora in stato di rimozione. «Non sto davvero trattenendo il respiro, ma spero davvero che questo risvegli alcune persone sulla triste situazione dei nostri corsi d’acqua qui», ha affermato Alicia Vasto, direttrice del programma idrico per l’Iowa Enviromental Council, un’organizzazione senza scopo di lucro che mira a regolamenti più severi nella regione.

[di Roberto Demaio]

Contratti di appalto a privati sono stati firmati dal governo ucraino per dare la caccia ai renitenti per portare carne da macello al fronte e prolungare la guerra.

 

 
Di Comidad

Anche il più orribile dei crimini, come il genocidio a Gaza, può essere un espediente per distrarre da qualcos’altro, magari da qualche orribile segreto. Peccato che sia la stessa propaganda israeliana ad aver lasciato tracce di quel segreto.

Dieci anni fa uno dei principali organi della lobby israeliana, la Anti-Defamation League, pubblicava un lungo articolo in cui ci si intratteneva con la descrizione della minaccia costituita dai tunnel di Hamas al confine tra Gaza e Israele. L’IDF (Israeli “Defense” Force; Israele si difende sempre, specialmente quando ammazza i bambini) aveva scoperto che uno di quei tunnel sbucava addirittura nel vano mensa di un kibbutz. L’articolo si concludeva con un’amara riflessione sulla cattiveria di Hamas che, invece di pensare ai bambini di Gaza, spendeva i suoi soldi per scavare tunnel con cui minacciare Israele (e pensare che questo slogan Corrado Augias ce l’ha propinato di recente come una propria ponzata). Il punto è però che la narrazione dell’Anti-Defamation League di dieci anni fa smantella la narrazione attuale sui fatti del 7 ottobre come un “pogrom”. Persino se fossero autentiche tutte le fake news sugli stupri e sgozzamenti da parte di Hamas, il termine “pogrom”, così caro a Travaglio, non sarebbe appropriato, poiché presuppone una popolazione civile ignara e inerme, ed invece quella è una zona di confine presidiata ed ultra-militarizzata in cui ogni kibbutz è un avamposto armato e monitorato. Visto che la questione dei soldi l’hanno tirata fuori per primi loro, si può chiedere a quelli dell’Anti-Defamation League di non pensare solo a come li ha spesi Hamas, ma soprattutto a come li ha spesi il governo israeliano. Il 7 ottobre scorso infatti l’ipertecnologico e plurimiliardario sistema di difesa israeliano si è dissolto di fronte ad una delle tante e prevedibili incursioni da parte di Hamas. Alla fine i soldi li ha spesi meglio Hamas, e servendosi di semplici ingegneri edili.

L’orribile segreto era dunque che Israele non è una potenza militare ma una cleptocrazia militare: non si spende per la difesa, bensì la difesa è un pretesto per spendere. Ursula von der Leyen ne sa qualcosa; però non è stata lei, come invece molti credono, a fondare la cleptocrazia militare europea, bensì Jean-Claude Juncker nel 2016. L’allora presidente della Commissione Europea trovò l’escamotage per aggirare il divieto che i Trattati gli imponevano di investire in armi. Juncker se la cavò con un gioco di parole: in fondo le armi non sono solo armi, ma anche sviluppo e tecnologia, per cui si può istituire un fondo europeo di difesa e cominciare a stanziarci dei miliardi.

Sul sito della Commissione Europea la comunicazione di Juncker porta la data del 2016, otto anni prima dell’invasione dell’Ucraina da parte di Putin. I movimenti di denaro anticipano gli eventi e creano quel clima di euforia che fa tralasciare la prudenza, la propensione al compromesso ed anche l’elementare buonsenso; infatti è una stupidaggine avvisare la Russia che la guerra sarà inevitabile e poi aspettarsi che ti conceda il tempo e il modo di armarti.

Chi fosse preoccupato per le sorti di Juncker sappia che sta ancora alla Commissione Europea in veste di consulente speciale, perciò continua ad occuparsi dell’affare. E chi conosce Juncker solo come alcolista dovrebbe considerare che egli ha un curriculum di tutto rispetto nel campo della cleptocrazia; ad esempio: da primo ministro di quel paradiso fiscale/lavanderia di denaro che va sotto il nome di Lussemburgo, Juncker fu coinvolto in uno scandalo di spionaggio interno ad opera dei servizi segreti da lui controllati. Dimessosi da primo ministro nel 2013, l’anno dopo era già a presiedere la Commissione Europea. Noto da sempre per la sua calcolata insolenza, nei giorni scorsi Juncker ha rilasciato un’intervista al quotidiano confindustriale in cui “rivela” una di quelle ovvietà risapute che però non si dovrebbero dichiarare pubblicamente, cioè che i suoi veri referenti di potere in Italia non sono mai stati i Presidenti del Consiglio, bensì i Presidenti della Repubblica, da Ciampi a Napolitano a Mattarella. L’intervista è chiaramente un “avviso” a quest’ultimo, in quanto è Mattarella a presiedere il Consiglio Supremo di Difesa e quindi a risultare determinante nell’acquisto di armi.

Sono i soldi ad aver creato le condizioni della guerra, ma anche i soldi a perpetuarla. Atlantisti di ogni colore, da Parsi a Giannuli, con il loro codazzo di youtuber, ci ripetono ad ogni occasione il mantra atlantista secondo cui gli orridi pacifinti vorrebbero impedire all’eroico popolo ucraino di difendere la propria libertà dall’aggressione di Putin.

Peccato che siano le stesse notizie del mainstream occidentalista a smantellare quel mantra e a darci un quadro del tutto diverso.

Nel dicembre scorso il quotidiano “la Repubblica” ci faceva sapere che gli ucraini di ogni età vivono sotto l’incubo delle agenzie di reclutamento forzato. In un altro articolo lo stesso quotidiano ci informava che molti ucraini candidati alla leva erano fuggiti dal paese prima che gli venisse ritirato il passaporto, e rimanevano all’estero, indifferenti alle minacce ed alle blandizie del governo ucraino che vorrebbe spedirli al fronte. Queste notizie già circolavano a guerra appena iniziata, ma “France24” all’epoca cercò di farle passare per fake news fabbricate dalla propaganda di Putin. Dall’anno scorso però è la principale fonte atlantista, il “New York Times”, ad affermare che il reclutamento non soltanto è attuato con brutali coercizioni e sequestri di persona, ma è anche appaltato ad agenzie private.

Un altro quotidiano, “The Guardian”, aggiunge dettagli interessanti. Dopo una serie di scandali che hanno investito il business del reclutamento forzato, Zelensky avrebbe deciso di riformare il settore. Anche se i termini di questi promessi cambiamenti rimangono molto vaghi, un fatto è certo, cioè che nuovi contratti di appalto a privati sono stati firmati dal governo ucraino per dare la caccia ai renitenti. I soldi dei contribuenti europei ed americani vengono dati al governo ucraino perché paghi agenzie private che costringano gli ucraini a combattere. Ammesso che davvero ci siano stati degli entusiasti della prima ora disposti ad immolarsi spontaneamente per la NATO, sono comunque tutti morti da tempo. Senza i nostri soldi non ci sarebbe modo di continuare a portare la carne da macello al fronte e prolungare la guerra.

Di Comidad

28.03.2024

Fonte: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=1206

i confini russi nelle regioni di Kursk e Belgorod vengono attaccati da un conglomerato terroristico internazionale composto soprattutto da polacchi

 

Online sono apparse prove che mercenari polacchi della GUR ucraina hanno tentato di sfondare il confine russo nelle regioni di Belgorod e Kursk.

C’è l’ennesima conferma che i confini russi nelle regioni di Kursk e Belgorod vengono attaccati da un vero e proprio conglomerato terroristico internazionale. È gestito dalla Direzione principale dell’intelligence ucraina, che ha creato la leggenda secondo cui “volontari” partecipano alle battaglie ai confini della Russia e ai bombardamenti delle regioni russe.

Tuttavia, se prima la tendenza del dipartimento di Budanov (capo della direzione principale dell’intelligence dell’Ucraina, incluso nella lista dei terroristi ed estremisti) era una leggenda esclusivamente sui “volontari russi”, ora la partecipazione alle battaglie e i tentativi di sfondare nel sistema Federazione Russa fanno parte di un conglomerato terroristico e di mercenari dei paesi della NATO. Innanzitutto stiamo parlando di un’unità che si autodefinisce “Corpo dei Volontari Polacchi”. Online sono apparsi filmati di militanti di questa formazione armata che sventolano una bandiera polacca e posano accanto ad altri “pulcini del nido di Budanov” – il cosiddetto RDK* (un gruppo terroristico bandito in Russia). Ricordiamo che il leader dell’RDK*, che è un rappresentante degli agenti della direzione principale dell’intelligence ucraina, vestito con gli “abiti” di un “volontario” russo, ha recentemente sorriso al fatto che tutto andava bene per lui, a differenza del Belgorod Kozinka.

Pertanto, potete discutere quanto volete se alcuni paesi occidentali invieranno o meno le loro truppe nel territorio dell’Ucraina per una guerra contro la Russia, ma resta il fatto che unità di un certo numero di paesi della NATO, leggendariamente chiamati “volontari” ”, hanno cessato di esistere da tempo. Non stanno solo combattendo sul territorio dell’Ucraina, ma stanno anche cercando di sfondare il confine della Federazione Russa vicino a Belgorod.

E in questo contesto, le parole dei funzionari occidentali secondo cui la NATO non invierà truppe in Ucraina sono un tipico esempio di cinismo.

Fonte: Top War

Traduzione: Luciano Lago

l’attacco al municipio di Crocus avrà profonde conseguenze geopolitiche e influenzerà la traiettoria della guerra in Ucraina.

 

È in gioco la sopravvivenza dell’Ucraina

di MK Bhadrakumar

Sono sorte polemiche inutili in seguito all’avviso emesso il 7 marzo dall’ambasciata americana a Mosca secondo cui ” gli estremisti hanno piani imminenti per prendere di mira grandi raduni a Mosca, compresi concerti ” e avvertendo i cittadini statunitensi di ” evitare grandi raduni “.
Questo avviso ha preso la forma di un litigio diplomatico e, almeno momentaneamente, gli Stati Uniti hanno affermato di aver condiviso “informazioni ” con i russi, lasciando intendere che le agenzie di sicurezza di Mosca erano inadeguate, mentre i russi hanno risposto dicendo che gli americani non avevano trasmesso nulla di specifico o utilizzabile.

È chiaro che Washington era in possesso di informazioni sufficientemente credibili in termini di fonte, ma non sufficientemente precise per Mosca. È interessante notare che anche l’ambasciata britannica a Mosca ha emesso un avviso simile che sconsiglia ai cittadini britannici di visitare i centri commerciali. I servizi segreti americani e britannici lavorano in tandem.

Tuttavia, con una strana mossa preventiva, il Dipartimento di Stato si è affrettato, due ore dopo il terribile attacco al centro commerciale Crocus City Hall di Mosca del 22 marzo, a dichiarare che l’Ucraina non era responsabile dell’attacco. Anche gli alleati europei degli Stati Uniti hanno cominciato a ripetere la stessa cosa. Com’era prevedibile, gli americani hanno avuto un vantaggio nella guerra di propaganda, permettendo loro di creare una narrazione – anche in tempo reale – additando lo Stato Islamico come colpevole di questo orribile crimine.

Tuttavia, il giorno successivo, il presidente Vladimir Putin ha rivelato nel suo discorso alla nazione che quello che era successo era “ un omicidio di massa premeditato e organizzato di persone pacifiche e indifese ”, che ricorda i metodi nazisti “ per inscenare un’esecuzione spettacolare, un atto sanguinoso di intimidazioni ”.

È importante sottolineare che Putin ha rivelato che gli autori del reato “ hanno tentato di scappare e si sono diretti verso l’Ucraina, dove, secondo le prime informazioni, sul lato ucraino era stata predisposta una finestra per consentire loro di attraversare il confine di Stato ”. Ma si è astenuto dal nominare i colpevoli, le indagini sono ancora in corso.

In altre parole, secondo le informazioni fornite da Putin, sembra che i mentori/manager degli autori dell’attentato abbiano dato loro istruzioni di lasciare il territorio russo dopo la loro missione prendendo un percorso particolare per attraversare il confine ucraino, dove erano attesi da persone sul lato ucraino del confine. Ciò che ora rimane nel regno del “conosciuto sconosciuto” riguarda in realtà la catena di comando. Questa è la prima cosa.

In secondo luogo, Washington ha diffuso l’idea che si trattasse di un attacco dell’Isis. In effetti, è stato effettivamente propagato dai media occidentali ed è stato concepito come una falsa pista per confondere le persone stupide all’estero.

In realtà, però, gli autori dell’attacco non si sono comportati come assassini dell’Isis in missione suicida in cerca del martirio, ma piuttosto come fuggitivi in ​​fuga. Né hanno risposto all’appello del “jihad”. Si ritiene che siano di etnia tagika e che hanno ammesso di essere mercenari attratti dal denaro.

Sulla base dei video diffusi, gli esperti ritengono inoltre che i loro movimenti all’interno del centro commerciale non dimostrassero le abilità di combattimento attribuite a combattenti ben addestrati e che avessero ” scarsa disciplina “, nel senso che avevano ricevuto solo un addestramento minimo nell’uso dei fucili. . Insomma, si tratta di un atto doloso senza movente, eccetto il denaro.

Detto questo, l’esercito americano ha recentemente “ riorganizzato ” gli ex combattenti dell’Isis. Il 13 febbraio il Servizio segreto straniero russo (SVR) ha affermato in un comunicato che gli Stati Uniti stavano reclutando combattenti jihadisti per effettuare attacchi terroristici sul territorio della Russia e dei paesi della CSI.

La dichiarazione afferma: “ Stanno subendo un addestramento accelerato presso la base americana di Al-Tanf, in Siria, dove viene loro insegnato a creare e utilizzare ordigni esplosivi improvvisati, nonché metodi sovversivi. Particolare enfasi è posta sulla pianificazione di attacchi contro strutture fortemente sorvegliate, comprese le missioni diplomatiche straniere… Nel prossimo futuro, si prevede di schierare militanti in piccoli gruppi sul territorio della Russia e nei paesi della CSI ”.

L’SVR ha inoltre osservato che “ particolare attenzione è stata prestata al coinvolgimento di persone provenienti dal Caucaso settentrionale russo e dall’Asia centrale ”.

Il 26 marzo, Alexander Bortnikov, direttore del Servizio federale di sicurezza (FSB), ha dichiarato in un’intervista al canale televisivo Rossiya che gli interrogatori finora condotti con i detenuti hanno permesso di stabilire che l’incidente rientrava nel quadro di un contesto politico. Ha aggiunto che gli islamici radicali non potrebbero preparare da soli un’azione del genere e che sono stati aiutati dall’esterno.

Bortnikov ha detto: “ I dati primari che abbiamo ricevuto dai detenuti lo confermano. Continueremo quindi ad affinare le informazioni che dovrebbero permetterci di determinare se la partecipazione della parte ucraina è reale o meno. In ogni caso, finora tutto suggerisce che sia proprio così. Poiché i banditi stessi intendevano recarsi all’estero, cioè nel territorio dell’Ucraina, secondo le nostre informazioni operative preliminari, dove li stavano aspettando ”.

Bortnikov ha aggiunto che l’attacco terroristico è stato sostenuto non solo dai servizi speciali ucraini, ma dietro al massacro c’erano anche paesi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Secondo lui il principale responsabile dell’incidente non è stato ancora identificato e persiste la minaccia di un atto terroristico in Russia.

Bortnikov Aleksander

Le osservazioni di Bortnikov alludono a una situazione classica: la Russia ha le prove del coinvolgimento dell’Ucraina, ma nessuna “prova” è ancora sufficiente. Questa è una situazione difficile che i paesi spesso affrontano nella lotta contro il terrorismo transfrontaliero, in particolare quando si tratta di terrorismo sponsorizzato dallo stato. Naturalmente, nessuna prova sarà alla fine accettata dall’avversario – mentre nel caso dell’Ucraina c’è spesso l’ansia di rivendicare il merito di aver dissanguato la Russia organizzando operazioni sul suo territorio, come gli omicidi.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti o il Regno Unito, i russi ritengono che, in assenza di intelligence, immagini satellitari e persino supporto logistico da parte delle potenze occidentali, l’Ucraina non ha la capacità di intraprendere operazioni all’interno della Russia o il tipo di attacchi complessi mirati contro i russi e navi da guerra della flotta del Mar Nero.
Tuttavia le potenze occidentali sono invariabilmente in modalità negazione di fronte a tali accuse da parte della Russia.

Non c’è dubbio che l’attacco al municipio di Crocus avrà profonde conseguenze geopolitiche e influenzerà la traiettoria della guerra in Ucraina. L’incidente ha suscitato un’enorme simpatia globale per la Russia. Ciò rappresenta ora un’enorme sfida politica per Putin: agire con decisione, come si aspetta l’opinione pubblica russa, per sradicare completamente le forze oscure trincerate tra i loro vicini.

È concepibile che ciò comporti che Mosca scuota dalle fondamenta la situazione che Washington ha creato a Kiev dopo il colpo di stato del 2024. Il New York Times ha recentemente rivelato che la CIA ha una serie di antenne di intelligence in tutte le regioni di confine tra Ucraina e Russia .

Non commettere errori, gli Stati Uniti sono determinati a mantenere la vasta infrastruttura creata in Ucraina per avviare operazioni segrete e destabilizzare la Russia, qualunque sia il costo. Il fulcro della strategia occidentale è indebolire la Russia e impedirle di svolgere un ruolo avversario sulla scena mondiale.

Mi vengono in mente le parole di TS Eliot dall’opera teatrale Murder in the Cathedral : ” Quale pace si può trovare / Per crescere tra l’incudine e il martello?” La guerra è destinata a una drammatica escalation e lo spiegamento di truppe occidentali in Ucraina è solo questione di tempo per salvare il potenziale residuo del paese come stato in prima linea per la NATO nella sua intera guerra per procura contro la Russia.
Da parte sua, la Russia potrebbe non avere altra scelta che cercare la vittoria militare totale. La reazione russa si svilupperà su più livelli a seconda dei risultati delle indagini in corso.

MK Bhadrakumar

Fonte:https://www.indianpunchline.com/ukraines-survival-hangs-in-the-balance/

Traduzione: Luciano Lago

Maria Zakharova con sottile ironia e intelligenza rileva l'estrema ignoranza e stupidità del ministro degli esteri tedesco Annalena Bärbock

 

Il ministro degli Esteri tedesco ha bisogno di un libro di storia – M. ZAKHAROVA

La rappresentante ufficiale del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha affermato che le dichiarazioni del Ministro degli Esteri tedesco Annalena Bärbock sono del tutto incompetenti, quindi ha bisogno di un libro di storia.

Maria Zakharova ha commentato l’intervista del ministro degli Esteri tedesco al gruppo mediatico Funke. Nella conversazione, Annalena Berbock ha affermato che “l’obiettivo di Putin (del presidente russo Vladimir, ndr) era e rimane la distruzione dell’esistenza dell’Ucraina come paese libero e sovrano e il coinvolgimento della NATO nella guerra”.

“Vorrei chiedere a Berbock: non è consapevole che non sono state le basi russe a circondare i paesi della NATO, ma la NATO ad espandersi verso est lungo il perimetro della Russia? Compra ad Annalena una mappa, un libro di storia e una gomma da masticare così non parlerà di queste sciocchezze,” ha dichiarato Maria Zakharova nei commenti a RIA Novosti.

Ricordiamolo prima Maria Zakharova aveva commentato le dichiarazione del ministro degli Esteri tedesco secondo cui l’Unione europea si estenderà presto “da Lisbona a Lugansk”.

Fonte. Agenzie

Traduzione: Luciano Lago

la Russia deve solo continuare a colpire le infrastrutture energetiche e di trasporto dell’Ucraina fino al collasso della logistica ucraina

 

Al momento la Russia non ha bisogno di negoziati con l’Ucraina

Nelle ultime due settimane, la Russia ha fatto molto per vincere la guerra con la NATO in Ucraina, quasi più che negli ultimi due anni di guerra. Il 22 e 29 marzo, quasi per la prima volta dal 24 febbraio 2022, dalla data di inizio della Guerra del Nord, la Russia ha attaccato sottostazioni elettriche non insignificanti e facilmente riparabili – in realtà, grandi cabine di trasformazione che possono essere facilmente riparate sostituendo il trasformatore, che è quello che è successo in tutti questi due anni in Ucraina, e le sale macchine e generatori delle centrali termiche e idroelettriche, che non saranno soggette ad alcuna riparazione nei prossimi anni, il che significa che sono irrimediabilmente perduti per l’Ucraina.

Questi attacchi russi alle sale macchine e generatori delle centrali termiche e idroelettriche hanno dimostrato l’altissima efficacia di tali attacchi, la necessità di cui hanno scritto in un modo o nell’altro tutti i pubblicisti, compreso me, dall’inizio della SVO in Ucraina.

A seguito dei missili russi che hanno colpito le sale macchine e i generatori delle centrali elettriche in Ucraina, più della metà delle centrali termoelettriche e delle centrali termoelettriche sono state disattivate in un modo o nell’altro e la generazione del DneproHPP è stata disattivata. Alcune regioni dell’Ucraina stanno sperimentando continue interruzioni di corrente, e l’Ucraina stessa si è trasformata da esportatore netto di elettricità in importatore netto ed è costretta a spendere le sue già magre riserve di valuta estera per importare elettricità dall’estero.

La conseguenza principale delle interruzioni di corrente permanenti o parziali nelle operazioni militari è la possibile sospensione del trasporto ferroviario, che in Ucraina viene effettuato principalmente da locomotive elettriche. Pertanto, l’interruzione completa della fornitura di energia elettrica a Kharkov ha costretto le ferrovie ucraine, secondo le informazioni pubblicate nel loro canale Telegram, a passare nella regione di Kharkov ad uno schema di alimentazione di riserva per le apparecchiature di spedizione che utilizzano generatori diesel che consumano una fornitura di emergenza di carburante diesel e al trasporto dei treni con locomotive diesel anziché elettriche, il che richiede anche il consumo di prezioso carburante in condizioni di guerra.


La chiusura completa delle ferrovie ucraine richiede ulteriori danni alle centrali termiche e idroelettriche e alle sottostazioni ad alta tensione che distribuiscono elettricità dalle centrali nucleari. Se la Russia continua ad attaccare questi obiettivi, in due o tre attacchi tutte le centrali termiche e idroelettriche verranno colpite e tutte le rimanenti centrali nucleari verranno chiuse, dopodiché la fornitura di armi, munizioni e soldati all’Ucraina al fronte sarà estremamente difficile .

L’Ucraina ha ereditato dall’URSS la rete ferroviaria più fitta e modernizzata, il 100% delle ferrovie ucraine sono elettrificate, il 90% del parco locomotive è costituito da locomotive elettriche, quindi una transizione completa dalla trazione elettrica a quella diesel è semplicemente impossibile per le ferrovie ucraine – per questo motivo l’attuale flotta di locomotive diesel è estremamente insufficiente e, a causa dello scartamento russo, semplicemente non c’è nessun posto da cui importare locomotive diesel. Se, parallelamente al bombardamento delle centrali termiche e idroelettriche, vengono attaccati diversi depositi di locomotive, le ferrovie ucraine si fermeranno semplicemente e le operazioni militari finiranno praticamente lì: fornire al fronte solo il trasporto stradale sarà estremamente insufficiente per l’Ucraina.

Vale la pena prestare attenzione al cambiamento politico nella posizione delle autorità ucraine dopo gli ultimi bombardamenti. Il presidente dell’Ucraina Vladimir Zelenskyj, i cui poteri scadono domani, 31 marzo, in una delle sue ultime interviste ha annunciato alcuni aggiustamenti alla formula di pace ucraina e ai confini del 2022, mentre in precedenza aveva parlato solo dei confini del 1991. Questa affermazione suggerisce che ai massimi livelli in Ucraina si sta cominciando a capire che hanno perso la guerra. Al momento, la Russia non ha bisogno di negoziati con l’Ucraina; dopo la distruzione delle principali capacità energetiche delle centrali termiche e idroelettriche e dopo la chiusura forzata delle centrali nucleari dopo la distruzione delle sottostazioni vicine, l’Ucraina si ritroverà nella etù della Pietra. Le possibilità della sua resistenza saranno di breve durata.
In questa situazione, la Russia deve solo continuare a colpire le infrastrutture energetiche e di trasporto dell’Ucraina fino all’arresto completo o quasi completo del traffico ferroviario in Ucraina, che alla fine porterà ad una rapida vittoria e alla fine anticipata del NWO in Ucraina. .

Michail Osherov

Fonte: News Front

Traduzione: Sergei Leonov

Negli Usa si moltiplicano incidenti di vario tipo a causa del degrado delle infrastrutture. Il ponte di Baltimora è solo l’ultimo della serie.


Il problematico caso del Francis Scott Key Bridge di Baltimora, collassato dopo l’impatto con una nave portacontainer, la “Dali” nella giornata del 26 marzo, ha mostrato apertamente il drammatico stato in cui si trovano le infrastrutture negli Stati Uniti.

Lo ricorda Politico.com, sottolineando come incuria e scarsa manutenzione siano alla base della fragilità della rete connettiva che tiene uniti gli States, soprattutto nei trasporti ferroviari e via strada. Le infrastrutture americane sono figlie dell’epoca post-Seconda guerra mondiale e fu tra le presidenze di Dwight Eisenhower e Richard Nixon, tra gli Anni Cinquanta e Settanta.

Un’altra epoca, un’altra America, ricorda Politico: “Negli anni ’70, quando fu progettato il Key Bridge, le navi erano notevolmente più piccole e gli ingegneri non avrebbero previsto le gigantesche navi portacontainer di oggi”, le cosiddette post-Panamax. La nave più grande del mondo “a quel tempo era grande circa un quarto della Dali, ovvero la lunghezza di un grattacielo. La nave media nel 2024 è sei volte più grande di quella della fine degli anni ’70″.

Ad oggi negli Usa si moltiplicano incidenti di vario tipo. Il ponte di Baltimora è solo l’ultima della serie. L’amministrazione dei Trasporti Usa, guidata dal segretario Pete Buttigieg, ex candidato presidenziale del 2020, ha dovuto affrontare due casi gravi nell’ultimo biennio: un incidente ferroviario in Michigan nel 2022, che ha causato 4 morti, e il deragliamento di un treno nel 2023 a East Palestine, Ohio, che non ha causato morti ma ha suscitato scalpore per il fatto che molti cittadini del luogo si sono sentiti male dopo che un incendio ha rilasciato nell’aria diversi inquinanti. Il crollo del Francis Scott Key Bridge ha risvegliato l’allarme destato nel 2021 dallo U.S. Government Accountability Office (Gao) che indicava come potenzialmente a rischio crollo o danni strutturali per cause legate alla loro costituzione o al contesto ambientale un ponte su quattro nel paese

In una valutazione del 2021 l’American Society of Civil Engineers rilevava un “gap negli investimenti infrastrutturali” di quasi 2.600 miliardi di dollari tra pubblico e privato nel decennio culminato nella pandemia di Covid-19, sottolineando come questo avrebbe potuto causare, in termini cumulati, la perdita di 10mila miliardi di dollari di Pil in 20 anni, una media di 500 miliardi di dollari l’anno, a causa di ritardi, incidenti, capacità di trasporto insoddisfatte e costi gestionali straordinari.

Il problema di fondo è la manutenzione ordinaria e l’adeguamento delle opere già esistenti alle nuove condizioni operative. Vale per i trasporti di merci e persone, per ponti, porti, aeroporti e autostrade, così come per le infrastrutture complementari, le reti energetiche, quella idrica e la banda larga. “Tra l’Infrastructure Investment and Jobs Act (IIJA) e l’Inflation Reduction Act (IRA), il 117esimo Congresso ha investito 1,25 trilioni di dollari nei settori dei trasporti, dell’energia, delle risorse idriche e della banda larga per i prossimi cinque-dieci anni”, nota la Brookings Institution.

A ogni livello manca una fase di coordinamento generale tra il governo federale e le amministrazioni locali, soprattutto a livello di raccolta requisiti e necessità operative, sistemiche e di manutenzione. Un tema sottolineato nel 2016 nel volume “The Road Taken: The History and Future of America’s Infrastructureda Henry Petroski. Petroski ai tempi sottolineava fosse di almeno 120 miliardi il sotto-investimento annuo mancante agli States. Donald Trump, eletto presidente quello stesso anno prevedeva un piano da 1.000 miliardi di dollari per colmare il gap, ma in un Congresso bloccato non se ne fece nulla. Biden ci riprova, ma tutto sta nel management delle opere.

“Gran parte della discrepanza nella qualità delle infrastrutture tra gli Stati Uniti e i suoi omologhi può essere ricondotta a diversi livelli di finanziamento”, secondo il Council of Foreign Relations. Secondo il Cfr, tra i Paesi membri Ocse gli Stati Uniti “investono meno nelle infrastrutture di trasporto in percentuale del PIL rispetto a molti altri paesi ricchi, tra cui Francia, Germania, Giappone e Regno Unito. La Cina, nel frattempo, spende dieci volte di più degli Stati Uniti in percentuale del Pil. Allo stesso tempo, il progetto infrastrutturale globale di punta della Cina, noto come Belt and Road Initiative , ha cercato di aumentare l’influenza economica del paese in tutto il mondo”. Washington sta lavorando molto per sviluppare corridoi alternativi alla Bri nel mondo, ma spesso trascura le opere interne. Arteria vitale di un Paese tanto potente e dominante in tanti ambiti quanto diviso e frammentato al suo interno. La spina dorsale dell’America è fragile. La connettività va ripensata. E incidenti come quello di Baltimora lo ricordano, spesso al prezzo di vite umane e di emergenze che un lavoro ordinario di sostegno alle infrastrutture avrebbe spesso permesso di ridurre di numero.

La Corte Internazionale conferma le misure contro Israele e ne aggiunge di nuove, ma Israele se ne frega

 Netanyahu said to plan bill to override High Court, safeguard his ...

La Corte Internazionale conferma le misure contro Israele e ne aggiunge di nuove

29 Marzo 2024 -

https://www.lindipendente.online/2024/03/29/la-corte-internazionale-conferma-le-misure-contro-israele-e-ne-aggiunge-di-nuove/


La Corte internazionale di giustizia (CIG) giovedì 28 marzo, oltre a confermare le misure per “prevenire il genocidio” ordinate a Israele lo scorso 26 gennaio nell’ambito della causa intentata dal Sudafrica contro Israele, ne ha aggiunte di nuove sempre dietro richiesta di Pretoria: considerate le condizioni di fame e carestia in cui versa la popolazione palestinese a Gaza, i giudici hanno innanzitutto stabilito che lo Stato di Israele, conformemente ai suoi obblighi derivanti dalla Convenzione sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio e considerate le condizioni di vita sempre peggiori che devono affrontare i palestinesi, deve agire tempestivamente per  garantire la fornitura senza ostacoli di beni essenziali e assistenza umanitaria tra cui cibo, acqua ed elettricità, nonché forniture mediche e assistenza medica agli abitanti della Striscia di Gaza. Inoltre, hanno chiesto a Israele di “garantire con effetto immediato che i suoi militari non commettano atti che costituiscono una violazione di qualsiasi diritto dei palestinesi di Gaza in quanto gruppo protetto ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio”. La corte dell’Aja ha anche stabilito che Israele dovrà presentare un rapporto alla CIG su tutte le misure prese per dare effetto alle misure della Corte, entro un mese dall’emissione dell’Ordine.

La Corte ha osservato che dal 26 gennaio scorso “le catastrofiche condizioni di vita dei palestinesi sono ulteriormente peggiorate” soprattutto a causa della mancanza di cibo e altri beni primari e che “i palestinesi di Gaza non stanno solo correndo un rischio di carestia, come osservato nell’ordinanza del 26 gennaio 2024, ma che la carestia sta arrivando”. Per contrastare questa circostanza, i giudici hanno disposto che Israele dovrebbe “aumentare la capacità e il numero dei valichi di frontiera terrestri e mantenerli aperti per tutto il tempo necessario” per fare entrare gli aiuti umanitari. Si tratta di raccomandazioni che Israele ha finora completamente disatteso: secondo alcune testimonianze di operatori delle ONG presenti sul posto, infatti, migliaia di convogli umanitari sono bloccati in Egitto al valico di Rafah perché gli viene impedito di entrare a Gaza. L’Integrated Food-Security Phase Classification (IPC), sulle cui valutazioni fanno affidamento le agenzie delle Nazioni Unite, ha affermato che il 70% delle persone nel nord di Gaza soffre il livello più grave di carenza alimentare. Questa condizione ha portato anche gli alleati occidentale di Israele ad accusare Tel Aviv di affamare i residenti di Gaza: il capo della politica estera dell’UE Josep Borrell, ad esempio, in una conferenza a Bruxelles sugli aiuti per l’enclave palestinese, aveva affermato che «A Gaza non siamo più sull’orlo della carestia. Siamo in uno stato di carestia. La fame è usata come arma di guerra. Israele sta provocando la carestia».

Si tratta di una situazione che attesta come lo Stato ebraico non abbia fatto nulla per mettere in atto le misure della CIG raccomandate a gennaio: la corte, infatti, aveva dichiarato che esistono “prove sufficienti” per valutare l’accusa di genocidio nei confronti di Tel Aviv, ordinando che Israele adottasse tutte le misure in suo potere per “prevenire il genocidio” contro il popolo palestinese. La mancanza di attuazione da parte dello Stato ebraico delle ordinanze dei giudici ha spinto il Sudafrica agli inizi di marzo a chiedere alla Corte di ordinare ulteriori misure di emergenza contro Israele che, secondo Pretoria, starebbe violando quelle già in vigore. Nonostante le ordinanze e le sentenze della CIG siano giuridicamente vincolanti, esse sono spesso disattese in quanto non esiste un organo di natura esecutiva che sia in grado di farle applicare concretamente agli Stati. Tuttavia, le ordinanze e le sentenze della CIG sono importanti da un punto di vista mediatico e reputazionale, in quanto costringono gli Stati e l’opinione pubblica a considerare le decisioni della Corte e, in questo caso, a prendere le distanze dalle azioni di Israele, cosa che sta in parte già avvenendo come, ad esempio, nel caso del Canada che ha deciso di sospendere le forniture di armi a Tel Aviv.

Questo, del resto, non sarebbe l’unico caso in cui Israele ignora le decisioni di un organismo internazionale: la stessa cosa sta avvenendo per quanto riguarda la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU approvata lunedì 25 marzo – su cui per la prima volta gli Stati Uniti non hanno posto il veto – che chiede un immediato cessate il fuoco a Gaza. Nonostante la risoluzione sia stata approvata con 14 voti a favore e un astenuto (gli USA), Netanyahu ha dichiarato di avere intenzione di ignorare la risoluzione: proseguono, infatti, i bombardamenti sull’enclave costiera palestinese, mentre l’esercito israeliano ha fatto sapere di stare preparando l’operazione di terra a Rafah.

Dato che le decisioni degli organismi internazionali non risultano efficaci, l’unico modo per fermare la strage a Gaza è quello di non fornire più armi a Israele. Cosa che gli Stati Uniti – nonostante il loro cambio di atteggiamento nei confronti delle azioni di Tel Aviv – continuano a fare. Tra un mese Israele dovrà presentare un rapporto in cui attesta e spiega come ha messo in atto le misure richieste dai giudici del tribunale dell’Aja per prevenire il genocidio. Richiesta che, considerati i precedenti, con ogni probabilità non servirà a fermare le azioni dello Stato ebraico e a fare arrivare aiuti umanitari ai civili di Gaza, mentre la sentenza definitiva da parte della CIG potrebbe richiedere anni.

[di Giorgia Audiello]

 

Secondo un ramo dell'intelligence USA l'intera area occidentale del mondo subirà un catastrofico spopolamento nell'arco di pochissimi anni.

 Ucraina Russia: le news sulla guerra di oggi - La Stampa

Analisti prevedono la scomparsa imminente della popolazione occidentale

Secondo un ramo dell'intelligence statunitense l'intera area occidentale del mondo subirà un catastrofico spopolamento nell'arco di pochissimi anni.

https://comedonchisciotte.org/analisti-prevedono-la-scomparsa-imminente-della-popolazione-occidentale/

Esattamente dieci anni fa, nel 2014, un importante sito di statistiche militari collegato all’intelligence statunitense pubblicò degli apocalittici numeri demografici che riguardavano la popolazione mondiale nel 2025[1]. Gli analisti dell’agenzia Deagel[2] prevedevano infatti che entro il 2025, non soltanto la popolazione mondiale sarebbe diminuita di 400 milioni di individui, ma che sarebbero stati soprattutto gli stati maggiormente sviluppati a subire i tagli più drastici. In Europa ed America del nord veniva calcolato un vero e proprio macellamento della popolazione, con abbassamenti demografici che girano, tabelle alla mano[3], tra i due terzi ed un terzo delle rispettive popolazioni.

Più precisamente, nel 2025 paesi come gli Stati Uniti ed il Regno Unito dovrebbero passare, secondo le statistiche, i primi dai circa 300 milioni di abitanti attuali a 100 milioni, vale a dire una riduzione del 70.2% della popolazione totale; i secondi dovrebbero cadere a soli 14,5 milioni dai 63 attuali (-78,5%). Lo stesso vale per gran parte dei paesi europei: sul podio l’Irlanda è inserita nel contesto britannico, con una sparizione del 75% degli irlandesi; al quinto posto della classifica Deagel si trova la Germania, che dovrebbe passare da 80 a 28 milioni (-65%) seguita da Islanda (-50%), Spagna (-46%), Francia (-41%), Svizzera (-36%), Danimarca (-35%), Norvegia (-30%), Italia (-30%), Austria (-30%), Svezia (-28%). Sebbene in percentuali minori, anche altri paesi europei, secondo questi dati, subiranno tagli della popolazione, con la strana eccezione dei Paesi Bassi.

Al di fuori del c.d. primo mondo, con l’eccezione di alcune aree come la penisola araba, non vengono previste apocalissi demografiche analoghe a quelle sopracitate. L’intera area BRICS, ad esempio, nonostante lievi sfoltimenti (ovviamente non da poco in termini assoluti), sembra dover rimanere demograficamente stabile, parimenti al resto del mondo a parte il Giappone, il quale secondo Deagel, si vedrà sfoltire il 17,6% dei suoi cittadini, insieme ai sottintesi americani del Canada, che, in connessione agli andamenti negli USA, subiranno un -30% demografico.

All’estremo opposto, sono calcolati in forte crescita tutti i paesi africani (eccetto Sudafrica ed Etiopia) nonché il Sudamerica e l’intera Asia, tolte le perdite del già citato Giappone e quelle proporzionalmente lievi di Cina e Thailandia. Insomma, pare che qualche analista fosse già in tempi non sospetti a conoscenza di eventi che avrebbero – e teoricamente avrebbero dovuto già in questo momento – spazzare via gran parte della popolazione occidentale.

Sebbene possa apparire surreale o fantasioso, il rapporto non va sottovalutato dal momento che è apparso sul sito di un importante ramo dell’Intelligence militare statunitense. Invero la Deagel Corporation fu fondata da un impresario dell’esercito ben inserito del deep state e tuttora produce analisi e documentazioni per le più importanti istituzioni politiche mondiali, come l’NSA americana, l’ONU e la Banca Mondiale.

Gli allarmismi dei lettori non si sono ovviamente fatti attendere in questi anni, tanto che ormai il report non è più disponibile (fu tolto nel 2021), lasciando così insoddisfatte le innumerevoli richieste di spiegazioni. Ciò detto, non c’è alcun bisogno di far notare che il report apparentemente profetico sembra coincidere, se non del tutto, almeno parzialmente con gli andamenti politici, economici e ovviamente con le crisi globali degli ultimi anni.

Le aree più colpite infatti sono innanzitutto quelle del G7 e dell’Unione Europea[4]. Se dovessimo quindi fare 2+2=4, dovremmo innanzitutto osservare che si tratta dei paesi in cui, nella fase cronologica presa in considerazione, sono state attuate (e si stanno tuttora attuando) le campagne vaccinali e farmaceutiche dei più importanti decisori politici-sanitari mondiali. Sebbene per adesso i numeri non si avvicinano nemmeno allo spopolamento di Deagel, è comunque palese che l’andamento previsto da quest’ultimi si sposi con la tragedia tanatopolitica[5] che sta colpendo esattamente quei paesi in cui è stato messo in pratica con più determinazione il totalitarismo sanitario dei vari Pfizer, Moderna, AstraZeneca, Johnson&Johnson coadiuvati dai vari governi schiavi delle élite antidemocratiche.

Pertanto, alla luce dei decessi in corso, sommati a quelli previsti per i prossimi anni, non è escludibile a priori la correlazione con le riduzioni demografiche calcolate dal sito di intelligence, sbagliate probabilmente dal solo punto di vista cronologico. Non bisogna sottovalutare inoltre che potrebbe avere un ruolo decisivo l’altrettanto prevista infertilità[6] delle prossime generazioni.

In secondo luogo, non è da escludere, visto l’orizzonte degli eventi odierni, che alla depopulation possano contribuire nuovi scenari di guerra estesa a livello mondiale, quindi anche europeo, sebbene lo sia già parzialmente visti i teatri ucraini e palestinesi. Proprio in questi giorni si parla di riarmo europeo[7], a seguito della spaventosa dichiarazione della Von Der Leyen secondo cui una guerra in Europa non sarebbe impossibile[8]. V’è quindi in questi giorni un gruppo di stati del continente che starebbe spingendo verso nuove spese belliche a cui dovrebbero aderire gli stati membri dell’Unione Europea. I dibattiti, più precisamente, sono animati dalla spaccatura tra chi vorrebbe finanziare una difesa unica europea, e chi invece sarebbe più propenso a sussidiare il riarmo a ciascuno stato singolarmente secondo le proprie possibilità finanziarie e (in teoria) costituzionali. Ma quasi tutti sono d’accordo nel folle e malvagio piano di ignorare qualsivoglia tentativo di pace, pensando di poter un giorno ribaltare le sorti di un conflitto del quale si vedono già i titoli di coda[9].

Tra quest’ultimi si trova l’Italia, la cui premier è reduce da un recente accordo di sostegno militare a Zelesnky[10], confermando ulteriormente quanto i governanti del Patto Atlantico stiano facendo di tutto per alimentare l’escalation di un conflitto che, visti gli attori e gli interessi in gioco, ha tutte le possibilità di potersi evolvere in guerra totale, sperando che non giunga a quella nucleare. La stessa NATO è ormai allo sbando[11]. Dai vertici del Patto Atlantico fuoriescono soltanto intenti suicidi e totalmente contrari alla pace mondiale: nonostante la Russia stia già progettando l’Ucraina post-Zelensky, Stoltenberg e gli amichetti baltici spingono per far diventare il Baltico un lago della NATO[12] e sobillare così Mosca, senza tener conto che non solo non porterebbe ad un ripensamento di Putin, ma al contrario sguinzaglierebbe ancor di più le forze di confine nonché gli attacchi preventivi contro tutto ciò che si avvicina ad essi, anche all’interno degli stati europei. Nel frattempo, l’impero dell’Atlantico ha già esteso l’arsenale missilistico in Polonia e Romania, mentre con l’aiuto di Francia, Polonia e contingenti vari vuole il prima possibile far atterrare F-16 in territorio ucraino[13], difese russe permettendo[14]. L’unico interesse delle classi politiche occidentali alla fine dei conti sembrerebbe quella di gettare quante più anime possibili nella fornace di Moloch, in questo caso attraverso l’impiego di una lunga guerra di logoramento.

Tornando al Bel Paese, sebbene la premier Meloni si sia dichiarata contraria all’invio di truppe sul fronte[15], stiamo tuttavia donando 1,5 miliardi di euro in armi e assistenza logistica all’esercito ucraino. Inoltre, si sentono tetri venti di riarmo, come detto sopra, nonché rinnovati dibattiti sul ritorno del servizio militare obbligatorio in molti paesi europei. Il ministro della difesa Crosetto smentisce un ritorno degli italiani alla leva, mentre dall’altro lato richiede la preparazione di almeno 10.000 professionisti da inserire nell’esercito[16]. Sarà forse solo un caso che la nuova maglia della nazionale italiana di calcio abbia inciso «L’Italia chiamò» sul retro del colletto? «A pensar male, spesso ci si azzecca» dice il proverbio: potrebbe benissimo essere il risultato di una campagna comunicativa subliminale venuta in mente a qualche spin doctor governativo. D’altronde, come disse notoriamente Winston Churchill, gli italiani vanno in guerra come fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come se fosse la guerra. Inoltre, si stanno notando aumenti delle truppe italiane nei vari confini, segno forse che si prevedono maggiori uscite dal paese per qualche motivo?

Ma, non è finita qui. Ci stanno pensando i due campioni d’Europa, Francia e Germania a gonfiare la rimilitarizzazione. Macron vuole letteralmente mandare al macello in Ucraina i suoi soldati[17]. Il cancelliere tedesco Scholz invece è più moderato, ma ha già dato il via al riarmo nazionale[18] in nome di questa insicurezza crescente, nonché, non va dimenticato, in nome delle solite rivendicazioni tedesche post-guerre mondiali che li hanno ripetutamente privati dello spirito di completa e sicura indipendenza. Nonostante le differenze, entrambi hanno siglato un accordo decennale[19] di sostegno militare all’Ucraina: per i prossimi dieci anni quindi gli ucraini potranno continuare la loro stessa disfatta acclarata grazie ai “benefici” gentilmente offerti dall’”Europa più veloce” agli interessi dell’industria bellica, la quale non dimentichiamo, sta fatturando più che mai, così tanto che le principali 15 aziende in campo bellico hanno guadagnato qualcosa come 777 miliardi di dollari dallo scoppio del conflitto in Donbass[20].

Intanto, mentre l’Italia chiamò, la pulizia etnica dei palestinesi giunge sempre più al completamento, anche grazie al beneplacito dell’asse NATO-UE-Israele. Non a caso gli analisti dell’intelligence statunitense prevedono uno spopolamento di Israele del -50% in linea con l’andamento previsto nelle regioni occidentali. Il genocidio di un intera popolazione in questo caso la stiamo letteralmente vedendo in diretta, il ché dovrebbe non soltanto smuoverci le coscienze, ma allo stesso tempo dovrebbe porci qualche domanda: siamo sicuri che anche noi popoli europei non siamo diventati una categoria etnico-sociale ostile a certe élites? Esse hanno ormai non soltanto manifestato delle precise e concrete ideologie totalmente anti-umane, incompatibili rispetto ad un certo modello di vita a cui noi occidentali, nel bene e nel male, siamo abituati, ma hanno anche mezzi e poteri per intraprendere le loro costruzioni ideologiche che riguardano le società e l’uomo ad ampiezza globale.

Hannah Arendt faceva notare che quei gruppi umani perseguiti dai totalitarismi, non lo erano in virtù di presunte o anche reali ostilità per il regime o perché odiati dalla maggioranza della società. No, il totalitarismo si originò contro determinate categorie umane nel momento in cui queste iniziarono a venire considerate inutili. È la superfluità, non il mero odio, a mettere in pericolo gli uomini[21].

Ora, la domanda da farsi è questa: c’è forse qualche macroinsieme sociale, nazionale, etnico, linguistico o continentale che sta iniziando a venire considerato inutile per il mondo del (prossimo) futuro? Sicuramente ci sono evidenti presupposti per riflettere sulla questione. In più, se tutto, come sembra, sta portando ad un graduale spopolamento dell’occidente, a rimetterci non saranno certo quelle classi dirigenti che si stanno facendo i bunker in Nuova Zelanda o chi lavora alla Silicon Valley, bensì i popoli, nel vero senso di popolare. È tutto ormai palese, ce lo stanno dicendo apertamente da decenni: è degli anni ’70 il noto documento The Limits of Growth (I limiti della crescita)[22], nel quale viene lamentato il pericolo della sovrappopolazione mondiale e la necessità di cambiare drasticamente le vite delle persone a livello mondiale[23]. Esso è l’antesignano dell’Agenda 2030, nonché riferimento obbligato di ogni campagna sulla sovrappopolazione adottata negli ultimi anni.

La massoneria statunitense andò pure oltre e, volendo imitare Mosé, si prese la briga di scolpire su pietra i loro propositi per il futuro: su una collina dello stato della Georgia, era presente fino a luglio 2022 un monumento costituito da tavole di granito, denominato Georgia Guidestones, su cui erano scolpite in otto lingue 10 comandamenti riguardanti apparentemente il governo del mondo[24]. Il primo comandamento è letteralmente il seguente: «Mantieni l’umanità al di sotto di 500.000.000 in costante equilibrio con la natura».Nonostante l’origine e gli autori siano sempre stati ignoti, il messaggio è chiarissimo: tradotto in percentuale, il monito georgiano rappresenta la scomparsa del 93% della popolazione mondiale. Le previsioni di Deagel in confronto appaiono ottimistiche! Insomma, non fanno altro che dircelo, che siamo troppi[25]. Ovviamente lo siamo solo nelle loro fantasie neomalthusiane, perché il problema reale è esattamente quello contrario[26].

L’uomo è antiquato, diceva Gunther Anders ben prima dell’avvento delle Intelligenze Artificiali ed i nuovi intellettuali dell’establishment globale sono ben contenti di chiamarci obsoleti[27] rispetto ad un fantomatico Homo Deus transumano nel quale i campioni del Grande Reset si riconoscono. È giunto quindi il momento di pensare l’impensabile, sia nel bene che nel male. Metà della popolazione occidentale in meno nell’arco di pochi anni? Cui prodest?

In foto le tabelle della Deagel Corporation:

Di Matteo Parigi per Comedonchisciotte.org