Gli Dei vanno contro il Popolo Eletto, Mammona contro Israele, Marte contro il Pentagono
John Elmer
johnhelmer.net
La strategia palestinese contro Israele mira a distruggere in un conflitto prolungato la capacità di Israele di sopravvivere nel suo stato attuale.
Ciò significa attaccare l’invincibilità delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) e il loro sistema antimissili Iron Dome; [questa strategia] era iniziata con l’offensiva transfrontaliera del 7 ottobre e continua con attacchi quotidiani di droni e artiglieria su obiettivi all’interno di Israele, nonché con la resistenza alle incursioni delle IDF a Gaza.
Il piano significa anche mettere a nudo la debolezza delle infrastrutture e dell’economia dello Stato; estendere il campo di battaglia a tutto il territorio israeliano – porti, centrali elettriche e rete elettrica, comunicazioni e mercati finanziari – rendendo insostenibile il costo dell’occupazione dei territori arabi. In una guerra prolungata, due delle principali esportazioni israeliane, che coprono più del 40% delle entrate dello Stato, i diamanti e il turismo, rischiano la rovina [*].
“Gli israeliani non possono sopportare una guerra che comporti un anno di combattimenti”, aveva detto il presidente iracheno Saddam Hussein al suo stato maggiore nel 1983, durante una discussione sulla pianificazione di una guerra regionale degli Arabi contro Israele [**]. Sono passati quarant’anni e l’evoluzione della tecnologia e delle tattiche militari ha ampliato il potere dei piccoli eserciti di liberazione nazionale, come Hamas, Hezbollah e gli Houthi, dei mandanti per procura, come l’Iran, e del ruolo di bilanciamento strategico di Russia e Cina. La loro combinazione ha ridotto la resistenza ad una guerra prolungata dello Stato sionista e quella del suo mandante per procura, gli Stati Uniti.
Gli israeliani e la diaspora ebraica lo comprendono con riluttanza. Per loro, una guerra breve dovrebbe essere ancora più breve. Ciò significa il genocidio di almeno un milione di palestinesi tra morti e sfollati.
Questa guerra ora è diventata una guerra internazionale – una guerra che gli Stati Uniti non possono sostenere. Come ha detto pubblicamente questa settimana un insider del Pentagono, “poiché le infrastrutture logistiche e di supporto del Pentagono sono così numerose, non siamo pronti a intervenire in modo concertato. Quello a cui stiamo assistendo in questo momento è la morte per mille tagli. I nostri avversari sanno che siamo sotto pressione, quindi ci faranno sudare ancora di più, e così potremo rispondere ancora di meno”.
Giovedì, a Mosca, la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha confermato lo stato delle cose: i rinforzi navali, aerei e marittimi statunitensi dispiegati intorno a Israele e Gaza sono “tattiche americane per rafforzare la propria sicurezza (così dovrebbero essere interpretati) a spese di qualcun altro”. Si stanno ritorcendo contro la capacità di Washington di difendere le forze statunitensi nel Mediterraneo, nel Mar Rosso, nel Golfo Persico e nelle basi terrestri in Siria, Iraq e Giordania. “Al contrario”, ha aggiunto Zakharova, il dispiegamento militare statunitense “destabilizzerà ulteriormente la situazione in Medio Oriente, creando ulteriori tensioni che potranno riversarsi oltre la regione”.
L’avvertimento della Zakharova era arrivato nel pomeriggio. A quell’ora i funzionari del Ministero degli Esteri russo avevano tenuto incontri con una delegazione di Hamas e con funzionari di Iran, Egitto e Kuwait. Alla stessa ora, dall’altra parte della città, il Presidente Vladimir Putin aveva avuto un colloquio telefonico con il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il comunicato del Cremlino aveva poi riferito che: “Russia e Turchia hanno posizioni praticamente sovrapponibili”.
La censura e la propaganda dei media israeliani e statunitensi stanno nascondendo l’entità degli effetti del piano bellico palestinese e la profonda debolezza militare ed economica dello Stato israeliano.
Più la guerra continua, più è evidente sul campo di battaglia che lo schema dello Stato unico imposto da Israele e Stati Uniti è infattibile. Resta da stabilire se Israele e Stati Uniti possano essere costretti a ritirarsi ai confini del 1967 e a creare un nuovo Stato palestinese con partizione, smilitarizzazione e garanzie di sicurezza internazionali – la base della posizione russa annunciata giovedì a Mosca -.
In questa lunga guerra, gli dei non favoriscono il popolo eletto.
Seguire con precisione le azioni sul campo di battaglia è impossibile per la stampa israeliana e anglo-americana. I resoconti delle operazioni e delle vittime israeliane e statunitensi vengono soppressi del tutto o ritardati di giorni, se non di settimane.
Secondo questo servizio televisivo della NBC, trasmesso il 24 ottobre, ci sono state almeno 24 vittime statunitensi in seguito ad attacchi di droni avvenuti intorno al 18 ottobre presso la base di Al-Tanf in Siria e la base di Al-Asad in Iraq. Le notizie sull’azione navale nel Mar Rosso, la USS Carney che avrebbe ingaggiato missili Houthi per diverse ore, sono cambiate rispetto alle prime notizie del 19 ottobre. Per saperne di più, leggete qui. In un nuovo rapporto del 24 ottobre è stato rivelato che ci sono state vittime israeliane e statunitensi in un raid congiunto all’interno di Gaza: “nelle ultime 24 ore circa, alcune delle nostre forze speciali e delle forze speciali israeliane sono entrate a Gaza per una ricognizione, per pianificare la liberazione degli ostaggi e, a quanto ho capito, sono state fatte a pezzi e hanno subito gravi perdite. Penso che questa sia la direzione che stiamo prendendo e non la vedo come una vittoria per Israele sotto qualsiasi forma. E certamente penso che sia molto pericoloso per noi”. Nel reportage di Al Mayadeen sono documentati gli attacchi quotidiani contro le basi statunitensi in Iraq e nel nord-est della Siria.
È difficile anche seguire gli attacchi alla rete elettrica e alle infrastrutture da parte di Hamas e Hezbollah. Hanno iniziato con attacchi informatici contro gli impianti di produzione di energia elettrica e le reti elettriche di Israele; a questi sono seguiti attacchi missilistici e con droni. “È stato preparato il terreno per gli attacchi alla rete elettrica israeliana”, afferma una fonte militare statunitense. “Credo che prima verranno i droni, poi i missili. Potremmo anche assistere a incursioni di commando”.
Anche i porti marittimi di Israele sono sotto costante attacco. Ashkelon, il più vicino a Gaza, è stato chiuso. Eilat potrebbe essere stata l’obiettivo dell’attacco missilistico degli Houthi intercettato la settimana scorsa dalla USS Carney. Ashdod, che rappresenta circa il 40% del commercio marittimo israeliano in entrata e in uscita, e il porto di Tel Aviv sono stati presi di mira. Il risultato è un aumento di dieci volte dei costi delle assicurazioni contro i rischi di guerra per le navi e i carichi e la riduzione del movimento delle navi internazionali in entrata e in uscita dai porti israeliani; sembra che ad Ashdod il trasporto marittimo sia diminuito del 30% rispetto al volume prebellico. Evergreen, la compagnia di navigazione taiwanese che trasporta container, il 17 ottobre ha dichiarato lo stato di forza maggiore per Ashdod, ha dirottato una nave ad Haifa e ha interrotto le spedizioni future in entrambi i porti. “Consigliamo di valutare caso per caso ogni visita a un porto israeliano e di adottare le precauzioni del caso nella pianificazione di emergenza delle navi”, raccomanda un bollettino di allerta dell’industria marittima.
Il giacimento di gas offshore Tamar della Chevron è stato chiuso. Qui si estrae il 70% del gas necessario ad alimentare il fabbisogno di energia elettrica di Israele. Non una sola fonte mediatica anglo-americana ha notato che Israele rischia di perdere la sua principale fonte di energia a causa di un attacco di droni o missili. “Dopo quello che gli americani e i tedeschi hanno fatto per far saltare i gasdotti del Nordstream”, commenta una fonte industriale di Mosca, “cosa trattiene Hamas dal colpire Tamar o Hezbollah gli altri giacimenti di gas israeliani?”.
A sinistra: la piattaforma per l’estrazione di gas Tamar di Chevron si trova in mare a 24 chilometri a ovest di Ashkelon. A destra la mappa delle fonti di gas offshore di Israele.Una fonte di Mosca commenta che “in Israele, gli Stati Uniti e il Regno Unito saranno in grado di portare rifornimenti praticamente senza il rischio che le navi statunitensi vengano attaccate. Il rischio riguarda i porti e le basi, non le forniture dal Mediterraneo. Le basi greche e cipriote saranno molto utili. Israele non dovrà affrontare gravi problemi logistici finché sarà all’offensiva. Se i suoi insediamenti inizieranno ad essere tagliati fuori, accerchiati o penetrati, allora la questione è diversa”.
Anche gli effetti economici indiretti della guerra non vengono calcolati o discussi dai media tradizionali o dai giornali economici internazionali. Le principali fonti di reddito da esportazione sono i diamanti, con oltre 9 miliardi di dollari all’anno, e il turismo, che aveva raggiunto un picco di 8,5 miliardi di dollari nel 2019. Insieme, i diamanti e il turismo rappresentano oltre il 40% dei proventi delle esportazioni dello Stato.
La pandemia di Covid-19 e le restrizioni ai viaggi in tutto il mondo avevano ridotto di quattro volte le entrate turistiche di Israele, che si erano riprese nel corso del 2022 e della stagione turistica di quest’anno. Il fenomeno si è ora arrestato, anche se, per il momento, i lanci di razzi di Hamas sull’aeroporto Ben Gurion, vicino a Tel Aviv, sono stati intercettati.
Anche le esportazioni israeliane di macchinari ad alta tecnologia e di prodotti farmaceutici potrebbero essere colpite se la fornitura di elettricità, le reti internet e i trasporti venissero danneggiati.
L’effetto cumulativo sarà il risultato per il quale le agenzie di rating internazionali hanno avvertito le banche e i mercati finanziari internazionali di prepararsi. “A nostro avviso”, ha riferito Fitch ai clienti il 17 ottobre, “la combinazione di un’economia dinamica e ad alto valore aggiunto di Israele, la sua capacità di resistere ai conflitti regionali e la sua preparazione agli scontri militari rendono improbabile che un conflitto relativamente breve, in gran parte limitato a Gaza, possa influenzare il rating di Israele…. il rischio che altri attori ostili a Israele, come l’Iran e Hezbollah, si uniscano al conflitto su larga scala è aumentato in modo significativo… un’escalation importante potrebbe comportare un’azione di rating negativa. Quello in corso potrebbe assumere la forma di un conflitto più ampio e più lungo, con un conseguente drenaggio fiscale prolungato, sia per l’aumento della spesa che per la diminuzione della riscossione delle imposte, oltre alla perdita di capitale umano e materiale e a gravi perturbazioni economiche”.
Quanto breve o quanto lungo sarà il piano bellico di Israele dipende dall’accettazione americana e internazionale non solo del genocidio destinato ai palestinesi di Gaza, ma anche della guerra chimica di tipo Novichok pianificata dall’IDF e dal Pentagono per il sistema di tunnel di Hamas a Gaza City. Dopo diversi anni in cui gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno inventato affermazioni secondo cui la Siria e la Russia avrebbero usato gas proibiti in guerra, gli israeliani avrebbero convinto gli Stati Uniti a partecipare all’operazione di attacco ai tunnel. Il Pentagono nega la notizia.
Fonti militari russe e statunitensi stanno già confermando i problemi di approvvigionamento logistico che le forze israeliane e statunitensi devono affrontare in questo momento, e la guerra è iniziata solo tre settimane fa. Fonti greche riferiscono che la base di Souda Bay, a Creta, ha già raggiunto la sua capacità massima per le operazioni di rifornimento e supporto per le forze della Marina e dell’aeronautica statunitensi in arrivo; questo in aggiunta alle crescenti proteste greche nella base aerea di Elefsina, vicino ad Atene.
Una fonte cipriota afferma che il movimento di aerei statunitensi e britannici in entrata e in uscita dalle basi aeree di Dekhelia e Akrotiri si sta intensificando e che esiste una navetta aerea e marittima tra i porti ciprioti di Larnaca e Limassol e il gruppo di portaerei USS Gerald Ford in mare a sud-ovest dell’isola.
L’allungamento delle linee di rifornimento necessarie per supportare il gruppo di portaerei USS Eisenhower nel Mar Rosso e nel Golfo Persico e le basi terrestri necessarie per sostenerlo sono fattori politicamente sensibili e, quanto più a lungo la guerra contro Israele rivelerà l’abilità e la resistenza bellica araba e iraniana, i rischi di attacchi Houthi e di altro tipo, insieme alle proteste interne delle folle arabe, si intensificheranno nelle basi USA degli sceiccati arabi.
Convertire queste conquiste in un quadro negoziale per il ritiro israelo-americano è il compito che, a Mosca questa settimana, i funzionari russi stanno tentando con i cinesi, in silenzioso coordinamento e in negoziati semi-aperti. Nella sua prima mossa al di fuori della regione dall’inizio della guerra, Hamas si è recato a Mosca per i negoziati, guidato da Moussa Mohammed Abu Marzouq, un politico di formazione statunitense.
A sinistra: Moussa Mohammed Abu Marzouq; al centro: Husam Badran; a destra, Ali Bagheri Kyani.
Giovedi, la Zakharova ha confermato l’inizio dei colloqui con Hamas. “Posso anche dire e confermare che i rappresentanti di un importante movimento palestinese sono a Mosca. Per quanto riguarda i contatti, vi informeremo ulteriormente”. Ha inoltre reso noto che, dall’inizio della guerra, novemila titolari di passaporto russo sono tornati in Russia da Israele e che almeno quindici titolari di passaporto russo tra gli ostaggi di Hamas sono stati uccisi negli attacchi aerei dell’IDF.
Contemporaneamente agli incontri di Marzouq, Husam Badran ha rilasciato una dichiarazione all’emittente statale russa Sputnik. “La Russia”, ha dichiarato Badran, “è in grado di svolgere un ruolo importante nel porre fine alla guerra tra Israele e la Striscia di Gaza e nel fornire aiuti all’exclave palestinese. Hamas apprezza il ruolo della Russia sulla scena internazionale, in particolare l’uso del veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro gli Stati Uniti. Ma la Russia può svolgere un ruolo maggiore nel porre fine all’aggressione contro il nostro popolo nella Striscia di Gaza e nell’utilizzare la pressione internazionale per fornire aiuti urgenti al nostro popolo nella Striscia di Gaza”.
Che cosa Hamas intenda per “ruolo maggiore” della Russia non è stato ancora rivelato pubblicamente. È noto che Hamas è disposto a negoziare il rilascio di ostaggi “non militari”, compresi gli israeliani con passaporto russo, attraverso l’Iran. Questo a condizione che l’IDF tolga l’assedio su Gaza e permetta l’accesso a una quantità sufficiente di rifornimenti in tutte le zone del territorio.
Gli “ostaggi militari” sono trattenuti in cambio del rilascio dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Questi ultimi sono più di 6.000; gli ostaggi a Gaza potrebbero essere meno di 200, dato che almeno 50 sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani.
La dichiarazione del Ministero degli Esteri russo sui colloqui con Hamas è meno rivelatrice. Secondo il comunicato di Sputnik, “la Russia ha discusso del rilascio degli ostaggi e dell’evacuazione dei russi dalla Striscia di Gaza durante un incontro con una delegazione di Hamas a Mosca, giovedì”. Un membro dell’ufficio politico del movimento di resistenza islamica Hamas, Abu Marzouq, si trova a Mosca. Con lui si sono svolti contatti in continuità con la linea russa per l’immediato rilascio degli ostaggi stranieri che si trovano nella Striscia di Gaza, e sono state discusse anche le questioni relative alle garanzie per l’evacuazione dei cittadini russi e di altri stranieri dal territorio dell’enclave palestinese”.
Giovedì, alla stessa ora – inosservati e non riportati dai media occidentali – funzionari russi hanno tenuto diverse sessioni di negoziazione con un emissario iraniano, il viceministro degli Esteri Ali Bagheri Kyani. In tre distinti comunicati del Ministero degli Esteri, sono stati emessi i resoconti degli incontri di Kyani con i viceministri Mikhail Bogdanov, Sergei Ryabkov e Mikhail Galuzin. “È stata confermata la necessità di cessare le ostilità nella Striscia di Gaza e nelle zone limitrofe e di fornire rapidamente assistenza umanitaria alla popolazione palestinese colpita”, si legge nel comunicato di Bogdanov. “È stato dichiarato che Mosca e Teheran sono determinati a continuare a coordinare strettamente gli sforzi nell’interesse della stabilizzazione della situazione in Medio Oriente”.
Non è chiaro se i colloqui abbiano incluso anche i funzionari di Hamas in un formato a tre. Nel corso della giornata si sono svolti a Mosca anche negoziati del Ministero degli Esteri con funzionari kuwaitiani ed egiziani.
Al Cremlino è stato annunciato che il presidente Putin ha parlato con il presidente turco Erdogan per discutere della guerra. Secondo il comunicato del Cremlino, “i presidenti hanno esaminato gli sforzi attivi intrapresi dalla Russia presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, nonché i corrispondenti passi politici e diplomatici compiuti dalla Turchia per fermare lo spargimento di sangue e garantire la consegna senza ostacoli degli aiuti umanitari a coloro che ne hanno bisogno. È stato sottolineato che la Russia e la Turchia hanno posizioni praticamente sovrapponibili, incentrate sull’attuazione della ben nota soluzione dei due Stati, che prevede la creazione di una Palestina indipendente che coesista con Israele in pace e sicurezza”.
Nel suo briefing per la stampa, la Zakharova ha respinto le mosse fatte finora dagli Stati Uniti. “Non riteniamo che la presenza degli Stati Uniti in Medio Oriente contribuisca alla stabilità della situazione nella regione. Esattamente il contrario. I precedenti tentativi di Washington di monopolizzare il processo di risoluzione del conflitto mediorientale, ignorando le vere cause del protrarsi del conflitto, hanno in gran parte portato alle attuali catastrofiche conseguenze… Questa situazione ha una strada assolutamente chiara e comprensibile, una ‘road map’ per la risoluzione. Non è semplice, è complessa, dolorosa, ma porta alla soluzione della questione, non al suo aggravamento”.
Naturalmente, nessun sistema di difesa aerea, forniture di armi o di materiali in alcuni “complessi di sicurezza” aiuterà a risolvere la situazione. La lezione di oggi deve essere imparata. Per quanti americani vi si siano dispiegati (le loro basi, i loro esperti, i loro satelliti), nulla ha funzionato per evitare uno scenario sanguinoso, di cui sono vittime sia i palestinesi che gli israeliani”.
[*] Con il sostegno di Israele e di influenti mercanti di diamanti ebrei di New York e Tel Aviv, il governo statunitense sta preparando un piano di sanzioni per impedire che i diamanti grezzi russi, prodotti da Alrosa, vengano venduti sui mercati belga, israeliano e statunitense. I prodotti russi saranno etichettati come “diamanti di sangue” a causa della guerra in Ucraina. Tuttavia, ora che Israele sta distruggendo la popolazione palestinese di Gaza, l’etichetta “di sangue” può essere applicata anche all’industria israeliana del taglio dei diamanti e al commercio ebraico di diamanti all’estero. Il sostegno alla sanzione antirussa e alle operazioni dell’IDF contro i palestinesi si trova nelle notizie di Rapaport.com. Rapaport è al fianco di Israele”, ha dichiarato il 26 ottobre la testata e il suo proprietario Martin Rapaport, “e ha intrapreso tutti gli sforzi e i costi necessari per la Single Stone Auction di ottobre per aiutare il mercato israeliano a continuare a condurre gli affari nel miglior modo possibile in questo momento difficile”. Rapaport ritiene che continuare a fare affari in Israele durante la guerra sia una vittoria contro i brutali terroristi di Hamas e che aiuterà Israele a vincere la guerra”. In un altro editoriale dedicato al commercio dei diamanti, Rapaport propone “di boicottare l’Iran e tutti gli altri sostenitori dell’organizzazione terroristica di Hamas”. Rapaport, a sostegno delle uccisioni cita anche l’autorità religiosa. “Nelle parole di D-o (Esodo 17:14): ‘Cancellerò completamente la memoria di Amalek da sotto il cielo’. Che le parole di D-o siano eseguite, qui e ora”. In silenzio, l’industria dei diamanti di Stato della Russia detta una strategia per proteggersi da questa politica israeliana a doppio taglio.
[**] Saddam Hussein è citato nel capitolo sui complotti statunitensi contro di lui in Iraq – si veda The Jackals’ Wedding: American Power, Arab Revolt, cap. 6.
John Elmer
Fonte: johnhelmer.net
Link: https://johnhelmer.net/the-gods-are-going-against-the-chosen-people-mammon-against-israel-mars-against-the-pentagon/#more-88742
27.10.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
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