Gli azeri si riprendono il Nagorno Karabakh. Ora chi difenderà gli armeni?
L’ipotesi che una soluzione alla questione “Nagorno Karabakh” sia stata trovata tra Mosca, Ankara e Baku all’insaputa degli armeni. Ora i difficili negoziati
Raggiunto ieri, anche secondo fonti armene, un accordo di cessate-il-fuoco tra le forze separatiste del Nagorno Karabakh e le autorità dell’Azerbaigian per porre fine ai due giorni di combattimenti. L’intesa, raggiunta attraverso il contingente di pace russo, è stata annunciata dalle autorità della regione separatista ed è entrata in vigore alle 13:00 di ieri. Dopo l’annuncio, il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ha dichiarato di aver neutralizzato le forze separatiste, le quali avrebbero accettato di deporre le armi, e distrutto molte delle loro installazioni militari. Una vittoria senza se e senza ma per gli azeri.
Trent’anni di conflitto
La tensione nel Caucaso meridionale è alta da mesi attorno alla regione/enclave del Nagorno Karabakh, a causa della quale l’Azerbaigian e l’Armenia sono entrati in guerra l’ultima volta tre anni fa. Si stima che circa 120.000 armeni vivano nell’enclave.
L’Azerbaigian e l’Armenia entrarono in guerra per la prima volta all’inizio degli anni ’90, dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Poi, nel 2020, l’Azerbaigian ha riconquistato aree all’interno e intorno al Nagorno-Karabakh prima che fosse concordata una tregua monitorata da forze di pace russe.
Il contingente di peace-keeping russo – 2.000 soldati – è dislocato nel Nagorno Karabakh come conseguenza di un accordo trilaterale firmato dai leader di Armenia, Azerbaijan e Russia per monitorare la fragile tregua, ma l’attenzione di Mosca è stata ora “distratta” dall’invasione dell’Ucraina.
L’offensiva azera
Il Ministero della difesa azero aveva avvertito che le sue “operazioni militari” nel Nagorno-Karabakh, definite di “antiterrorismo“, non si sarebbero fermate finché gli armeni del Karabakh non si fossero arresi.
In
poche ore dall’avvio delle operazioni, le forze armene sono state
“neutralizzate”, ivi compresi veicoli militari, artiglieria e
installazioni missilistiche antiaeree. Le autorità del Karabakh
affermano che 27 persone sono state uccise, tra cui due civili, e molte
altre ferite dall’inizio dell’offensiva.
Baku aveva fatto sapere di essere pronta ai colloqui di pace, ma insisteva sul fatto che le formazioni militari armene, indicate come illegali, avrebbero dovuto “alzare bandiera bianca” e sciogliere il loro “regime illegale”.
Sia il Ministero degli esteri russo Lavrov sia il segretario di Stato americano Blinken avevano chiesto al presidente Aliyev di cessare immediatamente l’azione militare. Il Ministero degli esteri russo ha fatto sapere di essere stato avvertito dell’offensiva azera solo pochi minuti prima del suo avvio e di aver esortato entrambi i Paesi a rispettare il cessate-il-fuoco firmato dopo la guerra nel 2020. Anche il rappresentante speciale dell’Ue nella regione, Toivo Klaar, aveva chiesto un cessate-il-fuoco immediato. Mercoledì mattina il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres aveva chiesto la fine immediata dei combattimenti e un “rispetto più rigoroso del cessate-il-fuoco del 2020 e dei principi del diritto internazionale umanitario”.
Le conseguenze sui civili armeni
Il numero delle vittime è aumentato durante l’offensiva azera, tanto che anche gli armeni del Karabakh avevano lanciato un appello per un cessate-il-fuoco e per l’avvio dei colloqui. Appariva chiaro che l’obiettivo azero fosse quello di completare la conquista dell’enclave, mentre il primo ministro armeno Nikol Pashinyan accusava, da subito, l’Azerbaigian di aver avviato un’operazione di “pulizia etnica“.
Nel frattempo, Mosca ha affermato che i suoi soldati hanno spostato quasi 5.000 civili dalle aree più a rischio, mentre i separatisti hanno affermato di aver contribuito a spostarne un totale di 7.000.
La realtà dei fatti è che negli ultimi nove mesi, l’Azerbaigian ha imposto un blocco sull’unica via d’accesso all’enclave dall’Armenia, nota come corridoio Lachin. Tale blocco ha creato tragiche conseguenze, condizioni di vita molto problematiche, al limite della carestia, per gli armeni che vivono in Nagorno Karabakh.
L’Armenia ha ripetutamente segnalato le continue aggressioni dell’Azerbaigian contro il Nagorno-Karabakh, la cui popolazione è definita “terrorista” da Baku, quindi anche dopo l’odierno accordo sussiste il rischio concreto di pulizia etnica, mancanza di libertà e diritti basilari per gli armeni.
Ruolo di Russia e Turchia
L’Armenia è membro dell’alleanza militare CSTO guidata dalla Russia, ma le relazioni con Mosca, accusata di tradimento, si sono indebolite e nei giorni scorsi 175 soldati armeni hanno preso parte a esercitazioni militari con le forze Usa. Il primo ministro armeno Pashinyan ha recentemente affermato che la Russia “sta lasciando spontaneamente la regione” e non va messo in secondo piano che l’Azerbaigian gode del forte sostegno della Turchia di Erdogan.
Questi eventi, visti nel loro insieme, hanno suggerito ad alcuni esperti dell’area l’ipotesi che a certi livelli si stesse cercando una soluzione al problema “Nagorno Karabakh” all’insaputa degli armeni. Cosa che apparentemente è avvenuta, anche se in queste ore non ne sono ancora chiari i contorni e le conseguenze sulla stabilità interna dell’Armenia e sulla tenuta del suo governo attuale.
Toccherebbe ora ai membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che hanno la responsabilità primaria per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, adottare tutte le misure necessarie e inequivocabili per controllare come si concluderà l’aggressione dell’Azerbaijan e quali conseguenze ci saranno a partire da oggi.
Accordo per il gas azero
Certamente, va sottolineato che ci sono evidenti motivazioni economiche a frenare una condanna dell’operato di Baku, in qualsiasi modo si sviluppi nell’immediato futuro, perché l’intesa firmata tra Ue e Azerbaigian prevede l’impegno azero a raddoppiare la capacità del corridoio meridionale del gas, in modo da trasferire almeno 20 miliardi di metri cubi ogni anno all’Ue entro il 2027.
Un accordo che assicurerà un contributo agli obiettivi di diversificazione indicati dal piano RePowerEu, ma soprattutto faciliterà il distacco definitivo dell’Europa dal gas russo. L’importante è che nessuno possa dire “non lo sapevo”, quando per liberarci dal ricatto russo ci troveremo a testimoniare di aver sottovalutato i comportamenti da un altro aggressore fornitore di quel gas che tanto interessa alle economie occidentali.
Negoziati
I peacekeepers russi e gli osservatori Onu dovrebbero, da oggi, accertare che siano rispettati i diritti fondamentali e le elementari regole democratiche nei confronti dei 120 mila armeni che ancora vivono in Nagorno Karabakh. Questo prevederebbe l’accordo raggiunto, ma oggi, 21 settembre, i rappresentanti dell’Azerbaigian e dei separatisti del Nagorno Karabakh avvieranno i negoziati nella città azera di Yevlakh e forse capiremo qualcosa di più.
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