“Virus usati come armi”, report del Pentagono contro la Cina: “Ha approfittato della pandemia per…”
La guerra sotterranea per ridisegnare l’ordine mondiale, a trazione cinese o ancora a trazione atlantica, passa anche attraverso le “armi genetiche”, e non è esattamente una notizia confortante. La Cina, apprendiamo dal Washington Post a sua volta ripreso da il Giornale, finanzia o addirittura “regala” laboratori in quattro continenti, in più di venti Paesi, dal Canada e dalla Lettonia all’Arabia Saudita, e dall’Etiopia e dal Sud Africa all’Australia. Il sospetto, piuttosto allarmante e inquietante, è che la Cina abbia “sfruttato” la pandemia da Covid-19 che, in un modo o nell’altro, si è originata da Wuhan, per raccogliere una grande quantità di dati sul genoma umano a livello mondiale, sfruttando la pandemia. Se, come abbiamo scritto in passato, sui Big data si gioca una importantissima partita geopolitica, sequenziare il genoma umano attraverso i dati sanitari, è l’ultimissima frontiera. Accade così che, sin dal 2020, la Repubblica popolare cinese abbia distribuito in questi Paesi il cosiddetto “Fire-Eye”: si tratta di una sorta di sofisticatissimo laboratorio portatile in grado di rilevare le infezioni da coronavirus, attraverso le minuscole tracce genetiche che il virus lascia dietro di sé. (Continua a leggere dopo la foto)
Cosa è il Fire-Eye
Il punto critico è che Fire-Eye non serve solo a decifrare il codice genetico dei virus, ma traccia anche quello degli esseri umani. Il primo tra questi laboratori portatili è stato inviato, già nell’aprile del 2020 a Belgrado, capitale della Serbia. L’analisi del Pentagono, ripresa dal Washington post, disegna scenari preoccupanti da qui al 2035 e indica la Cina come il Paese che, più di tutti, sta accelerando i programmi di ricerca per integrare le ricerche sulla biologia civile a quella militare. Fire-Eye, infatti, oltre a decifrare il codice genetico dei virus, può sequenziare anche quello degli esseri umani, con macchine in grado di decifrare le istruzioni genetiche contenute nelle cellule di ogni individuo del pianeta. Frattanto, il laboratorio di Belgrado continua a funzionare come centro permanente di test genetici. Sicché la China National GeneBank, sorta nel 2011, è rapidamente divenuta un archivio (di proprietà del governo cinese) che include le istruzioni genetiche tratte da milioni di persone in tutto il mondo. Tale sforzo lungo un decennio è avvenuto anche attraverso l’acquisizione di aziende di genetica statunitensi. La paura, meglio il terrore, è che il Beijing Genomics Institute (BGI), l’azienda che produce questi laboratori, possa utilizzare tale mole di dati per la creazione di “armi genetiche”. L’accusa dell’accesso ai dati genetici senza consenso, in un report del Pentagono visualizzato dal Washington Post, è stata smentita da un portavoce del governo cinese. Già lo scorso anno il Pentagono ha ufficialmente elencato la BGI come una delle numerose “compagnie militari cinesi” che operano negli Stati Uniti, e una valutazione dell’intelligence statunitense del 2021 ha collegato la società allo sforzo globale diretto da Pechino per ottenere ancora più DNA umano, anche dagli Stati Uniti. (Continua a leggere dopo la foto))
Il primo allarme del 2015
“Non sarei sorpresa – ha dichiarato al Washington Post Asha George, direttrice esecutiva della commissione bipartisan sulla biodifesa – se entro il prossimo anno diranno che la Cina ha qualche programma sulle armi biologiche”, che un giorno potrebbero colpire le popolazioni in base ai loro geni. Se la Cina vincesse la corsa alla biotecnologia, ci sarebbe “il rischio di abusi”, ha denunciato Anna Puglisi, ex capo del controspionaggio nazionale della comunità di intelligence statunitense per l’Asia orientale. Un primo allarme fu lanciato già il 9 novembre 2015 dalla rivista Nature, che metteva in guardia sui rischi di “una ricerca dell’ Istituto di virologia di Wuhan“, che inseguiva “pericolosi esperimenti” sui coronavirus dei pipistrelli.
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