La malattia e la morte della verità scientifica
di Andrea Zhok - 23/09/2023
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/la-malattia-e-la-morte-della-verita-scientifica
Fonte: Andrea Zhok
Tra le molteplici tragedie dell'Occidente contemporaneo
quella che mi colpisce di più, forse per ragioni professionali, è la
malattia e la morte della verità scientifica.
La scienza, ogni
scienza funzionante, dura o molle, esatta o empirica, dimostrativa o
ermeneutica, naturale o umana, ha sempre rappresentato un gioco
delicatissimo di libertà di discussione, metodo sperimentale,
reiterabilità dei risultati, interpretazione delle ipotesi, e
soprattutto fiducia strutturata nell'affidabilità tanto all'origine
della produzione quanto nelle catene di controllo a valle.
L'ingresso
di meccanismi di competizione mercatista nell'ambito della ricerca
scientifica ha rappresentato invece una forma di avvelenamento
progressivo che ha devastato l'affidabilità di ogni risultato
scientifico.
Il modello di competizione mercatista funziona sia
direttamente, nella ricerca di fondi, sia indirettamente, con l'adozione
di paradigmi competitivi che emulano i paradigmi di mercato ("publish
or perish").
Anche negli ambiti in cui avere ingenti finanziamenti
non è strettamente indispensabile per fare buona ricerca l'impianto
culturale neoliberale ha imposto la ricerca di fondi come precondizione
curriculare.
Questo incide innanzitutto sulla scelta delle tematiche,
che per i finanziamenti pubblici tendono a divenire "politicamente alla
moda" per venire incontro ai gusti degli organismi decisori, mentre per
i finanziamenti privati tendono a presentarsi come utilitaristicamente
promettenti nel breve periodo, per venire incontro ai desiderata degli
investitori.
Ma incide poi anche sulle modalità di esecuzione delle
ricerche e nella qualità dei loro esiti, che mirano mediamente a
variabili quantitative come la quantità dei "prodotti" pubblicati e la
rapidità di uscita degli stessi (per battere sul tempo eventuali
concorrenti).
Infine c'è la forma di presentazione dei risultati
all'esterno, che è spesso l'unica forma davvero accessibile dei
risultati scientifici per chi non è uno specialista del settore. Spesso
si trovano curiose discontinuità tra gli esiti materiali di un'indagine e
l'interpretazione finale, in cui compaiono sempre più spesso
raccomandazioni operative (policies) estranee alla natura del risultato
scientifico (si pensi alla miriade di articoli durante la pandemia che
sollevavano criticità delle inoculazioni anti-covid, ma che nelle
conclusioni e nell'abstract dovevano tassativamente contenere una frase
per cui si raccomandava comunque di procedere secondo le direttive
sanitarie correnti - senza di cui l'articolo non sarebbe mai venuto alla
luce.)
La politica che da tempo aveva perduto la capacità di
prendere decisioni sulla base di idee credibili, ha finito per
vampirizzare la ricerca scientifica, utilizzandola per darsi una qualche
parvenza di autorevolezza. In questo scambio per mutuo beneficio, agli
uomini di scienza vengono credito pubblico e finanziamenti, agli uomini
politici la parvenza di decidere nel nome di verità inscalfibili,
sottratte alla discussione della plebaglia comune. Tutta l'apparenza di
un affarone per tutti, salvo che per la credibilità del sapere
scientifico stesso, che non può più fare ciò che tradizionalmente
faceva: fornire una solida base per il costituirsi di credenze
pubbliche.
Non bisogna dimenticare che dopo lo spegnersi
dell'autorevolezza delle tradizioni di saggezza morale e religiosa, la
scienza era l'ultimo orizzonte rimasto per costituire una base di
credenze pubbliche fondate e non arbitrarie.
Le implicazioni di questa forma degenerativa del ruolo pubblico della scienza sono di una gravità ancora tutta da esplorare.
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