Fuga dal Nagorno-Karabakh
Migliaia di civili in fuga dal Nagorno-Karabakh, e mentre Ankara si congratula con l’Azerbaigian, Mosca accusa l’Armenia: “Approccio irresponsabile”.
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Oltre 4mila civili sono entrati in Armenia dal Nagorno-Karabakh, dopo l’offensiva militare azera della scorsa settimana che ha provocato centinaia di vittime, feriti e dispersi. Lunghe code di macchine sono cominciate ad affluire dal corridoio di Lachin – che connette la regione contesa al territorio armeno – riaperto dalle autorità di Baku dopo un anno di chiusura. In seguito alla ripresa del controllo sulla regione, abitata da circa 120mila persone di etnia armena, il governo azero ha dichiarato di voler reintegrare i residenti della zona come “cittadini paritari”, ma l’Armenia ha messo in guardia da quella che potrebbe configurarsi come una pulizia etnica. La resa delle unità paramilitari del Karabakh – determinata dal non-intervento dell’Armenia di fronte all’offensiva azera – sembra aver escluso lo scenario di una nuova possibile guerra tra Yerevan e Baku. Ma la decisione del primo ministro armeno Nikol Pashinyan, che ha espresso il desiderio di tenere il suo paese lontano da un nuovo conflitto, è fortemente contestata da una parte dell’opinione pubblica che lo accusa di aver sacrificato il Nagorno-Karabakh sull’altare di una pace illusoria con l’Azerbaigian. La situazione nel paese resta volatile e se martedì i manifestanti si erano riuniti davanti alla sede dell’esecutivo a Yerevan, definendo Pashinyan un “traditore” e chiedendo le sue dimissioni, il premier da parte sua ha messo in guardia contro un possibile colpo di stato ai suoi danni.
Rischio crisi umanitaria?
Il premier Pashinyan ha dichiarato che l’Armenia – la cui popolazione è di 2,8 milioni di persone – è già pronta ad accogliere almeno 40mila civili. Ma mentre le carovane continuano ad affluire dal Nagorno-Karabakh, il timore è che un afflusso troppo massiccio di profughi costringa Yerevan a fare i conti con una vera propria crisi umanitaria. Intanto, le autorità di Baku hanno reso noto che i civili che scelgono di rimanere nel Nagorno-Karabakh dovranno richiedere la cittadinanza azera. Ma secondo diverse testimonianze raccolte dalla stampa, la maggioranza dei 120mila armeni che vivono nell’enclave non vogliono rinunciare alla propria identità e stanno pianificando di lasciare la regione. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha affermato di aver iniziato a registrare le persone che cercano minori non accompagnati o che hanno perso i contatti con i propri cari. Un esodo di massa potrebbe cambiare i delicati equilibri di potere nella regione del Caucaso meridionale, un mosaico di etnie attraversato da una fitta rete di oleodotti e gasdotti, su cui Russia, Turchia e Iran si contendono l’influenza.
Asse turco-azero?
Per l’Azerbaigian, l’uscita degli armeni dal Karabakh è una vittoria importante che sembra mettere la parola ’fine’ ad un conflitto che si trascina da oltre 35 anni. La soddisfazione a Baku è palpabile e il presidente Ilham Aliyev ha affermato di aver “consegnato alla storia l’idea di un Karabakh armeno e indipendente” e che la regione “sarà trasformata presto in un ‘paradiso’” come parte dell’Azerbaigian. Dichiarazioni rese al fianco del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, arrivato lunedì nell’exclave di Nakhchivan in Azerbaigian per incontrare il suo omologo. L’incontro testimonia la solidità del sostegno del leader turco, per cui l’offensiva azera della scorsa settimana “ha aperto una finestra di opportunità per la normalizzazione nella regione”. Erdogan ha detto anche di sperare che l’Armenia faccia “passi sinceri” per cogliere questa opportunità di stabilità. Sebbene la visita fosse stata organizzata ufficialmente per avviare la costruzione di un gasdotto, i due presidenti parleranno anche dello status del corridoio Zangezur, una striscia di territorio armeno che separa Nakhichevan dal resto dell’Azerbaigian. Nakhichevan confina anche con la Turchia e l’Iran.
Armenia-Russia: tempo di recriminazioni?
E mentre l’Europa si interroga sull’opportunità di reagirà all’aggressione azera, sul fronte russo-armeno è tempo di recriminazioni. In una lunga dichiarazione pubblicata oggi, il ministero degli Esteri russo ha accusato la leadership armena di “soccombere all’influenza occidentale”, e puntato il dito contro “l’approccio irresponsabile da parte del team di N.V. Pashinyan” che ha causato “un comprensibile malcontento in una parte della società armena, espresso nelle proteste popolari”. La critica arriva dopo che Pashinyan aveva affermato che “i sistemi di sicurezza esterna in cui è coinvolta l’Armenia sono inefficaci quando si tratta di proteggere la nostra sicurezza e gli interessi nazionali dell’Armenia”. Un botta e risposta seguito ad un logoramento degli ultimi mesi, in cui Pashinyan si era progressivamente allontanato da Mosca per avvicinarsi all’Occidente e agli Stati Uniti. Al punto che quando Baku ha sferrato il suo attacco, la scorsa settimana, Yerevan aveva appena terminato le sue prime esercitazioni militari congiunte con gli Stati Uniti. Pashinyan ha affermato che quanto accaduto in Nagorno-Karabakh “dimostra che il suo paese non può fare affidamento sulla Russia per difendere i propri interessi”. Un’affermazione a cui Mosca ha ribattuto che “alla luce di quanto accaduto, l’Armenia ha pochi amici oltre alla Russia”.
Il commento
di Aldo Ferrari, Head Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale ISPI
“Quanto accaduto negli ultimi giorni cambia moltissimo gli equilibri nel Caucaso meridionale. E se da un lato segna la conclusione di un conflitto durato oltre 35 anni, dall’altro rischia di mettere fine alla presenza millenaria degli armeni nel Nagorno-Karabakh, che solo per un incidente della storia è entrato a far parte dell’Azerbaigian. L’unico auspicio è che la comunità internazionale – che nell’ultimo anno non è stata capace neanche di far rispettare il diritto umanitario, assistendo impotente alla chiusura del corridoio di Lachin – riesca almeno a garantire all’Armenia il diritto ad una sopravvivenza e una a sovranità tutt’altro che scontate”.
A cura della redazione di ISPI Online Publications
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