La nuova fase del conflitto in Europa è iniziata
di Luciano Lago
L’andamento
del conflitto in Ucraina, sfavorevole per le forze ucraine e per la
Nato, segna la necessità di un cambio di passo per la strategia di
Washington e dei patrocinatori della giunta di Kiev.
Oggi
tutti gli analisti e i principali media riconoscono l’impossibilità di
una vittoria militare sulla Russia e tanto meno la probabilità che Kiev
possa riprendere il controllo dei territori annessi alla Russia.
Vista la debacle sul terreno delle forze ucraine, il conflitto deve entrare in una nuova fase e questa fase coincide con un fumoso piano B dell’Amministrazione Biden.
Una
possibilità sarebbe stata quella di un negoziato con la Russia per
fermare le ostilità e dare respiro alle forze ucraine, una sorta di
“pace coreana”, ma questo è impossibile di fronte alla intransigenza di
Zelensky ad alla posizione della Russia di Putin che non accetterà mai
una Ucraina armata e sostenuta dalla Nato che utilizzerebbe la tregua
per fermarsi, riorganizzarsi e riprendere le ostilità contro la Russia.
Di
conseguenza la triade Blinken, Nuland, Sullivan, tutti appartenenti
alla stessa setta, visto il fallimento dell’offensiva sul terreno, hanno
convinto Biden nel consentire l’invio in Ucraina di missili a lungo
raggio forniti dagli Stati Uniti per attaccare in profondità nel
territorio russo, in particolare colpire la Crimea, con una mossa che
Mosca ha precedentemente definito una “linea rossa”, cosa che renderebbe
Washington una parte diretta del conflitto.
Risulta che l’Amministrazione Biden, sta valutando l’invio dei missili ATACMS a lungo raggio, che l’Ucraina chiede da tempo, in grado di colpire in profondità il territorio russo. La parte più saliente del progetto è quella per cui si prevede che, per portare a termine tali operazioni, verranno utilizzati mezzi di ricognizione e collegamento della NATO, sia con equipaggio che senza equipaggio, rendendo gli Stati Uniti un virtuale co-belligerante. I “falchi” hanno prevalso a Washington e qualsiasi proposta di trattativa o di negoziato viene respinta.
Missili USA puntati sulla Crimea
Nel
frattempo l’opinione pubblica, sia negli Stati Uniti che in Europa,
inizia in maggioranza a dare segni di stanchezza e a distaccarsi dalla
linea dell’appoggio all’Ucraina e dell’invio di armi sempre e comunque
mentre piuttosto manifesta per terminare questa guerra in un modo o
nell’altro.
Zelensky si agita nervoso, chiede, pretende e minaccia ma
l’umore sta cambiando e la gente comune inizia a percepire che le
difficoltà economiche, l’aumento dei prezzi e l’inflazione sono tutti
fattori da collegare alla guerra in Ucraina ed alle sanzioni.
Si può
aggiungere che, per proseguire il conflitto “sine die”, anche l’Europa
ha i suoi limiti. Le scorte di armi occidentali sono esaurite nei
magzzini e l’Ucraina è un pozzo senza fondo dove scompare molta parte
dei fondi inviati dagli occidentali e delle armi rivendute sul mercato
nero. Il tutto fa arricchire gli oligarchi ucraini e rende più
povera la gente comune in Europa. Così hanno voluto Schulz, Macron,
Meloni e compagnia cantante, per seguire le direttive del “padrone”
americano.
Washington
e la NATO devono dimostrare di poter infliggere una sconfitta
strategica alla Russia per giustificare gli enormi esborsi di risorse
miliardarie all’Ucraina e la mobilitazione delle loro forze. Soltanto colpendo in profondità la Russia, con attacchi missilistici, la Nato potrà dimostrare di essere vincente. Questo
però è divenuto molto difficile poichè gli strateghi occidentali hanno
sottovalutato la Russia e le sue capacità militari.
Inoltre
le forze russe sono in grado di colpire le basi della NATO in tutta
Europa e paralizzare una reazione efficace della Nato, grazie all’uso di
missili ipersonici contro cui le difese aeree occidentali sono
impotenti.
Tuttavia gli strateghi di Washington, ancora una volta,
rischiano di aver sbagliato i loro calcoli: di fronte a un attacco
missilistico sul suo territorio la Russia, con molta probabilità,
reagirà pesantemente e la ritorsione di Mosca questa volta investirà le
basi da cui partono gli attacchi.
La
Russia non accetterà un’escalation così sfacciata, soprattutto perché
questi sistemi d’arma avanzati utilizzati per attaccare la Russia sono
in realtà gestiti da personale della NATO: appaltatori, ex
militari addestrati o persino ufficiali in servizio. Il presidente Putin
ha dichiarato venerdì ai media che “abbiamo individuato mercenari e
istruttori stranieri sul campo di battaglia nelle cui unità in cui viene
effettuato l’addestramento. Penso che ieri o l’altro ieri qualcuno sia
stato catturato di nuovo.”
La Russia di Putin da molto tempo ha compreso che quella contro la Nato è una guerra esistenziale dove si gioca il tutto per tutto e non può perdere, deve annientare la piattaforma d’attacco creata dalla Nato ai suoi confini in Ucraina, costi quello che costi.
L’escalation
della guerra appare quindi inevitabile con grossi rischi di conflitto
nucleare, grazie alla ossessione dei neocon di Washington di infliggere
una sconfitta strategica alla Russia.
Di fronte a tale situazione gli
europei assistono passivamente senza alcuna iniziativa concreta,
totalmente subordinati alle direttive USA.
Senza considerare che la crisi sta investendo in pieno i paesi della UE, le economie europee sono in stasi, la Germania, motore economico della UE, è già entrata in recessione e
questo sta portando a profonde conseguenze di “deindustrializzazione”.
Era l’obiettivo di Washington, sbarazzarsi del suo maggiore concorrente
in Europa ed attirare le industrie tedesche delocalizzate negli Stati
Uniti con il più basso costo dell’energia, tagliando ogni rapporto con
la Russia.. Gli agenti americani in Europa, come la Ursula von der
Leyen, Josep Borrell e la impareggiabile ministra degli esteri Annalena
Beerbook, hanno lavorato bene per gli interessi degli USA.
Di sicuro
l’umore dell’amministrazione Biden in questo momento non è dei migliori
visto che la guerra per procura in Ucraina sta ostacolando una strategia
indo-pacifica spinta al massimo contro la Cina. Il perdurare della
guerra ostacola i piani di Washington contro Pechino e l’inedita nuova
alleanza fra la Russia e la Corea del Nord rende ancora più complicato
il contesto asiatico Pacifico.
Certamente la mossa di scacchi fatta ultimamente da Putin, in occasione della visita del premier Kim Jong, ha reso le cose più difficili per gli anglo statunitensi. In un potenziale attacco alla Cina gli Stati Uniti potrebbero rompersi i denti contro il triangolo Cina-Russia- Corea del Nord che costituisce un baluardo contro l’espansionismo degli USA e della Nato nell’Indo Pacifico. Una situazione inedita in cui gli statunitensi si trovano per la prima volta nella loro storia.
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