I cittadini slovacchi saranno chiamati alle urne il prossimo 30 settembre per il rinnovo del Consiglio nazionale, il Parlamento unicamerale del Paese. Si tratta di un appuntamento importante, che arriva in un momento di grande incertezza per la Slovacchia, alle prese con una crisi politica di lunga durata e con le sfide legate alla guerra in Ucraina. Destinate ad essere un crocevia fondamentale per il Paese.
Dominika Hajdu, analista del think-tank slovacco Globsec dedicato all’analisi del contesto internazionale, ha dichiarato al Financial Times che quella entrante è “una delle pochissime elezioni in cui decidere se aiutare l’Ucraina fa parte della campagna elettorale” e dove “il partito favorito dai sondaggi è contrario a questo sostegno”.
In testa c’è, infatti, Smer – Sd (“Direzione Social Democrazia), col 21-22% nelle principali rilevazioni. Smer è oggigiorno il principale partito di opposizione in Slovacchia ed è guidato da Robert Fico, che è stato primo ministro della Slovacchia dal 2006 al 2010 e dal 2012 al 2018 prima di essere travolto dallo scandalo sicurezza e corruzione reso palese dall’uccisione del giornalista investigativo Jan Kuciack. Smer non mette in dubbio l’appartenenza di Bratislava all’Unione Europea e alla Nato ma è molto sensibile alla narrativa filorussa, caso pressoché unico tra le formazioni che in Europa siedono nel Partito Socialista Europeo.
Fico, nota il Ft, in campagna elettorale “ha sottolineato il costo per i cittadini” legato alla scelta del premier conservatore Ludovic Odor e del suo predecessore Edouard Heger di aiutare l’Ucraina “a combattere la Russia, che aveva fornito la maggior parte dell’energia della Slovacchia”. Sostiene anche “di difendere la sovranità nazionale contro la pressione guidata dalla Nato”, una retorica che ricorda molto quella di Viktor Orban e “ha guidato le critiche al governo per aver consegnato aerei MiG-29 all’Ucraina senza prima chiedere l’approvazione del parlamento” dopo l’invasione del 24 febbraio 2022.
Il movimento conservatore Gente Comune e Personalità Indipendenti (Olano), uno strano mix di pulsioni populiste anticasta e valori tradizionali, dopo esser stato l’azionista di maggioranza di ben tre governi torna a proporre come leader al voto ripresenterà come leader Igor Matovic, vincitore delle elezioni 2020 ove la sua formazione conquistò il 25% portandolo a formare un governo che rapidamente si è sgretolato a causa di un conflitto interno legato alla gestione della pandemia. I sondaggi danno Olano in picchiata, sotto il 10%, e destinata al massimo a fare da stampella al principale rivale di Fico, l’ex giornalista liberale e europeista Peter Simecka che guida il neo-formato partito Slovacchia Progressista, tra il 17 e il 19% nei sondaggi al secondo posto, tra i vice di Roberta Metsola al Parlamento europeo per Renew Europe.
In quest’ottica, è chiaro che la scelta pro o contro il sostegno all’Ucraina acquisisca valore dirimente nella composizione delle alleanze. Per un Paese che ha accolto 400mila migranti in fuga dal conflitto, la guerra sta avendo impatti sociali ed economici. La guerra ha avuto un impatto negativo sul commercio tra la Slovacchia e la Russia. Le esportazioni slovacche verso la Russia sono diminuite del 70% nel 2022, mentre le importazioni slovacche dalla Russia sono diminuite del 50%. Al centro del distacco economico, il gas, che Bratislava importava quasi integralmente da Mosca per circa 20 miliardi di metri cubi l’anno.
Sulla scia della crisi continentale, nel giugno 2023, l’inflazione è stata del 12,2%, il livello più alto degli ultimi vent’anni e dall’ingresso nell’Ue dal 2004. L’aumento dell’inflazione ha avuto un impatto negativo sui redditi reali degli slovacchi e ha reso più difficile per le imprese operare nel Paese: ne è risultato un rallentamento della corsa del Paese, dato che nel 2023, la crescita economica è prevista al 2,5%, rispetto al 5,5% del 2022.
Su questi dati si fonda l’opposizione ai governi semi-tecnici nati dopo la caduta dell’esecutivo a guida Olano due anni fa. Ora tutti i partiti liberali e conservatori sperano che Fico non riesca, dopo il voto, a plasmare una coalizione capace di unire partiti eterogenei per raggiungere i 76 seggi necessari a una maggioranza. Ma l’ipotesi del governo che potrebbe nascere condizionato dal fattore-Ucraina potrebbe portare Fico a arruolare partner decisamente eterogenei.
Il partito più papabile per una coalizione con Smer è Hlas (“Voce”), fondato dall’ex membro socialdemocratico e successore di Fico, Peter Pellegrini. Seppur da un’ottica più europeista e moderata Hlas, dato all’11%, ha più volte criticato le sanzioni occidentali contro la Russia e ha chiesto un cessate il fuoco immediato in Ucraina.
Smer e Hlas potrebbero essere, secondo gli analisti slovacchi, partner ideali di una coalizione di governo di socialdemocratici populisti. A cui servirebbe, però, almeno l’appoggio esterno di un altro paio di formazioni: difficilmente i due partiti raggiungerebbero i 76 seggi. Ed è qui che la guerra a Est potrebbe portare la Slovacchia a pensare l’impensabile.
La crisi d’Ucraina ha fatto ribollire, nei mesi scorsi, i sentimenti nazionalisti intrinsechi nella società slovacca. Il Partito Nazionale Slovacco, conservatore e di estrema destra, e i neofascisti di Republika assommano entrambi tra il 7 e l’8% dei consensi e appaiono estremamente schierati contro l’ipotesi di proseguire il sostegno all’Ucraina. Secondo il Financial Times un loro appoggio a un terzo tempo di Fico al governo non è da escludere. Sarebbe, qualora ciò si verificasse, il primo caso di un governo capace di nascere in reazione all’impegno in Ucraina di un dato Paese. E creerebbe uno iato in un Paese in cui otto cittadini su dieci, secondo recenti rilevazioni, vedono con favore l’appartenenza alla Nato ma sono molto spaccati sul modo in cui declinare l’atlantismo nazionale.
Nessun commento:
Posta un commento