L’intesa Ursula-Giorgia non basta a smuovere l’Ue, la Commissione è sciolta
A Lampedusa Meloni ha reagito mettendoci la faccia. Non mancano i piani di azione, mancano le azioni. Il dilemma: strappo con Bruxelles o con gli italiani?
Il danno politico delle immagini della piccola isola invasa da migliaia di migranti illegali era fatto. Ed è innegabile. Ma un altro modo di vedere la cosa rispetto alla signora lampedusana è che la premier non si è nascosta, ha reagito, mettendoci la faccia, anche in un contesto obiettivamente ostile, dove non vi è nessuno che non veda la discrepanza tra le promesse elettorali e i fatti in tema di immigrazione.
Lampedusa ieri è stata uno di quei momenti per un leader politico che non potrà mai trasformarsi in una vittoria, ma diciamo che può dare un senso ad una sconfitta, l’occasione per una nuova consapevolezza e per ripensare alla propria strategia.
Un nuovo approccio
E ora veniamo al non scontato. Non scontato è che Meloni sia riuscita a farci mettere la faccia anche all’Unione europea, con la presenza di Ursula Von der Leyen. Certo, abbiamo sentito molta della solita retorica, “una sfida europea che richiede risposta europea” (che palle!), ma è stato anche ribadito un nuovo e diverso approccio all’emergenza migratoria: il punto non è la redistribuzione, che riguarda piccoli numeri, i veri richiedenti asilo, ma fermare i migranti illegali.
Il governo è riuscito a fare una rivoluzione copernicana. Fino a quando c’era la sinistra al governo, si parlava solo di come redistribuire i migranti. Adesso l’Europa parla di come fermare le partenze illegali.
Mancano le azioni
E di questo va dato atto a Giorgia Meloni. Però al momento questo nuovo approccio è rimasto sulla carta, a parole. Ora il problema è come tradurre questa rivoluzione copernicana in fatti.
Ieri, la presidente della Commissione europea ha presentato un piano d’azione in dieci punti. L’ennesimo. Ma non mancano i piani di azione, mancano le azioni. Quasi tutti i dieci punti sono di proposte e impegni già assunti. Forse un accento più deciso in merito alla distruzione di barchini e barconi, e alla “sorveglianza aerea e navale”. Sì, ma chi la fa? Manca invece ancora la parola chiave: respingimenti.
Sull’accordo con la Tunisia l’impegno è piuttosto vago: “Arrivare al più presto con la Tunisia, nell’ambito dell’attuazione del Memorandum d’intesa sottoscritto lo scorso luglio, alla definizione di nuovi progetti per la lotta ai traffici illegali di migranti e arrivare così allo sblocco dei fondi messi a disposizione dall’Ue”, si legge al punto 10.
Pare di capire, quindi, che i fondi verranno sbloccati solo in seguito alla “definizione di nuovi progetti”. Mesi. Il tempo passa, le elezioni europee si avvicinano e, come abbiamo già osservato, lo stallo non conviene al governo Meloni, che rischia di ritrovarsi in piena campagna elettorale con porti, piazze e stazioni piene di migranti e gli italiani esasperati.
Sembra proprio questo il piano delle sinistre e del partito francese, per questo abbiamo suggerito di fare da soli e fare presto. Persino Carlo Calenda ieri ha suggerito di anticipare noi i soldi a Tunisi, perché l’Europa è “troppo lenta”.
La Commissione non c’è più
Ursula Von der Leyen sembra aver sposato la linea Meloni sulla crisi tunisina e sui flussi migratori in generale. Ma solo perché è consapevole che molto probabilmente avrà bisogno di Giorgia Meloni per le sue ambizioni di secondo mandato. VdL ora ha bisogno di essere percepita come una candidata PPE in buoni rapporti con la leader dell’ECR, ecco perché ultimamente sembra riposizionarsi più a destra ed è criticata dai socialisti.
Socialisti che invece, come dimostra la lettera dell’Alto rappresentante Josep Borrell che di fatto silura il Memorandum con la Tunisia, faranno di tutto per sabotare il “modello Tunisi”, il cui successo significherebbe un’affermazione della leadership europea di Giorgia Meloni e, di conseguenza, vento in poppa per le destre, dalla Le Pen in Francia ad AfD in Germania.
Certo, Meloni può dire di avere VdL dalla sua parte, ma tutto questo cosa significa? Che la Commissione di fatto non esiste più, è sciolta, sono tutti entrati in campagna elettorale, cercando di posizionarsi nel miglior modo possibile in vista di giugno 2024. Se la nostra lettura è corretta, Ursula non basta più, i suoi impegni in questa fase sono poco più che a titolo personale.
Non è realistico quindi aspettarsi che l’Ue si muova nelle prossime settimane per risolvere un problema all’Italia quando macroniani e socialisti a Bruxelles, Strasburgo, Parigi e Berlino hanno intenzione di cavalcare proprio quel problema per fermare l’ascesa di Giorgia Meloni.
Il dilemma
Quindi la domanda diventa: Meloni può permettersi di arrivare a giugno prossimo con i flussi migratori fuori controllo a Lampedusa, o negli altri porti e città italiani?
Purtroppo il dilemma non è di quelli facili: o il rischio dello strappo con Bruxelles, di finire sulla lista dei cattivi – cosa che comprensibilmente Meloni ha cercato di evitare in questo primo anno – adottando iniziative che verrebbero certamente condannate – anche se strumentalmente, perché sarebbero in attuazione di una linea già convalidata. Oppure, il rischio dello strappo con gli italiani, a pochi mesi da un’elezione che può dare un ulteriore slancio al governo Meloni, che sarebbe decisivo tanto in Italia quanto in Europa, o al contrario smorzarne la carica.
Sensato e opportuno il messaggio inoltrato da Meloni attraverso le nostre ambasciate in Africa: “Sarete detenuti ed espulsi”. Il problema è che dovrebbe rispondere alla realtà di quello che accade ai migranti illegali. E oggi non è così. Ad oggi, in Ghana e negli altri Paesi subsahariani arrivano i video dei migranti che ballano con le cooperanti.
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