L’Unione Europea ha deciso di non avere nessuna posizione sul massacro in Palestina
Nessuna richiesta di cessate il fuoco da Bruxelles: sul massacro in Palestina l’Unione Europea non fa unione. Sono queste le conclusioni del vertice dei leader Ue avvenuto il 14-15 dicembre, le quali trovano conferma anche nel comunicato stampa ufficiale, che dopo quasi 3 pagine e mezzo di condanna all’aggressione russa e supporto all’Ucraina riporta la questione palestinese con un paragrafo di una riga: «Il Consiglio europeo ha tenuto un dibattito strategico approfondito sul Medio Oriente». Niente di più, in quanto riaprire le conclusioni del vertice di ottobre “avrebbe reso il lavoro difficile”, ammette il premier Giorgia Meloni. Il presidente del Consiglio Charles Michel ha poi aggiunto che «l’obiettivo non era di discutere su conclusioni scritte» e che esistono “sensibilità diverse” tra chi vuole una “pausa umanitaria” e chi un “cessate il fuoco”. Dopo le oltre 18.000 vittime palestinesi dallo scoppio del conflitto, non cambia quindi la posizione dell’Ue: condanna totale all’attacco terroristico di Hamas, liberazione immediata di tutti gli ostaggi, accesso continuo di aiuti nella Striscia e diritto di Israele di difendersi.
A nulla è servita la risoluzione approvata dall’Assemblea generale dell’Onu la settimana scorsa, con il voto positivo di 17 Paesi dell’Unione europea (più del doppio dei paesi Ue che avevano approvato il cessate il fuoco ad ottobre) e l’opposizione di sole Austria e Repubblica Ceca. «È un fatto che molte più persone propendono per la richiesta del cessate il fuoco», aveva sottolineato il 14 dicembre l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri Josep Borrell, pur constatando però che sulla questione «non c’è una posizione comune». Nikos Christodoulidīs, presidente di Cipro, aveva definito «un fallimento per l’Unione europea» l’eventualità di non arrivare a conclusioni unitarie sul conflitto. Eventualità che è diventata realtà: nelle conclusioni del vertice Ue si legge di corposi paragrafi su Ucraina, sicurezza e difesa, allargamento e riforme, quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e migrazione, ma sulla situazione in Medio Oriente si legge solo una frase: «Il Consiglio europeo ha tenuto un dibattito strategico approfondito sul Medio Oriente». Nessuna conclusione per ora anche sulla possibilità di introdurre sanzioni per i coloni israeliani che attaccano la popolazione civile in Cisgiordania, nonostante l’idea proposta da Spagna, Malta, Belgio ed Irlanda. Secondo l’ufficio delle Nazioni Unite OCHA oPt, dal 7 ottobre sono almeno 343 gli atti di violenza, con 10 vittime e 263 casi di danneggiamenti di proprietà palestinesi.
Giorgia Meloni ha commentato così: «C’è stata una discussione molto approfondita, si è preferito ribadire le conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo perché se avessimo in qualche maniera rinnovato quelle conclusioni probabilmente alcune divergenze avrebbero reso il lavoro difficile. In ogni caso siamo tutti d’accordo sul fatto che occorra continuare a condannare gli attacchi di Hamas dello scorso 7 ottobre, ribadire il diritto di Israele a difendersi, a farlo nell’ambito delle norme internazionali, lavorare su una soluzione di lungo periodo, due popoli in due Stati, abbiamo ribadito anche il lavoro sul fronte umanitario che l’Europa può fare e che l’Italia sta facendo, abbiamo portato gli esempi di tante cose che voi conoscete e che non sto qui a ribadire, ma alla fine si è preferito non scrivere un testo sulle conclusioni». Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha poi riferito che «l’obiettivo non era quello di discutere su conclusioni scritte». Ha aggiunto: «Abbiamo registrato una forte unità attorno alla necessità di garantire la sicurezza di Israele e il suo diritto di difendersi e abbiamo condannato la scelta di Hamas di usare gli ostaggi come scudi umani». Michel ha evidenziato poi come i governi dei Paesi membri abbiano “sensibilità diverse”, tra chi vuole una “pausa umanitaria” e coloro che chiedono un “cessate il fuoco”. «Ma questo tema non deve nascondere l’essenziale, che è la determinazione comune e condivisa di essere mobilitati sul piano umanitario e del processo politico per arrivare alla soluzione dei due Stati», ha infine concluso.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA), sono fino a 1,9 milioni le persone sfollate nella Striscia di Gaza. È salito ad oltre 18 mila unità il bilancio dei morti palestinesi, di cui secondo il Ministero della Sanità di Gaza oltre il 70% sarebbero donne e bambini. Sono saliti poi a 135 i colleghi dell’UNRWA uccisi dall’inizio delle ostilità e diversi giornalisti palestinesi sono stati detenuti dalle forze di sicurezza israeliane (ISF). In Cisgiordania, 271 palestinesi sono stati uccisi dalle ISF, tra cui 69 bambini ed il 2023 ha segnato così l’anno più sanguinoso nella regione da quando le Nazioni Unite hanno iniziato a registrare le vittime nel 2005.
[di Roberto Demaio]
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