Quote CO2: dal 2024 estese al trasporto marittimo, stangata da 3,6 miliardi
La stima riportata da Bloomberg. Ovvio che Lagarde si aspetti che “nei prossimi mesi” l’inflazione torni a salire. Le politiche green Ue stressano energia e trasporti
“Ci aspettiamo che l’inflazione salga leggermente di nuovo nei prossimi mesi”, “non è il momento di cantare vittoria” e non sono esclusi nuovi rialzi dei tassi, “se dovessimo riscontrare rischi crescenti” rispetto all’obiettivo di inflazione al 2 per cento. Queste frasi pronunciate ieri a Berlino dalla presidente della Bce Christine Lagarde hanno spaventato i mercati, trascinando le Borse in territorio negativo.
Estensione ETS in arrivo
Nulla di drammatico, ma certo l’ennesima doccia fredda. Ma cosa può far salire l’inflazione “nei prossimi mesi”? Una cosa che sappiamo con certezza che accadrà “nei prossimi mesi”, e di cui certamente Lagarde è a conoscenza, è l’estensione del sistema ETS (Emission Trading System) anche al trasporto marittimo e poi via via, entro il 2027, ad altri settori economici fino ad oggi esclusi.
Ieri Vincent Vega ha mirabilmente spiegato come funziona il meccanismo, perverso e manipolatorio, e portato qualche esempio per capire quanto ci costa già oggi. In pratica, una tassa che aumenta il costo dell’energia e dei trasporti. Dunque, un driver, o un booster di inflazione. Introdotte nel 2005, nei prossimi tre anni le quote di emissioni verranno somministrate in dosi sempre più massicce ad un’economia europea già provata.
Il conto per il trasporto marittimo
Il primo ad essere colpito sarà il trasporto marittimo. Dal 1° gennaio 2024, infatti, le navi che salpano da e verso i porti europei dovranno pagare un conto per le emissioni di carbonio da 3,6 miliardi di dollari solo nel prossimo anno, riporta Bloomberg. La cifra è una stima (elaborata dalla Drewry Shipping Consultants Ltd) del prezzo totale che le compagnie dovranno sostenere nel solo 2024 per conformarsi al sistema ETS.
Ma è solo l’inizio di una tassa destinata ad aumentare man mano che l’Unione europea intensificherà gli sforzi per combattere il cambiamento climatico. E man mano, aggiungiamo noi, che come probabile aumenterà il valore delle quote di emissioni.
Secondo il nuovo regolamento, che entro il 2027 includerà nel sistema anche altri settori-chiave finora esclusi, le navi che entrano ed escono dai porti dell’Ue dovranno pagare la loro quota di emissioni di CO2. E nulla verrà risparmiato: dai passeggeri alle consegne di qualsiasi merce, dai carichi di container di prodotti finiti al gas naturale liquefatto necessario per mantenere le case calde in inverno.
Chi paga?
Ovviamente, questi 3,6 miliardi sono briciole rispetto ai ricavi generati dalle grandi compagnie di spedizioni internazionali, ma secondo voi su chi ricadranno questi maggiori costi? Piccolo o grande che sia, un impatto ricadrà sui prezzi all’importazione delle imprese e sui prezzi finali a carico dei consumatori.
Nel 2024, una nave portacontainer che naviga tra l’Europa e l’Asia potrebbe incorrere in maggiori spese per circa 810.000 euro, secondo una recente stima della società di classificazione marittima DNV, sempre ammesso che il prezzo delle quote di emissioni resti stabile a 90 euro per tonnellata di CO2. Peccato però che da quando nel 2005 è stato introdotto il sistema, come ha scritto ieri Vincent Vega, il prezzo del singolo certificato per tonnellata di CO2 sia passato da 5 a 90 euro, con una punta record di 95.
Certo, come osserva Bloomberg, le oscillazioni del solo prezzo del petrolio potrebbero facilmente superare l’intero costo dell’ETS, ma si tratta comunque di un costo aggiuntivo. Che comunque, secondo un consulente senior della Drewry, è improbabile che sia tale da rendere competitive alternative “green” ai combustibili fossili come il metanolo. Insomma, pagheremo di più per niente.
Ulteriore aumento
All’inizio, spiega Bloomberg, si tratterà di “costi relativamente bassi per un settore grande come quello del trasporto marittimo”, ma nei prossimi tre anni il sistema ETS “quasi sicuramente diventerà più costoso“: è già stabilito infatti che nel 2024 le compagnie dovranno coprire solo il 40 per cento delle loro emissioni, ma la percentuale aumenterà fino al 70 nel 2025 e raggiungerà il 100 per cento nel 2026 – lo stesso anno in cui rientreranno nel sistema le emissioni di metano e protossido di azoto.
Sulla base delle stesse ipotesi utilizzate nella stima della Drewry per il 2024 – stesse emissioni effettive del 2022 e un prezzo di 100 euro per tonnellata di CO2 – si genererebbe un conto totale nel 2026 di 9 miliardi di dollari. E sempre supponendo che il valore delle quote resti stabile, mentre in questi anni è sempre aumentato. E allora saranno dolori.
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