Fabio Mini a l'AD: "La mattanza a Gaza è pianificata dalla dottrina Dahiya"
“In pratica si risolve nel fatto di dover distruggere e ammazzare
almeno la metà dei due milioni che sono presenti nella striscia di
Gaza”. Il generale Fabio Mini in un’intervista a l’AntiDiplomatico
condotta da Clara Statello commenta l’operazione militare di Israele e
quella che definisce la “mattanza” in corso contro la popolazione della
striscia. “È una situazione tristissima. Ed è anche una situazione
che non ha nessun senso dal punto di vista militare. Non esiste nessuna
dottrina militare in campo occidentale, ma neanche in quella orientale
che può spiegare quello che Israele sta facendo a Gaza”, prosegue il generale.
“Qual
è l’obiettivo finale per il quale si possa dire che la che l'operazione
si è conclusa con successo? Non c'è, o almeno quello che gli israeliani
attualmente considerano come un successo è di ammazzare tutti quelli di
Hamas. E se per ammazzare tutti quelli di Hamas bisogna ammazzare anche
tutti quelli che non c'entrano niente e che semmai lo subiscono Hamas
non importa.”, prosegue.
Non
è soltanto il diritto umanitario o il diritto internazionale bellico
che non lo consente. È proprio anche una questione di logica militare
secondo Mini. Nel ricordare un suo libro del 2017 pubblicato da il
Mulino, Mini spiega molto bene come la “dottrina Dahiya” spiega quello
che sta accadendo oggi a Gaza. Dahlia è il nome del quartiere sciita di
Beirut che fu praticamente raso al suolo “senza nessuna discriminazione tra civili, combattenti, non combattenti da Israele”. E Dahlia è la dottrina che prevede proprio “papale papale” che un avversario di Israele non può attribuirsi nessun tipo di innocenza di nessun tipo “né di razza, né di età né di condizione sociale, niente”.
E la risposta che sia contro Hamas, Hezbollah o palestinesi, “doveva essere sproporzionata”. E qui Mini spiega un concetto che è fondamentale per comprendere lo sterminio in corso a Gaza: “Ad
un attacco di qualsiasi tipo doveva seguire una reazione di assoluta
sproporzione che avrebbe prima di tutto eliminato tutti quelli che erano
di fronte in quel momento, ma soprattutto avrebbe dovuto fare da
deterrente. Deterrenza per punizione, così come si classifica in tutti i
manuali militari”. Ed è una deterrenza che gli Stati Uniti hanno
applicato decine di volte – Mini ricorda diversi esempi tra Iraq e
Afghanistan – e che non funziona perché purtroppo nel momento in cui si è
attuata la punizione, “siamo sicuri che l'avversario rinuncia al a una
contropunizione? È un circolo vizioso.”
Con la dottrina Dahlia, prosegue Mini, i morti civili non sono solo “danni collaterali”. "Guardate
i danni collaterali, quelli che sembrano non intenzionali con questa
dottrina in poi, sono diventati intenzionali e l'obiettivo fondamentale
non è stato più tanto quello di colpire i combattenti è stato proprio
quello di colpire la popolazione civile.” E ancora: “Io l'ho
scritto anche in un libro, nessuno mi crede, ma comunque è così. Il
danno collaterale è un eufemismo, il danno collaterale è diventato un
danno intenzionale del quale non si può controbattere.”
I danni collaterali, ricorda Mini, è un’invenzione della Nato durante la guerra in Kosovo. “E
dopo con la dottrina Dahlia la ritorsione sproporzionata non è più
sproporzionata ma una pianificazione. Attaccare in maniera
sproporzionata senza nessuna remora perché non esistono innocenti
dall'altra parte, non esistono persone perché col diritto umanitario le
persone hanno dei diritti insiti nel fatto di essere persone.”
L'INTERVISTA
COMPLETA AL GENERALE MINI (CON UN AGGIORNAMENTO SULLA SITUAZIONE SUL
FRONTE UCRAINO) E' DISPONIBILE PER I NOSTRI ABBONATI YOUTUBE QUI
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