Usa: gli interessi sul debito superano le spese militari
di Mario Lettieri e Paolo Raimondi - 19/11/2023
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Fonte: Mario Lettieri e Paolo Raimondi
Le guerre e gli scontri geopolitici in corso hanno oscurato
certe preoccupanti tendenze economiche negli Usa e anche nel resto del
mondo. Non hanno cancellato le realtà. Basti osservare attentamente gli
andamenti finanziari di oltre oceano.
L’agenzia di stampa Bloomberg
News stima che a fine ottobre 2023, il pagamento degli interessi sul
debito pubblico federale, calcolato su 12 mesi, ha raggiunto circa 1.000
miliardi di dollari. Il livello annualizzato degli interessi pagati è
raddoppiato rispetto alla fine di marzo 2022.
E’ l’effetto combinato
del Quantitative Easing e dell’immissione di liquidità, con i quali la
Federal Reserve ha sostenuto il sistema durante la crisi pandemica, e
poi con i successivi aumenti del tasso di sconto per contenere
l’inflazione, prodotta in parte proprio dal QE.
Il governo americano pagherà più interessi sul debito anche rispetto alle già stratosferiche spese militari!
Nell’anno
fiscale 2023, che è terminato il 30 settembre, il deficit di bilancio è
stato di 1.700 miliardi di dollari, un aumento di 320 miliardi, cioè il
23% in più rispetto a quello dell’anno fiscale precedente. La gran
parte di quest’aumento si deve alla crescita di ben 184 miliardi per
interessi sul debito. Sarebbe stato di 2.000 miliardi se la Corte
Suprema non avesse bloccato il programma di cancellazione del cosiddetto
“debito degli studenti”.
Il debito pubblico ha superato 26.200
miliardi, con un aumento di circa 2.000 miliardi rispetto al 2022. A ciò
ha contribuito molto la diminuzione delle entrate di ben 457 miliardi,
dei quali 456 sono meno tasse sui redditi dei cittadini. Altro che
ripresa, è una realtà amara per la maggioranza della popolazione
americana.
Gli alti tassi d’interesse hanno reso i prestiti più
costosi, aumentando la pressione sul debito americano. Oggi i Treasury
bond a 10 anni hanno un tasso di interesse di quasi 5 %, tre volte il
livello di due anni fa! Nei mesi scorsi l’aumento dei tassi ha mandato a
gambe all’aria parecchie banche regionali che erano piene di titoli
pubblici a basso rendimento. La crescita dei tassi è andata di pari
passo con l’inflazione. Adesso si afferma che quest’ultima sarebbe scesa
al 3%. Molti si affidano alla smorfia napoletana per “indovinare” quali
saranno i tassi futuri dei T-bond.
Questa situazione rischia di
generare un permanente stato d’instabilità del bilancio federale. Il
rischio di un shutdown al primo di ottobre era stato evitato all’ultimo
minuto con un accordo bipartisan alla Camera dei deputati. Per legge, le
agenzie federali devono far approvare dal Congresso i programmi di
spesa per spendere i soldi. Il shutdown implica la sospensione di
numerose operazioni del governo federale per mancanza di soldi, con
effetti negativi sui lavoratori pubblici, sull’economia e sull’intera
cittadinanza. Senza nuovi accordi, il 17 novembre ci potrebbe essere un
nuovo shutdown. Certamente sarà ancora una volta evitato, ma queste
montagne russe per il bilancio federale non sono un bel biglietto da
visita per il resto del mondo.
A giugno scorso fu evitato il
default con un accordo bipartisan, il “Fiscal Responsibility Act of
2023”, che sospende il fatidico tetto del debito federale fino al primo
gennaio 2025. L’accordo prevede un limite di spesa discrezionale di
1.590 miliardi di dollari per due anni. In altre parole, il governo può
prendere prestiti e spendere di più di quanto fissato nel bilancio
federale. La ragione della crisi era dovuta al fatto che già in gennaio
si era raggiunto il tetto del debito previsto per il 2023 di 31.400
miliardi. L’agonia fu protratta fino a giugno con “misure straordinarie”
di carattere amministrativo-finanziario. Persino due agenzie di rating
americane, Standard &Poor’s e Fitch, da sempre molto generose nei
confronti dei titoli americani, hanno dovuto ritoccare al ribasso il
loro rating circa la capacità di ripagare il debito. Gli Usa hanno perso
la tripla A, il massimo dei rating, e ciò potrebbe avere un effetto sia
sul costo del debito sia sulla propensione degli investitori a fare
prestiti al governo federale. Moody’s ha invece confermato la tripla A
ma con un outlook da stabile a negativo.
Gli Usa guardano avanti e
si aspettano che in dieci anni il debito federale sarà di 52.000
miliardi di dollari. Per il momento sembrano voler ignorare le cause
profonde delle crisi, della finanza speculativa, delle banche too big to
fail, dello shadow banking per concentrasi, invece, sul taglio delle
spese sociali di bilancio e sull’aumento delle tasse. Non offrono
nessuna idea nuova per affrontare i problemi succitati e i loro
riverberi negativi in tutto il mondo, a partire dall’Europa..
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