La strategia di Israele è il genocidio
di Paul Larudee - 12/11/2023
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Fonte: Bye Bye Uncle Sam
Israele sta perdendo la battaglia. Non può permettersi di mantenere la mobilitazione così a lungo, anche con il sostegno finanziario illimitato degli Stati Uniti. Si stima che, nonostante i voli siano ridotti, più di 250mila Israeliani abbiano lasciato il Paese. Questo è anche il numero di chi ha dovuto evacuare gli insediamenti sia nel sud in un ampio raggio intorno a Gaza, sia nel nord in un’ampia fascia lungo il confine con il Libano.Israele non è abituato a questo, con le sue armi sofisticate si aspettava una vittoria rapida e schiacciante. Il problema è che non la raggiunge. Hamas è troppo ben trincerato e Hezbollah è troppo forte. Entrambi hanno un arsenale sofisticato, nonostante l’assenza di marina e aviazione. La loro strategia è stata quella di rendere le forze aeree e navali ampiamente inutili contro di loro grazie a una vasta e ben attrezzata rete di tunnel rinforzati, sigillati e ben difesi. La loro strategia è quella del logoramento: far durare il conflitto più a lungo di quanto gli Israeliani siano disposti o in grado di sopportare. Sembra funzionare. Gli Israeliani stanno subendo perdite a un ritmo a cui non sono abituati. Questo li sta rendendo più lenti e cauti, tranne che quando attaccano dal cielo, e stanno sconvolgendo la vita dei civili in una misura senza precedenti. Le forze di resistenza dei Palestinesi e dei loro alleati hanno pianificato uno scontro di durata illimitata, mentre Israele pianifica solo attacchi brevi e massicci, finalizzati a una vittoria rapida e decisiva, che in questo caso è illusoria. Questo è il motivo principale per cui hanno scelto il genocidio come tattica.
Ritengono che la morte massiccia e orribile di civili inermi, soprattutto donne e bambini, costringerà Hamas, Hezbollah e i loro alleati a correre rischi e a esporsi. Ma il genocidio non funziona. E anche se non funziona, la risposta di Israele è quella di continuare con il genocidio. Gaza è in gran parte senza cibo, medicine, elettricità, carburante o acqua potabile. Israele sta cercando di costringere una popolazione in preda al panico ad andarsene o a morire. Se se ne andranno, sarà nel Sinai, per non tornare mai più nel loro Paese. Questo va bene per Israele, ma non per l’Egitto, che ha schierato una solida fila di carri armati lungo il confine per evitare di essere costretto ad accogliere la popolazione palestinese.
Israele sta ricorrendo a bombardamenti su ospedali, scuole, moschee e persino sulle poche chiese della comunità cristiana che ha aperto le porte ai fratelli e alle sorelle musulmani in cerca di rifugio.
La strategia israeliana sembra essere quella di far sì che quando gli scheletri di bambini e i cadaveri inizieranno a diventare centinaia di migliaia o più, i combattenti cederanno per disperazione e/o la comunità internazionale costringerà l’Egitto ad aprire le sue porte. La strategia potrebbe ritorcersi contro.
La comunità internazionale potrebbe inorridire a tal punto che nessuna hasbara [media amici] funzionerà. Invece, i loro alleati più fedeli potrebbero essere costretti ad abbandonarli e altre potenze potrebbero scendere in campo dalla parte dei Palestinesi. A quel punto, le conseguenze diventano imprevedibili. Ci sono già imponenti manifestazioni in tutto il mondo. Una voce di spicco in Israele ha addirittura suggerito l’opzione nucleare.
La richiesta di un cessate il fuoco si fa sempre più forte, ma Israele la vede come una vittoria dei Palestinesi e le fazioni palestinesi non hanno molta voglia di tornare allo status quo ante, che significa confinamento in campi di concentramento o in “riserve”. Volontari di tutto il mondo stanno iniziando a mobilitarsi per cercare di consentire, come minimo, l’arrivo di aiuti umanitari, del carburante, dell’elettricità e dell’acqua alla popolazione di Gaza assediata, affamata, assetata, malata e ferita.
Questo è solo l’inizio. La situazione potrebbe cambiare rapidamente in meglio o in peggio.
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