L'Africa prima che la "salvassimo"
di Massimo Fini - 05/11/2023
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/l-africa-prima-che-la-salvassimo
Fonte: Massimo Fini
Parecchi anni fa quando facevo, o perlomeno cercavo di
fare, del vero giornalismo, che è quello sul campo, mi trovavo, per
lavoro, in Guinea-Bissau, ospite di una missione cattolica, tenuta da un
bravo padre saveriano, Giuseppe Fumagalli, originario di Brugherio alle
porte di Milano. La missione si occupava di una tribù del luogo, i
Felupe, che vivevano principalmente di agricoltura e in quel periodo il
cruccio di padre Fumagalli era che i Felupe si rifiutavano cocciutamente
di usare la falciatrice meccanica della missione. Padre Fumagalli se ne
lamentava e quasi se ne disperava con me. Non capiva come quella gente
potesse rifiutare l’aiuto della falciatrice che fa in tre ore, e senza
sforzo, quello che una famiglia Felupe fa, con fatica, in una settimana.
Per i Felupe la paglia andava tagliata a mano, col falcetto. “Questa
gente – mi diceva padre Fumagalli- ha una cultura totalmente
conservatrice, non progressista, gli manca il concetto stesso di
progresso, cioè cammino in avanti verso il meglio, verso una vita
migliore. Mi ricorda certi contadini del mio paese che, come mi
raccontava mio padre, quando a Brugherio comparvero le prime macchine
agricole, dicevano: ‘Non permetterò mai che nei miei campi entrino
quelle macchine che fanno fumo’. Allo stesso modo quando arrivarono i
primi fertilizzanti, molti non li vollero usare. Erano mentalità
conservatrici, come ritrovo ancora oggi qui in Africa”.
Eravamo a
metà degli anni Settanta e a padre Fumagalli non veniva nemmeno il
sospetto, che forse oggi qualcuno comincia a nutrire, che quei contadini
potessero avere le loro buone ragioni. Tantomeno ne potevano avere,
nella mente di un missionario animato dalle migliori e più pie
intenzioni, i Felupe.
Un pomeriggio assistetti a una specie di
‘showdown’ fra padre Fumagalli e il capo dei Felupe. Dopo molte
cerimonie, convenevoli e discorsi che giravano intorno alla questione,
il Felupe disse: “Per noi la vita va avanti bene quando tutte le forze
della natura sono in equilibrio, la tua falciatrice distrugge questo
equilibrio, perciò non la vogliamo”. Ma poiché padre Fumagalli
continuava ad insistere e voleva appioppargli a tutti i costi la sua
falciatrice, una notte, per buona misura, gliela incendiarono e la
faccenda finì lì.
Oggi è tutto un fervore per “salvare” l’Africa,
dalla fame, dalla miseria, dall’ignoranza (l’Africa nera è considerata
dalla sociologia politica più avvertita all’ultimo gradino del digital
divide che considera il divario fra chi ha la capacità di immagazzinare e
possedere conoscenze attraverso gli strumenti dell’informatica). Fra
questi progetti c’è il cosiddetto “Piano Mattei” di meloniana
iniziativa. A parte il fatto che il “Piano Mattei”, così come altri
progetti dello stesso genere, è un modo per rapinare ulteriormente,
facendo finta di aiutarli, i Paesi africani delle loro risorse, a me
pare evidente che abbiamo messo questi paesi, per usare un espressione
tratta dall’alpinismo, in una posizione ‘incrodata’: non possono più
tornare indietro, all’‘Africa felix’, al tempo felice dei Felupe o degli
Azande, ma se vanno avanti saranno ulteriormente strangolati dal nostro
modello di sviluppo, da poveri che sono diventeranno miserabili. C’è
una distinzione sociologica fra povero e miserabile. Perché una cosa è
essere poveri dove tutti più o meno lo sono, altra è esserlo quando
intorno a te prilla una ricchezza sfacciata. Che è una situazione che
riguarda non solo l’Africa d’oggi ma tutto il mondo degli emirati.
“Per
noi la vita va avanti bene quando tutte le forze della natura sono in
equilibrio”. Noi quest’antica saggezza l’abbiamo perduta e a farne le
spese non saranno solo i poveri e i paesi poveri, ma anche i paesi
ricchi e ricchissimi e gli uomini ricchi e ricchissimi che hanno creato
un sistema, che per un meccanismo psicologico elementare, non può che
portare alla frustrazione perenne. In un mondo così complesso dov’è
diventato difficilissimo per tutti orientarsi, questi stanno tagliando
il ramo dell’albero su cui sono seduti. Siccome non sono buono, non ho
la bontà sanguinaria di Santa Caterina da Siena o di Madre Teresa di
Calcutta, riderei a crepapelle se non fossi anch’io seduto sullo stesso
ramo dell’albero, a guardare il precipizio, mentre i miei strilli non
servano assolutamente a nulla.
Nessun commento:
Posta un commento