I portuali di Genova si sono dati appuntamento per bloccare le armi dirette a Israele
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I portuali di Genova fanno gruppo e si attivano per dire basta all’invio di armi via mare ad Israele. Il Collettivo autonomo dei lavoratori portuali, in occasione della manifestazione “Stop War” confluita sabato scorso in piazza San Giovanni a Roma, ha infatti ufficialmente lanciato una mobilitazione, prevista per le prime ore del mattino di venerdì 10 novembre, per bloccare il varco di San Benigno, uno dei punti chiave della viabilità genovese, al fine di protestare contro il transito di armamenti dal porto del capoluogo ligure. La manifestazione dei portuali trova l’appoggio del sindacato Usb e del SiCobas, oltre a quello di un vasto universo di movimenti e associazioni umanitarie e antimilitariste che, come sta avvenendo in altri Paesi d’Europa e del mondo, forniscono supporto attivo e logistico alle proteste. “Il porto di Genova continua a caratterizzarsi come snodo per la logistica di guerra – si legge nel flyer diffuso dall’Assemblea contro guerra e repressione, che si è unita al Calp per lanciare l’evento – quanto sta accadendo a Gaza lo rende evidente, chi governa le nostre società ci sta portando sull’orlo della Terza Guerra mondiale, e le conseguenze indirette sono già arrivate”.
Gli organizzatori del presidio si scagliano, in particolare, contro l’aumento delle spese belliche e i contestuali tagli al welfare a cui il governo ha messo mano, nonché contro la narrazione mediatica mainstream che vorrebbe convincere l’opinione pubblica della bontà di tali politiche screditando i movimenti pacifisti, che chiedono invece di fermare l’ecatombe corso in Palestina.“Con l’aiuto e la collaborazione attiva dei nostri compagni di porto di Livorno e Napoli, abbiamo intercettato una nave israeliana che trasporta armi utili per la guerra decennale contro il popolo palestinese – hanno scritto i portuali del Calp di Genova –. Poi è scoppiata una vicenda diplomatica: il governo israeliano non poteva tollerare che un gruppo di lavoratori in Italia intralciasse i suoi piani coloniali contro il popolo palestinese. Poi hanno cercato di spaventarci senza successo”. Per questo motivo, hanno aggiunto, “risponderemo all’appello dei nostri compagni dei sindacati palestinesi a lottare e opporci a questa aggressione contro il popolo palestinese con tutte le nostre forze, boicottarla praticamente con tutti i mezzi a nostra disposizione, e quindi chiediamo a tutti di partecipare alla manifestazione”. Questo tipo di azione, peraltro, non è un inedito nella storia dei portuali genovesi, che due anni fa, sempre a braccetto con quelli di Livorno e Napoli, avevano bloccato la spedizione di un carico di missili italiani a Tel Aviv. «La compagnia marittima Zim ha messo a disposizione la sua flotta per portare armi verso Israele – Josè Nivoi, referente Mare e Porti dell’Unione sindacale di base -. Sappiamo che in questi giorni transiteranno di qua, mentre in banchina ci sono già armamenti destinati all’Arabia Saudita, pronti a essere imbarcati sui cargo della compagnia Bahri».
Nonostante l’intensificarsi dell’azione repressiva contro i movimenti e le manifestazioni filo-palestinesi, anche in molti Stati esteri i portuali si stanno organizzando per contestare le esportazioni di armi verso Israele. Le proteste sono montate in Belgio, dove i lavoratori hanno minacciato di scioperare se la Germania sfrutterà i loro porti per mandare armamenti a Tel Aviv. La stessa cosa è avvenuta a Barcellona, in Spagna, dove i portuali si sono apertamente rifiutati di contribuire agli invii. Negli Usa, precisamente a Oakland (California) e Tacoma (Washington), gli attivisti e i portuali sono riusciti a bloccare la partenza di mezzi navali carichi di armi.
[di Stefano Baudino]
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