La conferma è arrivata pochi giorni fa direttamente dal generale Valery Zaluzhny, il comandante delle forze militari ucraine, il quale ha ammesso che la controffensiva lanciata a giugno per respingere l’esercito russo è in una fase di stallo. Uno dei motivi della trasformazione del conflitto da guerra di movimento ad una di posizione è stato il danno inflitto alle truppe di Kiev dall’impiego dei droni kamikaze.
Negli ultimi mesi l’esercito di Volodymyr Zelensky è riuscito a spostare la linea del fronte di appena 17 chilometri, messo in difficoltà da una micidiale combinazione di mine, artiglierie, missili anticarro e, appunto, munizioni circuitanti. In un intervento sull’Economist il generale Zaluzhny riserva proprio una menzione speciale ai temuti Lancet, i velivoli senza pilota che esplodono schiantandosi sul loro obiettivo ad una velocità di oltre 100 miglia orarie, indicandoli come uno dei principali responsabili del rallentamento delle truppe ucraine.
Entrambi gli schieramenti hanno impiegato in battaglia in maniera massiccia un’ampia gamma di droni, da quelli più economici ai più sofisticati. Questa tipologia di armamenti è ormai fondamentale nei conflitti moderni ed è stata studiata anche da Hamas in vista dell’attacco del 7 ottobre. In una fase iniziale Kiev aveva ottenuto un vantaggio in questo campo ma nel frattempo Mosca è stata in grado di recuperare terreno infliggendo gravi perdite alle forze avversarie.
Decisivo sarebbe stato l’apporto fornito dalla Zala Aero, l’azienda produttrice dei Lancet, che a luglio ha annunciato di aver esteso il raggio di azione dei suoi velivoli da 25 a 40 miglia. Il drone, relativamente economico e costruito in Russia con componenti che provengono in parte dall’estero (alcuni persino made in Usa), ha ricevuto il suo battesimo di fuoco in Siria ed è stato definito “di particolare importanza” in un documento ucraino fatto circolare anche tra gli alleati occidentali. Kiev non può contare su un’arma equivalente prodotta su larga scala e non ha armi efficaci in grado di neutralizzare il Lancet che ha inflitto danni rilevanti ai carrarmati Leopard e ai Challenger 2.
Un possibile aiuto per l’esercito di Zelensky arriva dai droni americani Switchblade ma il loro utilizzo in battaglia è alquanto esiguo. Gli ucraini avrebbero poi cominciato a produrre finti obiettivi per ingannare il nemico e rifugi mobili in acciaio chiamati “Lancet catchers” per difendere veicoli ed equipaggiamenti militari.
Il presidente Vladimir Putin è un estimatore dei Lancet – a settembre ha visitato la struttura dove vengono costruiti – e ha esortato i dirigenti della difesa ad aumentarne la produzione. Mosca fa ormai largo uso dei droni kamikaze e la Zala Aero ha già annunciato di aver testato un nuovo velivolo di questo tipo, l’Izdeliye-54 o Italmas, il quale può coprire una distanza massima di 120 miglia.
Un altro velivolo adoperato sempre più di frequente dai russi è il drone iraniano Shahed che si dimostra utile contro le infrastrutture situate a grande distanza dal fronte. Il 3 novembre Mosca ha infatti impiegato questi armamenti per compiere un massiccio attacco nell’ovest e nel sud dell’Ucraina. La difesa aerea di Kiev ha fatto sapere di essere riuscita ad abbattere 24 Shahed su 40 ma nonostante ciò sono stati segnalati danni importanti a strutture civili e commerciali.
Gli Stati Uniti intanto corrono ai ripari approvando sanzioni contro
la Zala Aero, Aleksandr Zakharov, il suo proprietario e capo
progettista, e la sua famiglia. Una misura che non impedisce ai Lancet
di continuare a colpire e di mandare in stallo la controffensiva
ucraina.
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