Joe Biden ha scatenato un effetto domino che potrebbe presto generare ripercussioni nell’intera Asia. Il presidente statunitense ha firmato un ordine esecutivo che vieta in modo restrittivo alcuni investimenti degli Stati Uniti in Cina, nello specifico tecnologia sensibile. Washington richiederà altresì la notifica governativa di tutti quegli attori coinvolti con Pechino in finanziamenti in altri settori tecnologici. Alti funzionari dell’amministrazione hanno affermato che lo sforzo di Biden deriverebbe da “obiettivi di sicurezza nazionale” non da interessi economici. Fatto sta che, se fra Usa e Cina la nuova Guerra Fredda si è ulteriormente scaldata, i sussulti del terremoto rischiano di scuotere anche i partner asiatici di Washington.
Per quanto riguarda Tokyo, il Washington Post ha scritto che, nell’autunno del 2020, la National Security Agency aveva fatto una scoperta allarmante: tre anni fa, gli hacker militari cinesi erano riusciti a compromettere le reti di difesa classificate del Giappone, ovvero del più importante alleato strategico degli Stati Uniti in Asia orientale. Le cyberspie dell’Esercito popolare di liberazione si sarebbero fatte strada nei sistemi informatici sensibili del Paese, alla ricerca di tutto quello che potevano recuperare, compresi piani, capacità, valutazioni delle carenze militari. Pare che il governo giapponese abbia preso provvedimenti per rafforzare le sue reti. Ma tali contromisure non sarebbero ancora ritenute sufficientemente sicure, tanto che questa situazione potrebbe impedire una maggiore condivisione dell’intelligence tra il Pentagono e il ministero della Difesa giapponese. L’acuirsi dello scontro sino-americano costringerà insomma il Giappone a rafforzarsi in tutto e per tutto, a partire dal suo apparato cyber.
L’emittente giapponese Nhk ha fatto sapere, citando l’ambasciatore degli Stati Uniti a Tokyo, Rahm Emanuel, che i leader di Giappone, Stati Uniti e Corea del Sud dovrebbero concordare di regolarizzare un vertice trilaterale e di tenerlo ogni anno. L’accordo dovrebbe essere formalizzato nel corso di una riunione imminente. Ricordiamo che, il prossimo 18 agosto, il primo ministro giapponese Kishida Fumio incontrerà Joe Biden e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol al ritiro presidenziale di Camp David vicino a Washington. Emanuel ha anche detto che i tre leader accetteranno di lanciare esercitazioni trilaterali annuali, rafforzare la condivisione dell’intelligence e migliorare la collaborazione nel campo della sicurezza informatica, in mezzo alle crescenti minacce poste dalla Corea del Nord e dalla Cina.
Seoul, esattamente come Tokyo, rafforzerà quindi la sua postura anti cinese. Secondo quanto riportato da Hankyoreh, gli Stati Uniti potrebbero fare pressione sugli alleati, tra cuk Giappone e Corea del Sud, affinché seguano l’esempio. A maggio, ad esempio, durante il vertice del G7, gli Usa hanno spiegato il loro piano di emettere l’ordine esecutivo, chiedendo la cooperazione dei loro alleati. E gli altri Paesi asiatici? Si muoveranno presumibilmente con cautela. La Cambogia, in mezzo alla sua transizione politica, difficilmente farà passi azzardati, mentre Filippine e Vietnam potrebbero cercare un maggiore equilibrio tra i “due fuochi”, soprattutto Manila dopo le recenti tensioni avute con Pechino.
In uno scenario del genere, si attende la reazione cinese alla
mossa di Biden. A seconda della sua entità, le scosse dell’onda d’urto
rischiano di colpire, più o meno di striscio, il resto dell’Asia.
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