Chi non la pensa come loro è negazionista
di Marcello Veneziani - 10/08/2023
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Fonte: Marcello Veneziani
Pur essendo una forte minoranza nel Paese e nel Parlamento,
la sinistra vuole imporre ed estendere il reato d’opinione. Hanno
scelto la parola più forte, negazionismo, usata per condannare chi nega i
campi di sterminio nazisti, che è già reato d’opinione, e l’applicano a
ogni opinione difforme rispetto a quella dominante: è negazionista chi
ha un giudizio diverso sul covid e i vaccini, è negazionista chi ha un
giudizio diverso sulla guerra in Ucraina, è negazionista chi ha un
giudizio diverso sul clima e sull’ambiente, è negazionista chi ha un
giudizio diverso sui veri responsabili della strage di Bologna.
Il
sottinteso è ancora più grave: se hai un’opinione diversa vuol dire che
sei un “collaborazionista” del Male, per usare la stessa terminologia
usata per il nazismo: ovvero sei dalla parte del covid, dell’invasione
russa, di chi inquina, e di chi ha fatto la strage di Bologna.
Marcello
De Angelis, ex senatore, già militante negli anni ottanta in Terza
Posizione e attualmente portavoce della Regione Lazio, esprime da una
vita la sua convinzione che la strage atroce alla stazione di Bologna
non sia stata opera di neofascisti. E’ un giudizio che espresse anche il
presidente della repubblica e giurista Francesco Cossiga, e poi il
leader radicale e libertario Marco Pannella, molti osservatori ed
esponenti della destra. Va riconosciuta la sua coerenza nel ripetere
quella convinzione, pur sapendo a quale linciaggio sarebbe andato
incontro. Quella frangia “neofascista” che lui conosce dall’interno, non
era un mondo di vittime innocenti; alcuni di loro si sono macchiati di
delitti che hanno ammesso e pagato, ma si sono professati da sempre
estranei alla strage di Bologna che colpì vittime innocenti. Si
sentivano in guerra contro lo stato, lo accusavano di connivenza con chi
aveva ucciso i loro “camerati”, tra cui il fratello di De Angelis,
Nanni; e hanno pagato il loro debito con la giustizia. Ma con quella
strage hanno sempre detto di non avere nulla a che fare.
Le sentenze
della magistratura, vanno rispettate soprattutto in sede istituzionale;
ma a titolo personale non si può negare il diritto di ritenere quella
sentenza iniqua, non provata e inquinata da un pregiudizio ideologico e
politico. Si può avversare e confutare questa opinione ma chi la esprime
non è connivente con la strage e i suoi autori, non giustifica o nega
il male che è stato fatto; ma è convinto che non siano stati quelli i
colpevoli. Per quel che mi riguarda, rispetto il verdetto della
magistratura, ma ho sempre nutrito dubbi su quella storia e sui suoi
veri colpevoli.
Ma il tema è l’uso ricorrente dell’accusa di
negazionismo per criminalizzare opinioni differenti e punirle. La
ricerca storica non potrebbe più appurare la verità dei fatti, degli
eventi e delle responsabilità, se subito scatta il reato di opinione
appena non ripeti meccanicamente quel che è stato imposto ancor prima
delle sentenze con un giudizio ideologico a priori. Non dimentichiamo
infatti che quando non si sapeva ancora nulla della strage, fu definita
subito di marca fascista e una lapide in quel senso fu apposta alla
stazione di Bologna, prima che un Capo dello Stato, anni dopo, ne
contestasse il fondamento e soprattutto la sua ricaduta ingiusta su una
forza legittimamente rappresentata in Parlamento, il Movimento sociale
italiano, che con quella strage non aveva nulla a che fare, ma di cui
anzi pativa le conseguenze. E’ come se di fronte alle stragi e agli
assassini compiuti dalle Brigate rosse e da altre formazioni militanti
dell’estrema sinistra, si fossero apposte sul luogo dei loro delitti
lapidi sulla “strage comunista”, mentre c’era un partito che si definiva
comunista, il Pci, estraneo a quegli eccidi.
Il tempo è passato, i
comunisti e i neofascisti non ci sono più, salvo qualche sporadico
testimone, di cui ammiriamo la coerenza ma non la cieca ostinazione.
Oggi quel passato di stragi e assassini, almeno quello, lo abbiamo alle
spalle. Ma si vorrebbe perseguire chi diverge sul piano dei giudizi
storici. Diverso sarebbe se qualcuno giustificasse quelle stragi o
addirittura offendesse le vittime; ma qui si tratta di opinioni che
ribadiscono la condanna e l’orrore per quei massacri ma discutono sul
piano storico sui veri autori.
Perché ormai il negazionismo è una
trappola ideologica e giuridica che rischia veramente di negare la
libertà e il dissenso, l’onesta passione di verità e l’intelligenza
critica. E che pone quasi sullo stesso piano chi esprime un’opinione
difforme e chi compie atti criminali; non c’è differenza tra il dire e
il fare, anche il dire si configura come reato e crimine.
Da qui mi
sposto nella realtà del nostro Paese e mi chiedo: ma per il buon senso
comune della gente, si dovrebbe dimettere il governatore della Regione
Lazio per un’opinione a titolo personale espressa da un suo
collaboratore o il Sindaco di Roma che fa interrompere per vari giorni
un servizio pubblico come la metropolitana, cagionando enormi disagi e
costi aggiuntivi ai lavoratori che devono raggiungere anche in agosto i
loro posti di lavoro ma alcuni tratti della metro sono inattivi per
disfunzioni organizzative? La prima è un’opinione che puoi condannare
esprimendo un’opinione contraria. La seconda, invece, è l’interruzione
reale di un pubblico servizio che colpisce migliaia di cittadini che
pagano pure le tasse.
Così come, su un altro piano, mi chiedo se
faccia più impressione ai cittadini che qualcuno abbia un giudizio
diverso su un fatto tragico di 43 anni fa o che un pregiudicato
nigeriano, recidivo, fosse a piede libero, non rispedito nel suo paese, e
abbia massacrato una cittadina italiana a Rovereto. Da una parte c’è un
presunto reato d’opinione su un fatto storico del passato remoto,
dall’altra ci sono responsabilità non ideologiche ma reali in
disfunzioni odierne o in crimini commessi oggi. Poi non sapete spiegarvi
perché la gente non si riconosce in voi, nei vostri ausiliari e nei
vostri teoremi ideologici, che negano la realtà.
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