Mancano pochi giorni all’inizio del summit BRICS, che si terrà a Johannesburg in Sudafrica. Molto si è detto circa l’espansione del gruppo e, soprattutto, a proposito della creazione di un’eventuale moneta unica per sfidare l’egemonia del dollaro.
A luglio, non appena la notizia di una possibile introduzione di una nuova moneta del gruppo è cricolata, l’entusiasmo di alcuni ha fatto perdere la ragione a molti, che hanno subito pensato a un ribaltamento imminente della situazione economica mondiale. Come visto nell’articolo precedente però, sebbene ci siano i presupposti, non è proprio così. Un valuta comune BRICS è un buon punto di partenza, ma è stata vista con diffidenza se non come utopia – almeno per il momento- anche dagli stessi membri del gruppo (in specifico l’India e la Russia).
Più realistico e interessante è invece ciò che sta accadendo a livello globale per quanto riguarda le transazioni internazionali e fra stati e l’abbandono progressivo del dollaro per gli scambi nonché la diminuzione delle riserve di dollari americani nelle banche centrali di tutto il mondo. Sicuramente un modello creato su iniziativa del blocco BRICS, che ha spinto molto sul concetto di decentralizzazione e di ‘multipolarità’, specialmente dopo l’inizio del conflitto in Ucraina e le conseguenti sanzioni contro la Russia da parte del blocco occidentale.
Molti sono i paesi che hanno cominciato ad abbandonare il dollaro americano per le transazioni bilaterali (l’ultima notizia è pervenuta dall’India, che pagherà il greggio agli Emirati Arabi Uniti in Rupie anziché in dollari USA, ma ce ne sono molte altre), il che mostra già di per sé un cambiamento di tendenza. La Cina per esempio, sta diminuendo progressivamente le sue riserve di dollari nella banca centrale aumentando invece quelle di oro in maniera esponenziale. Lo Zimbabwe sta per lanciare una moneta sostenuta da materie prime. Persino negli Stati Uniti si sta parlando di una futura moneta che ritorni ad essere legata al patron oro.
Questo è un dato importante ma non sufficiente a spiegare ciò che sta accadendo. Il dollaro americano – per quanto legato a un sistema perverso e negativo, imponendo una de facto diseguaglianza fra i vari paesi del mondo, alimentando una dipendenza morbosa dalla politica estera scellerata e agressiva degli Stati Uniti e dei suoi alleati occidentali- ha sancito un modello unitario a livello globale in materia di finanza e commercio, ovvero è stato per decenni lo ‘standard’ per quanto riguarda gli scambi internazionali.
Quello che sta accadendo ora, oltre all’abbadono del ‘greenback’ per le transazioni e alla diminuzione delle riserve nelle varie banche centrali di dollari, è però anche l’introduzione delle cosiddette valute digitali, conosciute con l’acronimo CBDC (Central Bank Digital Currency) in inglese. Le CBDC, attualmente in prova in più di 90 nazioni, sono state molto criticate sebbene sembrano ormai una tendenza irreparabile. Notizia di pochi giorni, è già stata attivata in Russia. Per molti, le CBDC significano ulteriore perdita di libertà, più controllo sulle persone fisiche d parte delle banche centrali e dai governi. E questo è un commento molto pertitnete.
Tuttavia, guardando al cambiamento politico globale imminente e a livello economico, le CBDC non faranno altro che decentralizzare sempre di più il mercato finanziario e quello commerciale. Ciò significa che il dollaro e il sistema FIAT perderanno sempre più terreno e quindi importanza. Ma non solo la dipendenza dal dollaro verrà a meno, ma anche quella politica dagli Stati Uniti. Un punto importante, visto che tutto il mondo, connesso alla moneta americana, soffre ancora oggi dall’isterismo americano e dalle sue manovre uniilaterali che sconvolgono il mondo.
Tutta queste premessa serve a dimostrare una tendenza che circola sempre di più fra analisti ed esperti: bisogna trovare una nuova moneta che faccia da ponte fra tutti i paesi. Una moneta che prenderà il posto del dollaro. E se questo non sarà possibile farlo tramite una ‘moneta comune BRICS’, negli ultimi anni si è spesso fatto il nome di Ripple e della sua moneta digitale XRP come potenziale concorrente del dollaro quale moneta di scambio globale di transizione. Perché è di questo che parliamo: quella che stiamo vivendo non è altro che una transzione finanziaria ed economica globale verso un nuovo regime internazinonale più equo, meno corrotto e che permetterà a tutti di trovare il benessere. Purtroppo, non dall’ oggi al domani.
XRP diventa quindi cruciale. Per molti analisti è già la valuta che i BRICS puntano ad utilizzare. Ma questo non è ufficiale. XRP è diventata negli ultimi anni una moneta virutale attraente per vari motivi, speciamente per il suo metodo innovativo On Instant Liquiidity (ODL), che permetterebbe di traferire fondi e commerciare non solo fra stati ma anche fra aziende internazionali, in maniera veloce, sicura e soprattuto istantanea. Permetterebbe anche ad aziende multinazionali di sopperire ai vari costi in maniera efficiente, meno costosta e più veloce.
In effetti, grazie a questi vantaggi, negli ultimi anni Ripple non solo ha stretto rapporti con molti paesi, ma ha ottenuto garanzie sopratuttto dai paesi del blocco BRICS e da molti altrii che oggi ne chiedono l’adesione.
Tuttavia, a causa del successo ma anche di problemi legati a XRP, l’azienda Ripple, da cui è nata, è stata danneggiata da una battaglia legale durata due anni e mezzo (e conclusasi a metà luglio), contro la Securiity and Exchange Commission (SEC) amerciana, organo regolatore anche delle cripto, che ha dichiarato XRP e il suo ODL un ‘security token’.
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