Il Sultano 2.0 si orienterà decisamente verso Est
Non è che Erdogan abbia un piano per dirigersi verso est a spese dell'Occidente. È solo che le infrastrutture, lo sviluppo e i progetti geopolitici più grandiosi del mondo si trovano oggi tutti a est.
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Pepe Escobar – thecradle.co – 31 maggio 2023
L’Occidente collettivo non vedeva l’ora di seppellirlo – un altro errore strategico che non ha tenuto conto dell’umore degli elettori turchi nell’Anatolia profonda.
Alla fine, Recep Tayyip Erdogan ce l’ha fatta – di nuovo. Contro tutti i suoi difetti, come un Sinatra neo-ottomano invecchiato, ha fatto ‘a modo mio’, conservando comodamente la presidenza della Turchia dopo che i detrattori lo avevano quasi seppellito.
Il primo ordine di priorità geopolitica è chi sarà nominato Ministro degli Affari Esteri. Il candidato principale è Ibrahim Kalin – l’attuale onnipotente addetto stampa di Erdogan, nonché suo principale consigliere.
Rispetto all’attuale Cavusoglu, Kalin, in teoria, potrebbe essere considerato più favorevole all’Occidente. Tuttavia, è il Sultano a decidere. Sarà affascinante osservare come la Turchia sotto Erdogan 2.0 si orienterà nel rafforzamento dei legami con l’Asia occidentale e nell’accelerazione del processo di integrazione dell’Eurasia.
La prima priorità immediata, dal punto di vista di Erdogan, è liberarsi del ‘corridoio terroristico’ in Siria. Questo significa, in pratica, mettere in riga i curdi YPG/PYD sostenuti dagli Stati Uniti, che sono effettivamente affiliati siriani del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) – che è anche la questione al centro di una possibile normalizzazione delle relazioni con Damasco.
Ora che la Siria è stata entusiasticamente riaccolta nella Lega Araba dopo un congelamento di 12 anni, un’alleanza mediata da Mosca tra i presidenti turco e siriano, già in corso, potrebbe rappresentare l’ultima vittoria per Erdogan: consentire il controllo dei curdi nel nord della Siria e facilitare il rimpatrio di circa 4 milioni di rifugiati (decine di migliaia rimarranno, come fonte di manodopera a basso costo).
Il Sultano è bravissimo quando si tratta di puntare su est e ovest. Sa bene come trarre profitto dallo status della Turchia come membro chiave della NATO – con uno dei suoi eserciti più grandi, il potere di veto e il controllo dell’ingresso al super strategico Mar Nero.
E tutto questo mentre esercita una reale indipendenza di politica estera, dall’Asia occidentale al Mediterraneo orientale.
Quindi aspettatevi che Erdogan 2.0 rimanga un’inestinguibile fonte di irritazione per i neocon e i neoliberali a capo della politica estera degli Stati Uniti, insieme ai loro vassalli dell’Unione Europea, che non si asterranno mai dal cercare di sottomettere Ankara per combattere l’intesa di integrazione Russia-Cina-Iran in Eurasia. Il Sultano, però, sa come gestire questo gioco in modo eccellente.
Come gestire Russia e Cina
Quale che sia sia la prossima mossa, Erdogan non salirà a bordo della nave che affonda per le sanzioni contro la Russia. Il Cremlino ha acquistato obbligazioni turche legate allo sviluppo della centrale nucleare Akkuyu, costruita in Russia, il primo reattore nucleare della Turchia. Mosca ha permesso ad Ankara di posticipare quasi 4 miliardi di dollari di pagamenti energetici fino al 2024. Soprattutto, Ankara paga il gas russo in rubli.
Quindi, una serie di accordi legati alla fornitura di energia russa prevale su possibili sanzioni secondarie che potrebbero colpire il costante aumento delle esportazioni della Turchia. Tuttavia, è scontato che gli Stati Uniti torneranno alla loro unica e sola politica ‘diplomatica’: le sanzioni. Dopotutto, le sanzioni del 2018 hanno spinto la Turchia in recessione.
Ma Erdogan può facilmente contare sul sostegno popolare in tutto il regno turco. All’inizio di quest’anno, un sondaggio Gezici ha rivelato che il 72,8% dei cittadini turchi privilegia le buone relazioni con la Russia, mentre quasi il 90% considera gli Stati Uniti una nazione “ostile”. Questo è ciò che permette al Ministro degli Interni Soylu di dire, senza mezzi termini, “spazzeremo via chiunque stia causando problemi, comprese le truppe americane”.
La cooperazione strategica Cina-Turchia rientra in quello che Erdogan definisce “volgersi a Oriente” – e riguarda soprattutto il colosso infrastrutturale multicontinentale cinese, la Belt and Road Initiative (BRI). Il ramo della Via della Seta Turca della BRI si concentra su quello che Pechino definisce il “Corridoio di Mezzo”, un’importante rotta commerciale economica e sicura che collega l’Asia all’Europa.
Il motore è il China Railway Express, che ha trasformato il Corridoio di Mezzo probabilmente nella spina dorsale della BRI. Per esempio, i componenti elettronici e una gamma di altri articoli arrivano abitualmente tramite aerei cargo da Osaka, in Giappone, vengono caricati su treni merci diretti a Duisburg e Amburgo, in Germania, tramite il China Railway Express che parte da Shenzhen, Wuhan e Changsha – e che attraversa lo Xinjiang fino al Kazakistan e oltre, attraverso il Passo di Alataw. Le spedizioni da Chongqing alla Germania richiedono un massimo di 13 giorni.
Non c’è da stupirsi che quasi 10 anni fa, quando ha svelato per la prima volta il suo ambizioso BRI multimiliardario ad Astana, in Kazakistan, il Presidente cinese Xi Jinping abbia inserito il China Railway Express come componente centrale del BRI.
I treni merci diretti da Xian a Istanbul percorrono la rotta dal dicembre 2020, utilizzando la ferrovia Baku-Tblisi-Kars (BTK) con un tempo di percorrenza inferiore alle due settimane – e sono in corso piani per aumentarne la frequenza. Pechino è ben consapevole del vantaggio della Turchia come hub di trasporto e crocevia per i mercati dei Balcani, del Caucaso, dell’Asia Centrale, dell’Asia Occidentale e del Nord Africa, per non parlare dell’unione doganale con l’UE che consente l’accesso diretto ai mercati europei.
Inoltre, la vittoria di Baku nella guerra del Nagorno-Karabakh del 2020 è stata accompagnata da un bonus per l’accordo di cessate il fuoco: il corridoio Zangezur, che alla fine faciliterà l’accesso diretto della Turchia ai vicini dal Caucaso all’Asia Centrale.
Un’offensiva pan-turca?
E qui entriamo in un territorio affascinante: le possibili interpolazioni in arrivo tra l’Organizzazione degli Stati Turchi (OTS), l’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (SCO), i BRICS+ – e tutto ciò è anche legato a un aumento degli investimenti sauditi ed e degli emirati arabi nell’economia turca.
Il Sultano 2.0 vuole diventare un membro a pieno titolo sia della SCO guidata dalla Cina che del BRICS+ multipolare. Ciò significa un’alleanza molto più stretta con il partenariato strategico Russia-Cina, nonché con le potenze arabe, che stanno anch’esse salendo sul treno ad alta velocità BRICS+.
Erdogan 2.0 si sta già concentrando su due importanti attori dell’Asia Centrale e dell’Asia Meridionale: Uzbekistan e Pakistan. Entrambi sono membri della SCO.
Ankara e Islamabad sono molto in sintonia. Esprimono lo stesso giudizio sulla delicatissima questione del Kashmir ed entrambi hanno sostenuto l’Azerbaigian contro l’Armenia.
Ma gli sviluppi chiave potrebbero essere in Asia Centrale. Ankara e Tashkent hanno un accordo strategico di difesa, che include la condivisione di informazioni e la cooperazione logistica.
L’Organizzazione degli Stati Turchi (OTS), con sede a Istanbul, è il principale promotore del pan-turchismo o pan-turanismo. Turchia, Azerbaigian, Kazakistan, Uzbekistan e Kirghizistan sono membri a pieno titolo, mentre l’Afghanistan, il Turkmenistan, l’Ungheria e l’Ucraina sono stati selezionati come osservatori. Il rapporto turco-azero è presentato come “una nazione, due Stati” in termini pan-turchi.
L’idea di base è una “piattaforma di cooperazione”, ancora vaga, tra l’Asia centrale e il Caucaso meridionale. Tuttavia, sono già state avanzate alcune proposte serie. Il vertice dell’OTS a Samarcanda, alla fine dello scorso anno, ha avanzato l’idea di un blocco di libero scambio TURANCEZ, che comprende la Turchia, il Kazakistan, il Kirghizistan, l’Uzbekistan, il Turkmenistan, l’Azerbaigian e, in qualità di osservatori, l’Ungheria (in rappresentanza dell’UE) e Cipro Nord.
Nel frattempo, prevalgono gli affari pesanti. Per trarre pieno profitto dallo status di hub di transito energetico, la Turchia ha bisogno non solo del gas russo, ma anche del gas del Turkmenistan che alimenta il Gasdotto Naturale Trans-Anatolico (TANAP), nonché del petrolio kazako proveniente dall’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan (BTC).
L’Agenzia Turca di Cooperazione e Coordinamento (TIKA) è molto attiva nella cooperazione economica, con una serie di progetti nei settori dei trasporti, dell’edilizia, dell’estrazione mineraria e del petrolio e del gas. Ankara ha già investito ben 85 miliardi di dollari in tutta l’Asia Centrale, con quasi 4.000 aziende sparse in tutti gli “stan”.
Naturalmente, rispetto alla Russia e alla Cina, la Turchia non è un attore importante in Asia Centrale. Inoltre, il ponte verso l’Asia Centrale passa per l’Iran. Finora, la rivalità tra Ankara e Teheran sembra essere la norma, ma tutto potrebbe cambiare, in modo fulmineo, con lo sviluppo simultaneo del Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC) guidato da Russia-Iran-India, che porterà benefici ad entrambi – e il fatto che iraniani e turchi potrebbero presto diventare membri a pieno titolo dei BRICS+.
Il Sultano 2.0 è destinato a stimolare gli investimenti in Asia Centrale come nuova frontiera geo-economica. Questo di per sé racchiude la possibilità che la Turchia entri presto a far parte della SCO.
Avremo quindi una “svolta verso l’Oriente” in pieno svolgimento, parallelamente a legami più stretti con il partenariato strategico Russia-Cina. Si noti che anche i legami della Turchia con il Kazakistan, l’Uzbekistan e il Kirghizistan sono partenariati strategici.
Non male per un neo-ottomano che, fino a pochi giorni fa, era stato liquidato come un “ei fu”.
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