Ucraina, la controffensiva si è già impantanata
di Fabio Mini - 21/06/2023
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Fonte: Il Fatto Quotidiano
In genere le prime dieci ore e i primi dieci giorni sono
indicativi dello sviluppo delle operazioni. Le prime ore indicano le
linee di approccio facendo capire quali sono le principali e le
sussidiarie; i primi dieci giorni danno l’idea degli obiettivi, della
consistenza dell’attacco e delle sue potenzialità. In Ucraina, le prime
ore non hanno chiarito nulla e anzi hanno sollevato molte perplessità:
un attacco, o tre o cinque, su 800 chilometri di fronte non consente di
capire molto sulla ratio dell’intera operazione. E anche ammesso che ciò
sia voluto per sorprendere l’avversario occorre valutare il rischio che
nemmeno i propri comandanti sul terreno la capiscano e siano i primi ad
essere sorpresi.
Dopo dieci giorni la situazione non è migliorata.
Il New York Times cerca di rassicurare sui successi ucraini della
“estenuante, ma promettente controffensiva ucraina anche se a caro
prezzo”. Concordando con ciò che il Fatto sostiene da tempo, il Nyt
riferisce che “dopo aver inizialmente riconquistato alcuni piccoli
insediamenti e villaggi, i progressi dell’Ucraina nelle regioni di
Donetsk e Zaporizhzhia si misurano meglio in metri che in chilometri”.
Inoltre, il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, e il
presidente degli Stati maggiori riuniti, generale Mark Milley, hanno
riconosciuto che le forze ucraine stanno incontrando una forte
resistenza e subendo perdite sia in termini di vittime umane sia di
carri armati e altri veicoli corazzati occidentali recentemente forniti.
Queste difficoltà erano attese, hanno detto”. Intanto, sul terreno “a
ogni passo in avanti, i soldati ucraini sono sempre più esposti alla
potenza di fuoco russa”. Quindi sembra di capire che dopo le riconquiste
delle aree distanti dal fuoco russo, l’offensiva ucraina stia
procedendo a “passi” e che vada incontro al peggio. Questo accade sul
terreno, dove si combatte e si muore.
Nei luoghi dove invece si
chiacchiera e si fanno affari la situazione è migliore e l’Ucraina è già
vittoriosa su tutta la linea. La Nato e l’Unione europea si preparano
ad accoglierla anche senza i requisiti richiesti e a prescindere dalle
previste autorizzazioni dei Paesi “sovrani”. L’impegno a sostenere il
“Paese aggredito senza motivo” è anche l’impegno a entrare in guerra
contro la Russia e soprattutto la conferma che l’Europa è il primo
obiettivo e principale teatro della guerra americana contro la Russia.
Le manovre della Nato nell’Europa del Nord per quanto di routine hanno
assunto valenza di mobilitazione militare per la guerra e, come si sa,
la mobilitazione è già guerra. Anche la chiamata al riarmo con la
mobilitazione delle produzioni industriali belliche non ha nessun
carattere di deterrenza o difesa, ma tutti quelli della sfida e della
provocazione. Il riarmo è la parte militare della preparazione alla
guerra che tuttavia innesca e discende dalla preparazione finanziaria ed
economica per un conflitto lungo e oneroso affrontabile e sostenibile
soltanto con la concentrazione delle risorse materiali e umane sulla
guerra.
Guerra non fine a se stessa, ovviamente, ma preludio del
grande scontro Stati Uniti-Cina. Questo vogliono gli Usa e gli europei e
questo è l’impegno che l’Ucraina ha assunto nei loro confronti: fornire
armi in cambio di sangue per consentire all’Occidente di non soccombere
in una guerra economica, commerciale e tecnologica che minaccia il
sistema occidentale soltanto perché basato sull’egemonia statunitense.
L’Occidente sta infatti cercando di spostare la guerra da un campo in
cui ogni giorno perde iniziativa e potenziale a un campo, quello
militare, in cui i numeri relativi all’hardware sono ancora favorevoli.
Ma a fronte delle chiacchiere e della propaganda, l’Occidente trova già
ora molte difficoltà nel perseguire la prospettiva di una guerra lunga e
potenzialmente dolorosa. E gli ucraini forse cominciano a capire che
della vittoria delle chiacchiere e dei soldi beneficeranno solo pochi e
comunque non saranno coloro che combattono.
Si avvicina sempre di più
il momento della verità spesso sollecitato dallo stesso presidente
Zelensky: quanto sangue dei nostri figli siamo disposti a versare se e
quando l’Ucraina non ce la facesse più? Quanto potrà durare la retorica
degli aiuti all’Ucraina perché “essa” possa vincere? Quanto durerà
ancora l’ubriacatura della guerra europea che ci costerà più di quanto
non si sia disposti a spendere? Ogni giorno che passa, sul fronte
orientale e nelle cancellerie occidentali appare evidente che l’Ucraina
“deve” vincere per non costringerci a scegliere fra il sacrificio del
nostro sangue e la vergogna dell’abbandono.
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