Indizi
di Andrea Zhok - 23/06/2023
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Fonte: Andrea Zhok
1) Due giorni fa Zelensky ha messo in guardia contro
un'operazione russa contro la centrale nucleare di Zaporizhzhia,
richiamando come un precedente (sic!) il caso della diga di Nova
Kakhovka.
2) Quasi simultaneamente i senatori americani Lindsay
Graham (Repubblicani) e Richard Blumenthal (Democratici) hanno proposto
una risoluzione che considera ogni spargimento di materiale nucleare in
Ucraina come un atto lesivo per i paesi confinanti e dunque come
equivalente ad un'aggressione a paesi Nato, sufficiente a fare scattare
l'art. V dell'alleanza.
3) Ieri sono stati arrestati dal servizio di
sicurezza russo alcune persone che stavano contrabbandando un
chilogrammo di Cesio radiattivo. Al netto dei sospetti russi - dunque di
parte - che la destinazione fosse l'Ucraina, è significativa la
possibilità stessa che un chilogrammo di un materiale di tale
pericolosità fosse disponibile per il mercato privato.
4) Estonia e
(soprattutto) Polonia stanno già inviando propri soldati sul fronte
ucraino e non fanno niente per nasconderlo. Ovviamente la formulazione
adottata è che si tratta di "volontari", che dunque non sono parte
integrante dei rispettivi eserciti Nato, tuttavia il quadro già ora in
atto è che battaglioni di soldati di paesi Nato, con armamenti Nato,
sostegno finanziario e logistico dei paesi della Nato, supervisione e
telecomunicazioni Nato, sta combattendo in Ucraina contro l'esercito
russo. - Va notato che la Polonia ha innalzato la propria spesa militare
al 4%, con il proposito di diventare in breve tempo il più potente
esercito della Nato (dopo gli USA).
Mettendo in fila questi indizi
sembra realistico dire che qualcuno all'interno dello schieramento
occidentale stia non solo prendendo in considerazione, ma attivamente
lavorando per un casus belli nucleare che giustifichi alle opinioni
pubbliche nazionali ciò che sta già nei fatti accadendo, ma in modo
circoscritto, ovvero un coinvolgimento diretto della Nato nella guerra.
Esiste una logica politica, umanamente assurda, ma politicamente chiarissima nei meccanismi di escalation come quello in corso.
Una
volta fatto un così grande investimento di credibilità politica da
parte di tutti i paesi occidentali nel progetto di "abbattimento dello
stato canaglia russo", ora nessuno se la sente di fare passi indietro
perché teme (a ragione) che gli altri compagni di cordata coglierebbero
l'occasione per imputargli il (prevedibile dall'inizio) fallimento
dell'impresa.
Dunque per quanto tutti capiscano che lo scenario che
si profila è quello della terza guerra mondiale, e nonostante tutti
capiscano che lo scenario che avevano immaginato all'inizio (collasso
del regime putiniano, sostituzione con pupazzo compiacente, e ritorno
della Russia ad essere il "benzinaio del mondo") sia mero wishful
thinking, i governi occidentali non sono disposti a fare passi indietro.
Perciò il rilancio è continuo, per quanto inefficace (siamo
all'undicesimo pacchetto di sanzioni). E ogni governante occidentale,
europeo in particolare, spera che qualcun altro si assuma responsabilità
che lui/lei non vuole prendere perché li metterebbe mediaticamente in
cattiva luce.
Questa responsabilità può essere quella della pace (e
qui solo gli USA sono nella posizione di prendere quella decisione
unilateralmente; ma sono anche quelli che hanno meno interesse a
prenderla.)
Oppure può essere la responsabilità dello scontro
finale, che nessuno si assumerà come atto politico volontario, ma che
per scattare ha solo bisogno di una giustificazione
"emozionale-emergenziale" adeguata.
E' per questo che lo scenario
preparato da eventi come un incidente nucleare a Zaporizhzhia da
imputare ai russi, o come simili eventi catastrofici, diviene così
rilevante.
Solo questo ci separa dalla terza guerra mondiale: una
provocazione abbastanza robusta ed emotiva da consentire alla servitù
mediatica di soffiare sul fuoco per suscitare una parvenza di sostegno
pubblico alla guerra totale.
Ecco, nel gorgo di follia irresponsabile
in cui il mondo sta precipitando ci sono molti responsabili. Ci sono
gli interessi dell'industria bellica, c'è l'opportunismo codardo dei
governanti "democratici", c'è l'inerzia coltivata da decenni di una
popolazione ridotta a bestiame (e che farà la fine del bestiame). Ma la
responsabilità maggiore di tutte, quella per cui, se c'è un inferno
questi lo popoleranno in ogni ordine di gironi, è quella degli
"intellettuali" (nel senso gramsciano) e specificamente dei giornalisti.
Senza la codardia della maggior parte del ceto professionale
dedicato all'"informazione" e alla "formazione dell'opinione pubblica" i
paesi occidentali - paesi che hanno istituzionalmente bisogno di un
qualche grado di apparente assenso dell'opinione pubblica - non
avrebbero commesso la sequela interminabile di "errori" fatali degli
ultimi decenni, sul piano geopolitico, economico, sanitario e infine
bellico.
Solo l'esistenza di un ceto organico di mentitori e
propagandisti a pagamento ha permesso il degrado della cultura europea,
l'infiacchimento terminale di un'intera generazione, l'impoverimento dei
più a fronte dell'arricchimento indecente di pochi, il prosciugamento
dell'offerta politica, le aggressioni militari camuffate da interventi
umanitari, per arrivare infine a bussare all'uscio della terza guerra
mondiale.
Non so se avremo la buona sorte di evitare le più
drammatiche conseguenze del vicolo cieco in cui ci hanno condotto, ma è
da lì, da un azzeramento e da una ricostruzione di questo ceto che potrà
ripartire una rinascita, se mai avverrà.
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