Covid: i “pazienti zero” erano scienziati dell’Istituto di Virologia di Wuhan
21 Giugno 2023
Ben Hu, Ping Yu e Yan Zhu. Sono questi i nomi dei tre scienziati che conducevano ricerche nel campo del guadagno di funzione sui nuovi coronavirus presso l’Istituto di Virologia di Wuhan e che sarebbero anche i “pazienti zero”, ossia i primi esseri umani ad aver contratto la Covid-19 a novembre 2019.
È quanto emerge da alcuni documenti del FOIA ottenuti nel 2021 dal progetto White Coat Waste Project (WCW) e da una recente inchiesta dei giornalisti Michael Shellenberger, Matt Taibbi e Alex Gutentag, pubblicata sulla newsletter Substack Public. «Dopo anni di dichiarazioni ufficiali contrarie, sono emerse nuove prove significative che rafforzano la tesi secondo cui il virus SARS-CoV-2 è sfuggito accidentalmente dal Wuhan Institute of Virology (WIV)», scrivono gli autori dell’indagine.
I nuovi dettagli sono stati rivelati circa quattro mesi dopo che il direttore dell’FBI Christopher Wray ha ammesso in una intervista a Fox News che il Bureau ritiene che la Covid-19 «molto probabilmente» abbia avuto origine in un «laboratorio controllato dal governo cinese».
Trovare il “paziente zero” rimane, infatti, la chiave per determinare definitivamente chi e cosa abbia provocato la pandemia. L’esistenza dei tre scienziati era nota grazie a uno scoop del Wall Street Journal su un report dell’intelligence USA. La notizia aveva rinvigorito il dibattito sull’ipotesi della “fuga dal laboratorio”, inizialmente liquidata come fake news e derubricata a “teoria del complotto”, ma l’identità del personale malato era stata tenuta segreta dalle autorità degli Stati Uniti e della Cina, fino a ora. Un nuovo rapporto basato su una fonte del governo degli Stati Uniti ha confermato le loro identità con certezza del “100%”.
Secondo Public, i tre scienziati stavano effettuando esperimenti nel campo del guadagno di funzione, quando si sono ammalati nell’autunno del 2019 e sono stati ricoverati in ospedale. I registri contabili federali ottenuti dal WCW attraverso una causa del Freedom of Information Act (FOIA) del 2021 contro il National Institutes of Health (NIH) confermano che Ben Hu era a capo dei pericolosi esperimenti sui virus finanziati dai contribuenti tramite il National Institutes of Allergy and Infectious Diseases del dr. Anthony Fauci (NIAID) e l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID).
La testata di inchiesta The Intercept aveva pubblicato – nel settembre 2021 – 900 pagine di documenti riservati sulla cooperazione tra USA e Cina in merito alle ricerche sui coronavirus nei pipistrelli all’interno del laboratorio di Wuhan. I documenti (qui e qui) rilasciati attraverso il ricorso al FOIA di The Intercept contro il NIH, svelarono che l’Ong americana EcoHealth Alliance, finanziata da Fauci e guidata da Peter Daszak, aveva fornito 3,1 milioni di dollari utilizzati anche per identificare e alterare i coronavirus in merito agli studi sul guadagno di funzione.
Ora si scopre che NIAID e USAID avrebbero inviato oltre 41 milioni di dollari in sovvenzioni finanziate dai contribuenti americani al laboratorio di Wuhan in cui il paziente zero, ora identificato come Ben Hu, guidava i pericolosi esperimenti sul guadagno di funzione. Hu ha collaborato con la virologa Shi Zheng-Li, che ha scoperto l’origine della SARS e da anni studia i coronavirus dei pipistrelli per creare ibridi ricombinanti e per questo è stata soprannominata “Bat Woman”.La nota biologa molecolare presso il Broad Institute del MIT e Harvard, Alina Chan, ha spiegato che Ben Hu era “l’allievo migliore” di Shi Zheng-Li. Un video del 2017 della TV statale cinese mostra Hu, Zheng-Li e altri scienziati che maneggiano pipistrelli e campioni di laboratorio senza un adeguato equipaggiamento protettivo. Secondo Chan, coautrice del libro Viral: The Search for the Origin of Covid-19, gli scienziati dell’Istituto di Virologia di Wuhan hanno condotto le loro ricerche a un livello di sicurezza di rischio biologico inferiore rispetto a BSL-2 «quando ora sappiamo che il virus pandemico è persino in grado di fuoriuscire da un laboratorio BSL-3 e infettare giovani lavoratori di laboratorio completamente vaccinati».
Per quanto manchi ancora la cosiddetta “pistola fumante”, queste recenti rivelazioni hanno portato alla luce nuove prove che rafforzano la tesi dell’origine artificiale del virus, sollevando interrogativi cruciali sull’origine della pandemia.
Per due anni, parlare della possibilità che il virus potesse essere sfuggito da un laboratorio era considerato un vero e proprio tabù. Le voci critiche rispetto alla narrazione ufficiale sono state denigrate (Open, Repubblica, Corriere della sera, FanPage, ecc.), criminalizzate e censurate (come confermato dai Twitter Files e dai Facebook Files). Solo con l’apertura dell’amministrazione Biden a una inchiesta sulla nascita della pandemia, gli algoritmi sui social sono stati modificati, revocando il veto sui post disallineati.
Eppure, sebbene questo tabù sia stato spezzato, incentivando un’analisi più obiettiva e approfondita dell’origine del virus, gran parte dei media – soprattutto italiani – per non sconfessare se stessa, preferisce continuare a ignorare o etichettare le inchieste divergenti come “cospirazionismo”. E, infatti, l’inchiesta di Public, nel nostro Paese, è passata sotto silenzio.
[di Enrica Perucchietti]
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