Lo scoppio della guerra in Ucraina ha trasformato la Corea del Sud in una variabile chiave legata a doppia mandata agli equilibri geopolitici dell’Europa. Il motivo è da ricercare nella cronica fame di armamenti accusata dalla Nato, in prima linea nel sostenere Kiev contro Mosca, e dal complementare ruolo giocato dall’industria della Difesa di Seoul, ben felice di vendere a peso d’oro il materiale bellico richiesto dall’asse Bruxelles-Washington.
Certo, il conflitto ucraino ha fatto schizzare alle stelle gli affari sudcoreani. Basti pensare che nel 2022 l’export di armi made in Korea è aumentato del 140% toccando il valore record di 17,3 miliardi di dollari, gran parte dei quali proveniente da un accordo da oltre 12 miliardi con la Polonia per la vendita di obici, aerei da combattimento, lanciarazzi multipli e carri armati.
Ciò nonostante, anche escludendo il dossier Ucraina scopriamo che il business bellico della Corea del Sud è più che florido. Il colosso nazionale Hanwha Aerospace sta sfornando a ritmo record i richiestissimi obici semoventi K9 da 155 mm, ricevuti, tra gli altri Paesi, da Finlandia, Norvegia, Polonia, Egitto ed Estonia. Hanwha Ocean sta invece costruendo sottomarini d’attacco e auspica di chiudere un’intesa con il Canada, mentre Hyundai rifornirà le Filippine con 900 milioni di fregate e navi pattuglia e la Thailandia si è rivolta a Seoul per ottenere fregate e aerei da addestramento all’avanguardia.
Insomma, dopo il K-pop, i K-drama e tanti altri marchi di fabbrica sudcoreani, ecco che la Corea del Sud sta consolidando un nuovo marchio di fabbrica già soprannominato K-defense, intesa come Difesa militare da conseguire grazie ad armi realizzate al di sotto del 38esimo parallelo.
L’industria delle armi della Corea del Sud
Le esportazioni sudcoreane, ha fatto notare Nikkei Asian Review, sono trainate principalmente da semiconduttori, automobili e boy band. Negli ultimi anni, le aziende della Difesa del Paese – le cui competenze sono perennemente affinate a causa continue tensioni con la Corea del Nord – hanno però aumentato il loro profilo globale grazie alla firma di accordi storici.
Il presidente del Paese, il conservatore Yoon Suk Yeol, strenuo sostenitore della K-defense, ha affermato che una forte industria della Difesa potrebbe contribuire sia alla sicurezza nazionale che alla sua economia attraverso la creazione di posti di lavoro.
Dando un’occhiata ai dati dello Stockholm International Peace Research Institute notiamo come la piccola Sud Corea sia diventato il nono maggiore esportatore di armi al mondo, con un volume di affari in crescita del 74% nel quinquennio compreso tra il 2018 e il 2022. Non solo: stiamo parlando della nazione in più rapida crescita tra i primi 25 esportatori di armi al mondo, con una quota conseguita pari a circa il 2,8% del mercato globale. Yoon non si accontenta e ha annunciato il suo obiettivo: ottenere il quarto posto entro il 2027.
La scelta di Seoul
Per quale motivo a Seoul le industrie impegnate nel settore della Difesa sono così floride mentre Europa e Stati Uniti devono fare i conti con preoccupanti carenze belliche? A differenza di tante altre nazioni, anche dopo la fine della Guerra fredda la Corea del Sud ha mantenuto una solida catena di approvvigionamento della Difesa interna, con lo specifico fine di soddisfare la domanda delle proprie forze armate e difendersi dalla Corea del Nord.
Ebbene, di fronte a questa minaccia, Seoul ha saputo sviluppare un’enorme infrastruttura di produzione di armamenti e cerca adesso sempre più opportunità di business all’estero. Nello specifico, i sudcoreani intendono fare leva su due caratteristiche: la qualità del materiale bellico, agevolato da un eccellente know how tecnologico, ma anche e soprattutto la rapidità nell’evadere rapidamente gli ordini provenienti dall’estero.
C’è in realtà un terzo aspetto da considerare: la compatibilità dell’equipaggiamento sudcoreano con gli standard Nato, visto che l’industria sudcoreana degli armamenti lavora da anni a stretto contatto con gli Stati Uniti.
Per la cronaca, tra gli ultimi affari siglati dai colossi della Difesa del Sud troviamo quello concretizzatosi tra LIG Nex1 e l’Arabia Saudita. L’azienda esporterà missili terra-aria a medio raggio (M-SAM II) a Riyad come parte di un’intesa del valore di 3,2 miliardi di dollari. Altro denaro che finirà nelle casse di un Paese sempre più strategico a livello internazionale.
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