L'inquietante accordo militare con Kiev: rischi e scenari
di Fabio Mini - 02/03/2024
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/l-inquietante-accordo-militare-con-kiev-rischi-e-scenari
Fonte: L'Antidiplomatico
Molti degli elettori che hanno scelto Giorgia Meloni alle
scorse elezioni non si sarebbero certo aspettati una politica estera più
draghiana di Draghi, più atlantista del direttore di Repubblica
Molinari o più filo Zelensky di un’Ursula qualunque. Eppure, l’ultimo
viaggio a Kiev da presidente di turno del G7 del nostro premier nella
capitale ucraina ha sciolto tutti i dubbi rimasti. L’accordo decennale
con cui la Meloni, senza nessun passaggio parlamentare, ha legato il
paese al regime di Kiev rimane il lato più oscuro e inquietante.
Nessuno
più del generale Fabio Mini, autore di "L'Europa in guerra" (Paper
First, 2023) e della premessa al nuovo libro di Giuseppe Monestarolo
"Ucraina, Europa mondo" (Asterios, 2024) può aiutarci a fare luce,
individurare i dettagli e scenari futuri. Mini è una delle voci più
coerenti e forti nel denunciare i rischi connessi all'atteggiamento
europeo verso il conflitto in corso. Con i suoi articoli su Limes e il
Fatto Quotidiano, è riuscito a rompere la propaganda dominante. Quella
propaganda che, come abilmente preannunciato dallo stesso generale, sta
portando il nostro continente ad un passo da un baratro sempre più
visibile.
Abbiamo chiesto al generale Fabio Mini di aiutarci a sciogliere diversi dubbi per “Egemonia”.
L’assenza di Macron e Scholz accanto alla Meloni a Kiev merita una necessaria premessa Generale.
«Le
assenze parlano molto di più delle presenze. L’assenza è uno strumento
diplomatico e politico e paesi navigati come Francia e Germania lo sanno
bene. Se non hanno mandato i propri leader un motivo
politico-diplomatico c’è, ma non credo riguardi una via d’uscita dal
conflitto con la Russia. Mi sembra più probabile che si siano sottratti
agli sbaciucchiamenti di Zelensky sacrificando anche quelli delle due
signore o che non condividano in questo periodo né il decisionismo dei
singoli stati né le mire accentratrici proprio della von der Leyen della
gestione del riarmo europeo e degli aiuti a Kiev.»
Generale ci aiuta a inquadrare la portata dell'accordo militare siglato dal premier italiano a Kiev. Cosa prevede?
«Si
tratta di misure di cooperazione militare e civile con l’Ucraina, già
dichiarate alla Nato, nell’ambito dell’Unione europea e in tutte le
altre sedi internazionali nelle quali il nostro governo è stato
presente. Si ribadisce in pratica del sostegno militare all’Ucraina in
caso di futuri attacchi e sin da ora per respingere la Russia entro i
propri confini e perfino oltre».
Tutti i membri del governo hanno voluto ribadire che non siamo parte attiva del conflitto. E' così?
«Nell'accordo
vengono ribadite le misure già assunte contro Mosca come le sanzioni,
il congelamento e la confisca di beni di privati cittadini russi
all’estero e l’addebito dei danni di guerra - compresi quelli causati
dai bombardamenti ucraini nel Donbass che è la zona che ha subito i
danni più gravi. Il nostro governo insiste a dire che “non siamo in
guerra con la Russia” e sa benissimo che la maggioranza dei cittadini
italiani, diversamente da quella parlamentare e di governo, non vuole
questa o altra guerra. Ma l’accordo prevede aiuti e cooperazione a senso
unico in campo militare, industriale, commerciale e politico.
Allontana, dunque, la possibilità di un negoziato»
Negoziato in
vista di un accordo. Accordo che è noto come era già stato raggiunto da
ucraini e russi a poche settimane dall’inizio delle operazioni, nel
marzo del 2022 a Istanbul. Questa decisione del governo italiano lo
rende sempre più complicato?
«Promette tutto ciò che l’Ucraina chiede
e che le serve per continuare la guerra. Non si avventura in nessuna
considerazione o proposta che favorisca la cessazione del conflitto.
Anzi sostenendo il cosiddetto piano di pace ucraino in 10 punti, che
nega qualsiasi negoziato sui confini con la Russia, viene esclusa ogni
via d’uscita diversa dalla sconfitta sul campo, russa o ucraina.»
Ci sono clausole specifiche che rendono il nostro coinvolgimento nel conflitto maggiore?
«No,
e non sono necessarie. L’intero documento è dedicato a rendere
esplicita e a rafforzare, almeno a parole, lo schieramento politico e
militare a fianco dell’Ucraina e contro la Russia. Non esiste alcun
cenno d’incoraggiamento all’azione diplomatica verso la pace o la
sospensione del conflitto. Lo scopo essenziale di questa cooperazione
non è una pace duratura e giusta, né una maggiore sicurezza dell’Ucraina
e della stessa Europa. Di fatto l’Italia partecipa e collabora alla
guerra contro la Russia consapevole che ciò significa la continuazione e
il peggioramento del conflitto».
Generale nell’accordo si dice
di difendere la sovranità e la democrazia ucraina ma non si fa alcun
riferimento alle garanzie che dovrebbero essere date alle popolazioni
della stessa Ucraina che tornerebbero sotto la sua sovranità...
«Ciò
significa esattamente cancellare i dieci anni di soprusi e massacri
passati e autorizzare quelli futuri. Significa dimenticare cosa
veramente deve garantire la democrazia. Quella ucraina e quella nostra.
Non credo che il documento in sé comporti una sorpresa per la Russia o
un cruccio in più. Semmai il tono e le parole, copiate e incollate da
analoghi documenti americani e inglesi, possono aver irritato perché
provenienti da un governo che rappresenta una popolazione e una cultura
che la Russia rispetta. O rispettava.»
Altro che sovranismo,
insomma. La deriva iniziata con il governo Draghi prosegue, si
intesifica e l'Italia ha perso definitivamente il suo ruolo tradizionale
di mediazione. Siamo più a rischio oggi?
«Non rischiamo oggi più di
quanto non rischiavamo ieri, ma questo non è di consolazione perché non
credo che ci sia la giusta percezione di quanto la situazione sia grave
per tutta l’Europa. E di quanto i nostri piloti stiano rischiando nelle
operazioni di controllo dei confini dei paesi baltici. L’inasprimento
delle relazioni o soltanto l’irritazione possono essere sufficienti a
far cadere qualsiasi remora nelle reazioni a eventuali sconfinamenti
anche se involontari. E’ l’approccio generale ad essere debole e
pericoloso. L’Italia sta scommettendo sulla vittoria ucraina, su una
rapida conclusione del conflitto e sulla fetta di torta che ne può
derivare con le forniture di armi e con la ricostruzione. Nessuna delle
tre cose è sicura e anzi le probabilità che si verifichino stanno
diminuendo. Sta scommettendo sul riarmo europeo che la von der Leyen
vorrebbe coordinare e gestire a nome di tutta l’Europa non si sa bene se
per fare un favore alla Germania o agli Stati Uniti costituendo un polo
unico per le importazioni. Esattamente come successo per i farmaci del
Covid che lei stessa porta a modello per le forniture belliche. Si sta
proseguendo sulla linea del conflitto globale seguendo passivamente le
mire e i metodi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna in Europa contro
la Russia e nel mondo contro la Cina».
A due anni dall'inizio
dell'operazione russa, le sue previsioni sul Fatto Quotidiano e su Limes
si sono avverate praticamente tutte e quelle, ottusamente filo NATO,
portate avanti dai giornali dei gruppi mediatici dominanti in Italia
smentite (come al solito). Generale cosa aspettarsi ora dal 2024?
Vivremo una nuova escalation?
«Cerco di essere realista e non
ipocritamente ottimista. Non vedo per quest’anno nessuna volontà
internazionale di terminare il conflitto con un negoziato. Vedo invece
lo sbocco verso il negoziato come conseguenza delle operazioni militari.
Tutto il mondo è alla ricerca di un compromesso onorevole per salvare
l’Ucraina ma è proprio essa a non voler essere salvata e anzi pretende
di sacrificarsi per salvare tutti noi. Finché si ricorre a questa
retorica non si arriva a niente».
L’opzione d’inviare altre armi e
perfino uomini - come ha recentemente dichiarato il presidente francese
Macron - a combattere contro la Russia dove può portarci?
«E'
esattamente quello che la Russia si aspetta per passare all’opzione
nucleare. Ma ha ancora bisogno dell’assicurazione statunitense che il
ricorso al nucleare tattico non inneschi quello strategico. Con
l’attuale presidente americano un’assicurazione in questo senso non
avrebbe significato. Dovrebbe essere un gentlemen agreement e finora non
si è visto nulla che caratterizzi un gentiluomo. Nel giro di pochi mesi
sarà comunque azzoppato e il nuovo presidente, chiunque esso o essa
sia, avrebbe il compito di sbrogliare la matassa. Considerando che un
presidente americano ci mette almeno sei mesi prima di diventare
operativo - anche se esperto o rieletto- per via dei compromessi che ha
dovuto tessere per essere eletto e dei mutamenti della situazione
internazionale - ritengo che questo tipo di accordo tacito o segreto
non sia possibile prima della metà del 2025».
E quindi nel frattempo?
«Nel
frattempo alla Russia conviene tirare la guerra per lunghe
incrementando l’attrito sulle forze ucraine e cercare di ottenere un
buon compromesso proprio dallo sfinimento di Kiev. Non è una cosa di
breve termine perché proprio gli aiuti tendono a prolungare l’agonia,
piuttosto che passare all’eutanasia. Finché c’è guerra c’è speranza di
affari e profitti. Una soluzione meno cruenta potrebbe venire da un
colpo di stato a Mosca o Kiev che eliminando i principali interlocutori
consenta il passaggio ai compromessi. La vedo difficile in Russia e più
probabile in Ucraina, ma sempre aleatoria: non è detto che i successori
siano sempre migliori dei predecessori.»
La portata del suicidio europeo e dell’abisso che accordi come quello siglato dalla Meloni a Kiev è ora, forse, più chiaro.
a cura di Alessandro Bianchi
Nessun commento:
Posta un commento