Tutti i dubbi sulla nuova diga di Genova, l’opera più imponente del PNNR
1 Giugno 2023
Nelle ultime settimane, una delicata questione sta spaccando la politica ligure: la realizzazione della nuova diga foranea di Genova, l’opera in assoluto più importante e costosa del Pnrr, i cui lavori sono ufficialmente partiti a inizio maggio. Da una parte della barricata c’è chi la critica fortemente per i suoi costi e impatti ambientali, che per ora paiono sottodimensionati; dall’altra, ci sono il governo cittadino e quello regionale (cui l’opposizione mainstream non sembra aver dato, sul punto, molto filo da torcere), che ne lodano invece sistemi all’avanguardia e i potenziali benefici economici sul lungo periodo. A gettare benzina sul fuoco, è inoltre da poco arrivata una sentenza del Tar che ha annullato l’affidamento dei lavori per la diga, che però, essendo l’opera è finanziata con i denari del Pnrr, non sono stati fermati.
Ma andiamo con ordine. In totale, la diga sarà lunga 6,2 chilometri, verrà costruita a circa 800 metri dalla costa e servirà a fare entrare nel porto della città – in cui transitano ogni anno 66 milioni di tonnellate di merci – enormi navi portacontainer. I lavori verranno suddivisi in due fasi: nella prima, che secondo i piani dovrebbe terminare nel 2026, sarà realizzato il nuovo ingresso da levante e sarà esteso lo spazio di manovra per le navi; nella seconda, che dovrebbe concludersi nel 2030, sarà completato l’ampliamento del canale di Sampierdarena. Sulla carta, il costo ammonta a 1,3 miliardi di euro: la prima fase dovrebbe costare 950 milioni di euro, di cui 500 milioni stanziati dal fondo complementare del PNRR finanziato con risorse nazionali, 100 milioni di euro dal fondo per le infrastrutture portuali, 264 milioni dalla banca europea degli investimenti (BEI) e 86 milioni di euro dall’autorità portuale e dalle amministrazioni locali.
Sulla base delle previsioni dell’autorità portuale, l’entrata in funzione della diga produrrà un beneficio economico sul lungo periodo di oltre 4 miliardi di euro – con un vantaggio competitivo negli scambi con il Sud-Est asiatico rispetto al Porto di Rotterdam, che rappresenta il primo scalo mercantile sul territorio europeo – grazie ai maggiori introiti da traffico di container, diritti e tasse portuali. Secondo la multinazionale Webuild, leader del consorzio che costruirà la nuova diga, di cui è Ad Pietro Salini, gli impatti ambientali dell’opera saranno “ridotti al minimo“, sarà riutilizzato “quasi integralmente” il materiale proveniente dalla demolizione della vecchia diga e “un avanzato sistema di sensori di monitoraggio” consentirà di “controllare l’infrastruttura sia durante la costruzione che dopo il suo completamento”. «Quest’opera – ha detto il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini – contribuirà allo sviluppo del Paese. I critici dicono che mai è stata fatta prima una diga cosi ma l’Italia è il Paese dove si osa, dove si crea con gli ingegneri migliori al mondo. Ingegneri che portano sapienza italiana nel mondo ma troppo spesso non qui in Italia. Invece oggi costruiamo anche qui».
Tra i principali e più qualificati oppositori dell’opera c’è, invece, il consulente internazionale Piero Silva. Professore universitario di Pianificazione Portuale in Francia, Silva è stato anche direttore tecnico – ruolo assegnatogli da Rina Consulting – nella prima fase del progetto, ma poi, non condividendolo, si è dimesso. In una lettera aperta, l’esperto ha recentemente evidenziato i difetti e l’antieconomicità dell’opera, presentando le sue valutazioni e proposte alternative.
In primis, secondo Silva, “la diga proposta dall’Autorità portuale è un progetto mastodontico, assolutamente sovradimensionato se paragonato ai modesti obiettivi raggiunti”, con un layout “inadeguato”, constando di “un cerchio di evoluzione delle grandi navi troppo ad ovest per servire al bacino storico e una doppia imboccatura a levante che aumenterà l’energia in ingresso del moto ondoso proprio dalla direzione da cui – dai dati degli ultimi anni – le onde aumentano la loro frequenza”. Il rischio tecnico, per Silva, risulterebbe “altissimo“, poiché si prevede che la diga sia costruita “su uno spesso strato limoargilloso inconsistente, a profondità dove la consolidazione di tale strato – indispensabile – è considerata dagli esperti impossibile”. Inoltre, l’opera metterà a suo dire “in conflitto porto e città, in controtendenza con l’attuale impegno di realizzare ‘Green Ports’”, per il “progressivo sviluppo di un terminale per grandi navi contenitori davanti alle abitazioni del lungomare Canepa” e per la “lunga durata di un grande cantiere di opere marittime proprio dentro alla città”. In merito a spese e tempistiche, Silva non ha dubbi: “Avrà costi (2 a 2,5 miliardi) e tempi (12 a 15 anni di lavori) spropositati, mascherati da promesse che non potranno essere tenute”.
Dal punto di vista politico, a protestare veementemente contro la costruzione delle diga è il consigliere regionale ed ex candidato governatore della coalizione di centrosinistra, Ferruccio Sansa, che sponsorizza il progetto alternativo di Silva. Sansa ha sollevato un polverone in occasione la cerimonia di apertura del cantiere della diga, andata in scena lo scorso 4 maggio a Palazzo San Giorgio, dove il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, il vice Edoardo Rixi, il presidente del porto di Genova, Paolo Emilio Signorini, il governatore ligure, Giovanni Toti e il sindaco di Genova, Marco Bucci, hanno schiacciato tutti insieme un grande pulsante rosso a simboleggiare l’avvio dei lavori. Durante l’incontro, Sansa ha alzato un cartellone con la scritta “Firma Salvini, guadagna Salini, pagano i cittadini (3 miliardi)”. Per questo, il consigliere è stato espulso dall’aula.
Sansa ha successivamente criticato con un post su Facebook il silenzio dei partiti che lo avevano appoggiato in campagna elettorale, PD e M5s, che hanno reagito criticando le sue “dichiarazioni moralistiche e allusive, orientate per l’ennesima volta a polemizzare e giudicare l’operato delle donne e degli uomini del centrosinistra” che, da tempo, “lavora con rigore e serietà sulla diga di Genova”, opera “di grande importanza per l’economia ligure” ma che, secondo loro, la destra starebbe “gestendo con un mix di approssimazione e propaganda, senza che si diano risposte puntuali dal punto di vista della progettazione esecutiva, delle indagini geotecniche, delle questioni ambientali, per fugare i dubbi alle tante osservazioni puntuali arrivate da esperti”.
Nel frattempo, lo scorso 7 maggio, il Tar della Liguria ha annullato l’affidamento dei lavori per la diga a causa della mancanza del requisito del curriculum del consorzio vincente. Trattandosi di un’opera finanziata con le risorse previste dal Pnrr, però, l’annullamento dell’affidamento “non comporta la caducazione del contratto già stipulato”, dunque i lavori non si fermeranno. L’illegittimità dell’atto ha valore soltanto a fine risarcitorio e, se la decisione troverà conferma nei successivi gradi di giudizio, esso potrebbe essere milionario. Se i lavori per la realizzazione dell’opera sono già iniziati, di certo il dibattito non è destinato ad esaurirsi a breve.
[di Stefano Baudino]
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