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Censura: per gli utili idioti che “Twitter e Facebook sono aziende private”
https://www.miglioverde.eu/censura-per-gli-utili-idioti-che-twitter-e-facebook-sono-aziende-private/
di TOM WOODS
Durante gli anni di George W. Bush, Glenn Greenwald è salito alla ribalta per la sua opposizione al comportamento della Casa Bianca in materia di libertà civili. L’establishment di sinistra-liberale lo adorava. Poi ha deciso di applicare i suoi principi in modo equo a entrambe le parti. Poi non gli è piaciuto più così tanto.
Oggi ha pubblicato un importante thread su Twitter, una parte del quale ho voluto condividere con voi. Qui descrive esattamente cosa sta succedendo con la soppressione delle voci dissidenti. E a differenza di troppi libertari, la cui analisi è tutta un “sono aziende private, possono fare quello che vogliono”, Greenwald va al cuore di quello che sta succedendo:
- Il regime di censura che viene imposto su Internet – da un consorzio di democratici di Washington, “esperti di disinformazione” finanziati da miliardari, dallo Stato di sicurezza degli Stati Uniti e da dipendenti liberal di aziende mediatiche – si sta pericolosamente intensificando in modi che credo non siano adeguatamente compresi.
- Una serie di “crisi” è stata sfruttata in modo cinico e aggressivo per restringere inesorabilmente la gamma di opinioni consentite e ampliare i pretesti per il silenziamento e la deplorazione online. L’elezione di Trump, il Russiagate, il 6 Gennaio, il COVID e la guerra in Ucraina hanno favorito nuovi metodi di repressione.
- Durante il tentativo fallito a gennaio di costringere Spotify a rimuovere Joe Rogan, il podcaster più popolare del Paese – ve lo ricordate? – ho scritto che l’attuale religione dei liberal occidentali in politica e nei media è la censura: la loro prima arma di attivismo.
- Ma il fallimento con Rogan ha solo rafforzato le loro campagne repressive. I dem abusano abitualmente del loro potere maggioritario a Washington per costringere esplicitamente le Big Tech a mettere a tacere i loro oppositori e il dissenso. Questa è “censura governativa” mascherata da autonomia aziendale.
- Ora c’è un’intera nuova industria, allineata con i Democratici,
che fa pressione sulle Big Tech affinché censurino. I think tank e gli
autoproclamati “esperti di disinformazione” finanziati da Omidyar, Soros
e dallo Stato di sicurezza degli Stati Uniti e del Regno Unito usano
nomi benigni per glorificare la censura ideologica come competenza
neutrale.
Il braccio peggiore e più vile di questo regime è costituito dai dipendenti liberal e dai censori delle grandi aziende mediatiche. Mascherati da “giornalisti”, si schierano con i gruppi dem più schifosi per mettere a tacere e deplorare. È sorprendente vedere i Democratici e i loro alleati nelle aziende mediatiche atteggiarsi a oppositori del “fascismo”, mentre il loro obiettivo principale è quello di “saldare il potere dello Stato con quello delle aziende” per censurare i loro critici e degradare Internet ad un’arma sempre più repressiva di controllo dell’informazione.
- Un grande mito che deve essere rapidamente smontato: la censura politica non è il risultato di scelte autonome delle Big Tech. Accade
perché i Democratici di Washington e lo Stato di sicurezza degli Stati
Uniti minacciano rappresaglie in caso di rifiuto. Sono esplicite. Ma
la cosa peggiore è vedere persone il cui titolo di lavoro nei
dipartimenti delle risorse umane delle aziende è “giornalista” prendere
il comando nell’agitare la censura. Sfruttano le piattaforme dei giganti
aziendali per sperimentare mezzi sempre più pericolosi per bandire i
dissidenti. “Costoro” sono gli autoritari.
Questo è il problema della rana nell’acqua bollente: l’aumento della censura è graduale ma continuo, impedendo di riconoscere quanto sia diventata grave. L’UE ora impone legalmente la censura delle notizie russe. Hanno reso “illegale” per le aziende d’informazione mandarle in onda.
In Occidente sono emerse molte nuove tattiche di repressione della censura: Trudeau che blocca i conti bancari dei camionisti manifestanti; PayPal che collabora con ADL per bandire i dissidenti dal sistema finanziario; le piattaforme Big Tech che colludono apertamente all’unisono per eliminare le persone da Internet.
Tutto ciò deriva dalla classica mentalità di tutti gli aspiranti tiranni: i nostri nemici sono così pericolosi, le loro opinioni così minacciose, che tutto ciò che facciamo – menzogna, repressione, censura – è nobile. È questo che ha reso la confessione di Sam Harris così vitale: è così che pensano le élite liberal. Ecco perché considero lo scandalo di Hunter Biden particolarmente allarmante. I media non hanno semplicemente “insabbiato” un lap-top. La CIA ha inventato una bugia al riguardo (si tratta di “disinformazione russa”); i media l’hanno diffusa; Big Tech l’ha [censurata] – perché per loro la menzogna e la repressione sono giustificate!
La mentalità autoritaria che ha portato la CIA, i media aziendali e le Big Tech a mentire sul computer di Biden prima delle elezioni è la stessa che guida questa nuova mania di censura. È il marchio di fabbrica di ogni tirannia: “I nostri nemici sono così malvagi e pericolosi che tutto è giustificato per fermarli”. Come mai “nessun media” che ha diffuso questa menzogna della CIA – l’archivio di Hunter Biden era “disinformazione russa” dicevano – ha ritrattato o si è scusato? Ecco perché: credono di essere così per bene, la loro causa è così giusta insomma, che la menzogna e la censura sono per il bene comune.
- L’aspetto incoraggiante è questo: come spesso accade con le fazioni dispotiche, esse stanno innescando e alimentando la reazione ai loro eccessi. I siti dedicati alla libertà di parola – guidati da Rumble, insieme a Substack, Callin e altri – stanno crescendo a dismisura. Ma quando queste piattaforme di libertà di parola crescono e diventano una minaccia, crescono anche gli sforzi per distruggerle – esattamente come Alexandra Ocasio Cortez insieme ad altri democratici e i loro alleati mediatici aziendali hanno chiesto con successo a Google, Apple e Amazon per distruggere Parler, quando è diventata l’App più popolare del Paese.
- È difficile sopravvalutare la pressione esercitata dai censori liberal su queste piattaforme dedite alla libertà di parola, in particolare su Rumble. I loro fornitori sono minacciati. Le loro società di hosting sono prese di mira. I loro account vengono cancellati e le aziende si rifiutano di trattare con loro. È un regime. Non è un melodramma o un’iperbole dire: quella in corso è una guerra che si sta svolgendo in Occidente, una guerra per decidere se Internet sarà libero, se il dissenso sarà permesso, se vivremo nel sistema di propaganda chiuso che le nostre élite sostengono che i “Paesi cattivi” impongono ai loro cittadini. Non è diverso.
- Anche nelle nazioni più dispotiche, il cittadino banale e conformista pensa di essere libero. Come disse Rosa Luxemburg: “Chi non si muove, non sente le sue catene”. Naturalmente i Chris Hayes e i Don Lemon pensano che tutto questo sia assurdo: i buoni liberal non minacciano nessuno e quindi prosperano.
- La misura della libertà della società non è il modo in cui vengono trattati i servitori del potere: vengono sempre lasciati in pace o premiati. La misura fondamentale della libertà è il modo in cui vengono trattati i dissidenti. Ora, sono imprigionati (Assange), esiliati (Snowden) e, soprattutto, messi a tacere dal potere aziendale/statale (dissidenti). Come ho spesso detto, i media che gridano più forte alla “disinformazione” sono quelli che la diffondono con maggiore frequenza, disinvoltura e distruttività la disinformazione (NBC/CNN/WPost, ecc.).
- È altrettanto vero per coloro che ora affermano di combattere il “fascismo”: la vera repressione viene “da loro”.
Greenwald continua notando che stanno cominciando a fiorire piattaforme che resistono alla pressione di sopprimere le voci dissidenti. Io ne uso felicemente una per il mio gruppo privato, il Tom Woods Show Elite. Anche il podcasting è stato in gran parte immune – finora dalla censura – dalle soppressioni. Così sono stato in grado di dire praticamente tutto quello che volevo in quasi 2200 episodi del Tom Woods Show.
Ma ricordate: è così che era l’intero Internet, non molto tempo fa. Finché non ci arriveremo, sostenete le fonti che lavorano per darvi la verità, costi quel che costi.
QUI L’ARTICOLO ORIGINALE – TRADUZIONE DI ARTURO DOILO
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