La "controffensiva" è un fumetto di sangue
di Fabio Mini - 15/06/2023
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Fonte: Il Fatto Quotidiano
Sulla mappa dell’Ucraina finalmente ritornano le freccette
(simbolo di direzione di movimento), i cerchietti (simbolo di aree di
combattimento) e la designazione degli obiettivi strategici ovvero
quelli da conquistare e mantenere per dichiarare la vittoria. Mancano
ancora i soldatini e i carrarmatini così cari ai nostri narratori di
guerra, ma è questione di poco, arriveranno anche loro.
La
controffensiva ucraina è già iniziata o quasi. Per qualcuno è
un’offensiva caratterizzata da azioni multiple su 4-5 direzioni
d’attacco, per qualcun altro “soltanto” su tre. Non è un atto unico
“come lo sbarco in Normandia”, ma una serie di azioni offensive
calibrate in relazione alla resistenza opposta dal nemico che vede
impegnate quattro brigate ucraine armate e addestrate dalla Nato per un
totale di 70mila uomini. In verità anche lo sbarco in Normandia non è
stato un atto unico e proprio lo sbarco in corrispondenza delle difese
tedesche è stato un massacro. Basta visitare i cimiteri di guerra della
zona o aver visto il film Salvate il soldato Ryan di Spielberg.
Le
brigate ucraine impegnate in questa prima fase, che dovrebbe portare
allo “sfondamento” delle difese russe, sono senz’altro ben addestrate ed
equipaggiate, anche se gli stessi ucraini ammettono che non siano al
completo. Ma anche ammettendo che lo siano, il fatto che siano state
addestrate dalla Nato non è garanzia di efficacia. Basta pensare
all’Afghanistan. Di certo la stessa entità delle forze non è la
condizione ottimale per partire con un’offensiva su vasta scala. Né
tantomeno per raggiungere la pace con la guerra. Eppure la narrazione
prevalente dei combattimenti di questi giorni è rivolta chiaramente a
risvegliare l’attenzione, più o meno morbosa, sulla guerra, quella vera,
quella combattuta, quella dove “finalmente” si torna ad ammazzarsi sul
serio. O meglio ad ammazzarsi e basta, perché la tragedia della guerra
diventa poco seria se viene raccontata come un fumetto.
Con la
presunta offensiva sono infatti ricomparsi i riferimenti iperbolici al
blitzkrieg e alla muraglia di fuoco, alle ondate successive di squadroni
corazzati e blindati e così via in una “confusione” che tuttavia rivela
le linee di attacco. Chi abbia partecipato anche da semplice soldato
soltanto una volta nella vita a un’esercitazione meccanizzata e
corazzata a Capo Teulada o Candelo Massazza o Monteromano o sul Cellina
Meduna riconoscerebbe tutte le azioni descritte per rappresentare
l’attuale fase della guerra in Ucraina per quello che veramente sono.
Ricorderebbe anche le difficoltà del superamento di una semplice
striscia minata e il rischio di essere colpiti dalle proprie artiglierie
e aerei, visto che quelli avversari erano solo ipotizzati. Ricorderebbe
la difficoltà di coordinamento degli attacchi fra forze distanti
qualche centinaio di metri e di rifornimento della prima linea da parte
della logistica schierata un paio di chilometri dietro. Ricorderebbe la
“confusione” che inevitabilmente si verifica quando un manipolo di
attivatori ti fa spuntare un carro armato sul fianco. Il tutto in
un’esercitazione, in un poligono organizzato di due chilometri di fronte
e quattro di profondità, in piena sicurezza e con la certezza di
conquistare un obiettivo che tutto sommato è sempre una sagoma o un
rudere. Purtroppo ciò che sta accadendo in Ucraina non avviene in un
poligono e contro un avversario ipotetico. La linea di contatto fra
ucraini e russi è lunga qualche migliaio di chilometri. Secondo la
descrizione dei narratori e le loro sintetiche mappe, l’offensiva
ucraina si starebbe sviluppando da Bakhmut a Zaporizhzhia: oltre 300
chilometri l’una dall’altra. Le tre principali direzioni d’attacco
distano fra loro di 60 km (Zaporizhzhia-Orekov), 187 km (Orekov-Vodiane)
e 85 km (Vodiane-Bakhmut). I presunti obiettivi “strategici” sarebbero
Melitopol e Mariupol (entrambi a 90 km dalla linea di contatto) e
Lugansk (a 115 km).
Il terreno non è agevole, una parte è allagata
dalla premeditata e preparata distruzione della diga di Kakhovka sulla
quale, a partire dallo scorso anno, si erano concentrate le attenzioni
ucraine. Prima con i bombardamenti della strada sovrastante, poi con i
test di sfondamento delle paratie con gli Himars americani. Le difese
russe tengono le posizioni e le artiglierie, i missili e gli aerei
bombardano di continuo. Gli ucraini hanno annunciato il successo di
varie azioni minori, mentre i russi sono stati più espliciti: agli
attaccanti respinti sono state inflitte perdite pesanti con un migliaio
di morti e decine di carri armati distrutti. Fatta anche la doverosa
tara alle propagande, c’è poco che consenta di amplificare la
sceneggiatura dei combattimenti elevandoli a “offensiva su larga scala
“, quando proprio la scala enorme in confronto alle forze disponibili è
la principale vulnerabilità. E si deve essere prigionieri di una
propaganda insulsa se azioni tattiche locali, ancorché eroiche o
disastrose, vengono spacciate per “guerra lampo”, “manovre a tenaglia” e
“sfondamenti” strategici. L’impressione da queste prime fasi della
presunta controffensiva è che le forze ucraine stiano cercando di
strappare qualche metro di terreno dovunque sia possibile e individuare
qualche varco che le porti avanti di qualche centinaio di metri. Quel
tanto che basta per cantare vittoria. Gli obiettivi strategici sono
infatti irraggiungibili con l’attuale schieramento di forze. Che
l’Ucraina stia “concentrando” gli sforzi su tre o cinque linee di
attacco è ridicolo. In realtà agire su tre o cinque direttrici e quindi
condurre decine di azioni tattiche significa diluire le forze
disponibili su un fronte troppo ampio perché si parli di controffensiva.
Significa spalmare un velo in prima linea senza seconda linea e altre
riserve. Se la dispersione è dovuta alla necessità d’individuare un
varco per raggiungere uno degli obiettivi ha un senso, ma occorre essere
certi che le forze che penetrano abbiano la possibilità di proseguire o
mantenere le posizioni acquisite e non diventino i tonni nella tonnara.
Se invece è una strategia d’ingaggio per mantenere gli avversari
impegnati, occorre avere la certezza che qualcun altro o qualcos’altro
arrivi agli obiettivi. Usa, Europa e Nato si sono già candidati per
farlo, a parole. Ma con i rischi che corrono non è detto che lo facciano
veramente. Gli stessi ucraini non vogliono che Nato, Usa ed Europa
possano vantare il merito di avere liberato l’Ucraina, a parole. Ma
potrebbero essere indotti ad accettare l’aiuto “bilaterale” di Gran
Bretagna, Polonia e Stati baltici. Sapendo però che non potrà essere un
aiuto finale, che il conflitto continuerà ulteriormente allargato e che
l’Ucraina e l’Europa, come minimo, non ne usciranno né integre né
vittoriose.
Ucraina: Il mondo al bivio - Libro
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