Pedro Sanchez accelera sull’idea di riconoscere la statualità della Palestina. Mentre tra Hamas e Israele a Gaza sorgeva e tramontava in poche ore la possibilità di un accordo e a Rafah Benjamin Netanyahu lanciava un’ampia operazione per bombardare i militanti e prendere il controllo del valico, il presidente del governo spagnolo ha riaperto alla prospettiva di fare di Madrid il primo Paese dell’Europa occidentale membro dell’Ue a ufficializzare il riconoscimento della sovranità palestinese. E di farlo non in solitaria ma con un’alleata comunitaria, l’Irlanda.
L’asse Madrid-Dublino
Il primo ministro di Dublino, Simon Harris, lo ha confermato sul suo profilo X: Spagna e Irlanda parlano attentamente di accelerare il percorso verso l’ufficializzazione del riconoscimento entro l’estate.
La maggioranza di sinistra spagnola guidata dal Partito Socialista di Sanchez e da Sumar, partito di sinistra radicale, ha da tempo mostrato equilibrio sulla questione israelo-palestinese. Promuovendo una diplomazia orientata al pieno e completo sostegno a un cessate il fuoco, capace di condannare sia l’escalation terrorista che l’uso dei bombardamenti, della fame e dell’assedio da parte di Israele come arma in Terrasanta. Il 12 aprile a Dublino Harris e Sanchez si sono incontrati per parlare del dossier e fuori dall’Ue possono contare su un terzo leader orientato in tal senso nel premier laburista norvegese Jonas Gahr Støre.
“Il parlamento spagnolo ha approvato una risoluzione non vincolante a favore del riconoscimento dello Stato palestinese nel 2014, ma sia l’allora primo ministro di centrodestra Mariano Rajoy che il suo successore Sanchez hanno sostenuto che il riconoscimento ufficiale dovrebbe avvenire solo di concerto con il resto dell’Unione Europea”, ha ricordato Politico.eu. Il ministro degli Esteri di Sanchez, José Manuel Albares, ha però ricordato di recente che Madrid ha cambiato posizione aprendo una breccia col resto dell’Ue: “Albares ha affermato che il cambiamento nella posizione della Spagna è direttamente collegato all’alto numero di vittime civili dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre e il lancio delle operazioni militari israeliane a Gaza, così come alla mancanza di progressi nel garantire la pace con altri metodi. Ha aggiunto che il riconoscimento dello Stato palestinese è fondamentale per porre fine al conflitto nella regione”, ha aggiunto Politico.
Un disastro per Netanyahu
Tra i disastri politici di Netanyahu c’è anche questo: aver a tal punto compromesso politicamente Israele e la sua posizione negoziale a tutto campo da aver rotto questa stasi favorevole che teneva la Palestina in un limbo legale tra i grandi dell’Ue. Paradossalmente, infatti, a riconoscere la Palestina come Stato indipendente sono oggi soprattutto i più saldi alleati di Tel Aviv in Europa: Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca. a cui si aggiungono Romania e Bulgaria. Tutti Paesi che hanno ottemperato al riconoscimento in era socialista. Fuori dal campo dei Paesi dell’Est, in Ue riconosce la Palestina solo la Svezia, dai tempi di Olof Palme architrave del sostegno alla soluzione a due Stati.
Fuori dall’Ue, oltre allo scontato caso della Turchia, a riconoscere la Palestina sono Città del Vaticano, Albania, Serbia, Bosnia, Islanda, Ucraina, Bielorussia e Russia tra i Paesi europei. Nessun Stato tra i grandi dell’Europa occidentale ha ancora proceduto. Madrid, quarta economia dell’Ue, può aprire un percorso. L’Irlanda, in tal senso, è un Paese che con la storia palestinese vede assonanze nel suo passato di nazione dominata. E l’ascesa del Sinn Fein, da sinistra, pressa Harris per espandere il riconoscimento. Altri potrebbero seguire: la Norvegia, appunto. E, nell’Ue, si parla già di Malta e Slovenia. Qualche commentatore particolarmente vicino a Israele parla di “regalo” ad Hamas per il processo di riconoscimento. Certamente è una sconfitta per Netanyahu il fatto che dei big europei, guidati da Sanchez, mettano il tema sul tavolo. Sanchez può permettersi di porre quelle linee rosse politiche che chi vede Israele come un bastione, come gli Usa, non può mettere a terra. Facendo, parafrasando San Paolo e le Lettere ai Corinzi, della sua debolezza, ovvero dell’assenza di strumenti diretti di pressione su Tel Aviv, la sua forza politica. E così, mentre altri leader come Olaf Scholz si trovano in un vero e proprio psicodramma sulla crisi a Gaza Sanchez agisce con decisione e un progetto: aprire una via europea alla ricerca di linee rosse per Gaza. Un tentativo che va sottolineato perché capace di discostarsi dalla rassegnazione al declino dell’influenza diplomatica europea. E questa è una notizia.
Nessun commento:
Posta un commento