You have been warned
di Andrea Zhok - 07/05/2024
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/you-have-been-warned
Fonte: Andrea Zhok
Mentre l’esercito israeliano prosegue nella sua attività di
bullismo omicida su Gaza, emerge la notizia della simpatica missiva
inviata da 12 senatori statunitensi al procuratore capo della Corte
Penale Internazionale Karim Khan. Come noto la CPI sta valutando, bontà
sua, l’incriminazione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e
di altri alti funzionari israeliani in quanto responsabili diretti del
più grande massacro di civili nel più breve tempo dal 1945. Che siano
stati compiuti crimini di guerra a mazzi su base quotidiana a Gaza lo sa
chiunque non si sia informato sui nostri tiggì.
Ma ciò che merita
qui menzione è lo spirito della lettera dei senatori americani, che dopo
aver spiegato le loro ragioni, alquanto idiosincratiche, per cui
l’incriminazione non dovrebbe avvenire, passano nella chiusa a toni più
consoni alla cultura da cui provengono:
“If you issue a warrant for
the arrest of the Israeli leadership, we will interpret this not only
as a threat to Israel’s sovereignty but to the sovereignty of the United
States. Our country demonstrated in the American Service-Members’
Protection Act the lengths to which we will go to protect that
sovereignty. (...) Target Israel e we will target you. If you move
forward with the measures indicated in the report, we will move to end
all American support for the ICC, sanction your employees and
associates, and bar you and your families from the United States. You
have been warned.”
[Se emetterete un mandato d’arresto contro la
leadership israeliana, lo interpreteremo non solo come una minaccia alla
sovranità di Israele ma anche alla sovranità degli Stati Uniti. Il
nostro Paese ha dimostrato con l’American Service-Members’ Protection
Act fino a che punto ci spingeremo per proteggere tale sovranità. (...)
Prendete di mira Israele e noi prenderemo di mira voi. Se andrete avanti
con le misure indicate nel rapporto, ci muoveremo per porre fine a
tutto il sostegno americano alla CPI, sanzioneremo i vostri dipendenti e
associati e bandiremo voi e le vostre famiglie dagli Stati Uniti. Siete
stati avvertiti.]
Credo che questa lettera meriti un’adeguata riflessione.
Il
primo elemento da osservare è il rapporto tra gli USA e la Corte Penale
Internazionale. Gli USA (come Israele) non hanno mai sottoscritto il
trattato di Roma del 1998 che istituiva la corte, non ne sono dunque
membri e non si ritengono ad essa sottoposti, tuttavia la finanziano. Il
finanziamento è naturalmente un modo elegante di influire sugli
orientamenti della Corte, che procede con l’approvazione americana
finché si occupa di violazioni dei diritti umani in Congo, Uganda,
Sudan, Georgia, Burundi, Kenya, Libia, Costa d’Avorio, Mali e altri
luoghi della “giungla” mondiale (cit. Borrell).
Il secondo elemento
da osservare è il concetto di “ordine definito dalle regole”
(rules-based order, noto anche come Liberal International Order) di cui
gli USA e i loro vassalli si riempiono la bocca quotidianamente. Si
tratta di un ordine ferreo e inflessibile, che può condurre anche
all’annichilimento militare del violatore, salvo naturalmente il
violatore non sia un amico, perché, come diceva Giovanni Giolitti, “per i
nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano.” E questo
perché, per dirla con le immortali parole del Marchese del Grillo: “Io
so io e voi non siete un cazzo.”
Il terzo elemento da sottolineare è
il tono dell’ingiunzione dei senatori americani, che è quantomai
caratteristico. Un elemento di lungo corso di buona parte della cultura
americana è infatti la brutalità interpretata come schiettezza, la
rozzezza travestita da pragmatismo. Si tratta di un elemento che corre
in profondità nella cultura statunitense, ed è distintamente legata al
modo in cui è nata. Questo tratto nasce inizialmente come lodevole
rigetto dei formalismi aristocratici della Vecchia Europa nel nome della
veracità popolare e della concretezza della “frontiera”. Ma gli USA
divennero purtroppo con grande rapidità una potenza mondiale nella loro
storia, e ciò non gli diede il tempo di elaborare quella sottile cultura
informale che, almeno fino alla recente americanizzazione, ha
contraddistinto la cultura europea, anche popolare. Divenuti una grande
potenza non c’era più ragione di credere che ci fosse qualcosa da
imparare perché nella cultura americana chi vince ha sempre ragione
(l’offesa più sanguinosa che verso qualcuno è dargli del “perdente”
(loser)). Ed è perciò che molto frequentemente la cultura espressiva
americana oscilla tra la recitazione plastificata del Bene più
zuccheroso e la brutalità del gangster. Nella lettera al procuratore
generale della Corte Penale Internazionale il tono è affine a quello di
chi sta per farti trovare una testa di cavallo sotto il lenzuolo, solo
un po’ meno elegante di Don Vito Corleone, che almeno adoperava
perifrasi come “gli faremo un’offerta che non può rifiutare”.
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