A meno di due mesi dalle elezioni europee, Emmanuel Macron fa sul serio. Il suo obiettivo, è palese, è rilanciare la Francia come grande potenza militare e geopolitica per supplire ai vuoti che altri indicatori della potenza, dalla finanza alla stabilità industriale e manifatturiera, lasciano a Parigi nei confronti del big d’Europa per eccellenza, la Germania. E per farlo ha deciso: sarà la spinta a una palese “economia di guerra” la strategia da applicare.
Nella giornata di ieri Macron ha inaugurato i lavori per una fabbrica di munizioni e polvere da sparo a Bergerac destinata a essere operativa dal 2025 in un impianto di proprietà di Eurenco, società pubblica al 100% dello Stato francese. Il presidente ha citato l‘economia di guerra a cui da due anni dice al Paese di prepararsi come perno della strategia di Parigi. Sottolineando che la via per costruire una mobilitazione delle risorse sempre più attiva dovrà essere, ça va sans dire, sostenibile. E che l’investimento in sicurezza può “generare ricchezza” sotto forma di posti di lavoro e produzione.
“Siamo sull’orlo di un cambiamento geopolitico duraturo [..] in cui l’industria della difesa svolgerà un ruolo sempre più importante”, ha detto Macron nella cittadina vicina Bordeaux, dove il presidente ha riunito, tra gli altri, gli ad di grandi gruppi della Difesa come Dassault, Naval Group e Nexter chiedendo loro un’accelerazione degli investimenti. Il sito di Bergerac dovrebbe produrre fino a 1.200 tonnellate di propellente l’anno in un luogo dal valore simbolico: lì si è iniziato a produrre armamenti nel 1915, in piena Grande Guerra, e si è finito nel 2007, con la chiusura del sito. Ora la Francia si riarma. Nel 2023 gli ordini per nuovi armamenti sono cresciuti di un terzo a 21 miliardi di euro e la spesa militare è in crescita sostenuta da un quinquennio.
“Parigi attende in particolare la consegna di 1.500 missili anticarro MMP, 55.000 proiettili e, per quanto riguarda i missili antiaerei, 300 Mistral, 500 Mica-NG e 220 Aster”, scrive Le Figaro. “Per rispondere, i produttori stanno cercando di accelerare. KNDS ha visto triplicare la sua produzione di cannoni Caesar (ridotta da 30 a 15 mesi) mentre MBDA deve aumentare la sua produzione di missili Aster del 50% entro il 2026 per colmare una percentuale di consegna insufficiente secondo il ministro delle Forze Armate”. La Francia di Macron punta perché tutto si tenga. Si devono tenere assieme la deterrenza contro la Russia, rilanciata da Macron come obbiettivo a livello europeo, il sostegno all’Ucraina, il potenziamento dell’apparato militare nazionale e lo sdoganamento della Difesa comune europea, da intendersi ovviamente come proiezione di quella transalpina. E, ovviamente, la politica di potenza francese. Quasi come se l’economia di guerra fosse un fine, e non un mezzo, per riaffermare un’idea di grandeur assediata su altri fronti, dall’Africa sempre meno “francese” a un’Europa ove Parigi è stata a lungo secondaria nella relazione di ferro con Berlino,
En passant, la spesa militare genererà anche Pil e consumi interni, favorendo dunque la tenuta di un’economia gravata da un alto debito pubblico e da un’anemia di crescita. Mobilitarsi per l’economia di guerra genera spesa pubblica, crescita industriale, Pil. Thierry Francou, ad di Eurenco, ha ricordato che la guerra in Ucraina ha rappresentato un “acceleratore di crescita” per il suo gruppo. L’azienda ha ordini già colmi fino al 2030 e commesse attive per 1,2 miliardi di euro. I cui proventi andranno allo Stato francese. Il quale negli ultimi anni sta sfruttando, a livello generale, la grande fase di crisi geopolitica e geoeconomica globale per un’opera di profonda ristrutturazione industriale favorevole alle sue strategie di interventismo e coordinamento della politica economica.
Nel 2022 la Francia ha nazionalizzato il 20% residuo sul mercato di Edf, l’Enel francese, mobilitando risorse per la transizione energetica e il rilancio del nucleare. Tra il 2022 e il 2023 sono stati pensati i grandi investimenti del governo di Parigi a sostegno di ArcelorMittal e Stellantis per rilanciare un sito di produzione dell’acciaio e costruire una fabbrica di batterie elettriche a Dunkerque. E a Grenoble-Crolles la Francia investe enormi risorse per sostenere StMicroelectronics nella sua nuova linea di produzione di microchip in un piano da oltre 4 miliardi di euro. Una serie di progetti, dunque, che mostrano quanto la mano visibile del governo francese spinga per riorientare l’industria al servizio della sicurezza nazionale e della crescita interna. La Difesa è la ciliegina sulla torta. Grazie alla quale Macron può difendere il mito della grandeur ormai appannata ottenendo, però, pragmatici vantaggi. Se non sarà una forza per le trattative in Europa, sarà almeno un segno più sul conto economico del Pil e dell’occupazione. Anche questo è interesse nazionale. E altri Paesi, come l’Italia, dovrebbero attenzionare queste strategie guardando con interesse al modus operandi di Parigi. In cui un’alta retorica è messa al servizio, molto spesso, di interessi cogenti difficili da mascherare.
Nessun commento:
Posta un commento