Lo zampino di Sion nel Nagorno Karabak

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Da Piccole Note:

Ne scrive l’editoriale di Haaretz: “A partire dal secondo decennio del 21° secolo, Israele ha aiutato l’Azerbaigian a commettere crimini di guerra e a sconfiggere gli armeni nel Nagorno-Karabakh”.

“Israele ha una relazione strategica con gli azeri basata sull’acquisto di armi [israeliane] per miliardi di dollari, ma anche in relazione alla guerra di Israele contro l’Iran [Tel Aviv usa l’Azerbaigian come base contro Teheran] e per l’acquisto di una parte significativa del petrolio di cui necessita dall’Azerbaigian”.

E dettaglia come “Il 6 marzo Haaretz ha riferito che, negli ultimi sette anni, 92 aerei cargo azeri sono atterrati nella base aerea di Ovda , l’unico aeroporto da cui è possibile esportare esplosivi”.

Quindi, dopo aver raccontato altre connessioni tra i due Paesi, riferisce che “il Ministero degli Esteri ha ammesso che il rifiuto di Israele di riconoscere il genocidio armeno – che definisce semplicemente una ‘tragedia’ – deriva in parte dal suo rapporto con il governo azero”.

“Quello che sta accadendo nel Nagorno-Karabakh non è il primo caso di pulizia etnica che porta le impronte digitali di Israele. La persecuzione dei Rohingya in Myanmar e dei musulmani durante la guerra in Bosnia sono solo due esempi tra tanti. Israele dovrebbe imparare dalla storia del popolo ebraico che la commistione tra enormi quantità di armi e la distorsione della storia è una ricetta sicura per provocare disastri”.

Da ultimo, c’è l’ambiguo rapporto tra Azerbaigian e Iran: se è vero che Teheran guarda al vicino con preoccupazione, restano i legami atavici più alti tra i due paesi, dati dal fatto che l’Azerbaigian è l’unica nazione sciita oltre l’Iran.

L’articolo di Piccole Note  spiega in modo insuperabile la trama di Israele ed USA per creare la piaga di instabilità Armeno-azera nel fianco sud della Russia.

negli ultimi mesi il presidente armeno Nikol Pashinyan, salito al potere grazie all’ennesima rivoluzione colorata avvenuta nei Paesi ex sovietici (la rivoluzione di velluto in Armenia), abbia dismesso i panni moderati pregressi per indossare quelli usuali dei leader instaurati attraverso tali rivolgimenti, avviando un progressivo distacco-antagonismo da Mosca.

Un distacco che si è palesato in tutta la sua plasticità nelle esercitazioni militari congiunte Usa- Armenia, avvenute poco prima dell’attacco azero, che sono state il catalizzatore dell’intervento: probabile che le autorità di Baku abbiano avuto paura che con Washington ingaggiata in Armenia, l’agognata reintegrazione del Nagorno-Karabakh sarebbe diventata una chimera.

E, però, Bhadrakumar dettaglia come anche l’Azerbaigian sia da tempo coccolato dall’Occidente: “L’anno scorso l’UE ha firmato un accordo per la fornitura di gas da Baku”, mentre “la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha elogiato l’Azerbaigian come un ‘partner cruciale’ nel mitigare la crisi energetica dell’Europa”.

“L’interesse strategico dell’UE – prosegue Bhadrakumar – è che Armenia e Azerbaigian riducano al minimo l’influenza russa in Transcaucasia. Con così tanti potenti attori geopolitici coinvolti nella regione del Caucaso, la situazione è delicata. La città spagnola di Granada è il luogo da tenere d’occhio perché, tra due settimane, quasi 50 paesi europei sono attesi per un incontro della Comunità politica europea, tra cui Armenia e Azerbaigian”.

L’interpretazione di Bhadrakumar è che l’invasione del Nagorno-Karabakh, in realtà, ha risolto un problema all’Ue e agli Stati Uniti: chiusa la controversia del Nagorno-Karabakh, Armenia e Azerbaigian potrebbero essere invitati a far parte dell’Unione europea. Passo precedente a quello di un’eventuale ingresso nella NATO.

La politica della “piaga aperta” è una strategia classica grazie al quale il post-imperialismo britannico si  mantiene la possibilità di intervenire militarmente in paesi che non controlla più direttamene, magari con il pretesto di interne vento “umanitario”. Ora la piaga è aperta ai confini meridionali della Russia. Ed è piena di possibilità ed occasioni per  l’Occidente.