Israele e USA preparano l’invasione di Gaza, l’Italia al loro fianco
Durante la notte si sono susseguiti combattimenti in otto località attorno alla Striscia di Gaza, mentre diversi miliziani palestinesi sono riusciti a penetrare nello Stato ebraico attraverso 29 punti di uno dei confini più controllati del mondo: in seguito agli attacchi di Hamas, infatti, la barriera di sicurezza di Israele con la Striscia di Gaza è stata gravemente danneggiata, consentendo alla resistenza palestinese di infiltrarsi. Dopo i combattimenti lungo il confine e i bombardamenti israeliani – che hanno provocato 436 vittime palestinesi e più di 2.200 feriti – in mattinata, il portavoce dell’IDF, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha dichiarato che le truppe israeliane hanno ripreso il controllo di tutte le città al confine con Gaza e che le brecce nella barriera di confine sono state ripristinate attraverso lo schieramento di carri armati, elicotteri da combattimento e droni. Sono inoltre stati mobilitati 300.000 riservisti in sole 48 ore. Le forze di difesa israeliane affermano che nelle ultime ore hanno colpito diversi siti appartenenti ad Hamas, tra cui un magazzino di munizioni e un tunnel sotterraneo. Intanto il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha ordinato un «assedio totale» sulla regione, affermando che le autorità taglieranno l’elettricità e bloccheranno l’ingresso di cibo e carburante nella Striscia.
Contemporaneamente, le forze israeliane stanno ammassando carri armati al confine con Gaza, confermando così il probabile attacco via terra: si tratterebbe delle «significative azioni militari» votate dal Consiglio di sicurezza del governo Netanyahu che il premier aveva preannunciato poche ore dopo l’offensiva palestinese. Tuttavia, attaccare via terra Gaza potrebbe rivelarsi difficile almeno per due motivi: non solo perché una possibile invasione sarebbe costosissima in termini umani e militari anche per Israele – Gaza negli ultimi anni si è sviluppata moltissimo dal punto di vista della sicurezza – ma soprattutto in quanto nella Striscia i palestinesi hanno un alto numero di ostaggi tra civili e militari, cento secondo le fonti ufficiali, ma potrebbero essere molti di più. Il che ha suscitato le dure proteste dei partenti degli ostaggi che denunciano di essere stati abbandonati dalle autorità: con il fardello di più di cento ostaggi, il governo deve muoversi con la massima cautela. Netanyahu ha nominato il generale in pensione Gal Hirsch «coordinatore per i prigionieri e i dispersi» con il compito di occuparsi della vicenda con pieni poteri, mentre l’esercito ha creato una sorta di unità di crisi per cercare di localizzarli.
A tutto ciò, si aggiungono gli aiuti esterni degli Stati Uniti, i quali non solo hanno annunciato un pacchetto di aiuti militari, ma hanno anche inviato la portaerei nucleare Gerald R. Ford nel Mediterraneo, secondo quanto reso noto dal segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin e rafforzeranno la presenza di aerei da combattimento nella regione, compresi gli squadroni F-35, F-15, F-16 e A-10. Israele ha chiesto una maggiore cooperazione con gli Stati Uniti sulla condivisione dell’intelligence relativa al Libano meridionale. Anche l’UE e in particolare l’Italia hanno espresso forte sostegno allo Stato ebraico condannando le azioni palestinesi. Tuttavia, ciò che traspare dalle dichiarazioni e dalle azioni degli Stati Uniti e degli “alleati” non è la volontà di trovare una soluzione al conflitto che – come ha fatto sapere la Cina – può passare solo dall’attuazione della soluzione dei due Stati e dalla creazione di uno Stato di Palestina indipendente, bensì l’intenzione di sostenere a spada tratta Israele in quella che si prefigura come una guerra lunga e cruenta. Nella foga di schierarsi a favore dello Stato sionista – piuttosto che cercare un atteggiamento equidistante che favorisca la risoluzione del conflitto – quasi nessuno in Occidente prende in considerazione che le azioni recenti sono il risultato di un’occupazione che va avanti dal 1948 e la conseguenza diretta delle sistematiche violazioni dei diritti umani a cui sono sottoposti costantemente i palestinesi che vivono in una condizione di apartheid, subiscono espropri illegali da parte dei coloni israeliani e sono detenuti senza capi d’accusa né processi nelle prigioni dello Stato ebraico. Tutto questo è certificato da diversi rapporti internazionali, tra cui quelli di Amnesty International. L’insieme di queste circostanze ha portato a una prevedibile escalation di violenza che si sarebbe potuta e dovuta evitare.
Nel suo schierarsi a fianco di Israele, il governo italiano non ha confermato solo la sua sottomissione a Washington – da sempre alleato di ferro di Israele – ma anche la sua “fede” sionista che mostra l’asservimento politico di Roma a ben precisi poteri. Nella serata di ieri sulla facciata di Palazzo Chigi è stata proiettata una enorme bandiera israeliana in segno di solidarietà: il tutto nonostante la Palestina lotti dal 1948 per vedersi riconosciuta una indipendenza – stabilita anche dai trattati ONU – che Israele continua a negare.
[di Giorgia Audiello]
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