Colpire gli ospedali è un crimine di guerra che Israele ha già compiuto di frequente
Il brutale ed efferato attacco compiuto probabilmente dalle forze israeliane contro l’ospedale al-Ahli, nella striscia di Gaza – che ha provocato 471 morti – ha suscitato la più ferma condanna e l’indignazione di un’ampia parte dell’opinione pubblica internazionale, considerato che colpire le infrastrutture civili, privare le strutture sanitarie di elettricità e acqua e danneggiare il personale medico significa violare le leggi di guerra stabilite dal diritto internazionale, in particolare dalla Convenzione di Ginevra del 1949 e dai Protocolli aggiuntivi del 1977. Ai sensi dell’articolo 18 della citata Convenzione, infatti, “gli ospedali civili che si prendono cura di feriti e malati, di infermi e casi di maternità non possono in alcun caso essere oggetti di attacco, ma devono in ogni circostanza essere rispettati e protetti dalle parti in conflitto”. La stessa Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che l’attacco alla struttura è stato “senza precedenti nella sua portata”. Non sarebbe comunque la prima volta che Israele colpisce ospedali e infrastrutture non militari: secondo l’agenzia britannica Reuters, nella sola giornata di martedì ben 115 attacchi sarebbero stati compiuti contro strutture sanitarie a Gaza. Tuttavia, Israele non riconosce la paternità dell’ultimo bombardamento, scaricando la responsabilità sulla Jihad islamica, senza però fornire prove – al momento – a sostegno di quanto affermato.
Da parte sua, il gruppo militare palestinese ha negato le accuse, dichiarando che in quel momento non stava portando avanti alcuna azione militare né a Gaza né nei suoi dintorni. Inoltre, a rendere poco credibile la tesi israeliana vi è un tweet – poi subito rimosso – del nuovo portavoce del premier Netanyahu, Hananya Naftali, in cui si scriveva che «l’aeronautica militare israeliana ha colpito una base terrorista di Hamas dentro un ospedale di Gaza». L’ambasciatore palestinese all’ONU ha esplicitamente dichiarato che il presidente dello Stato ebraico «è un bugiardo» e ha spiegato che «Il suo portavoce e il portavoce digitale hanno twittato che Israele ha eseguito il bombardamento pensando che questo ospedale fosse una base di Hamas. Poi ha cancellato quel tweet. Ma noi abbiamo la copia di quel tweet». La prova che nell’ospedale non ci fossero basi di Hamas è data dal fatto che tutte le vittime dell’attentato sono civili.
Come anticipato, non sarebbe la prima volta che Israele prende di mira obiettivi e infrastrutture civili: martedì si sarebbero verificati 115 attacchi contro strutture sanitarie a Gaza, mentre la maggior parte degli ospedali non può operare a causa della mancanza di acqua e elettricità. Inoltre, come riporta il media Al Jazeera, all’inizio di questo mese, le bombe israeliane hanno colpito una scuola gestita dall’UNRWA – l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi – nella Striscia di Gaza. L’agenzia afferma che almeno quattro scuole a Gaza hanno subito danni a causa dei bombardamenti israeliani dall’inizio della guerra tra Hamas e le forze israeliane il 7 ottobre. Un altro crimine contro civili compiuto di recente dall’IDF (forze di difesa israeliane) e inizialmente negato da Tel Aviv è quello della giornalista di Al Jazeera, Shireen Abu Akleh, uccisa nel 2022 mentre seguiva un’incursione israeliana nel campo rifugiati di Jenin, in Cisgiordania. Anche in questo caso, Tel Aviv aveva negato ogni responsabilità facendo ricadere la colpa sulle milizie palestinesi, mentre in seguito un rapporto di un organismo investigativo incaricato dalle Nazioni Unite ha confermato la responsabilità delle forze israeliane che hanno usato “forza letale senza giustificazione”.
Ma bombardare ospedali e infrastrutture civili non è l’unico crimine di guerra perpetrato dallo Stato ebraico: lo stesso stato di assedio a cui è stata sottoposta la popolazione della Striscia viola il diritto internazionale ed è stato equiparato da esperti di diritto internazionale e da alcuni attivisti ad una punizione collettiva dell’intera popolazione dell’area, pari a 2,3 milioni di persone, vietata dalle leggi internazionali. Per questo, alcuni osservatori ritengono che quella in corso nella Striscia possa essere considerata una vera e propria pulizia etnica ai danni del popolo palestinese: a sostenerlo è stata, negli ultimi giorni, la relatrice speciale dell’ONU per i Territori occupati, Francesca Albanese, che ha spiegato essere altissimo il rischio che Israele metta in atto una «pulizia etnica di massa». Cosa che si sta puntualmente verificando e che appare una reazione decisamente spropositata rispetto ad un “semplice” atto di difesa contro gli attacchi di Hamas, tanto che il massimo diplomatico cinese Wang Yi ha dovuto ricordare che il diritto all’autodifesa deve rispettare il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario. Del resto, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha definito i palestinesi un «popolo bestiale», ordinando un «assedio completo» della Striscia di Gaza, ossia niente elettricità, niente cibo, niente carburante. In questo modo, la popolazione rischia di morire di stenti e gli ospedali non possono curare i feriti: «Stiamo soffrendo e il mondo non muove un dito. Questo è un SOS al mondo intero», ha detto mercoledì un rappresentante dell’ospedale al-Shifa di Gaza City.
Si tratta della più completa e manifesta violazione delle leggi di guerra, rispetto alla quale l’Occidente non ha nulla da dire. Anzi, il presidente americano Joe Biden, arrivato ieri in Israele per provare a far sì che il conflitto non si estenda su scala regionale, ha preso le parti di Tel Aviv, dichiarando con riferimento all’esplosione dell’ospedale di martedì sera che «sembra che sia stato fatto dall’altra squadra, non da te, ma alcune persone non ne sono sicure». Tuttavia, come dichiarato dalla portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, «[Israele] non deve limitarsi a commentare nei media o sui social media, deve produrre le prove». Ha quindi esortato a fornire immagini satellitari che possano aiutare a chiarire la situazione e identificare l’autore della strage.
Indipendentemente dal disumano attacco all’ospedale di al-Ahli, la totale disapplicazione delle regole del diritto internazionale – a partire dallo stato di assedio della Striscia – è indiscutibile e mentre il “democratico” Occidente è sempre pronto a condannare i presunti crimini di guerra dei suoi avversari geopolitici, tace ipocritamente su quelli compiuti dagli “alleati”.
[di Giorgia Audiello]
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