Dopo il brutale attacco terroristico di Hamas contro Israele di sabato 7 ottobre, Tel Aviv ha avviato l’operazione l’operazione “Iron Swords”, in attesa di un assedio totale della Striscia di Gaza. Supportato dal Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, che ha promesso pieno supporto a Israele, il premier Benjamin Netanyahu ha affermato che l’organizzazione paramilitare palestinese deve essere schiacciata “come l’Isis” e che “ogni membro di Hamas è un uomo morto”. La situazione umanitaria a Gaza si aggrava, come conferma l’Associated Press, soprattutto dopo che Israele ha bloccato le consegne di cibo, acqua, carburante ed elettricità ai 2,3 milioni di abitanti di Gaza e ha impedito l’ingresso di rifornimenti dall’Egitto.
Pronta l’offensiva di terra
“Non sarà acceso un solo interruttore dell’elettricità, non sarà aperto un solo rubinetto e non entrerà un solo camion di carburante finché gli ostaggi israeliani non saranno tornati a casa”, ha dichiarato sui social media il ministro dell’Energia israeliano Israel Katz. Il tenente colonnello Richard Hecht, portavoce dell’esercito israeliano, ha dichiarato ai giornalisti giovedì che le forze armate “si stanno preparando per una manovra di terra” che avrebbe inevitabilmente un numero elevatissimo di vittime sia tra i civili, sia tra i soldati israeliani, in un escalation che ha già provocato la morte di 2700 persone. Trattasi della più grande mobilitazione obbligatoria dalla guerra dello Yom Kippur del 1973: secondo le autorità israeliani, infatti, sono stati mobilitati circa 360.000 riservisti dell’esercito.
Nel frattempo, Israele continua a bombardare con l’aviazione la Striscia di Gaza, mentre Hamas risponde con l’invio di razzi sulle città dello stato ebraico. Si teme un allargamento del conflitto: i media siriani hanno infatti riferito che gli attacchi aerei israeliani hanno colpito gli aeroporti internazionali della capitale siriana, Damasco, e della città settentrionale di Aleppo.
Le parole del parlamentare ed ex ambasciatore
Ma qual è il vero piano di Israele per Gaza? A svelarlo, su Newsweek, è l’ex ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Danny Danon. Una voce autorevole del panorama israeliano, ora deputato e membro del partito “Likud” di Netanyahu. Secondo l’ambasciatore, le forze israeliane che si preparano a invadere la Striscia di Gaza “non hanno intenzione di ristabilire una presenza permanente nella roccaforte di Hamas”, ha dichiarato a Newsweek. Israele si sta preparando a “usare la forza per ripristinare la deterrenza e per garantire che Hamas non sia in grado di farlo di nuovo”, in riferimento all’attacco terroristico di sabato 7 ottobre.
Danon chiarisce infatti che Tel-Aviv “non intende ricostituire una presenza permanente nell’enclave palestinese”. “A lungo termine non abbiamo intenzione di tenere Gaza”, ha aggiunto Danon. “Il nostro obiettivo non è governare Gaza. Il nostro obiettivo è combattere Hamas, e poi speriamo che emerga un nuovo regime per gestire la vita quotidiana dei palestinesi a Gaza”. Ha poi sottolineato: “Non credo che ci sarà un’alternativa se non quella di cacciare Hamas, di distruggere le sue infrastrutture“. Alla domanda se Israele vede un’alternativa realistica ad Hamas, Danon spiega che oggi, nella Striscia di Gaza, non c’è libertà di parole e di espressione. “Ma sono sicuro – osserva – che in una popolazione di 2 milioni di persone si possano trovare persone che vogliono occuparsi dei palestinesi di Gaza”.
I dubbi sull’operazione
Gli analisti militari esprimono dubbi sull’operazione su larga scala annunciata da Israele. Daniel Depetris sottolinea, ad esempio, che qualsiasi “invasione terrestre israeliana di Gaza richiederà settimane, se non mesi, di combattimenti per essere completata”. E anche se Tel Aviv riuscisse a raggiungere i suoi obiettivi militari, che cosa accadrà poi? “Israele ha un piano per amministrare Gaza, un’enclave di oltre 2 milioni di palestinesi? Oppure semplicemente farà le valigie, tornerà a casa e spera che col tempo emerga un sostituto palestinese semi-dignitoso di Hamas? Questa non sembra una strategia praticabile” spiega Depetris in un’analisi pubblicata su Newsweek. Dopotutto, le alternative non sembrano essere migliori.
Affidarsi all’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas potrebbe rivelarsi altamente inutile, se non controproducente, visto che la stragrande maggioranza degli abitanti di Gaza – l’80% secondo un recente sondaggio – ritiene che Abbas dovrebbe dimettersi e l’Autorità Palestinese sciolta. Terza opzione, tuttavia esclusa dalle dichiarazioni dell’ex ambasciatore Danon, è una nuova occupazione della Striscia di gaza da parte di Israele. Occupazione talmente complessa e poco praticabile, che persino Ariel Sharon in passato non l’ha mai nemmeno presa in considerazione. Quanto alle Nazioni Unite: si sono rivelate perlopiù inutili nel caso della guerra in Ucraina, e anche in questo caso c’è un’alta probabilità che i veti incrociati non facciano altro che impedire l’adozione di qualsiasi risoluzione.
Deptris non è l’unico a esprimere dubbi sull’imminente offensiva. Come spiega anche France24, un intervento israeliano sarebbe pericoloso anche per la popolazione palestinese che vive a Gaza, e decisamente complicato anche per i soldati delle Forze di Difesa Israeliane (Idf). Parliamo infatti di uno dei territori più densamente popolati al mondo, che conta quasi 5.500 abitanti per metro quadrato. Una porzione di terra sovraffollata che costringerà le truppe israeliane a combattimenti corpo a corpo e aumenterà notevolmente il rischio di vittime civili. Un’ulteriore complicazione è rappresentata dalla fitta rete di tunnel, soprannominata la “metropolitana di Gaza” dagli esperti di sicurezza israeliani. Alcuni tunnel sono profondi fino a 30 o 40 metri, e consentono ai membri di Hamas una certa mobilità sottoterra mentre dal cielo piovono tonnellate di esplosivi. Anche se Tel Aviv è convinta di conoscere una buona parte di questi tunnel, ne rimane un’altra porzione che non è stata localizzata. Un contesto di guerra estremamente complesso, nel quale anche liberare gli ostaggi civili rappresenterà una dura sfida per le Idf israeliane. Comunque vada, sarà tutto fuorché un’operazione semplice. Con il rischio che la situazione possa deflagrare in qualcosa di ancora più grande.
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