Il mondo della finanza guarda con preoccupazione a quanto sta accadendo nel settore immobiliare cinese. Dopo il colosso Evergrande, in profonda crisi a causa di debiti per oltre 300 miliardi di dollari – che ha annunciato di aver chiuso il primo semestre 2023 con perdite nette per 33 miliardi di yuan (circa 4,5 miliardi di dollari), dimezzando il rosso di 66,4 miliardi dell’analogo periodo di gennaio-giugno 2022 grazie all’aumento dei ricavi – anche Country Garden è finito in acque tempestose.
Il gruppo ha riportato per il primo semestre una perdita record di 48,9 miliardi di yuan, circa 6,1 miliardi di euro, a conferma del momento di grave difficoltà attraversato. All’inizio di agosto ha inoltre dovuto ammettere di non essere in grado di pagare gli interessi su due prestiti, evitando per un pelo il default, grazie al voto favorevole dei creditori per prorogare una scadenza per il rimborso di obbligazioni chiave.
Gli obbligazionisti hanno infatti votato in maniera favorevole sull’estensione dei termini di rimborso di una nota chiave del valore di 3,9 miliardi di yuan (535 milioni di dollari) fino al 2026. Eppure, nonostante lo scenario real estate debba essere monitorato con attenzione, un rischio potenzialmente ancora più esplosivo per l’economia della Cina arriverebbe da tutt’altra parte.
Il debito dei governi locali
Per alcuni analisti, i debiti nascosti tra le pieghe dei governi locali sarebbero una minaccia ben più pericolosa della chiaccherata crisi immobiliare, peraltro controllata attentamente dalle autorità e – almeno per il momento – difficilmente fautrice di un effetto domino stile Lehman Brothers.
Come ha sottolineato Nikkei Asian Review, la Cina intenderebbe consentire ad alcune amministrazioni locali di ricorrere ad un nuovo schema di emissione di obbligazioni per aiutarle a rimborsare i debiti detenuti da sviluppatori di infrastrutture con l’acqua alla gola. La mossa rappresenta l’ultimo sforzo di Pechino per disinnescare i rischi associati al debito fuori bilancio dei suddetti governi locali.
Ricordiamo che gran parte di questo “debito nascosto” deriva dai cosiddetti veicoli di finanziamento del governo locale (Lgfv) creati per finanziare strade e altri progetti. Secondo quanto riportato da Caixin, il programma speciale di obbligazioni di rifinanziamento ammonterà a 1.500 miliardi di yuan (206 miliardi di dollari). Stando alle stime del Fondo Monetario Internazionale, quest’anno il debito delle Lgfv raggiungerà i 65.000 miliardi di yuan, pari al 53% del prodotto interno lordo cinese e all’85% del pil, se si aggiunge il debito delle amministrazioni locali.
Bomba ad orologeria
Anche se il Consiglio di Stato cinese ha affermato che le obbligazioni governative locali sono l’unica via legale di raccolta fondi per gli stessi governi locali, questi ultimi hanno raccolto fondi attraverso gli Lgfv per sostenere l’attività economica, coincidente per lo più con la costruzione di infrastrutture. Poiché l’abbondanza di autostrade sottoutilizzate e di altri progetti non redditizi ha fatto temere un default in alcune regioni, il programma speciale di obbligazioni di rifinanziamento del ministero delle Finanze mira ad attenuare questo rischio.
In termini concreti, le banche commerciali nazionali saranno i principali sottoscrittori di queste obbligazioni, che andranno a sostituire il debito delle Lgfv in difficoltà di cassa. Tra le regioni ammesse a questo strumento di raccolta fondi ci saranno le città di Tianjin e Chongqing, nonché le province di Guizhou e Yunnan, tutte fortemente indebitate a causa delle richiamate Lgfv.
Gli analisti di S&P Global Ratings scrivono che il debito diretto dei governi locali cinesi avrebbe superato il 120% delle entrate nel 2022, osservando che l’ammontare indicato è un valore più grande di quello che Pechino aveva in precedenza e ufficiosamente dichiarato essere un livello di debito accettabile. I dati del Fondo monetario internazionale, invece, mostrano come il debito esplicito, complessivo, accumulato dalle amministrazioni locali sia quasi raddoppiato in cinque anni, fino all’equivalente di 5,14 trilioni di dollari – o 35,34 trilioni di yuan – registrato lo scorso anno (per Reuters la cifra sarebbe di oltre 9 trilioni di dollari).
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