Il nuovo pivot to India
di Pierluigi Fagan - 10/09/2023
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-nuovo-pivot-to-india
Fonte: Pierluigi Fagan
Al G20 appena tenutosi a Delhi, si è manifestato il sempre
più nuovo assetto del mondo multipolare. Il protagonista assoluto è
stato il padrone di casa Modi a capo del più popoloso paese del mondo,
per ora quinta ma presto quarta economia del mondo in Pil assoluto.
La
prima sorpresa è arrivata qualche giorno fa con l’invito spedito ai 19
altri leader a nome del Presidente della Repubblica di Bharat. Magari
qualcuno si sarà domandato che affare fosse questo Bharat. Si tratta del
vecchio termine sanscrito per più o meno quella che conosciamo tutti
come India.
L’anno prossimo l’India va ad elezioni e, come qui
segnalato, Modi si troverà contro una coalizione di ben 26 partiti con a
capo l’ennesimo Gandhi, la coalizione si chiama Indian National
Developmental Inclusive Alliance cioè I.N.D.I.A. Così, il furbo
ultranazionalista, sta buttando lì il nuovo nome che fa nazione,
tradizione e radici, dicendo che India è il nome coloniale che la nuova
potenza rigetta. Bel colpo! Non è detto che il cambio di nome diventi
definitivo, ma la mossa c’è ed è brillante e tradisce tutta la nuova
ambizione del subcontinente.
A seguire, la rinuncia di Xi di recarsi
al vertice che ovviamente segna anche l’assenza di Putin. Nel caso di
Xi, motivi ignoti, speculazioni varie.
Si arriva così al vertice di
sabato con non poche divergenze e tensioni dovute al fatto che l’India,
come ha fatto per il vertice BRICS, non vuol sentir parlare di
geopolitica ma solo di affari, sviluppo, cooperazione, clima e
quant’altro dell’agenda mondo in senso multilaterale. Americani ed
occidentali, invece, pretendevano l’esplicita condanna della Russia per
la guerra in Ucraina. La stessa cosa s’era verificata al G20 di Bali in
Indonesia e s’era rischiato, per la prima volta dalla nascita del
formato nel 1999, di arrivare ad un passo dal chiudere il vertice senza
dichiarazione congiunta, eventualità minacciata anche questa volta.
Nel
frattempo, secondo impegno preso già alla riunione BRICS in
allargamento, Modi ha invocato la cooptazione dell’Unione Africana nel
formato, la seconda unione dopo l’UE, probabilmente non l’ultima.
Adesione per acclamazione, il formato diventa G21, entusiasmo del
presidente sudafricano lì già come G20 che aveva perorato la causa per
l’intero continente, Modi s’è fatto un nuovo amico e sviluppa la sua
strategia di diventare il paese leader del Global South.
Ma al
vertice, Biden era arrivato anche con un bel pezzo di formaggio per il
topo. Si tratta di una nuova linea intermodale che dovrebbe collegare
via nave Mumbai con gli Emirati, qui si passa a ferrovia che poi va in
Arabia Saudita, Giordania ed arriva in Israele ad Haifa pronti per
risalire in nave e giungere ad Atene/Europa. Sette giorni risparmiati
rispetto alla rotta marina, nonché i rischi di futuri problemi a Suez
evitati per sempre. La cosa in realtà era nota da tempo, poiché s’è
formato un nuovo format I2U2 (ovvero India e Israele e UAE ed USA) che
già da un anno studiava il piano di una nuova amicizia
euro-indo-abramitica. Nel progetto c’è anche l’UE e comprende energia,
tlc, idrogeno, tecno-cooperazione varia. Colpo contro il monopolio
strategico infrastrutturale della Via della Seta, normalizzazione
americana delle relazioni con i sauditi dopo il grande freddo che aveva
generato il grande caldo con i cinesi e gli iraniani (sauditi a cui si
prometterà anche l’ok per lo sviluppo del nucleare civile), piattino da
portare a Tel Aviv in cambio di altrettanta normalizzazione dei rapporti
con i palestinesi, carta questa da giocarsi eventualmente l’anno
prossimo per le elezioni americane.
Lo scaltro Modi deve aver chiuso
Biden nello stanzino dicendogli: “amico, delle due l’una, o la pianti
con sta lagna dei russi in Ucraina ed io ti firmo l’adesione al “chemin
de fer” o se insisti chiudiamo senza accordi, senza dichiarazione, fai
fallire il vertice a casa mia ed io lo segno nel quaderno -gravi sgarbi
da vendicare-“. Poiché l’India o il Bharat, andrà avanti fino a che non
ha ottenuto il seggio al Consiglio di Sicurezza e sta diventando perno
di equilibrio del nuovo gioco multipolare, meglio prendere che lasciare.
Ne
esce così la dichiarazione finale già sabato, accenno anche più vago di
quello di Bali alla guerra in Ucraina, condannata, esecrata, citata per
i gravi contraccolpi alle reti economiche planetarie, senza citare i
russi (per altro Modi aveva rimbalzato la solita richiesta americana di
ospitare capitan Ucraina già a monte), dichiarazione approvata
all’unanimità, Mosca contenta, Kiev no. Dopo il papa filorusso ed i
BRICS, ora a Kiev schifano pure il G20, chissà magari qualcuno dovrebbe
realisticamente trarne delle conseguenze...
Ma a lato, anche accordo
indo-abramitico con MBS e soci fatto. A Pechino, ovviamente, non
l’hanno presa bene, dopo tutta la fatica fatta per pacificare la
regione! Ci manda solo il nucleare civile a Riyad sì e Teheran no.
Nonché il doppio-triplo gioco anche già all’interno dei BRICS appena
allargati.
Occorre però sempre considerare che tra i dire ed i fare
c’è sempre mare, magari ondulato. US che notoriamente quanto ad
infrastrutture di questo tipo stanno a settanta anni fa, ci mette il
peso geopolitico e forse spremerà un po’ di Banca mondiale. L’UE non ha
un euro e comincerà con la solfa del contributo attivo delle imprese
(soprattutto francesi, italiane, tedesche) perché non avendo stato c’è
solo il privato. Sauditi ed emiratini dovrebbero esser effettivamente
sia interessati che capienti. Gli indiani, capienti proprio no. A parte
che sono impegnati in analogo progetto via Iran per arrivare in Russia e
secondo me, presto, li vedremo oltreché sulla Luna in Africa orientale,
l’India rimane il 144° paese per Pil pro-capite, tra Ghana e Pakistan.
Ha una lista di investimenti interni necessari che va via di pagine e
pagine.
In più, nel progetto c’è un doppio bug. Primo, se il
progetto è condizionato a trovare la quadra coi palestinesi mi sa che il
binario diventerà del tipo binario 9 e 3/4 del Hogwarts Express di
Harry Potter. Ma c’è anche un problema già sollevato alla prima riunione
dei I2U2 ovvero l’Egitto. Sauditi ed emiratini, specie se poi c’è
Israele di mezzo, non faranno nulla se non c’è anche Il Cairo, questioni
di equilibrio islamico inaggirabili. E l’Egitto sta nei nuovi BRICS su
esplicito invito russo.
Tuttavia, nel nuovo mondo multipolare, anche
il dire con poi un difficile fare, ha comunque un suo valore. Bisogna
vedere difficile quanto, tutto entra in tavoli molto grandi in cui ci
sono accordi bilaterali, multilaterali, nomine nelle grandi istituzioni
globali, collaborazioni militari, tecnologiche, investimenti, stazioni
spaziali, insomma partite lunghe e complicate. Il segnale a Pechino
comunque è partito, chiaro e forte. Sebbene certo che a Pechino la cosa
era diplomaticamente nota in anticipo e magari è proprio per evitare di
guardare i cinque nuovi amici sorridenti alla foto opportunity, che Xi
ha preferito rosicare a casa.
Comunque, il G21 con il suo 85% di Pil
ed il 75% di global trade, si candida ad essere l’istituzione che media
tra G7, BRICS e tutti gli altri principali nuovi attori. La prossima
presidenza sarà brasiliana. Biden ora vola in Vietnam mentre il cinese
Li Qiang, prima di Delhi ha fatto scalo a Jakarta (Indonesia) con cui i
cinesi tessono tele molto fitte. Modi può sorridere.
Quanto
all’India, c’è da dire che da una parte la posizione di perno mediano
può esser molto fruttuosa, dall’altra espone molto e richiede doti
strategico-diplomatiche molto fini. In patria, Modi ha fatto coalizzare
dai dravidici ai musulmani ai marxisti leninisti, è un Paese pieno di
contraddizioni. Modi deve allargare il raggio d’azione indiano per
garantirsi anni di crescita sostenuta, altrimenti le contraddizioni
interne potrebbero prendere il sopravvento.
Quanto al G20, pare che
Modi abbia fatto esplicito fronte con Brasile, Sud Africa, Indonesia ed
altri per ricondurre USA-UE a stare nel gioco degli equilibri planetari.
Ad USA-UE si presenta, in prospettiva, un dilemma. Se pretenderanno
troppo non otterranno nulla, se non staranno ben equilibrati nel G20,
gli altri si butteranno nei BRICS. Ma la di là dei giochi societari e
dei pesi di potenza, lo stato del mondo è chiaro, la stragrande
maggioranza del mondo ha bisogno di pace, commercio ed investimenti, ha
bisogno di crescita e sviluppo in modo necessario. Chi perturba troppo
ed unilateralmente questa convenzione dell’interesse
ultra-maggioritario, si mette contro quattro quinti del pianeta,
decisamente un cattivo affare.
In effetti, com’è nella logica dei
sistemi multipolari, sarebbe l’era del grande ritorno della diplomazia
(vecchio pallino dell'acuto Kissinger) e della tessitura di intricate
reti di accordi, legami, trame, idea che per altro piacerebbe molto
anche agli europei. Si può competere, ma è meglio non confliggere.
Tuttavia,
sull’intero ordine planetario incombe il problema da una parte degli
indici asimmetrici di crescita (relativamente facile per i paesi in via
di sviluppo, sempre più difficile per i paesi ipersviluppati) ad un
certo punto le chiacchiere vanno a zero e contano i soldi che girano o
meno (ultimamente ne girano meno), dall’altra il problema del travaso
dei pesi di potenza conseguente, sul terzo lato i limiti eco-ambientali
della casa comune.
Trovare soluzioni alla difficile quadra (che poi è
un triangolo) ci darà un mondo nuovo che però cambierà molto le nostre
vite occidentali, non trovarla potrebbe portare a più severe
conseguenze. Vedremo nei prossimi anni e forse decenni.
[Su varia
stampa occidentale, il vertice è stato commentato più per le ombre che
per le luci. Chissà, forse avranno bisogno di un po' di tempo per capire
meglio dove va il grande gioco del mondo. Da quando hanno dismesso la
funzione di pensiero autonomo per diventare l'Ufficio Stampa e
Propaganda di Washington, la lucidità latita]
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