Questione Medica: per chi suona la campana? La disfatta della categoria in venti punti
di Rossana Becarelli, medico, antropologo, filosofo della scienza, presidente di Humana Medicina, già direttore sanitario dell’Ospedale San Giovanni Antica Sede di Torino, primo centro oncologico italiano dal 1927.
QUESTIONE MEDICA: PER CHI SUIONA LA CAMPANA? LA DISFATTA DELLA CATEGORIA IN VENTI PUNTI
Il 21 aprile 2022 il dott. Filippo Anelli, Presidente della FNOMCeO, massimo organo rappresentativo della categoria medica, ha convocato a Roma una Conferenza nazionale a cui sono intervenute molte sigle sindacali e anche il Ministro Speranza.
Al centro dell’incontro gli esiti (catastrofici) dell’indagine condotta nel marzo 2022 con 500 interviste telefoniche dall’Istituto Piepoli sulla condizione dei medici dopo due anni dall’inizio della pandemia. Il primo risultato eloquente è lo stress in crescita del 71% fra gli ospedalieri per l’aumento dei carichi di lavoro e per la difficoltà organizzativa legate alle misure di prevenzione del contagio, stress che raggiunge il 90% fra i medici del territorio. Il burn out ha battuto duro con manifestazioni di sintomi, soprattutto legati ai disturbi del sonno, che sfiorano il 90% nei medici del territorio e arrivano al 96% nel personale ospedaliero. Il teleconsulto, largamente praticato in pandemia, è risultato sgradito al 70% della categoria, anche per la concomitante invasione del tempo dedicato alla vita privata. Sui decreti governativi e la loro efficacia a facilitare l’attività assistenziale il giudizio è impietoso: il 72% degli intervistati li boccia senza appello mentre il 60% ritiene di non aver avuto alcuna tutela da parte delle istituzioni, percentuale che raggiunge il 75% nella medicina territoriale. Le donne medico si sono sentite anche più discriminate del solito, e le giovani hanno patito la scarsa tutela in stato di gravidanza. In conclusione di questo quadro, un terzo degli intervistati andrebbe in pensione subito e una percentuale press’a poco sovrapponibile riguarda la generazione fra 25 e 34 anni…. Chissà come riusciranno a sopravvivere ai prossimi trentacinque anni di lavoro?
Come rimedio a questa fotografia impietosa di una categoria, che peraltro aggiunge poche novità all’annosa questione del burn out della classe medica, è stato presentato un Manifesto in venti punti sottoscritto da tutte le sigle sindacali presenti – e infatti nulla viene in mente leggendo questo Manifesto se non la vetusta formula del “minimo sindacale”.
Nessun orizzonte di senso né prospettiva di palingenesi si delinea per una professione che è stata fondamentale nella gestione della pandemia ma che, dopo essere stata usata oltre lo sfinimento, è stata poi trattata dalle istituzioni e dal Ministro come uno straccio sporco da buttare nell’immondizia.
Incremento del finanziamento in sanità, riorganizzazione della turnistica con diminuzione dei carichi di lavoro, incremento del personale, riduzione delle attività burocratico-amministrative, riconoscimento del burn out come malattia professionale, perequazione salariale fra dipendenti del sistema pubblico e privato, formazione adeguata per inserimento nella medicina territoriale: questi sono i punti più rilevanti del Manifesto! E’difficile immaginare richieste tanto banali e per certi versi anacronistiche, non solo mai soddisfatte da trent’anni a questa parte, ma già in partenza cassate dalle ultime tombali decisioni normative. Il DEF e il PNRR definanziano ulteriormente il SSN e il finanziamento previsto è prevalentemente orientato alla digitalizzazione estensiva delle strutture, il che significa telemedicina, intelligenza artificiale, e quindi una progressiva sostituzione dell’attività professionale propria e diretta del medico. Nessun investimento è invece previsto per integrazione del personale, seguendo dunque senza inversione di tendenza l’andamento scandito dal 2009 con il blocco del turn over al 25% dei pensionati.
Già nel 2016 le previsioni per la copertura del personale che sarebbe andato in pensione negli anni successivi mostravano proiezioni, ahimé, perfettamente in linea con quanto si sta verificando.
I tagli dei posti letto, emersi tragicamente durante la pandemia, sono dovuti alle carenze del personale più ancora che al continuo definanziamento dell’SSN. Ma le pessimistiche proiezioni del 2016 non avevano previsto un’emergenza dell’entità e intensità di quella del 2020-2021.
A fronte di questo quadro, passato presente e futuro, non ci vuole Nostradamus a capire che la classe medica è destinata alla scomparsa, se non fisica, certo professionale.
E’ però la resa incondizionata dei suoi massimi organi rappresentativi alle volontà politiche che ha del tutto cancellato quel che restava della sua autorevolezza e ha fatto venir meno ogni residua capacità contrattuale se, come si deduce dal cahiers de doléances presentato il 21 aprile, è in realtà dal 2009 che non riceve soddisfacenti risposte dai governi che si sono succeduti.
Gli investimenti, quei pochi che si faranno, serviranno a comprare vaccini e a organizzare le nuove campagne vaccinali come pure a incrementare la digitalizzazione, appunto quella che, sulla base della loro recente esperienza clinica, i medici hanno bocciato. Il programma legislativo che disegna il percorso prossimo venturo della sanità dà esatto conto dell’importanza che le istituzioni a partire dal Ministro riconoscono al parere dei medici: nessuna!
Eppure a Roma, in diretta, contraddicendo platealmente i risultati dell’indagine presentati, il Presidente della FNOMCeO ha ringraziato solennemente il Ministro Speranza per “l’ascolto e la grande disponibilità nei confronti della nostra Professione, espresso soprattutto nei momenti più difficili”. I medici hanno dichiarato di aver misurato sulla propria pelle la mancanza di tutela delle istituzioni e l’inefficacia delle disposizioni normative durante la pandemia – e quegli stessi medici che hanno supportato tutta l’assistenza alla popolazione, ovviando ai disastri organizzativi e programmatori del governo centrale, si trovano attraverso il loro massimo rappresentante a ringraziare ossequiosamente il Ministro…
Anelli comprende che per la professione, se la sua posizione si farà sempre più subalterna e gregaria, presto suonerà la campana?
Adesso essa è costretta a subire anche la vergognosa umiliazione di veder integrato nelle strutture sanitarie personale di provenienza ucraina, senza che vi sia preliminare indispensabile verifica della conoscenza della lingua e neppure del titolo di studio… provvedimento contro cui perfino la categoria delle ostetriche ha reagito con un moto di orgoglio e dignità.
Può essere giustificabile, dal punto di vista logico, etico e giuridico, che proprio nel momento della massima pressione della pandemia, a fronte della scarsità di personale che dal 2009 non fa che diminuire, si siano sospesi per venti mesi innumerevoli operatori sanitari (medici, infermieri, OSS) quelli che nel 2020 hanno sostenuto sulle loro spalle, e a rischio della loro stessa vita, tutto il carico dell’assistenza, all’inizio senza neppure dispositivi di protezione?
Da subito invece la FNOMCeO ha abdicato a tutelare i propri iscritti, come deontologicamente doveroso verso qualsiasi cittadino, da una norma scarsamente fondata dal punto di vista medico e scientifico, trattandosi di un vaccino con un’efficacia massima di cinque mesi, che non impedisce il contagio e permette anche il contagio dei vaccinati. Questa posizione rinunciataria e nei fatti autolesionista non confligge forse con la L. 11 gennaio 2018, n. 3 che all’art. 3, comma c) prevede che gli Ordini “promuovono e assicurano (…) la salvaguardia dei diritti umani e dei principi etici dell’esercizio professionale indicati nei rispettivi codici deontologici, al fine di garantire la tutela della salute individuale e collettiva”?
Perché la FNOMCeO, invece di sottostare alle imposizioni della politica, non ha preso una netta posizione affermando, come dovrebbe fare per chiunque, il diritto all’autodeterminazione anche per i medici soggetti all’obbligo di una vaccinazione, visto che l’obbligo non ha però cancellato la necessità di sottoscrivere il consenso informato?
Questo avrebbe da un lato tutelato i pazienti bisognosi di cure, e dall’altro avrebbe restituito agli Ordini la loro piena giurisdizione, rafforzando l’indipendenza e l’autonomia della professione che tanto spesso ormai vediamo sacrificata in nome di interessi estranei al bene della salute collettiva e individuale.
Dall’inizio della pandemia la professione è stata mortificata nella legittima aspirazione a un dialogo franco e aperto fra parti a volte contrapposte, ma tutte scientificamente fondate, e che cercavano la verifica ai diversi risultati che emergevano nella pratica clinica empirica; la frase “secondo scienza e coscienza” è stata di frequente sovvertita da ordinanze e circolari ministeriali che hanno contrastato e limitato in ogni modo l’autonomia e la volontà beneficiale dei curanti.
Se già il campione di medici intervistati appare così pessimista sul proprio futuro lavorativo, non c’è dubbio che estendendolo a chi ha ingiustamente patito gli effetti di norme arbitrariamente afflittive, l’immagine della categoria risulterebbe molto più fosca.
Non è perseguendo, anche ammettendo di riuscirci dopo decenni di insuccessi, i venti punti del Manifesto che la medicina ritroverà la legittimazione pubblica, la fiducia della gente, e neppure il gradimento dei medici. Da troppi anni i medici mostrano una profonda disaffezione per questo modello di cura, il loro burn out è cronico, si è solo aggravato dopo la pandemia.
Turni di lavoro meno massacranti e qualche spicciolo di più in tasca non placherà la loro fondamentale aspirazione a ritrovare un universo di senso che manca, a riguadagnare la Terra Promessa dopo tanta asfittica peregrinazione nel deserto.
In questi tempi bui, per i medici valgono ancora le parole di Saint-Exupéry:
”Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito”.
Vedere allegati:
L’INDAGINE
IL MANIFESTO
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