Lockdown e mancanza di prospettive: giovani sempre più depressi e in fuga all’estero
I giovani tornano ad essere protagonisti delle ricerche dell’Istat e per l’ennesima volta il bilancio è assai negativo. All’interno del rapporto sul BES (Benessere equo e sostenibile) salta subito all’occhio un peggioramento della condizione delle fasce giovanili. Sostanzialmente è raddoppiata la percentuale dei giovani che si dichiarano insoddisfatti della propria vita: la percentuale passa dal 3,2 per cento del 2019 al 6,2 del 2021. Lo stesso presidente dell’Istat Blangiardo, in occasione della presentazione del rapporto, ha parlato di una brusca e triste caduta del benessere giovanile, dovuto, egli crede, ad una scarsa attenzione e disponibilità di risorse per le politiche giovanili, che correttamente sostiene essere, “oggi più che mai, politiche per il benessere del Paese tutto intero”.
Certamente, non possiamo non considerare il peso di due anni di pandemia, che tra un lockdown e un altro hanno obbligato i giovani, come del resto tutta la popolazione, a rimanere in casa, vietando loro qualunque tipo di relazione se non quelle attraverso uno smartphone (per le videochiamate con gli amici) o un monitor (per la maledetta didattica a distanza, tanto apprezzata dal ministro Speranza e la sua cricca autoritaria). Il rapporto Istat, inoltre, certifica una crescente distanza tra ragazzi e ragazze che hanno vissuto in maniera diversa questi anni di pandemia, amplificando nelle ragazze ancor di più il crescente malessere giovanile. Infatti, pur calando decisamente l’indice di salute mentale nella fascia 14-19 anni per entrambi i sessi, scende ad un punteggio di 66,6 per le ragazze (-4,6 punti rispetto al 2020) e 74,1 per i ragazzi (-2,4 punti rispetto al 2020). E, restando sul gap uomo/donna, anche nella classe di età 20-24 anni tra le donne si osserva un peggioramento della salute mentale (-3,4 rispetto al 2019) che per gli uomini invece è piuttosto ridotto.
Non ci dobbiamo certo meravigliare di questo quadro tratteggiato dal rapporto Istat: alcuni pensavano probabilmente che costringere i giovani a stare chiusi in casa non avrebbe causato delle conseguenze negative, anzi, addirittura, li avrebbe forse abituati a una “nuova normalità”. Spesso, nei mesi scorsi, ne abbiamo sentito parlare, più che per il Covid come conseguenza delle scelte politiche del governo Conte 2 prima e del “governo dei migliori” poi, la presunta aristocrazia draghiana. Ma “normalità” non può certo essere definita quella venutasi a creare in seguito alle scelte politiche di Speranza e dei suoi consiglieri. Questa famigerata “nuova normalità” dominata dalla paura e dal Green Pass sembra essersi realizzata unicamente in Italia, osservando ancora oggi l’abissale distanza tra il nostro Paese e la gran parte dei Paesi europei.
Oltre al benessere mentale, che abbiamo visto essere diminuito drasticamente soprattutto a causa dei due anni appena trascorsi, il rapporto BES dell’Istat riporta che i neolaureati continuano ininterrottamente a guardare altrove rispetto al proprio Paese d’origine. Questo fenomeno, spesso ridefinito nei più classici termini come quello dei “cervelli in fuga”, colpisce prevalentemente il Mezzogiorno che ha perso 21.782 giovani laureati, un numero più alto rispetto al 2019. Non miglioriamo né rimaniamo stabili, ma peggioriamo. È chiaro come l’Italia non abbia quella capacità attrattiva, verrebbe da dirmi, per la quale i giovani non fuggirebbero dai loro paesi e dalle loro famiglie. Una capacità attrattiva che dovrebbe dipendere dalla capacità di creazione di posti di lavoro legati ad un dignitoso stipendio mensile. Un giovane che si allontana dal proprio Paese è una sconfitta per ciascuno e l’Italia non può permettersi di perdere le sue energie più fresche e le menti più competenti.
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