Perché c’è da avere molta paura di “questa” inflazione?
“Più hamburger e meno bistecche“. Così diceva Alan Greenspan (ex presidente della FED) per descrivere gli effetti dell’inflazione che aumenta e i comportamenti dei consumatori che devono passare a qualcosa di più economico.
In Italia, a marzo, l’inflazione ha raggiunto il 6,5% e in tutta Europa sta galoppando a livelli sempre più alti (in Spagna circa il 10% e in Lituania circa il 15%). Negli Stati Uniti ha raggiunto addirittura i massimi dal 1981 e cioè l’8,5%.
Quando dicevano di non preoccuparsi per l’inflazione…
Non più tardi di qualche mese fa, c’erano politici ed economisti che predicavano che non c’era da preoccuparsi per l’inflazione, dal momento si trattava di un fenomeno temporaneo. L’elenco dei profeti falliti è lungo: Christine Lagarde (numero uno della Banca Centrale Europea), Mario Draghi (nostro Presidente del Consiglio), Jerome Powell (presidente della Federal Reserve americana), etc. etc.
Eppure, chi si sporcava le mani dentro l’economia reale, cittadini e imprenditori, avevano da tempo la chiara percezione che l’equilibrio inflattivo degli ultimi anni si era rotto, tanto che oggi ci troviamo in mezzo alla peggiore inflazione degli ultimi quarant’anni.
Tra l’altro, in un paese come gli Stati Uniti, se si calcolasse l’inflazione come negli anni ’80, il tasso risulterebbe almeno il doppio di quello ufficiale. Infatti, ad oggi, l’indice dei prezzi al consumo viene sottoposto ad aggiustamenti edonici, secondo una teoria che sostiene che quando la qualità dei beni o servizi migliora, il loro costo effettivo diminuisce, anche se i consumatori li pagano sempre lo stesso prezzo. In pratica, senza scendere nei dettagli della teoria, gli aggiustamenti edonici sottovalutano gli effettivi aumenti dei prezzi. Un esempio? Un televisore che nel 1996 sarebbe costato 1.000 dollari, oggi dovrebbe costare 22 dollari. Tutti sanno che non esistono televisori da 20 dollari, eppure la teoria degli aggiustamenti edonici funziona in questo modo.
I salari fissi diventano più poveri
Ma ad di là degli aspetti teorici, c’è una notizia davvero brutta. Un’inflazione così alta non è solo spiacevole, ma può letteralmente distruggere la basi economiche di un’intera società. Questo perché rende impossibile alle persone che fanno affidamento sul proprio lavoro per avere un reddito di tenere il passo con l’aumento dei prezzi. Infatti, i salari non riescono quasi mai a correre come l’inflazione.
Inoltre, l’inflazione scatena nelle persone anche un altro atteggiamento: l’avidità. Molti sono spinti a comprare più cibo di quanto possono mangiare perché temono che finisca. Questo comportamento genera carenze di beni, qualcosa che pochi italiani hanno mai sperimentato nel corso della loro vita.
L’inflazione porta anche a politiche che generano ulteriore inflazione. Ad esempio, poiché l’inflazione devasta il potere d’acquisto dei salariati, cresce la pressione politica per un “reddito di base universale” o per un “salario di sussistenza“.
Tutta colpa dei ricchi?
Infine, l’inflazione genera spesso una polarizzazione politica verso gli estremi. Ad esempio, vengono incolpati i ricchi per l’inflazione, perché sono quelli che ne beneficiano di più. Possono infatti acquistare asset produttivi i cui rendimenti aumentano con l’inflazione ed il loro potere d’acquisto non ne è influenzato, come accade per chi vive solo del proprio salario.
Di conseguenza, crescono le pressioni per tassare i più ricchi.
Banche centrali con le mani legate
Qualcuno spera che le banche centrali, con in testa la BCE e la FED, possano domare questa inflazione grazie all’aumento dei tassi d’interesse. Purtroppo, anche su questo fronte, c’è una pessima notizia. Sia in Europa che negli Stati Uniti le banche centrali hanno le mani legate a causa dell’enorme indebitamento pubblico.
In teoria, per quanto in alto salga l’inflazione, le banche centrali potrebbero alzare i tassi d’interesse ancora più in alto. Peccato però che tassi più alti comportino interessi sui Titoli di Stato maggiori e, quando il debito pubblico è enorme (come nel caso dell’Italia, ma non solo) significa provocare il default di un paese in pochissimo tempo.
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