https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-mondo_del_lavoro_sta_arrivando_uno_tsunami_e_non_siamo_preparati/43173_45961/
Sono davvero preoccupato per quello che ci aspetta,
fatico a restare ottimista e temo che il mondo del lavoro non sia
affatto pronto ad affrontare le grandi sfide del (prossimo) futuro.
Non mi riferisco soltanto all’inadeguatezza di gran
parte del mondo sindacale, che orma fatica letteralmente a dare un senso
alla sua stessa esistenza, tantomeno all’inconsistenza (se non persino
alla complicità) di quella parte della politica che tradizionalmente si
preoccupava di rappresentare gli interessi del mondo del lavoro.
Nonostante la narrazione ridicola sull’euro,
sull’adesione all’architrave union-europeista, siamo all’inizio di
un’impennata inflazionistica davvero inquietante: tutto costerà di più,
compresi (anzi, soprattutto) beni di primissima necessità. Il mondo del
lavoro parte già con le ossa rotte: i dati sull’occupazione sono
drammatici, come pure l’andamento delle retribuzioni. Senza considerare i
flagelli che si abbattono da tempo sul mondo del lavoro autonomo,
soprattutto su quello fintamente autonomo, e sul lavoro sommerso.
Parentesi di questo tipo necessitano di una comunità del
lavoro forte, coesa, solidale e, soprattutto, sostenuta: dalla
politica, attraverso le istituzioni, e dal sindacato.
Purtroppo versiamo in un contesto letteralmente opposto a
quello ottimale: i diritti individuali delle persone sui luoghi di
lavoro sono stati letteralmente sciolti nell’acido delle politiche
neoliberaliste e, conseguentemente, gli individui sono nudi e
completamente esposti alla ritorsione. Non possono partecipare. Il
contesto è aggravato dalla disoccupazione, che per anni abbiamo
denunciato essere funzionale e strumentale a logiche di potere, la quale
impone alla persona di accettare le più meschine condizioni di lavoro.
Lo abbiamo ripetuto per anni che le riforme in materia
di lavoro erano riforme di potere e adesso ne avete la prova: il mondo
del lavoro non è in grado di reagire a quello che ci sta arrivando
addosso. È letteralmente seduto, impotente.
A questo aggiungiamoci l’individualizzazione (intesa
come progetto scientificamente perseguito negli anni) della nostra
società, come pure la sua letterale dematerializzazione: sono
praticamente scomparsi moltissimi “luoghi” (fisici) di lavoro e senza
l’occupazione di uno spazio col corpo ogni forma di resistenza è
praticamente inesistente.
Complice di questa situazione è l’atteggiamento
imperdonabile di una certa sinistrucola intellettualoide: la quale
professava l’emancipazione dal lavoro, piuttosto che l’emancipazione del
lavoro. La predica secondo la quale tempo e spazio altro non fossero
che catene, limiti, piuttosto che protezioni. La narrazione velenosa per
la quale la responsabilità collettiva, sociale, dovesse essere
letteralmente soppiantata da una totale indeterminatezza
individualistica: siamo dinanzi alle macerie provocate da sciocchi
pseudostudiosi che adesso se ne staranno nell’ombra a guardare.
Abbandonando un preciso disegno costituzionale si è
inteso spalancare un’autostrada ad un nuovo modello sociale, che
soppiantasse definitivamente quello del compromesso tra capitale e
lavoro di stampo renano, in favore di quello squisitamente (meglio,
disgustosamente) neoliberalista che vede nell’individuo solo quanto può
estorcergli.
*
Nessun commento:
Posta un commento